L’arcobaleno al Giro d’Italia: il messaggio di inclusione del ciclista Jacopo Guarnieri


L’arcobaleno al Giro. Il ciclista Jacopo Guarnieri partecipa alla Corsa rosa lanciando un messaggio di inclusione, indossando un bracciale arcobaleno. Lo ha fatto anche a Budapest per protestare contro le leggi omofobe di Victor Orban, ma evidenzia che anche in Italia c’è ancora molta strada da fare per la promozione dei diritti.

«La curiosità per il mondo l’ho sempre avuta ma il ciclismo mi ha aperto la testa». Ci sono corridori impegnati nel sociale, altri che portati fuori dal perimetro delle gare non hanno nulla da dire e poi c’è Jacopo Guarnieri da Vizzolo Predabissi, il girino numero 113, sei squadre diverse in sedici anni di professionismo e una seguitissima piattaforma social usata con intelligenza: «Mi piace pensare, nel mio piccolo, di poter cambiare le cose in meglio. E, se non ci riesco, perlomeno voglio lasciare un segno».

A Budapest, nella terra delle leggi omofobe di Victor Orban, il velocista lombardo della Groupama, gregario di Demare nelle volate di Messina e Scalea (prezioso il suo lavoro ieri nello sprint deciso al fotofinish), ha sfilato con il braccialetto arcobaleno, un chiaro endorsement ai temi Lgbt osteggiati dal governo ungherese di destra, e quegli stessi argomenti di parità di genere si porta dietro nel tascapane durante il suo terzo Giro d’Italia della carriera. Nel trolley, per la cronaca, ha infilato anche l’ultima copia di Internazionale e «Il popolo degli alberi», romanzo di Hanya Yanagihara. «Il braccialetto è la mia protesta silenziosa — racconta Guarnieri dal bus che lo porta in albergo dopo aver attraversato a pedali la Calabria —, ci pensavo da mesi poi mi sono consultato con il mio compagno ungherese Attila Valter. Ho pensato che la passerella in Piazza degli Eroi fosse una buona occasione, la Groupama era d’accordo: volevo lanciare uno spunto di riflessione, è il gesto che conta».

Ha temuto ritorsioni, Jacopo («Ho messo in conto che qualcuno potesse tirarmi un pugno nella crono del giorno dopo, ma non è successo…»), che accetta di parlare ora che il Giro è rientrato in Italia. «Ci raccontiamo che il nostro sia un Paese moderno e progressista — riflette —, soprattutto rispetto all’Ungheria dove i contenuti omosex sono vietati ai minori, ma ricordiamoci che fine ha fatto in Parlamento il disegno di legge Zan contro l’omotransfobia, affossato in Senato tra gli applausi. Anche da noi il sentimento di nazionalismo sta crescendo».

A 34 anni, sfuggito al futuro alla Mario Cipollini che gli avevano pronosticato da dilettante («Era inutile incaponirsi nel tentativo di diventare quello che non ero»), non c’è rischio di una discesa in politica: «No, grazie, non ci tengo — sorride Jacopo —, preferisco sfruttare la visibilità dell’atleta per sottolineare i temi che mi sono cari». La rivoluzione copernicana della sua esistenza è stata la nascita, cinque anni fa, di Adelaide. «Grazie a lei, da padre separato, ho cominciato a interessarmi dei diritti delle donne. L’arrivo di mia figlia ha acuito la mia sensibilità, fino a quel momento ero stato troppo indulgente con me stesso. Mi sono rimesso in discussione e adesso sogno un mondo migliore per Adelaide, un futuro libero che le permetta di essere tutto ciò che lei vorrà».

Come Harry Kane e Manuel Neuer all’Europeo 2020, Kok-kinakis e Fognini nel tennis, l’hockeista Nike Lorenz ai Giochi di Tokyo 2020, il braccialetto arcobaleno è più di un messaggio. «Non ho soluzioni, dico solo quello che penso» saluta Guarnieri diretto verso il meritato riposo prima della settima tappa. Il polsino con la scritta «Pride» è pronto a tornare in azione. «Magari a Verona, magari sul podio». Un Giro aperto e inclusivo ci piace ancora di più.