Da quattro anni in compagnia di voci di strada

di Ivano Maiorella

Wolfman Jack, vogliamo incominciare da lui, anche se il suo nome non vi dirà molto. Se ne andava venti anni fa, tondi tondi, a 57 anni, era il disc jockey radiofonico più famoso d’ America, celebre in tutto il mondo dopo che aveva interpretato se stesso in American Graffiti di George Lucas nel 1973. Bene, Lupo Solitario non è stato un personaggio della radio, era la radio. La radio accompagna, di notte, di giorno, sempre che tu ne abbia voglia. Lo abbiamo imparato proprio da lui. La radio non chiede tutta l’attenzione per sè, non distrae, non è gelosa della convivenza con altri media, la radio è libera. Forse anche per questo motivo, quattro anni fa, era l’ottobre del 2011, decidemmo di dar vita al Giornale Radio Sociale. Ne approfittiamo per raccontare alcune caratteristiche di questo progetto di comunicazione sociale.

Quattro candeline che spegniamo con una nuova buona notizia: dalla fine di settembre il Giornale Radio Sociale andrà in onda a mezzogiorno, a Roma, sui 103.300 in FM dal lunedì al venerdì, all’interno delle fasce di programmazione curate da RadioArticolo1. Un appuntamento che si aggiunge a quelli con le 64 radio in Fm in tutta Italia e alle 40 web radio che già trasmettono l’edizione quotidiana del GRS. Vogliamo citarle e ringraziarle tutte, da Radio Amica a Radio Voce della Speranza, da Palermo a Venezia, da Radio 100 Passi a Radio Siani. Ecco l’elenco completo.

Rileggiamo insieme alcune idee che hanno dato vita al Giornale Radio Sociale, testata giornalistica promossa dal Forum del Terzo Settore. Un’edizione quotidiana di tre minuti con notizie di società, diritti, economia, internazionale, cultura, sport.

1. L’esperienza nasce dalla “costruzione di un ambiente cooperativo” intorno alla creazione di “spazi in cui ogni attore possa esprimersi e collaborare con altri, in cui le relazioni siano incentivate e facilitate”. Definizioni, queste, nelle quali ci siamo ritrovati e che abbiamo preso in prestito da Marco Binotto dal suo “Comunicazione sociale 2.0” (ed. Nuova cultura),

La radio ci è sembrato il canale naturale per un’esperienza di comunicazione sociale che nasceva all’interno del terzo settore, mettendo in rete i network associativi attraverso un flusso di notizie nuovo, originale, che privilegia il punto di vista dei protagonisti del terzo settore – più o meno noti, oppure assolutamente sconosciuti, voci del territorio – con metodo giornalistico, provando a rovesciare alcuni cosiddetti criteri di notiziabilità.

Cercando di avvicinare chi produce informazione – o la trasmette – e chi la riceve, cercando di abbattere il diaframma tra nazionale e locale, valorizzando le reti territoriali, cercando di annullare le distanze. Anche grazie al potenziamento del sito internet e a quello dei social.

2. In questo modo abbiamo visto che il linguaggio si innova e si fa rispettoso anche grazie al fatto che i soggetti che ne popolano il perimetro sono molteplici. Molta attenzione e molte riunioni settimanali di redazione le abbiamo dedicate proprio al linguaggio. Anche se il linguaggio della radio è prevalentemente  la musica, in quanto testata giornalistica che guarda al modello all news cerchiamo di ricomprendere suoni, voci, rumori, strada, “sporco” che convivono col genere musicale, ne fanno parte. Mobilità, flessibilità e snellezza: la radio arriva dappertutto, radio di flusso, riesce a stare velocemente dove si svolgono i fatti. Questo non significa superficialità e disattenzione, soprattutto nel linguaggio.

3. Occupare lo spazio pubblico mediale: farsi media, anche grazie ai bassi costi di produzione. In questa maniera si ottiene un duplice vantaggio: il primo, si diventa “canale”, si produce informazione, si “media” con gli altri media dal punto di vista editoriale e si interpreta l’esperienza giornalistica con gli strumenti del giornalismo (selezione, rilevanza, incrocio delle fonti, sintesi…). Secondo, come suggerisce Volterrani nel suo “Saturare l’immaginario” (ed. Exorma), ci si “mette nei panni dell’altro” per rispondere a questa domanda: “come possono le organizzazioni del terzo settore riappropriarsi della facoltà di immaginare e, dunque, di creare nuovi spazi e nuova semantica fra immaginario e realtà?”. Volterrani propone cinque percorsi, dei quali tre fanno al caso nostro: 1. mettersi nei “panni dell’altro per “comprenderne meccanismi, stili, linguaggi, luoghi…”; 2. capacità di scoprire storie, “raccoglierle, analizzarle, per poi inventarne, costruirne e commissionarne di nuove, rappresentative per la comunità e la collettività”; 3. media education, nel senso di acquisire competenze per “scardinare” o almeno modificare, immaginari e rappresentazioni sociali consolidati.

4. Empowerment, ovvero valorizzare e moltiplicare le capacità professionali e relazionali (personali, collettive, associative) partendo da una comune matrice giornalistica: la ricerca delle notizie. Nasce così una redazione composta da sei redazioni: società, diritti, economia, internazionale, cultura e sport. La classica impaginazione che si sovrappone a sei fasce specifiche considerate come insediamento permanente – in alcuni casi trasversale – delle organizzazioni sociali, piccole e grandi, del terzo settore italiano.

5. Tecnologia e innovazione, i canali si moltiplicano e influenzano il messaggio. Le web radio rappresentano nuovi spazi di comunicazione, capacità di adattamento alle trasformazioni e interpretazione del nuovo. Il Giornale Radio Sociale utilizza vari ambienti, dal web all’FM; varie modalità comunicative (voce, testi, immagini, video…); vari generi giornalistici (l’edizione giornaliera radiofonica, gli speciali, le dirette, gli approfondimenti del Grs week). Un’intermedialità che continuerà ad arricchirsi, innovarsi, sperimentarsi. Che si mette ogni giorno alla prova.