Sta aumentando sempre più il numero di bambini, dall’età più tenera fino all’adolescenza, testimoni di atti di violenza domestica, che porteranno inevitabilmente per sempre il segno di questo dramma, spesso finito in tragedia, con la perdita della persona più amata, la mamma. Che ne sarà di loro? Chi si occuperà di loro? Che genitori saranno, se lo diventeranno? Per i più fortunati, si tratterà di seguire percorsi guidati di reinserimento da parte di professionisti, e, forse, con l’amore delle persone care, ce la faranno; per gli altri, vittime prescelte, immolate in virtù di una punizione da impartire ad un adulto, rimane l’appellativo consolatorio di “angeli dei nostri tempi”, creature innocenti, cui è stato tolto il diritto di vivere, di crescere, di andare a scuola, di giocare, di essere semplicemente “bambini”!
Uno dei fenomeni che sta prendendo sempre più forma, purtroppo, è quello del femminicidio triangolato, denominazione coniata per alcuni fatti omicidiari, che hanno visto vittima sacrificale i figli per colpire la o le donne della famiglia.
Molte le associazioni nate per prevenire atti violenti e tutelare i minori vittime di tali episodi . Abbiamo chiesto ad Alberto Biasciucci, presidente dell’Associazione “Amici di Claudio”, quale l’impegno dell’associazione da lui presieduta, come agire perché questi episodi non accadano più, o possano, almeno, diminuire, dinanzi ad un’evoluzione così negativa del fenomeno?
R – La nostra associazione nasce per ricordare il piccolo Claudio, mi scusi se mi commuovo sempre un po’ quando parlo di questo angioletto, perché purtroppo Claudio è stato ucciso dal padre, scaraventato nel Tevere, a febbraio di due anni fa, nel 2012, e adesso andiamo verso il terzo anno dell’atroce morte che ha subito questo bambino, perché il padre ha voluto punire la mamma e la famiglia materna, la nonna, che è vedova, quindi una donna sola, la zia, sorella della mamma Claudia, che era addirittura al nono mese di gravidanza, ed avrebbe partorito, pochi giorni dopo, un’altra bambina., Quindi è stato, questo, un atto di degenerazione e depravazione di un femmicidio, perché l’uomo è arrivato a casa con un coltello, non ha trovato Claudia e quindi, si è scagliato sul bambino, attraverso il bambino, colpendo così la mamma in una maniera terribile.
Io non so il futuro che cosa ci proporrà, che cosa accadrà. I femminicidi sembrano un po’ all’ordine del giorno, anche i più biechi, i più turpi, i più immondi, nel senso che donne colpite da moltissime coltellate, o, addirittura, bruciate, arse, che si sono rotolate a terra per spegnersi e si sono salvate a stento; apprendo di conciliaboli familiari per decretare, poi, la pena di morte alla figlia che aveva avuto la relazione sentimentale con un uomo che non l’aveva sposata e che l’aveva lasciata, e purtroppo, da quando mi occupo un po’ con maggiore interesse e cura di queste situazioni, io ho spettacoli molto tragici, molto brutti davanti a me, di cui prendo atto.
D – Insomma, anche la tanto desiderata – e attesa – convenzione di Istanbul, la prima legge europea, universale, entrata in vigore dal primo agosto scorso, per combattere e prevenire la violenza domestica, non viene portata a conoscenza, dagli organismi competenti, nei luoghi istituzionali più idonei, a cominciare dai ragazzi nelle scuole per prevenire questi tipi di atti di violenza. Secondo lei, ancora non si riesce a entrare, proprio, nella mente dell’individuo, del cittadino, del bambino, del ragazzo, fino a formarlo ad avere un rapporto corretto e di tutto rispetto con l’altro?
R – Io, nella mia ingenuità, pensavo che con l’entrata in vigore del divorzio, cessassero i femminicidi, nel senso che vai, da persona civile, davanti al giudice, ti separi, o divorzi, quindi che motivo c’è, se torni libero, di uccidere la moglie? Invece, scattano altri meccanismi, scatta il senso del possesso, della padronanza, l’uomo si sente vivere in una deminutio, l’essere abbandonato, la crisi dl rapporto con la donna, poi, una mancanza di educazione di base, probabilmente, perché è già nella famiglia che si devono educare i ragazzi in una maniera paritaria ed al rispetto assoluto l’uno per l’altro, che sia un bambino o una bambina, o, comunque anche se hai solo una femminuccia o un maschietto, è la famiglia che deve educarlo finchè può, finchè ci riesce, nella maniera più appropriata possibile.
