C’è sempre un “territorio” dal quale ripartire

di Ivano Maiorella

Inizia un nuovo anno, il settimo per la vita del Giornale Radio Sociale, e proseguirà il nostro impegno per l’informazione sociale. Nel 2018 vogliamo seguire una rotta e farci guidare da una parola che sembra non essere più di moda: territorio. Lo faremo cercando energie e idee nuove, alleati che vorranno approfondire con noi la ricerca, sostenitori. Curzio Maltese nella sua rubrica del Venerdi di Repubblica, chiude cosí il 2017: “ho incontrato centinaia di insegnanti … che non fanno pettegolezzi sui propri studenti e da una cattedra scrostata o anche per strada lottano contro le mafie vere, la povertà e l’ignoranza, la violenza sulle donne e il razzismo, ma perché questi non fanno mai notizia?”.  Giá, perché?

Mai come in questi tempi la comunicazione é un percorso circolare, non direttivo o a senso unico. Tutti quanti significa tutti quanti. Ascoltare e parlare, leggere e scrivere, essere fonti di notizie e utilizzarle é un diritto/dovere di tutti: “nessuno può essere sul posto rispetto a chi gia c’é”. E se il giornalista si sente meno accerchiato, meno isolato sul territorio, piú libero di mettere insieme fonti credibili, ecco che la verità e la comunicazione sociale ne guadagnano. Che cos’é comunicazione sociale? Quella con meno mezzi economici, meno capace di asfissiare il giornalista con ricatti psicologici e di potere, meno compromessa da giochi politici, finanziari o editoriali. In quattro parole: piú libera, piú credibile.

A qualcuno può apparire troppo semplicistico questo ragionamento. Forse sí, ma vi sembra sbagliato? Ce la metteremo tutta per fare in modo che fará notizia ciò che non fa notizia. Né titoli a sensazione, né generalizzazioni spazzatura, né imprecisioni: notizie né buone, né cattive, né fasulle.

Conoscere per raccontare: il territorio e le persone che lo abitano sono risorse preziose per la comunicazione sociale. Fatti di vita quotidiana, piccole grandi storie di dignità e di rifiuto del conformismo, di educazione alla vita sociale e di ribellione alla marginalità. Storie che affiorano attraverso il racconto del sociale, attraverso la cittadinanza attiva, le relazioni, i diritti, le attività del terzo settore, la cooperazione internazionale, l’economia, la cultura e lo sport sociale. Occasioni per “abitare” il territorio e strapparlo al degrado e alla solitudine. Ovvero: illuminare le periferie.

Il giornalista lo sa, “abita” e conosce il territorio, racconta storie di aperture, di incontro, di integrazione perché la consapevolezza crea il cambiamento. Le chiusure no, lasciano le cose come stanno, muffe e poteri. Il racconto giornalistico, l’inchiesta e la denuncia, diventano vulnerabili quando sono isolate. Se diventano un racconto collettivo, diffuso e ramificato su tutto il territorio, la consapevolezza e la verità hanno il sopravvento e si rafforzano. Per questo occorre rafforzare l’aderenza dei giornalisti al territorio, alla rete dei cittadini e delle organizzazioni sociali che lo abitano. Al territorio in senso fisico/geografico e ai territori digitali. Anche questo è comunicazione sociale: “la scorta mediatica”, la rete permanente dei protagonisti di diritti, di solidarietà, di partecipazione, di libertà. Come avvicinare cittadini e media? Come rafforzare la rete dei comunicatori sociali, i canali e le connessioni? Orgoglio e coraggio individuale non bastano: come rilanciare la funzione sociale del giornalista?

In questo momento c’é caos, nella societá e nella comunicazione. Nella vita quotidiana e nei consumi, in cui sono entrati i social e sono usciti i giornali. I consumi, i gusti e le mode cambiano il volto delle cittá: spariscono le luci e i negozi, non c’é più gente nelle strade. Caos degli algoritmi, folla e popolo. Follia e populismo. Gira questo smarrimento anche tra persone che si occupano di informazione. Ripartire da questo smarrimento e dal territorio ci sembra un’utile pista. La redazione del Giornale Radio Sociale è al lavoro.