Sport e sostenibilità: gli spazi riqualificati all’interno del carcere di Bollate


Sport e sostenibilità. Grazie al progetto A Chance Through Sports all’interno del carcere di Bollate, sono state riqualificate delle aree sportive con il contributo di Ecopneus, dando vita ad un campo da basket 3×3 in gomma riciclata nel settore maschile e ad un campo polivalente nel settore femminile.

Un progetto ambizioso dedicato allo sport e alla socialità in carcere per costruire spazi di benessere e condivisione che Ecopneus ha voluto sostenere nel suo costante impegno a favore di una tutela ambientale e continua promozione dell’impiego delle superfici sportive in gomma riciclata. Le condizioni di vita nelle carceri italiane costituiscono una nota emergenza sociale. Ciò dipende da carenze di qualità degli spazi, oltre che delle occasioni relazionali.

Attualmente nelle carceri italiane le attività sportive hanno carattere estemporaneo e sono organizzate al di fuori di un progetto culturale capace di intendere lo sport come strumento risocializzante e riabilitativo. La ricerca mira a definire un metodo di progetto per dotare gli istituti di pena italiani degli spazi architettonici e delle attrezzature utili alla organizzazione e allo svolgimento di attività motorie e sportive. Le attività sono soprattutto intese come pratiche volte al miglioramento delle condizioni fisiche e delle relazioni tra le persone. Il progetto si basa su sperimentazioni concrete in casi studio dell’ambito milanese: Prima casa di reclusione di Milano-Opera, Seconda casa di reclusione Milano-Bollate, Istituto Penale Minorile “Beccaria”. I beneficiari diretti del progetto sono le persone che abitano quotidianamente gli spazi del carcere, per ragioni e in forme diverse: persone detenute, personale di Polizia Penitenziaria, operatori civili dell’Amministrazione penitenziaria; operatori della Associazioni del terzo settore.

Il progetto di trasformazione e riattivazione dello spazio punta a realizzare nuovi spazi e attrezzature per l’attività motoria e la sperimentazione/pratica di discipline sportive ulteriori rispetto ai pochi giochi praticati sporadicamente (calcio, pallavolo), o alla pratica solitaria del body building. Il progetto di architettura agisce nel contesto carcerario per attivare una pratica sportiva intesa sia come strumento relazionale, sia come ambito di riattivazione delle facoltà motorie per il benessere psicofisico di tutti i suoi abitanti. Il ruolo di mediatore dell’Università appare centrale nello sviluppo di questo tipo di studio, ponendo in sinergia soggetti, spazi, pratiche e risorse. La ricerca si interroga anche sul ruolo del progettista architetto, necessario ad attivare l’interazione tra diversi saperi e attori sociali, tra risorse pubbliche e private. Il progetto, momento di conoscenza e processo di adattamento alle condizioni, è dunque praticato come strumento di composizione del piano delle opportunità e delle possibilità. Il disegno dello spazio e l’attrezzatura dei luoghi per lo sport e per l’analisi e la riabilitazione motoria delle persone si muove nel campo del possibile sfruttando le opportunità presenti nelle strutture e le risorse attivate dalla responsabilità d’impresa. Il punto di partenza sugli usi specifici degli spazi è la considerazione di attività sportive già presenti, la valorizzazione e il riuso di spazi inutilizzati, la definizione delle attività più efficaci per le azioni di socializzazione e di riequilibrio psico-motorio dei partecipanti.

La narrazione ha un ruolo metodologico centrale in questo progetto, sia nella definizione e condivisione interna dei bisogni, delle risorse e delle progettualità, sia nella diffusione della ricerca all’esterno, nella società civile. L’approccio si basa su un processo di ascolto delle popolazioni che abitano i tre Istituti di pena, attraverso l’utilizzo di storie, artefatti visuali e multimediali co-prodotti con i beneficiari, che supportino il dialogo fra i detenuti e gli altri attori del sistema, compresi coloro che detengono poteri decisionali e di management. Sulla base dei risultati delle attività di ascolto e di analisi critica del contesto e di una mappatura degli stakeholder, verrà definita una vera e propria strategia di comunicazione utile, da un lato, a sensibilizzare l’opinione pubblica, i legislatori/decision maker e gli operatori degli Istituiti di pena nei confronti della necessità di introdurre programmi sportivi strutturati; dall’altro, a promuovere il progetto ACTS e a mostrare l’efficacia del programma sperimentato. Tale strategia è supportata dalla collaborazione con media partner, quali “La Gazzetta dello sport” per la comunicazione con il grande pubblico.

L’indagine mira a monitorare la quantità e qualità dell’attività fisico-sportiva svolta nelle carceri e a verificare le relazioni tra questi due aspetti, le capacità motorie e funzionali del detenuto e la sua qualità di vita. Tale valutazione si baserà su misure che traccino i periodi di attività, riposo e sonno, mediante sistemi indossabili che forniranno una fotografia del tipo e intensità delle attività attualmente svolte all’interno delle strutture. Le misure verranno poi confrontate con l’esito di test funzionali, evidenziando possibili legami tra mancanza di attività e deficit motori. Caratterizzando una popolazione finora poco nota da questo punto di vista, questa campagna di raccolta dati fornirà indicazioni evidence-based e supporteranno la stesura di un documento con una matrice multidisciplinare (architettonica, mediatica, legislativa, sportiva) relativo all’impiego e alla somministrazione dell’attività sportiva all’interno delle strutture rieducative – sull’esempio delle iniziative già messe in atto dai ministeri di diversi paesi, in particolare: Regno Unito e Francia (Meek, 2018). Le modalità di monitoraggio verranno definite nella prima fase del progetto, in accordo con la direzione delle strutture detentive, e previa disponibilità delle persone detenute. Questi ultimi, oltre ad essere informati delle finalità dello studio e dell’utilizzo che verrà fatto dei loro dati, usufruiranno di adeguata formazione riguardo i benefici derivanti da una regolare attività fisica.

Obiettivo fondamentale di una progettualità partecipata e condivisa è quello di attivare o incrementare dinamiche relazionali positive tra i diversi gruppi di individui cha abitano il carcere. Il metodo partecipativo supporta l’espressione corale delle risorse disponibili e da valorizzare, facilita l’osservazione e la comprensione del disagio, attiva le potenzialità progettuali presenti. Il ruolo degli abitanti del carcere può concretizzarsi attraverso: la ricognizione e la selezione di alcuni “luoghi preferiti”, dove sia utile intervenire prioritariamente; l’ideazione o il potenziamento di attività virtuose legate alla pratica sportiva, tendendo all’organizzazione di eventi e manifestazioni negli gli spazi riqualificati. Infatti, vengono utilizzati diversi metodi qualitativi, tipici delle pratiche di co-design: probes, interviste, focus group, costruzione di scenari, integrati con tecniche e strumenti di storytelling e di visualizzazione.