SportOpera: parte stasera la rassegna del Campania Teatro Festival


SportOpera. Parte stasera la sezione del Campania teatro festival che indaga la relazione tra arte e sport. Tre campioni olimpici e paralimpici in scena con “Preludi – Hybris”, testo tratto da Omero e Giovan Battista Marino in cui la celebrazione della morte diventa occasione per incarnare l’aspirazione vera dello sport: la sfida all’inerzia e all’incombenza della fine.

Prosegue la quattordicesima edizione del Campania Teatro Festival diretto per il quinto anno consecutivo da Ruggero Cappuccio e organizzato dalla Fondazione Campania dei Festival, presieduta da Alessandro Barbano: riparte nella Manifattura della Porcellana del Museo
e Real Bosco di Capodimonte (Porta Miano), alle 21, la sezione SportOpera a cura di Claudio Di Palma e Vesuvioteatro che indaga la relazione tra arte e sport. Lo fa con “Preludi – Hybris”, da Omero e Giovan Battista Marino. Sul palco Stefania Rocca, affiancata dai campioni Gabriella Dorio (Medaglia d’Oro alle Olimpiadi di Los Angeles 1984) e Imma Cerasuolo (Medaglia d’Oro alle Paraolimpiadi di Atene 2004), con la partecipazione di Patrizio Oliva (Medaglia d’Oro alle Olimpiadi di Mosca 1980).

Le musiche sono eseguite dal vivo da Massimiliano Sacchi (clarinetti), Annalisa Madonna (voce), Gianluca Rovinello (arpa), Marcello Giannini (chitarra ed elettronica), Pasquale Benincasa (percussioni). La realizzazione dello spazio scenico è a cura di Emmanuele Esposito in collaborazione con il Biennio di Scenografia per il Teatro dell’Accademia di Belle Arti di Napoli. Omero ci lascia suoni e versi che bene descrivono i cerimoniali sportivi dell’antica Grecia: i ludi funebri per la morte di Patroclo o Anchise ad esempio. Celebrare la morte diveniva l’occasione per incarnare un vitalismo atletico grazie al quale rimisurare abilità ginniche e ribadire il valore apotropoaico dello sport il cui fine implicitamente risultava, e ancor oggi risulta, la sfida all’ossessione dell’inerzia, al senso della fine. La fine è, però, anche il limite estremo dell’esperienza sportiva, l’ultimo spostamento del limite come quello di Calamo e Carpo nell’opera di Marino.