Emergenza scuole chiuse. Attività scolastica sospesa per circa 3,7 milioni di bambini, bambine e adolescenti, più del 40% del totale degli alunni iscritti alle scuole dell’infanzia, primaria, secondaria di 1° e 2° grado, sia pubbliche che paritarie. La Ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, auspica di trovare soluzioni per la didattica a distanza e misure operative, per garantire un servizio pubblico essenziale e assicurare una corretta informazione su ciò che sta accadendo.
Emergenza speciale
Le autorità politiche corrono ai ripari. In un momento così delicato si deve mantenere la calma e le indicazioni sul rischio contagio devono essere chiare e nette. Ci sono però da considerare anche gli effetti indesiderati di norme che potrebbero incidere negativamente sulle garanzie dei più deboli. Il servizio di Paolo Andruccioli.
Per fronteggiare il rischio della diffusione del Coronavirus il Governo ha varato un provvedimento che indica con precisione i comportamenti pubblici da tenere. Ma le nuove prescrizioni potrebbero avere un impatto specifico sulle persone con disabilità. In una nota inviata alla Protezione Civile, il capo Ufficio per le politiche in favore delle persone con disabilità presso la presidenza del Consiglio dei Ministri, Antonio Caponetto, entra nel merito della possibile chiusura dei Centri diurni per disabili, l’adozione di misure limite come la quarantena che potrebbero avere l’effetto di indebolire la rete di assistenza destinata alle persone con gravissime disabilità o forme di non autosufficienza. L’informazione in questo momento è fondamentale. Per questo tra le misure indispensabili da mettere in campo viene indicata la necessità di una comunicazione dedicata per le fasce più a rischio della popolazione.
Curare i ciliegi
Nei giorni scorsi è stato pubblicato il quinto rapporto di Antigone, associazione per i diritti e le garanzie nelle carceri, sul sistema della giustizia minorile in Italia. Susanna Marietti, coordinatrice nazionale e curatrice del volume, spiega la scelta del titolo: “abbiamo preso spunto dalla canzone di Fabrizio De Andre, Un Medico, nella quale il protagonista sognava da bambino di guarire i ciliegi. Allo stesso modo noi nutriamo la speranza che il sistema giudiziario minorile del Paese possa proteggere i ragazzi reclusi al suo interno. Significa lasciare loro aperte tutte le opportunità al di fuori delle mura che li circondano. Dare ai giovanissimi detenuti la speranza che oltre il carcere, c’è la vita”.
Questo è lo spirito che, anche quest’anno, ha accompagnato l’associazione Antigone nella stesura del suo quinto rapporto sugli Istituti Penali per i Minorenni. Presentato nella mattinata di giovedì 20 febbraio all’interno della Comunità Borgo Amigò, circolo sociale della periferia Ovest di Roma, il documento ha posto in evidenza la decrescita dei reati commessi da minori alla quale corrisponde una diminuzione delle detenzioni. Un fattore fondamentale per valutare con segno positivo lo stato di salute del sistema giudiziario minorile. Ancor più se si considera il dato in controtendenza rispetto alla fascia d’età adulta, la quale registra invece un aumento della popolazione detenuta.
Tra minori e giovani adulti sono 375 i detenuti negli Istituti del Paese (registrazione del 15 gennaio 2020). Una cifra poco più bassa rispetto la media che si aggira intorno ai 400/500. Da Caltanissetta a Treviso, sono diciassette gli IPM nazionali con caratteristiche e dimensioni anche molto diverse tra loro. Quello con più presenze è il Nisida di Napoli che ospita quarantacinque detenuti, mentre a Caltanissetta ne sono presenti soltanto tre.
Il minore numero di ragazzi carcerati corrisponde ad un calo degli atti criminosi. Fra il 2014 e il 2018 le segnalazioni da parte delle forze di polizia all’autorità giudiziaria riguardanti i reati commessi da minori sono diminuite dell’8,3%, passando da oltre 33.300 nel 2014 a 30.600 nel 2018. Fra i delitti calano gli omicidi volontari (-46,6%) e colposi (-45,4%), i sequestri di persona (-17,2%), i furti (-14,03%), le rapine (-3,9%) e l’associazione per delinquere (-82,5%). Viceversa preoccupa la crescita, rispetto al 2014, dei minori monitorati per associazione di tipo
mafiosa (+93,8%: erano quarantanove nel 2014, sono diventati novantacinque nel 2018). Proprio il precoce coinvolgimento di bambini e adolescenti nel malaffare rappresenta un ulteriore campanello d’allarme di un profondo radicamento di quest’ultimo nella società italiana. Un segnale di un continuo ricambio generazionale tra gli anziani capimafia e i giovani delinquenti, futuro della cosca malavitosa. Sradicare questo ciclo illegale, lo ha dimostrato la storia italiana, richiede coraggio e ingenti provvedimenti di natura socioeconomica. In questo senso, negli anni il ruolo delle Comunità di accoglienza ha ottenuto sempre più rilevanza. Al loro interno i ragazzi sostengono attività di volontariato e lavori socialmente utili, proseguono e completano gli studi. Circa la metà di ragazze e ragazzi esce dagli IPM (senza aver scontato l’intera pena) per raggiungere la comunità. E d’altronde, se al 15 gennaio 2020 i ragazzi negli IPM erano 375, nello stesso giorno i ragazzi in comunità erano 1.104. Un numero che s’inserisce nel più ampio sistema nazionale delle comunità di accoglienza, che ospita nel suo complesso circa ventimila ragazzi, dei quali dunque quelli provenienti dall’area penale costituiscono una piccola minoranza. La loro presenza è però quasi raddoppiata negli ultimi dieci anni. Il motivo che definisce le Comunità di accoglienza un asse portante del sistema della giustizia italiana.
