Ius soli sportivo, le società di base in difficoltà: nuovi ostacoli nel tesseramento dei minori stranieri nati in Italia


Passi indietro

In seguito ad alcune modifiche burocratiche al cosiddetto ius soli sportivo, introdotto nel 2016, le società sportive di base stanno nuovamente incontrando molti ostacoli nel tesseramento dei minori figli di immigrati privi della cittadinanza italiana. Il Coni e la Figc stanno studiando delle soluzioni.


L’allarme è partito da una circolare della Lega Nazionale Dilettanti di cinque giorni fa che comunicava alle società dilettantistiche italiane le modifiche burocratiche ai principi dello ius soli sportivo introdotti nel 2016. Si tratta della riforma che eliminava molti ostacoli posti sulla strada della pratica sportiva dei figli degli immigrati ancora privi della cittadinanza italiana.
Non a caso la nuova legge veniva presentata così in Gazzetta Ufficiale: «Disposizioni per favorire l’integrazione sociale dei minori stranieri residenti in Italia mediante l’ammissione nelle società sportive appartenenti alle federazioni nazionali, alle discipline associate o agli enti di promozione sportiva». Un proposito molto nobile e atteso da anni da tantissimi ragazzi e dalle loro famiglie, sponsorizzato da tanti dirigenti sportivi e da alcune forze politiche sensibili al tema. Erano fondamentalmente due i problemi che lo ius soli sportivo alleviava: la difficoltà di iscriversi dei ragazzi stranieri nati in Italia, visto che in molti casi era difficilissimo rinvenire nei Paesi di origine la documentazione necessaria, e la discriminazione a partecipare alle gare individuali nazionali.

C’erano anche i limiti alle convocazioni nelle Under azzurre prima dei 18 anni (quando è possibile ottenere la cittadinanza) che non erano stati rimossi del tutto dalla legge del 2016. Ma quella riforma, al netto dei dettagli da limare, aveva dato una grande speranza a molti “nuovi italiani”. E aveva collocato lo sport in una posizione di avanguardia sul percorso di vera integrazione rispetto ad altri settori della società: non a caso il presidente del Coni, Giovanni Malagò, si era battuto per questa innovazione. Per questo la circolare del 26 settembre ha seminato una notevole apprensione. È successo che l’entrata in vigore a febbraio di quest’anno di un decreto legislativo del 2021 ha complicato nuovamente le procedure di iscrizione facilitate dallo “ius soli sportivo”. Sono stati tutti colti in contropiede da questo cortocircuito legislativo a partire dal ministero dello sport, visto che la norma sotto accusa risale a due anni fa. Il Coni ha messo al lavoro i propri esperti legali per capire esattamente quali potranno essere le conseguenze per le singole Federazioni.

La Figc si è subito mossa per porre rimedio al contenuto della prima circolare. Già venerdì via Allegri ha chiarito che per iscrivere il ragazzo straniero basterà la certificazione di un anno di frequenza scolastica nei dodici mesi precedenti, oltre a una fotocopia del documento di identità di uno dei genitori. Quindi non servirà il certificato di residenza in Italia nell’anno precedente. In questo modo dovrebbe essere stato posto rimedio ai problemi più seri con l’incubo del ritorno alle decine di incartamenti che erano necessari fino al 2016. Il lato positivo di questa delicatissima questione è che spesso le Federazioni possono dotarsi di regolamenti autonomi che agevolano le procedure di tesseramento dei giovani sportivi. In Italia la prima a muoversi in questa direzione è stata la Federazione cricket nel 1992 per ovvie ragioni legate al radicamento di questa disciplina nei Paesi asiatici e quindi agli immigrati in Italia provenienti da quelle zone. Un decennio dopo aveva adottato provvedimenti analoghi la Federazione pallanuoto. Nel caso del calcio esiste una complicazione in più: la necessità di armonizzare le regole sul tesseramento dei minori con quelle della Fifa che intendono scoraggiare la tratta internazionale dei baby fenomeni. Con l’ulteriore aggravante che l’asticella anagrafica posta dalla Fifa è progressivamente scesa col passare del tempo perché le mire dei grandi club europei sono andate sempre più in giù con l’età. La Fifa ha collocato la soglia addirittura a 10 anni per il monitoraggio dei trasferimenti internazionali.

Al di sopra si inizia a presumere che il giovanissimo atleta venga mosso da un Paese all’altro per soddisfare esigenze di calciomercato, non personali o della famiglia. Per questo il via libera viene dato solo in caso di tesseramenti per squadre dilettantistiche che non abbiano legami con club professionistici. Infatti, la Figc ha dovuto chiamare la Fifa per ottenere il semaforo verde alla correzione della circolare della Lnd.