Podcast
Edizione del 06/05/2019
6 Maggio 2019La guerra alla solidarietà
3 Maggio 2019Bentrovati all’ascolto del GrsWeek. In studio Fabio Piccolino.
Il terzo settore è di nuovo sotto attacco: il mondo del volontariato e della cooperazione è infatti vittima di accuse di scarsa trasparenza da parte dei media e delle istituzioni che sembrano voler a tutti i costi trattare con sospetto e ostilità chiunque si occupi degli altri. Una narrazione distorta volta a delegittimare l’impegno di chi aiuta, piegando la realtà agli interessi di una politica che pare aver costruito la sua fortuna sull’individualismo e sul rifiuto dell’altruismo e della solidarietà.
Il professor Stefano Zamagni ne ha parlato recentemente in un’intervista sul quotidiano Avvenire.
Ascoltiamo le sue parole attraverso la scheda di Francesca Spanò.
“Aporofobia”significa “disprezzo del povero”. Il professor Zamagni introduce così il suo intervento su Avvenire, specificando come, per la prima volta nella storia, non si tratta di un sentimento che riguarda le classi ricche, ma di una guerra sociale scatenata dai penultimi nei confronti degli ultimi e di una palese insofferenza verso chi, dal basso, prova a trovare soluzioni a misura d’uomo alla povertà, alle migrazioni, alla domanda di futuro dei più fragili. Un problema innanzitutto culturale che porta alla diffusione del disprezzo e della derisione; nell’analisi di Zamagni dunque, il terzo settore è diventato scomodo perché ha saputo dimostrare la capacità di moltiplicare ricchezza e capitale umano. Non denunciare quello che sta succedendo sarebbe un grave errore.
Nei giorni scorsi la trasmissione televisiva Le Iene ha mandato in onda un servizio che sollevava dubbi sull’intervento di alcune ong italiane in Libia, Emergenza Sorrisi, Cesvi ed Help Code, sostenendo che gli aiuti della cooperazione italiana non fossero mai arrivati ai migranti rinchiusi nei campi.
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Le organizzazioni però respingono al mittente le accuse, rivendicando la trasparenza del proprio operato e mettendo in dubbio la veridicità della ricostruzione fatta dall’inviato de Le Iene.
Prima le accuse alle ong che aiutano i migranti in mare, poi quelle a Mimmo Lucano e al modello Riace, oggi i dubbi su cooperanti, associazioni e cooperative sociali.
In mezzo, il tentato raddoppio dell’Ires per il non profit e il silenzio sui decreti attuativi della riforma del terzo settore.
Perché sta succedendo tutto questo? Cosa si vuole dimostrare e con quale obiettivo? Lo abbiamo chiesto a Marco Tarquinio, direttore di Avvenire
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La situazione attuale ha tuttavia radici più profonde. Come ci spiega Gianfranco Cattai. presidente di Focsiv
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Come reagire a questo stato di cose? Ascoltiamo ancora il direttore Tarquinio
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Edizione del 03/05/2019
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2 Maggio 2019Edizione del 30/04/2019
30 Aprile 2019Edizione del 29/04/2019
29 Aprile 2019Liberazione e giovani: è qui la festa?
26 Aprile 2019
Il 25 aprile è appena passato e possiamo parlarne a mente fredda: ha ancora senso continuare a festeggiarlo? I Padri Costituenti avevano le idee chiare. E nel biennio tra il 1946 e il 1948 misero a punto un documento cristallino sulle radici antifasciste della nostra Repubblica e sul futuro di libertà, uguaglianza e giustizia sociale che avrebbero dovuto assumere le future istituzioni democratiche.
Italo Calvino scriveva che “la memoria conta veramente solo se tiene insieme l’impronta del passato e il progetto del futuro, se permette di diventare senza smettere di essere”. Sì, ma come? Abbiamo girato la domanda ad alcuni giovani impegnati in Arci Servizio Civile col progetto “Per mantenere vivo e attuale il ricordo”.
Il ricordo della Liberazione è ancora attuale? Lo abbiamo chiesto a Martina, 26 anni, impegnata nel progetto a Roma: “Sì, è molto attuale ma dobbiamo fare di più per renderlo chiaro ai giovani. E’ importante saperlo trasmettere, le istituzioni devono assumersi con più forza questo onere”.
Se il ricordo del 25 aprile è davvero attuale, perché bisogna tornare a rimarcarlo con forza, soprattutto tra i giovani. Lo abbiamo chiesto a Davide, 25 anni di Genova: “Non dobbiamo darlo per scontato, occorre rinnovare il messaggio da lanciare per evitare che le persone, soffocate dal peso degli impegni quotidiani, trascurino la memoria e i suoi insegnamenti”.
Mantenere vivo il ricordo è importante perché, come scriveva Primo Levi: “In futuro, con il sonno della ragione e la mancanza di memoria, quello che è stato potrebbe ripetersi e verificarsi nuovamente”. C’è davvero questo rischio, oggi? Lo abbiamo chiesto a Diana, 24 anni di Trieste: “Sì, questo rischio c’è, basta guardarsi intorno”.
Il progetto di Arci Servizio Civile nel quale è impegnata Diana ha previsto anche la visita di due luoghi storici che rappresentano ferite lente a rimarginarsi, il museo Ebraico di Trieste e la Risiera di San Sabba, utilizzato come lager nazista dopo l’8 settembre del 43. A proposito di ricordi, che cosa ti hanno lasciato queste visite? “Non credevo che le atrocità del nazifascismo avessero colpito con ferocia anche qui, nella nostra città, a casa nostra. Prima ero abituata a pensare che questi fatti tremendi fossero accaduti soltanto in Germania, in Austria, in Polonia”.
Abbiamo ascoltato alcuni di questi 16 giovani volontari (11 ragazze e 5 ragazzi) in 9 sedi locali di Arci Servizio Civile che portano avanti in larga autonomia un progetto corale di “ricerca e sostegno della memoria per coltivare la pace”. Come reagiscono i ragazzi a questi stimoli, che partono dalla memoria e guardano alla costruzione concreta di una società più giusta? Risponde Licio Palazzini, presidente di Arci Servizio Civile: “Gli atteggiamenti sono diversi tra loro, anche perché i ragazzi sono di verse città. In generale sta passando l’idea che questi valori vanno curati e aggiornati, per essere tramandati con efficacia. Non sono necessari soltanto i monumenti ma sono sufficienti anche biblioteche e luoghi di cultura”.
La memoria senza il futuro conta poco, questo è il senso. E allora? L’inno all’ambiente cantato da centinaia di bambini sulle note di “Bella Ciao”, canzone simbolo della Liberazione. Passato e futuro si danno la mano, l’impegno e la lotta per un futuro migliore li tiene insieme. “Do it now”, fallo ora. “Dobbiamo svegliarci, dobbiamo aprire gli occhi, dobbiamo farlo ora. Dobbiamo costruire un futuro migliore, e dobbiamo iniziare ora”.