L’associazione Antigone lavora proprio verso questa direzione: allontanare ragazze e ragazzi dalle prigioni, avvicinarli alla società civile. Dare a loro una riabilitazione nel terreno del sociale, anziché umiliarli nel campo del penale. Solo in questo modo si potrà tornare a far sbocciare i ciliegi. Come scriveva Fabrizio De Andrè: “Un sogno, fu un sogno ma non durò poco; Per questo giurai che avrei fatto il dottore; E non per un dio ma nemmeno per gioco; Perché i ciliegi tornassero in fiore”.
di Pierluigi Lantieri
I primi cento anni
Parte oggi da Catania il tour per l’Italia dell’Uici, Unione italiana ciechi e ipovedenti. Saranno in tutto 17 le tappe delle celebrazioni del centenario, la cui partenza coincide (non a caso) con la Giornata nazionale del Braille, il metodo che dall’Ottocento ha consentito ai non vedenti di leggere e scrivere autonomamente e di poter così conquistare la loro emancipazione culturale e sociale
Ore intoccabili
La sentenza del TAR della Campania che ha stabilito tra l’altro l’obbligo al risarcimento per la famiglia di una bimba con disabilità alla quale era stato negato il docente di sostegno, è destinata a costituire un importante precedente giurisprudenziale, anche per le sue inevitabili conseguenze economiche.
Dibattito avvelenato in Etiopia
La recente approvazione di una legge che criminalizza la diffusione di notizie false e di “hate speech” su internet ha sollevato polemiche sia da parte gruppi di attivisti per i diritti umani locali, sia degli osservatori internazionali. Ma per il deputato Abebe Godebo, uno degli estensori della misura, “l’Etiopia è diventata una vittima della diffusione di informazioni false”.
Buon compleanno UICI
Il prossimo 21 febbraio, Catania sarà la città che darà il via alle celebrazioni del centenario dell’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti. La data coincide con la Giornata nazionale del Braille istituita con una legge del 2007. Saranno 17 le città che ospiteranno questo importante evento. Il Centenario conta su Banca d’Italia, Enel Cuore onlus e Coca Cola come sponsor insieme a decine di altri partner. Sul sito www.uiciechi.it tutti gli appuntamenti in calendario. Ascoltiamo la presentazione del presidente Mario Barbuto. (sonoro)
BornToGetThere
È stato presentato a Pisa, nel Dipartimento di Neuropsichiatra infantile dell’Università, il più grande intervento europeo sui neonati a rischio di paralisi cerebrale infantile, disabilità fisica più comune nell’infanzia. L’obiettivo è quello di creare una rete per la diagnosi e l’intervento precoce, quali ad esempio i nati pre-termine o con parto difficoltoso.
Obbligo di informazione
Dalla fine del 2016, il Freedom of Information Act (Foia) è una legge dello Stato italiano che dà il diritto a chiunque di accedere a dati e documenti posseduti dalle pubbliche amministrazioni. «Grazie alla normativa – spiega Mario Savino, professore di diritto amministrativo e responsabile dell’area giuridica del Centro nazionale di competenza – i cittadini possono verificare la corretta erogazione di servizi importanti, quali l’istruzione e la sanità».
“Chi trova un lavoro trova un tesoro”
Questo il progetto nato per accompagnare giovani con sindrome di Down verso un impiego, tramite la costruzione di condizioni e competenze: finora sono occupati 221 giovani della rete AIPD (Associazione Italiana Persone Down). Per assicurare la buona riuscita dell’inserimento, sono necessari: informazione, sensibilizzazione, accoglienza, valutazione, sostegno, orientamento, formazione, tutoraggio e monitoraggio.