Contro la natura

Solstizio d’estate, stagioni che passano, clima in mutamento.
La vigilia della bella stagione guastata dal maltempo in tutta Italia, le cosiddette “bombe d’acqua” che mettono in ginocchio le nostre città.
Altrove, in altri continenti, la potenza della natura che terrorizza l’uomo.
L’Uragano Cristina che ha spaventato il Messico e fa tornare alla mente la terribile Katrina, che nel 2005 ha portato la sua devastazione negli Stati Uniti, uccidendo oltre 1800 persone e causando danni incalcolabili.
La civiltà umana che da secoli si sforza per avere tutto sotto controllo, impotente di fronte alla natura.
Il collegamento che mi viene automatico è quello con un disco uscito all’inizio di quest’anno: “Canzoni  contro la natura” degli Zen Circus, band italiana che riesce a rappresentare con vivido realismo il presente e l’immaginario moderno.
Una provocazione certo, ma anche un futuro apocalittico in cui l’uomo, sconfitto dalla forza della natura, è costretto a giocare un ruolo a cui non è più abituato.
Il dominio umano sulle altre specie animali e il suo controllo pressoché totalizzante nei confronti della vita sul pianeta, viene messo a dura prova attraverso una serie di interrogativi.
Se gli animali cominciassero ad organizzarsi/E lentamente progettassero di sterminarci/Se non ci fosse alcun giudizio universale/In quale modo scinderesti il bene dal male?
Una visione che attraversa l’intero disco degli Zen Circus, mediante le storie e la quotidianità che si trasformano in canzoni per raccontare la natura dell’uomo, dei suoi riti e dei suoi vizi.
Con un altro interrogativo che dà senso al tutto: e se Dio fosse un albero di tiglio?
L’umanità, i suoi errori e i suoi orrori vengono così sviscerati in maniera struggente  ed ogni illusione diventa vacua, ogni speranza privata di senso.
Dalla natura dell’uomo, raccontano gli Zen Circus, non esce quasi mai nulla di buono: “è una legge di tutto il creato/il potere ha il male integrato”.