Questo discorso deve proseguire, poi, nelle scuole, e anche la società, all’unisono, deve cercare di far sì, appunto, che tutto ciò non accada, però, purtroppo, non so perché, si va avanti così…….Poi c’è il rimedio, adesso, dell’allontanamento dell’uomo dalla casa coniugale, dell’ordine di non potersi avvicinare alla moglie, alla donna, là dove lavora, là dove c’è la casa coniugale, o la casa in cui vive. Però, delle volte non bastano questi provvedimenti, scatta una molla che ti fa superare anche queste barriere legali-giuridiche, e arrivi a colpire la compagna, né si può, purtroppo, tenere un carabiniere sotto l’abitazione di ogni persona che ha subito un atto di violenza. La mamma di Claudio, ebbe il naso fratturato dal partner, lo lasciò, ma, dopo 8 mesi lui fece la “pecorella” pentita, la riconvinse e tornarono a stare insieme.
C’è sempre, poi, un cocktail di situazioni e di sentimenti molto variegato, e quindi, delle volte, purtroppo, la prevenzione non riesce assolutamente ad avere efficacia. E’ un fatto di educazione. Bisogna arrivare ad educare le persone, le coscienze. Sembra che sia una cosa molto difficile, perché si va avanti così, con gravi, ricorrenti episodi.
D – Quindi si sta peggiorando notevolmente. Questo caso in particolare, da lei citato, ha visto addirittura un “femminicidio triangolato”, per colpire la moglie, la suocera e la cognata, il padre ha ucciso il proprio figlio, uno dei casi rarissimi di questo genere.
R – E’ l’ulteriore degenerazione e depravazione. Ricordavamo il caso di Brigida, circa 30 anni fa, uccise i tre figli per fare dispetto alla moglie, e poi, qui a Roma, abbiamo l’episodio del piccolo Claudio.
D – Anche il caso del piccolo Tommy, rapito e ucciso per ritorsione
R – Si, per Tommy fu un sequestro andato male. Qui, invece, è proprio un colpire il bambino per punire la moglie. C’è stato un fatto addirittura di una donna, di origine africana, che ha ucciso il figlio per colpire il compagno, che ancora non aveva licenziato la ex moglie, vicino Como, a Lecco. E poi, ogni tanto, si legge anche qui a Roma, che accadono fatti simili: una donna addirittura protagonista di un grave atto di violenza sul figlio.
D- Una sorta di parità omicidiaria.
R – Ancora, a Roma, per esempio, una mamma ha tagliato la gola ai suoi due-tre bambini. Ormai sono talmente nauseato che trovo anche difficoltà ad andare a leggere ed approfondire queste notizie.
D- Tornando, invece, al piccolo Claudio, che notizie ci sono, cioè, il procedimento penale si è concluso, e a che punto sono le varie sentenze?
R – Nel primo grado di giudizio, il padre-mostro, assassino, perchè non possiamo che chiamarlo così, è stato condannato a 30 anni, la sentenza è stata confermata dalla Corte di Assise di Appello di Roma, e adesso, tra pochi giorni, il 5 dicembre, ci sarà il processo in cassazione. Speriamo che la Cassazione concluda questo ciclo giudiziario, in maniera che la mamma possa, dopo questa lunghissima parentesi di oppressione, per una serie di cose, almeno guardare avanti, e cercare di tornare alla vita un po’ più attiva, una vita lavorativa, una vita più normale. Purtroppo, finora, per una serie di cose, non è stato possibile, in quanto il padre-assassino è stato a lungo detenuto qui a Roma, a Regina Coeli e Rebibbia. Loro abitano proprio a pochi metri da Regina Coeli, quindi uscendo di casa si trovavano di fronte il carcere dove era custodito il padre assassino, e, poco più in là, ponte Mazzini dove il piccolo Claudio è stato scaraventato ed ha perso la vita, in una situazione di enorme oppressione ed angoscia. Adesso l’assassino è a Terni, un po’ più distante, insomma, il tempo un po’ lenisce le pene, speriamo che si concluda adesso, bene, questa vicenda, relativamente, perché purtroppo non verrà mai restituito il piccolo Claudio alla famiglia, però, che almeno il mostro abbia la condanna definitiva che merita, in maniera che la mamma possa riavviarsi ad una vita più normale.
D – Che notizie dalla mamma, come passa il suo tempo ora ?
