Che cosa può fare la comunicazione sociale? Questa domenica può diventare un caso di studio, ma andiamo per ordine. “Perché, perché? La domenica mi lasci sempre sola, per andare a vedere la partita.di pallone…perché?”. Erano gli anni ’60 e Rita Pavone cantava così l’Italia di allora. Le partite di serie A si giocavano tutte di domenica, allo stesso orario che ci potevi rimettere l’orologio. Oggi non è più così, segno dei tempi, forse. Quella di oggi, domenica 22 marzo, verrà ricordata come una domenica particolare, senza calcio o quasi. Il risultato del calcio spezzatino è che soltanto una partita di A si è giocata alle 15. Si può pensarla come si vuole, bella o brutta notizia. Fatto sta che questa emergenza ha spinto Rai Sport a creare qualcosa di nuovo e lo spazio pomeridiano che solitamente è occupato dal calcio superprofessionistico è stato dedicato quest’oggi ad un calcio mai visto sulle generaliste Rai, a cominciare proprio dalla domenica pomeriggio. Si dirà: la comunicazione sociale tampona la comunicazione spettacolare. La pensiamo in maniera diversa: Rai Sport ha colto l’occasione per sperimentare un genere narrativo diverso dal solito, approfittando delle contraddizioni del calcio stellare, “spezzatinato” dalle esigenze delle pay tv.
Fatto sta che il parterre de rois di una nota trasmissione di sport in tv, Stadio Sprint di domenica 22 marzo, dalle 17 alle 18 di pomeriggio su Rai 2, è stato scalettato su quattro finestre con altrettanti campi di calcio sociale: da Genova per una partita del Torneo di calcio Il Lavoratore; da Roma per la Clericus Cup; da Bologna con don Ciotti e le immagini del torneo giovanile Oltre le regole; dal campo di San Basilio, periferia est della Capitale, per una partita dei Liberi Nantes con il Nuovo Salario. La scelta della direzione di Rai Sport è stata coraggiosa e in qualche modo storica. La conduzione di Enrico Varriale è stata intelligente e nulla affatto scontata.
A Genova è andata in scena mica una partita qualsiasi: Ansaldo-Gs Sori, nell’ambito del Torneo Uisp “Il Lavoratore”, che si svolge da quarant’anni con le squadre che rappresentano le diverse aziende. Oggi c’è crisi di lavoro e cassa integrazione, ma il torneo continua.
A Roma il collegamento è stato effettuato dal campo di San Basilio, nella periferia est della. I Liberi Nantes significano integrazione contro le discriminazioni e i pregiudizi. E’ una squadra formata da esuli e richiedenti asilo. Hanno sfidato il nuovo Salario, in un incontro tra “periferie” diverse.
Sempre nella Capitale, all’ombra del Cupolone, è andata in scena la Clericus Cup, organizzata dal Csi, con squadre di seminaristi giunte da mezzo mondo e il pensiero rivolto a Papa Francesco e al suo amore per il calcio argentino, e non solo.
A Bologna c’era collegato don Luigi Ciotti, all’indomani della manifestazione nazionale per la Giornata della memoria e dell’impegno. Che c’entra il calcio? In studio c’era anche il papà di Dodò, Domenico Gabriele, bambino di 11 anni centrato da un colpo di pistola mentre giocava a calcio con i suoi amici nel 2009. Dopo tre mesi il bambino è morto, colpito casualmente da un proiettile di mafia. Sono state dedicate a lui le immagini del torneo “Oltre le regole”, che coinvolge duemila ragazzi e ragazze bolognesi tra i 6 e i 9 anni. Un campionato senza classifica e senza cartellini rossi e gialli. I cartellini sono “azzurri”, destinati a chi si distingue di più nel fair play.
Durante il collegamento si è parlato anche della partita degli azzurri della Nazionale a Rizziconi, una manifestazione di popolo realizzata grazie a Libera, all’Us Acli e all’allora ct dell’Italia, Cesare Prandelli (ci auguriamo che chi lo ha rimpiazzato ne segua l’esempio). Era il 13 novembre 2011, si giocava sul campo del terreno di Rizziconi, sequestrato alla ‘Ndrangheta ed è stata festa grande. Proprio come in questi giorni a Bologna, con Libera che ha festeggiato i venti anni di vita: “La verità illumina la giustizia”. Anche il calcio sociale può illuminare l’altro lato del calcio, più opaco, buio, ambiguo. Se è messo in condizioni di farlo. Questa volta la Rai lo ha fatto: c’è da augurarsi che l’esempio venga seguito anche in futuro, c’è da augurarsi che il racconto dell’Italia vera passi anche attraverso lo sport sociale e non soltanto quello superprofessionistico. Lo sport è un linguaggio popolare per eccellenza: la verità passa anche da qui.