Archivi categoria: Diritti

Senza un tetto


Sono oltre 19mila gli italiani che vivono quotidianamente in strada. Il servizio di Clara Capponi.

Mass-media e disabilità (visiva e non solo)


 disabilità e mediaArticolo di Stefania Leone*
Fonte: Superando.it

I messaggi sulla disabilità che arrivano da giornali, televisione, radio e internet, i passi avanti che ancora restano da fare per una corretta informazione, riguardante in particolare le persone con disabilità visiva, e alcune riflessioni sui cosiddetti “falsi invalidi”: c’è tutto questo e altro ancora nell’ampia analisi di Stefania Leone, a margine di un recente rapporto su disabilità e media presentato a Roma dalla Fondazione Matteotti.

L’analisi condotta recentemente dalla Fondazione Giacomo Matteotti di Roma, sul rapporto tra media e disabilità[Rapporto 2012 “Disabilità e media. La rappresentazione delle persone con disabilità nel sistema italiano dell’informazione”, N.d.R.], ha scelto come esempi alcuni articoli che riportano storie pubblicate sui quotidiani più diffusi e specializzati, anche quelli on line, in cui sono trattati approfonditamente alcuni tra i temi più significativi ed emblematici raccontati direttamente dalle persone con disabilità, in maniera corretta e senza pietismi o sensazionalismi.

 

Resta poco approfondita, tuttavia, l’analisi di come e quanto la disabilità e le storie personali vengano trattate a livello radiotelevisivo e sui siti web istituzionali pubblici, oltreché sui social network più diffusi. La televisione e la radio, infatti risultano tuttora i canali di informazione più seguiti e diffusi capillarmente sul territorio nazionale, ciò che accade sia per ragioni propriamente tecniche, sia per il cosiddetto Digital Divide, ovvero, fondamentalmente, il profondo gap che sussiste tra le persone “tecnologicamente scolarizzate” e gli altri, tra cui molti disabili e anche gli anziani, che sono oggi una parte rilevante della popolazione, grazie al miglioramento della qualità della vita e della prevenzione sanitaria. Il tema della disabilità, purtroppo, non viene ancora trattato del tutto con competenza. Spesso, infatti, le storie proposte sono relative a “supereroi dello sport” o, al contrario, a casi di disagio sociale che suscitano pietà e compassione negli ascoltatori; inoltre, sin troppo frequentemente la modalità di conduzione delle trasmissioni televisive su argomenti delicati riguardanti il tema della disabilità, non è propriamente corretta e all’altezza delle problematiche che si vogliono presentare, cosicché accade che in genere, a causa soprattutto di superficialità, passino messaggi non condivisibili. La normalità della condizione di disabilità, con le sue sfaccettature sia positive che negative, la quotidianità che viene affrontata con forza, ma anche con spirito di ottimismo e naturalezza, sono ancora aspetti che “non fanno audience” e quindi essi vengono raramente affrontati in radio, in televisione e nello stesso web.

Partendo da un esempio pratico, cerchiamo ad esempio di riflettere sulla responsabilità che hanno i media nella comprensione delle reali capacità di una persona con disabilità. Se una persona non vedente viaggia da sola in treno o in autobus, magari con un iPad su cui legge, scrive e interagisce, chi osserva può non comprendere che le cuffie non servono a sentire la musica, ma ad ascoltare ciò che legge e scrive e che dunque non ci si trova di fronte a un “falso cieco”. Ma quanti conoscono, ad esempio, la differenza tra cecità e ipovisione? L’ipovisione è anche detta “cecità parziale” o “con residuo”, ed è tale quando si abbia un decimo di vista al massimo, compresa l’eventuale correzione con lenti; un cieco parziale può essere in grado di fare molte cose anche impensabili, ma la comunicazione ufficiale mostra poco o nulla quali siano queste semplici capacità, o piuttosto le demonizza.

