Annullare i confini

Olga Bell è nata a Mosca, a sette anni si è trasferita in Alaska, ora vive a Brooklyn e canta in russo.
Da questa rimescolanza di culture nasce la sua musica, e il suo ultimo disco, “Krai”.
Per noi, abituati alle musicalità angolfone, fa un effetto un po’ strano l’idioma russo in primo piano. Una scelta lesscale che suggerisce un ritorno alle radici; l’effetto tuttavia è tutt’altro che disturbante.
Sarà perchè la voce di Olga entra prepotente nelle corde migliori dell’ascoltatore, modellando tutti gli spigoli.
Sarà perchè “Krai” è un disco denso ed intimo, moderno e dirompente, che mescola synth-pop ed elettronica al folk dal gusto esotico.
Sarà che il il senso del tutto sembra essere l’assenza di limiti: unire i contrasti, smussare gli angoli, annullare i confini.
Del resto, Olga è un ex enfant-prodige del pianoforte, con tanto di diploma al Conservatorio, ma allo stesso tempo membro effettivo dei Dirty Projectors, band statunitense di rock sperimentale che vanta collaborazioni con artisti del calibro di Bjork e David Byrne.
Annullare i confini si diceva: non è un caso che ognuna delle  nove tracce che compongono “Krai” raccontano di un territorio di frontiera (krai in russo, per l’appunto).
Nove viaggi in altrettante terre attraverso la musica e le parole, che a volte si rifanno ai paesaggi o alle persone che le abitano, altre ai miti, alle leggende dei luoghi raccontati.
Con la semplicità delle belle cose, un passo dietro l’altro, ci facciamo prendere la mano ed  accompagnare leggeri attraverso le frontiere che non pensavamo di poter mai valicare.