Dopo aver subito gli insulti razzisti per il calciatore del Pescara, Sulley Muntari, è scattata anche la squalifica per una giornata: è evidente che nel calcio italiano sono molte le cose che non vanno, sui regolamenti, sulla loro applicazione, sui riflessi nella scarsa cultura dello sport e del “rispetto” nel nostro Paese. Durante la 34° giornata di campionato Muntari è stato vittima di cori razzisti e poi ammonito dall’arbitro per le richieste di interrompere la gara, ed è giunto fino ad abbandonare il campo in segno di protesta, ma ha raccolto la solidarietà dell’Onu. A proposito dell’episodio la rete fare-football against racism in Europe parla di pessimo esempio. Sentiamo le parole della presidente Raffaella Chiodo.
Oltre ai tifosi l’attenzione si è focalizzata sui calciatori, che potrebbero diventare i veri protagonisti e promotori di una campagna educativa che affronti seriamente il problema del razzismo nel calcio italiano. Ma qui, per Mauro Valeri dell’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, si impatta contro le resistenze dei professionisti italiani.
Nei campetti di periferia del calcio amatoriale il discorso non cambia molto, ma crescono le realtà di sport sociale che promuovono un calcio inclusivo e all’insegna del fair play. La scheda di Giuseppe Manzo e Francesca Spanò
Se in serie A Muntari riceve i buu razzisti insieme a Rudiger e Koulibaly in giro per gli stadi, nelle categorie dilettanti prolifera un fenomeno opposto. Sono tante infatti le esperienze di squadre multietniche e antirazziste che portano avanti progetti di inclusione ma vincono anche sul campo. A Roma la ‘Liberi Nantes Football Club’ è la prima squadra di calcio in Italia interamente composta da rifugiati e richiedenti asilo che dal 2008 disputa il campionato di Terza Categoria con il sostegno di Uisp e Unhcr. Altra storica e vincente esperienza è quella di Afro Napoli United: dopo due promozioni consecutive domenica sarà in campo per i play off promozione al campionato di Eccellenza. Ma non finisce qui. Sempre a Roma troviamo l’Atletico Diritti, una squadra composta da immigrati, detenuti o ex detenuti, studenti universitari che nasce dalle associazioni Progetto Diritti e Antigone con il patrocinio dell’Università di Roma Tre. Salendo a Nord a Milano troviamo Black Panthers Football Club, squadra di calcio popolare nata dall’incontro del centro sociale Lambretta con i migranti ospiti nel centro di via Aldini. Infine a Torino la Balon Mundial Onlus utilizza lo sport come strumento educativo per favorire l’aggregazione e la partecipazione, e per promuovere la diversità e le identità culturali. Sono solo alcune esperienze che ci raccontano di un calcio sempre più antirazzista nei campetti di periferia
Un’esperienza che da oltre vent’anni lavora per rendere lo sport promotore di integrazione e accoglienza è senz’altro quella dei Mondiali Antirazzisti, in programma dal 5 al 9 luglio in provincia di Modena. Ai nostri microfoni Carlo Balestri, organizzatore della festa multiculturale
Bentrovati all’ascolto del GRSWEEK da Fabio Piccolino.
Nelle ultime settimane si è parlato molto delle ONG che aiutano i migranti in mare, specie nell’area del Mediterraneo. Dopo che Frontex, l’agenzia per il controllo delle frontiere ha accusato le organizzazioni di aver aiutato indirettamente gli scafisti, da giorni è in corso una polemica che coinvolge anche la politica e il mondo dell’informazione.
Le associazioni non ci stanno e si oppongono con forza alle strumentalizzazioni di chi intende criminalizzare gli interventi di salvataggio dei migranti. Sul tema si è espresso il Forum del terzo Settore, chiedendo ai rappresentanti delle istituzioni si esercitare la propria funzione con equilibrio e lungimiranza; le maggiori reti del settore, Aoi, Cini e Link 2007 hanno invitato a reagire ad una deriva che colpevolizza e strumentalizza le Ong invece di interrogarsi sulle responsabilità delle politiche europee in relazione alle morti in mare.