 

Oltre ai contenuti, è necessario poi approfondire anche la modalità di fruizione degli stessi da parte delle persone con disabilità, essendo l’accesso all’informazione e alla comunicazione un diritto sancito sia dalla Legge 67/06 contro le discriminazioni, sia dall’articolo 30 (Partecipazione alla vita culturale e ricreativa, agli svaghi ed allo sport) della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, secondo cui «gli Stati riconoscono il diritto delle persone con disabilità a prendere parte su base di uguaglianza con gli altri alla vita culturale e adottano tutte le misure adeguate a garantire alle persone con disabilità l’accesso a programmi televisivi, film, spettacoli teatrali e altre attività culturali, in formati accessibili».

 

Ebbene, i suddetti «formati accessibili» sono relativi sia all’aspetto tecnico dei dispositivi per la fruizione – quindi televisione, radio, dispositivi mobili come smarthphone, tablet e tecnologie web – sia ai contenuti e ai servizi erogati (contenuti web, contenuti televisivi e radiofonici, cinematografici ecc). Nel caso specifico della disabilità visiva, è sottinteso che la mancanza della vista è compensata da tatto e udito, e quest’ultimo è fondamentale per l’utilizzo di strumenti visivi come la TV e i dispositivi elettronici e digitali. In sostanza, per fruire dei contenuti televisivi, è importante che ci sia un riscontro sonoro esaustivo, cosa che si risolve con le audiodescrizioni, purché siano di facile accesso. Il cosiddetto switch off, ovvero il passaggio del segnale televisivo da analogico a digitale, se da un lato ha offerto la possibilità di istituire il secondo canale audio dedicato alle audiodescrizioni, ha però aperto nuove barriere, legate alla completa ingestibilità del decoder, e in particolare dei menù a video e dei telecomandi che sono pieni di pulsanti incomprensibili da parte di chi non vede, ma anche da parte delle persone anziane e “poco tecnologiche”. Peccato, poi, che proprio nel menù per la selezione Lingua del digitale terrestre e satellitare, sia “nascosto” il secondo canale audio dedicato alle audiodescrizioni per non vedenti, difficile da scovare, dipendendo da marca e modello di televisore e telecomando. In tal senso, più volte abbiamo chiesto ai principali operatori televisivi del settore privato e pubblico, invitati in audizioni tenute presso il tavolo del CNU (Consiglio Nazionale Utenti), se tra le iniziative adottate a favore di persone cieche e ipovedenti vi fossero trasmissioni audiodescritte. A nessun operatore privato risulta che la propria emittente eroghi un tale servizio, unica prerogativa della RAI, che in quanto rete pubblica è vincolata dal Contratto di Servizio a un numero non ben definito di trasmissioni audiodescritte, che attualmente non supera le dieci a settimana (di cui sette per una sola fiction), nell’intera programmazione tra film, telefilm e fiction. Audiodescrizioni, tra l’altro, che talvolta sono anche di qualità tecnica discutibile.

 

Per quanto poi riguarda i sottotitoli, la cosa sembra essere più sentita, sebbene risultino sicuramente pochi e scarsi per i diretti interessati, ovvero le persone sorde.
Vale la pena a questo punto ricordare che – sempre da Contratto di Servizio – la RAI avrebbe dovuto garantire l’accessibilità dei decoder, fin dal momento della progettazione, ciò che invece non è mai stato fatto. A tal proposito, comunichiamo con soddisfazione che siamo stati ricevuti nel gennaio scorso dai direttori responsabili per le tecnologie della RAI e del Centro di Ricerche RAI, ai quali abbiamo sottoposto il problema, richiedendo una soluzione tecnica, ovvero un decoder supportato da un sistema di TtS (Text to Speech), cherisolverebbe il silenzio tra la digitazione dei tasti del telecomando e ciò che appare a video. Il protocollo del TtS fu proposto nel 2009 dal Forum Europeo della Disabilità (EDF) e ci risulta che sia il Regno Unito che la Spagna si siano attivati per la progettazione e realizzazione di decoder parlanti. Non si tratta, del resto, di una soluzione fantascientifica: sia i computer che i dispositivi mobili come smartphone e tablet (o per lo meno alcune marche) sono forniti infatti di tecnologie assistive vocalizzanti, che permettono alle persone non vedenti e ipovedenti di utilizzarli. Ma l’accessibilità e l’usabilità di questi strumenti non è sempre garantita, pur essendo operative sia le sopracitate Leggi che la Legge 4/04, meglio nota come “Legge Stanca”, che definisce regole tecniche per la corretta interazione di tali strumenti con le tecnologie assistive e i contenuti del web.

