Olimpiadi invernali, il pattinatore Timothy LeDuc primo atleta non binario


Giochi per tutti. Domani a Pechino al via i Giochi invernali: Timothy LeDuc, che gareggerà nel pattinaggio a coppie insieme ad Ashley Cain-Gribble, sarà il primo atleta non binario. Nel 2019 è diventato il primo pattinatore apertamente gay a vincere gli US Championships nel “pair skating”. L’atleta denuncia i limiti all’inclusione che ancora esistono, ma la sua federazione lo difende dagli haters.

La partecipazione farà storia, ed è bastato il solo annuncio per scatenare il solito codazzo di veleni social ai quali la federazione americana ha risposto subito con fermezza: “US Figure Skating sostiene i nostri membri LGBTQ+ e denuncia le frasi di odio contro qualsiasi membro della nostra comunità. Noi siamo orgogliosi del ruolo innovativo di Timothy LeDuc come primo atleta apertamente non binario del Team USA e riconosciamo la sua positiva influenza come membro della squadra olimpica americana”.

Non binario, quindi non uomo né donna, o entrambe le identità. Non è questione di un viaggio da un sesso all’altro, si tratta di percezione di se stessi. Più forte di qualsiasi identificazione, quella di Timothy LeDuc, trentuno anni, sarà una voce che dalle Olimpiadi di Pechino parlerà a milioni di persone nel mondo, soprattutto ragazzi che vogliono essere “open”, secondo la definizione del pattinatore, e il libro di Agassi non c’entra. Perché non si tratterà solo di elementi tecnici di un esercizio, presentazione, valutazione dei giudici e punteggi con cui rispondere alle coppie russe e agli altri avversari più temibili: sarà una missione, come è stata concepita da Timothy. “La mia speranza è che quando le persone sapranno della mia storia diranno: ‘E’ la prima persona non binaria a raggiungere questi livelli. Vorrei che la narrazione cambi in modo che gli omosessuali possano essere “open”, aperti, e avere successo nello sport”.

Scontato? Per nulla, a sentire come Ashley Cain-Gribble, l’altra metà della coppia USA, racconta la difficoltà di chi vuole fare coming out anche in un mondo in cui sensibilità e propensione artistica contano come nel pattinaggio: “Dedicheremo le nostre esibizioni a tutte le persone che si sentivano come se non appartenessero – o gli è stato detto che non appartenevano – a questo sport”. “Siamo sempre stati qui” scandisce LeDuc, “abbiamo sempre fatto parte dello sport. Solo che non sempre siamo stati in grado di aprirci. Potrebbero esserci più atleti olimpici che mai, pronti a identificarsi come LGBTQ. Ma ci sono ancora limiti all’inclusione”.