Ascoltiamo Silvia Stilli, portavoce dell’ Associazione delle organizzazioni italiane di cooperazione e solidarietà internazionale.
[sonoro]
Lo scorso anno sono arrivate via mare in Italia 181.000 persone; i morti nel Mediterraneo sono stati circa 5.000. Le indagini in corso accerteranno ogni responsabilità, ma la vicenda tira in ballo anche una questione etica nei confronti di chi ha scelto di intervenire in prima persona per soccorrere chi rischia la vita in mare.
Ai nostri microfoni Luca De Fraia, vice segretario generale di Action Aid.
[sonoro]
La questione è molto delicata e merita più di una riflessione.
Il Ministro dell’interno Marco Minniti ha invitato ad evitare generalizzazioni e giudizi affrettati, confidando nel lavoro della magistratura.
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Il 25 aprile è la data in cui il Paese festeggia la Liberazione dal nazifascismo. Per affermare i valori di libertà e democrazia in Italia furono migliaia i giovani, gli uomini e le donne che diedero la vita nella Resistenza partigiana. Da alcuni anni questa Festa scatena polemiche e divisioni che sono distanti proprio da quei valori e dalla loro attualità sulle domande di partecipazione democratica contro i rischi di nuovi muri e del pericolo di un uomo solo al comando. Per capire cosa hanno significato quegli anni, meno di un secolo fa, occorre partire dalla memoria di chi li ha vissuti. Ecco il racconto di Lidia Menapace, staffetta partigiana, nel documentario “Le ragazze del ’43 e la bicicletta” realizzato dalla Uisp.
(sonoro)
Clara Capponi
Negli ultimi anni i cittadini italiani hanno manifestato scarsi sentimenti positivi verso la politica, sostituiti spesso dall’indifferenza e dalla rabbia verso i partiti politici e le istituzioni. Non è venuta meno però la disponibilità alla partecipazione, uno dei valori cardine dell’attuale concetto di democrazia. Una tendenza, quella alla partecipazione, che si è manifestata già dagli anni 80 con la crescita dell’impegno volontario. A confermarlo diverse ricerche su tutte l’indagine Istat CSVnet e fondazione volontariato e partecipazione sul lavoro volontario del 2012. Fare volontariato ha un effetto positivo di socializzazione alla partecipazione politica, soprattutto per le classi sociali più svantaggiate. I volontari partecipano più volentieri alle manifestazioni ed è più informato sulla vita politica. Per non parlare del tasso di fiducia interpersonale dei volontari che si attesta al 35,8% rispetto a quello di chi non fa volontariato solo 20,6%. I volontari mostrano più fiducia anche nelle istituzioni: l’indice medio di fiducia è di 4,7 rispetto a 4,4 dei non volontari. E’ interessante però sottolineare la relazione fra l’impegno gratuito con la fiducia nelle istituzioni, viste come enti gerarchici che richiedono una adesione fideistica, è di gran lunga più debole rispetto a quella interpersonale. Il volontariato è quindi una scuola di democrazia, ovvero un’occasione di socializzazione e apprendimento ai valori della partecipazione democratica
Giovanna Carnevale
Da una parte la memoria, dall’altra la storia che scriviamo ogni giorno. Quanto dei valori richiamati dalla Liberazione si ritrova oggi nelle scelte della politica? Le nuove norme sul contrasto all’immigrazione illegale hanno creato 20 nuovi centri di espulsione per stranieri, abolito l’udienza e il secondo grado di giudizio per i richiedenti asilo che hanno fatto ricorso contro un diniego. Un pezzo di società sembra già pronto a erigere muri e ad acconsentire alla relativizzazione dei diritti pur di sentirsi al sicuro. Eppure la certezza democratica, oggi, non può che provenire da un processo di accoglienza: l’isola di Lampedusa, la cui sindaca Giusi Nicolini ha da poco ricevuto il premio Unesco per la ricerca della pace, può essere esempio di come riuscire a gestire la crisi dei rifugiati, con umanità.
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