Seduti per i diritti


professional-football-1582525__180Colin Kaepernick, giocatore di football di San Francisco, sta manifestando il suo dissenso per il trattamento riservato agli afroamericani nel Paese. La sua singolare protesta consiste inginocchiandosi durante l’inno nazionale invece di alzarsi in piedi. La speranza che questo generi un effetto domino anche su altri colleghi.

 

Prima di una partita di avvicinamento al campionato contro i Chargers di San Diego, il quarterback dei San Francisco ‘49ers alle prime note dell’inno nazionale si è inginocchiato a terra, silente, in segno di protesta. Stavolta c’era un target specifico: infatti, la notte di San Diego è dedicata ai militari. Sono loro a cantare l’inno nazionale, emblema sempreverde del patriottismo del Paese. Ma Kaepernick, sorpreso a indossare in campo dei calzini raffiguranti maiali con il cappello da poliziotto, non crede nelle istituzioni. Non è l’unico: a San Diego il compagno di squadra Eric Reid lo segue e rimane in silenzio e immobile durante l’inno. Così fa, qualche chilometro più in là, Jeremy Lane dei Seattle Seahawks.
Il giocatore non ha nessuna intenzione di mollare. Non crede di offendere il Paese con le sue gesta, ma di “spronarlo”. Intervistato a bordo campo a fine partita, ha detto ai giornalisti: “Amo l’America ma voglio che il Paese migliori e credo che discussioni come quella a cui ho dato il via io servano a tutti per comprendere meglio i diversi punti di vista”.
Nell’America spaccata tra il movimento per i diritti dei neri, Black Lives Matter, il Blue Lives Matter (nato in reazione al primo per difendere la vita e l’onore dei poliziotti), a seconda della fazione, Kaepernick è diventato un eroe o un nemico della patria.
Kaepernick ha raccontato al Los Angeles Times di essere stato diverse volte vittima della polizia durante gli anni universitari in Nevada a causa del colore della sua pelle: costretto a uscire dall’auto e a ricevere visite delle forze dell’ordine a casa a qualsiasi ora, “perché eravamo gli unici neri del quartiere”. Per questo, il suo obiettivo adesso è continuare “a parlare per le persone oppresse, soprattutto quelle che non hanno voce”.