R – La mamma, purtroppo, passa il suo tempo così, camminando su e giù per casa, perché non ha avuto l’occupazione che sperava, c’era stata una mezza promessa da Romacapitale per un lavoro che lei avrebbe molto apprezzato, un lavoro in una mensa scolastica a contatto con i bambini proprio lì a Trastevere, quindi abbastanza vicino casa, anche part-time, per non chiedere troppo; di 3-4 ore, in modo che la mamma, ritrovasse la voglia, il desiderio, di ritornare attiva, vestirsi, tornare al lavoro, poi tornare a casa e si sarebbe ristabilizzata, si sarebbe rinormalizzata. Invece, purtroppo, questo non è avvenuto, ha avuto proposte di lavoro, ma di notte, nei pub, ma non sono situazioni adeguate.
D – Quindi, non c’è stato nemmeno un sostegno psicologico anche per superare questa tragedia immensa, queste tre donne sono abbandonate a sé stesse, in pratica?
R – All’inizio, in ospedale, Claudia ha avuto un aiuto psicologico, poi, purtroppo, si è intaccato il rapporto di fiducia con la persona che l’assisteva, con una delle due che l’assisteva, sia la psicologa che la psichiatra, s’è perso un po’ il rapporto di fiducia con una delle due persone che l’assisteva, psicologa/psichiatra. Quindi , perso il rapporto di fiducia, non è voluta più andare, purtroppo; forse è una situazione che l’ha un po’ scossa…….., forse esortata troppo vivacemente a reagire; e la ragazza, poi, non è andata più. Questo è stato un grande danno, speriamo che questa parentesi poi si chiuda e ritrovi il desiderio di tornare ad avere dei contatti con la psicologa e la psichiatra che sono aiuti importanti, che, però, non si possono imporre, se la molla non scatta dentro di te, c’è poco da fare.
D- In conclusione, vorremmo una sua riflessione su tutta la storia e quale può essere la sua raccomandazione a queste donne che, come lei ha detto prima, alla fine, ci cascano sempre, si rinnamorano, oppure è un amore talmente viscerale che le rende schiave, cioè, vorremmo da lei, veramente, anche un messaggio di speranza, altrimenti tutti questi casi resterebbero tanti casi, come Gli amici di Claudio, e sarebbe un peccato.
R – Purtroppo non ho la bacchetta magica, né ho il terzo occhio che mi fa vedere più in là di quella che può essere l’esperienza personale di chi ha i capelli brizzolati. Certo che bisogna stare molto attenti, ogni piccolo episodio di violenza non va assolutamente sottovalutato, dallo schiaffo, dal pugno, dallo spintone, dall’avere l’attacco isterico davanti alla propria compagna, dalle intimidazioni, le minacce, bisogna stare attenti, quando è così cercare di cambiare partner. Ma capisco che, spesso, la ragazza, poi, rimane prigioniera, perché non si confida, poi, neppure, con la mamma, con la sorella, con i parenti, perché ha paura delle varie reazioni. Sono meccanismi molto complessi, ogni storia è spesso una storia a sé, e, purtroppo la natura dell’uomo, delle volte e l’animosità dell’astio prendono il sopravvento, ottenebrano la mente e portano a queste tristissime conclusioni. Anche la famiglia dell’uomo, però, deve stare molto dietro al figlio e avere particolare riguardo, attenzione per la compagna, o moglie, del figlio. Poi, oggi, spesso capitano matrimoni andati a male, ragazzi abbandonati a loro stessi, e quindi si sottovalutano piccoli episodi che, invece, vanno visti in maniera più attenta e analitica, e sono, forse, prodromici di momenti di crisi pesante che può portare ad atti scellerati.
D – Quindi una famiglia forte, punto fermo ma anche guida in momenti in cui il ragazzo o la ragazza si sentano sbilanciati verso atti di violenza, o comunque di sentirsi oppressi dall’altro, quindi la famiglia potrebbe svolgere un ruolo importantissimo di prevenzione e di pacificazione
R – Si, la famiglia, la scuola, l’insegnante, devono avere l’occhio lungo, vigilare, chiamare, eventualmente, i servizi sociali, denunciare, non tacere, tante cose insieme possono dare qualche risultato e qualche salvezza.
Il nostro pensiero va ai tanti “nuovi angeli “ del nostro tempo, creature indifese, fragili, appunto, che hanno sacrificato la propria vita in virtù di un odio troppo grande per loro, da potersi difendere, proprio come il piccolo Claudio!