Appello ai social


Si moltiplicano le vittime di insulti razzisti nel Campionato di calcio inglese. Premier League, Football League e le altre associazioni di categoria hanno scritto una lettera congiunta al boss di Twitter, Dorsey, e al fondatore di Facebook, Zuckerberg in cui si legge “non combattere in modo serio questi comportamenti produce un senso di impunità”.

Brexit, social, lockdown: un mix micidiale che ha riproposto la questione del razzismo nel calcio inglese. L’addio all’Unione Europea ha ridato fiato al nazionalismo estremo. Il lockdown ha incattivito ulteriormente gli animi. Vittime, uomini e donne: anche una calciatrice del Manchester United, Lauren James, ha infatti ricevuto offese.

E poi: Marcus Rashford e Axel Tuanzebe (Manchester United), Antonio Rudiger e Reece James (Chelsea), Romain Sawyers (West Bromwich Albion) e, ultimo della lista, Yan Dhanda, centrocampista dello Swansea, 22 anni, mamma inglese e papà indiano, preso di mira dopo la partita di FA Cup contro il Manchester City. L’escalation è stata impressionante. Rudiger, che già ebbe qualche problema in Italia ai tempi della Roma, ha risposto in modo perentorio attraverso il sito del Chelsea.

La situazione è vergognosa e preoccupante. Premier League, Football League, federazione donne, Associazione calciatori, Associazione allenatori, Associazione arbitri e l’organizzazione Kick It Out hanno scritto una lettera congiunta al boss di Twitter, Jack Dorsey, e al fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg. I toni sono duri e s’invoca un forte richiamo al dovere dopo le promesse, in parte non rispettate, di qualche tempo fa: “Le vostre piattaforme restano un paradiso per gli abusi e non è più accettabile. L’inerzia è stata interpretata come una resa. Facebook, Twitter e Instagram hanno miliardi di utenti e non combattere in modo serio questi comportamenti produce un senso di impunità”.

È stato formulato un pacchetto di richieste: 1) filtrare e bloccare post e messaggi prima che vengano inviati, nel caso contengano materiale razzista o discriminatorio; 2) misure solide, trasparenti e rapide per rimuovere gli abusi; 3) strumenti più rapidi per consentire l’identificazione degli utenti; 4) impedire a chi si è reso protagonista di questi episodi di registrarsi nuovamente sulle piattaforme social.
I vertici di Facebook, “inorriditi” di fronte a queste storie, hanno garantito un impegno maggiore sulla questione, mentre Twitter ha affermato: “Il comportamento razzista non ha posto nel nostro servizio. Quando identifichiamo account che violano una qualsiasi delle nostre regole, prendiamo subito provvedimenti”.