 

Il percorso è lungo e c’è, purtroppo, ancora tanto da fare. È tanto importante diffondere informazioni corrette e sensibilizzare tutti i cittadini, e io non finisco di stupirmi di quanti vedenti non sappiano nemmeno che noi, persone con disabilità visiva, siamo in grado di usare un PC, uno smartphone,un tablet ecc. La corretta comunicazione di tali argomenti a livello istituzionale è certamente fondamentale, ma molto efficace è la pubblicazione ampia delle problematiche sui media più diffusi. Ho avuto prova diretta che quando si porta un documento a un tavolo tecnico, esso viene letto dai membri del gruppo di lavoro e da pochi altri, e le cose restano ferme per molto tempo. Mentre invece quando una notizia viene data in televisione, in radio o esce su un quotidiano molto diffuso, allora può accadere che qualcuno si senta punto nel vivo delle proprie competenze e il problema venga affrontato a livello generale una volta per tutte.

Un’ultima riflessione riguarda la responsabilità dei media rispetto alle informazioni concernenti le persone con disabilità, e più esattamente quale sia il messaggio che passa nelle case degli italiani. Mi riferisco in particolare al modo in cui vengono trattate le notizie riguardanti i cosiddetti “falsi invalidi”, tramite vere e proprie “campagne” che, se condotte malamente, rischiano di danneggiare proprio gli invalidi veri, accusati spesso di essere “falsi”, semplicemente perché hanno raggiunto un livello di autonomia tale da riuscire ad attraversare la strada, inserire la chiave nella serratura, mandare e-mail, avere un account Facebook, vivere da soli, prepararsi da mangiare o riuscire a innaffiare il piccolo giardino di casa. Spesso si tratta di persone cieche con residuo visivo, anche minimo o laterale, che comunque permette loro di svolgere delle piccole attività con tanta fatica e coraggio, e che si trovano costrette ad andare in tribunale a dimostrare la loro innocenza. La notizia dell’eventuale loro assoluzione “perché il fatto non sussiste” non viene però mai resa pubblica nei TG e neppure sui giornali né tanto meno con gli stessi titoli ad effetto con cui erano stati sbattuti in prima pagina.
E concludo con un’ultima provocazione: i “veri falsi invalidi” hanno ottenuto certificati fasulli e benefìci economici grazie all’appoggio di Commissioni Medico-Legali corrotte presso le ASL e l’INPS: perché allora non vengono mai menzionati i nomi dei medici e dei funzionariche hanno firmato e sono stati complici di malefatte?

 

*Consigliera dell’ADV (Associazione Disabili Visivi), con delega per le Problematiche ITC (Information and Communication Technology) per la stessa ADV e per la FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), presso i tavoli del Consiglio Nazionale Utenti, AgCom, Sede Permanente del Segretariato Sociale RAI e Commissione Parlamentare di Vigilanza RAI. Il presente testo costituisce il riadattamento della relazione intitolata “I media: strumento di inclusione e di esclusione sociale per le persone con disabilità visiva” e presentata il 10 marzo 2015 a Roma, durante l’incontro dedicato al Rapporto 2012 “Disabilità e media. La rappresentazione delle persone con disabilità nel sistema italiano dell’informazione”, curato dalla Fondazione Giacomo Matteotti di Roma, con il contributo della Fondazione Terzo Pilastro – Italia e Mediterraneo.

