Il podcast integrale
Avete appena ascoltato le parole di Yehia Elgaml, padre di Ramy Elgaml. Un appello a “organizzare manifestazioni con calma, nelle quali si cammina e basta, pacifiche”, dopo i disordini registrati nei cortei di Roma e Bologna. Il padre di Ramy aveva già lanciato un invito ad abbassare i toni subito dopo la morte del giovane diciannovenne, avvenuta a Milano nella notte tra il 24 e il 25 novembre.
Nei giorni scorsi ci sono state manifestazioni a Roma e Bologna, con violenze e scontri tra manifestanti e polizia. Ma ce ne sono state altre delle quali non si è parlato, come quella di Milano, la città dove è avvenuto l’inseguimento con i Carabinieri che è costato la vita a Ramy Elgaml. È la famiglia del ragazzo, in primis, a condannare fermamente gli scontri e il vandalismo e a chiedere che la morte del diciannovenne non venga strumentalizzata; che la lotta alle discriminazioni non si trasformi in scene di guerriglia urbana.
Sulla piazza di Milano, senza scontri né tumulti, i fari sono rimasti spenti. Noi ci siamo stati e abbiamo raccolto queste voci.
A Milano, il luogo più sensibile alla vicenda, sabato 11 gennaio si respirava un clima di frustrazione. Nel corteo pacifico e nonviolento, che da piazza San Babila si è mosso fino alla Stazione Centrale, regnava la rabbia contro il razzismo sistematico e il falso senso di allarme sociale che tende a bersagliare gli ultimi, i più indifesi. Queste le parole pronunciate durante il corteo da un’attivista del “Coordinamento antirazzista”.
🎙 Sfaticati – La risposta dei giovani, a cura di Pierluigi Lantieri