Bicchieri di troppo | Sfaticati Ep. 11


 

 

Avete appena ascoltato un estratto di un video realizzato da Fondazione Airc sul legame tra alcol e tumori. Sensibilizzare sul tema, soprattutto tra i giovani, è diventato di estrema importanza in tempi di “abbuffate alcoliche” e disturbi connessi.

 


È presente sulle nostre tavole sin dalla notte dei tempi; è parte integrante della nostra cultura; è fulcro di un mercato in continua crescita: stiamo parlando dell’alcol, che non diversamente da altre sostanze può creare dipendenza. Il fenomeno dell’alcoldipendenza riguarda fasce di età sempre più giovani, con gravi conseguenze su tutto ciò che li circonda.
Quali sono i fattori che spingono minori e non ad abusare di alcol?
Il primo “sfaticato” della settimana è Christian Di Pietro, operatore presso la comunità terapeutica Il Ponte di Civitavecchia, una struttura appartenente alla rete della Federazione italiana comunità terapeutiche.

 

Questioni di risposte sbagliate ai problemi che la vita ci pone davanti. In questo l’alcol non è diverso dalle droghe, più o meno leggere, dalle ludopatie, dalle dipendenze sessuali. Quello che però caratterizza il consumo di bevande ad alta gradazione è l’assenza di tabù sociale. Ne abbiamo parlato ancora con Christian Di Pietro.

 

Usciamo per un attimo fuori dai confini nazionali e andiamo in Gran Bretagna (a proposito di chi sa come si alza il gomito). Oltre dieci anni fa l’associazione no profit “Alcohol Change Uk” ha lanciato il “Dry January”, ovvero astenersi dal consumo di alcol per l’intero mese di gennaio. Come giudica Di Pietro questa iniziativa e quali altre misure andrebbero prese?

 

Il centro “Il Ponte” di Civitavecchia, dove Christian Di Pietro svolge la propria attività, ospita ragazze e ragazzi con dipendenze che lavorano per riprendere in mano la propria vita. Ecco la testimonianza di un ragazzo, al quale garantiamo l’anonimato. Come ha iniziato a bere?

 

Il nostro intervistato ci racconta che è cresciuto con il peso della dipendenza, un fardello che si è portato appresso fino all’età di 28 anni. Poi cosa è successo?

 

Adesso sono 4 mesi che il ragazzo si trova in trattamento presso la comunità. Non conosce il giorno esatto in cui uscirà. In effetti ci spiega che fissare una data finale non è un fattore positivo, anche se crede che resterà nel centro “ancora un bel po'”. Allora, come si immagina il suo futuro?

 

🎙 Sfaticati – La risposta dei giovani, a cura di Pierluigi Lantieri, è una rubrica settimanale online tutti i mercoledì alle 16.00