Carta straccia


Lettera aperta della redazione del carcere di Padova, dopo la chiusura di “Sosta Forzata”, giornale realizzato per undici anni alle Novate di Piacenza e sospeso dalla direzione del penitenziario qualche settimana fa. L’appello della direttrice Carla Chiappini: “Ci dicano se vogliono che esistiamo oppure no”.

Protect people not borders


Oggi a Roma un’intera giornata dedicata ai temi dell’immigrazione con il patrocinio dell’Università Lumsa. Diverse le associazione racconteranno storie dal mediterraneo. Ai nostri microfoni Tareke Brahne, portavoce del Comitato Tre ottobre che promuove l’evento.

Incidenti stradali: la strage infinita


 

incidentiLa cronaca di questi giorni  riporta inevitabilmente alla ribalta  tragedie  stradali,  in cui vittime innocenti hanno perso la vita. E intanto,  martedì 24 marzo, alle ore 17,00, ci sarà in tutta Italia una mobilitazione dei familiari delle vittime: un sit-in per chiedere che venga introdotto il reato di omicidio stradale. A Roma sarà davanti al Quirinale, nelle altre città davanti alle prefetture o ai municipi.

Sono  ancora forti l’orrore e il dolore che hanno suscitato la notizia e le immagini legate al tragico incidente, non certo ultimo, purtroppo, che ha strappato alla vita un ragazzo di appena 15 anni, mentre si stava recando ad una partita di calcio, accompagnato in auto dalla madre, che riversa, invece, in gravi condizioni di vita in ospedale. Tutto è accaduto, sicuramente,  a causa di una mancata precedenza, che ha visto coinvolte altre automobili senza gravi conseguenze per i passeggeri, mentre non c’è stato nulla da fare per il ragazzo, spirato prima ancora di giungere in ospedale.  Dure le parole del padre: “Voglio morire anch’io!”.

Ecco, partiamo da questa terribile affermazione, seppure dettata da tanto dolore, che purtroppo è comprensibile in ciascun essere umano, dopo la perdita di una o più persone care, a seguito di incidenti stradali mortali: non c’è altro pensiero che desiderare la fine da parte di chi, purtroppo, rimane con quel vuoto immenso che la vita perduta lascia alla  spietatezza della morte. Ma cosa fare? chi può intervenire per bloccare questa  strage infinita di vittime innocenti?

Molte le associazioni nate per contrastare con tutti i mezzi  questa escalation di incidenti, dovuti, il più delle volte, allo stato fisico e psichico critico di chi sta alla guida, che  da anni si battono per restituire giustizia e dignità alle famiglie delle vittime di incidenti stradali, ed il cui contributo è stato determinante nel formulare la proposta di legge ora in discussione in Parlamento.  Fino ad oggi, infatti,  i pirati della strada, coloro che sono alla guida di un’auto,  o chi causa colposamente gravi danni fisici ad altri soggetti, non fanno neanche un giorno di carcere e continuano a guidare liberamente. Per questo è stato organizzato un sit-in in tutta Italia, davanti alle prefetture o i municipi, e a Roma davanti al Quirinale, per sollecitare l’introduzione del reato di omicidio stradale.

Ma che cos’è il reato di omicidio stradale? Solo recentemente si è cominciato  a parlare di omicidio stradale, precisamente dal 2011, definendolo, talvolta,  “ergastolo della patente” perché si è proposto di vietare per sempre, a chi ha causato gli incidenti più gravi, sotto l’effetto di alcool e di droghe,  di mettersi di nuovo al volante.

Ad inizio 2014 fu il vice ministro Nencini a proporre di inserire nel nuovo Codice della Strada il reato di omicidio stradale. Si tratta, in sostanza, di un’aggravante, che trasforma il reato eventualmente commesso, da colposo a doloso: se chi guida a folle velocità, o sotto l’effetto di alcool o sostanze stupefacenti, causa la morte di una o più persone, è punibile con la reclusione da 8 a 18 anni, oltre che con il sequestro della patente a tempo indeterminato.

