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Grsweek del 5-6 maggio 2018 – Volontariato, spina dorsale del sistema delle emergenze 118
5 Maggio 2018È di questi giorni l’allarme lanciato dal Presidente del SIS 118, la società scientifica che raggruppa gli operatori dell’emergenza urgenza, che ha denunciato la scarsa presenza sulle ambulanze di medici e infermieri in grado di assicurare ai pazienti più gravi diagnosi e terapie salvavita, parlando di un sistema vicino al collasso. Negli ultimi 7-8 anni, secondo il presidente Balzanelli, “il sistema di soccorso salva-vita è stato smantellato.” Una situazione che peggiora al Nord, ma che vede al Sud altri problemi “perché i mezzi di soccorso, seppure hanno personale sanitario a bordo, troppo spesso arrivano in ritardo perché le ambulanze sono poche.”
A questo allarme che getta un’ombra di negatività sul sistema del volontariato delle ambulanze, ha risposto prontamente l’Associazione nazionale delle pubbliche assistenze Anpas, che sostiene che in questo modo si va a scalfire l’immagine del volontariato e l’importanza del ruolo ultracentenario che svolge, tanto da essere considerato la spina dorsale del sistema dell’emergenza territoriale che “vanta situazioni efficienti in molte regioni italiane, anche grazie ai 300 mila volontari organizzati e formati ad hoc”. Come ci racconta il Presidente Fabrizio Pregliasco: “……”
Quella dei dipendenti e dei volontari è una questione antica che ciclicamente si ripresenta, con l’idea che i volontari tolgono il lavoro ai professionisti. Il punto, per Anpas, non sta tanto nel numero dei dipendenti presenti sui mezzi di soccorso quanto nel modo in cui dovrebbero essere organizzati, in maniera appropriata e con sistemi che in diverse regioni garantiscano la capillarità di servizio e la presenza di medici, animatori e infermieri di area critica quando e dove servono.
In Italia il servizio di Emergenza-Urgenza, il 118 che oggi, come è stato richiesto dall’Unione Europea e seppur con un certo ritardo, si sta accorpando nell’ambito del servizio 112, è gestito in modo diverso in base alla regione in cui ci si trova, ed è cresciuto pertanto tenendo conto delle componenti regionali in materia di sanità. A livello pratico cambiano protocolli, titoli e corsi necessari per prestare servizio sulle ambulanze, rendendo di fatto la preparazione dei soccorritori e le competenze acquisite molto disomogenee. Se la situazione rimane effettivamente complessa, se è vero che manca un coordinamento nazionale e che è necessario affrontare il problema dei costi, è vero anche che ci sono dei territori in cui vengono attuate buone pratiche che potrebbero fare da guida per quelle regioni meno organizzate, sentiamo ancora il presidente Pregliasco:
I volontari, molto spesso, i primi a rispondere, in coordinamento con il 112 e il 118, garantiscono una presenza attiva e competente sul territorio che non si può sminuire.
Edizione del 04/05/2018
4 Maggio 2018Edizione del 03/05/2018
3 Maggio 2018Edizione del 02/05/2018
2 Maggio 2018GRSWEEK 28-29 APRILE. CONTRO IL DOPING SPORTIVO
27 Aprile 2018
Il doping sportivo è un comportamento individuale oppure il risultato di un insieme di interessi commerciali, di loschi affari della criminalitá organizzata o di modelli educativi sbagliati? Negli ultimi anni la prospettiva sta cambiando, anche grazie all’impegno e al lavoro costante di persone come Sandro Donati, che da sempre combatte il fenomeno, con la consapevolezza di mettere a rischio la sua carriera di tecnico sportivo, essendo stato negli anni ‘80 allenatore federale dei velocisti azzurri. Sentiamo le sue parole
“Intanto, il caso Schwazer é giunto ad una svolta importante. Il 25 gennaio scorso il tribunale di Bolzano ha emesso la sentenza sulla prima vicenda che coinvolse Alex e che gli costò la squalifica. Nei giorni scorsi sono state rese note condanne e motivazioni: Giuseppe Fischetto, medico della Federazione internazionale di atletica è stato condannato con il medico sportivo Pierluigi Fiorella, e Rita Bottiglieri della Federazione italiana di atletica. Per loro è stata prevista l’interdizione permanente dagli uffici direttivi del Coni e delle federazioni sportive e sono stati condannati ad un risarcimento per i danni d’immagine alla Wada, organizzazione mondiale contro il doping nello sport. Pesantissimo il motivo della condanna: favoreggiamento all’uso di sostanze dopanti. Alle quali, appunto, anni fa aveva fatto ricorso Schwazer, che lo ammise e nel corso del processo fornì i dettagli attraverso cui gli inquirenti hanno potuto ricostruire tutta la vicenda e risalire alle responsabilità”.
Il fascicolo che riguarda l’altra positività di Schwazer, quella che nel giugno del 2016 lo ha escluso dalle Olimpiadi di Rio, è ancora aperto. E prefigura l’ipotesi di manomissione delle provette del test antidoping, aprendo prospettive ancora più inquietanti. Alla luce di casi come questi, ci si può ancora fidare dello sport olimpico? Lo abbiamo chiesto a Sandro Donati
Con una consapevolezza sempre più diffusa sulle conseguenze dell’uso di doping, a livello di salute e legale, vien da chiedersi come mai il fenomeno sia ancora così sviluppato, non soltanto nell’alto livello, e come fare per tenere i giovani lontani da questa pratica. Prova a rispondere Alex Schwazer
È importante informare gli atleti sulle conseguenze dell’uso del doping e trasmettere una corretta cultura dello sport, che li aiuti a fare le scelte giuste. Sono tanti i progetti e le campagne impegnate su questo fronte, tra cui #dopout, progetto europeo diretto ai giovani che vede l’Uisp come capofila. Come si può intervenire per evitare che il fenomeno dilaghi e coinvolga sempre più atleti? Ecco cosa ne pensa Sandro Donati.