“Molti di coloro che si mettono alla guida sotto effetto di alcool o droga e sono responsabili di un omicidio sulla strada, tra sconti di pena e patteggiamenti di varia natura, non fanno un giorno di galera”, le parole di Nencini. “E la media è 2 anni e mezzo di carcere. Per questi motivi e per una questione di giustizia, bisogna che si approvi il prima possibile il reato di omicidio stradale. La legge delega è già stata approvata dalla Camera e anche al Senato siamo a buon punto nell’iter di approvazione”, ha concluso il vice ministro ai Trasporti.

E qui, chi non ricorda le parole del premier Renzi, lo scorso dicembre, quando fece pubblicamente  una promessa, ribadita in un video messaggio inviato alla famiglia di Lorenzo Guarnieri, ragazzo ucciso in strada a Firenze da un’auto pirata.” Il 2015 sarà l’anno in cui noi interverremo» sull’omicidio stradale, «aspetteremo che sia il Parlamento a legiferare, visto che la discussione è in fase avanzata, ma se non lo farà il Parlamento, lo faremo noi. Il tempo dell’impunità è finito».  L’omicidio stradale e l’ergastolo della patente, secondo le intenzioni del premier, diventeranno legge nel 2015. “Il tempo dell’impunità è finito –  assicura il Premier – il 2015 sarà l’anno della svolta definitiva. L’omicidio stradale e l’ergastolo della patente sono due provvedimenti che il Parlamento sta esaminando. Bisognerà dare una risposta. Aspetteremo che siano le Camere a intervenire, perché credo sia giusto che possano legiferare, visto che sono in stato di avanzata discussione su questi temi. Se non lo faranno, provvederemo noi. Nel 2015 – ha garantito Renzi – le cose avranno finalmente compimento dal punto di vista normativo”.

Ma il tempo per i famigliari delle vittime non passa mai e ormai, dopo l’ennesimo rinvio,  delusi,  non si fermeranno, e continueranno a far sentire la propria protesta con tutto il dolore che hanno, fino a che non riusciranno a porre fine a questa inarrestabile ondata di strage infinita, con la certezza della pena per i colpevoli di tante tragedie, ma, soprattutto,  per quel non scritto diritto di giustizia per i loro cari.

 

Arrivi record


È un fiume in piena difficile da arrestare quello dei rifugiati diretti in Europa. Secondo l’Eurostat in Italia nel 2014 i richiedenti asilo sono aumentati del 143% rispetto al 2013. La proposta del Viminale a Bruxelles è di finanziare i paesi del nord Africa per coinvolgerli nell’attività di sorveglianza in mare, ricerca e salvataggio.

Cacciati senza alternative


La Corte europea per i diritti umani blocca lo smantellamento del grande campo nomadi spontaneo di Lungo Stura Lazio a Torino, in corso dallo scorso luglio. Secondo Strasburgo non c’è nessuna garanzia sulla riallocazione, specie delle famiglie con minori, anziani e disabili.

Si parte


Da pochi giorni il Csv di Treviso ha avviato il progetto Stacco per creare una rete di trasporto locale per le persone con difficoltà fisiche o svantaggiate. L’iniziativa coinvolgerà oltre
40 associazioni, 420 volontari e 70 mezzi in tutta la provincia.

Banchi di prova


A Catania è nato un progetto sperimentale nelle scuole contro il bullismo. L’iniziativa sarà realizzata in tre istituti secondari di primo e secondo grado. A promuoverla diverse associazioni come Media education lavorando su un approccio multidisciplinare che coinvolga attivamente i ragazzi.

“Accendi la mente, spegni i pregiudizi”


Con questo slogan si è aperta oggi la settimana di azione contro il razzismo organizzata dall’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali. Fino a sabato spettacoli, presentazioni di libri, dibattiti e seminari per eliminare il seme dell’odio e promuovere l’interculturalità.