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Quale futuro – GRSWEEK del 10-11 novembre

di Redazione GRS


Bentrovati all’ascolto da Anna Monterubbianesi
Quale futuro? L’Italia è un paese che invecchia, e che diventa anche più povero. L’Auser e Spi CGIL hanno presentato una ricerca sul futuro degli anziani, sulle prospettive della domiciliarità, sul diritto di invecchiare a casa propria. Un mix di analisi e proposte che mette al centro la persona anziana, il suo ambiente di vita e i suoi bisogni ma anche i servizi, il lavoro di cura, la famiglia, le misure del nostro sistema di welfare. Ne emerge un quadro preoccupante che già oggi vede a rischio l’assistenza per gli anziani, con prospettive per il futuro che prefigurano scenari drammatici. Il numero delle persone non autosufficienti si avvicina ai 3 milioni, ma le risorse investite sono irrilevanti. Bisogna ripensare l’attuale sistema di welfare e considerare la persona anziana o non autosufficiente come una risorsa per l’intera comunità.

Perché il diritto di invecchiare a casa propria ce lo spiega il Presidente Auser Enzo Costa…

Cresce quindi il numero di anziani bisognosi di cure, ma diminuisce il numero dei caregiver famigliari, soprattutto le donne. Ascoltiamo il commento di Claudio Falasca, curatore della ricerca…

Gli anziani del futuro avranno pensioni più basse e questo inciderà sul mercato privato di cura. Una situazione che potrà compromettere seriamente il futuro dell’assistenza domiciliare degli anziani non autosufficienti nel nostro Paese. Con conseguenze gravissime per milioni di famiglie. Il Segretario generale dello Spi-Cgil Ivan Pedretti ci spiega come poter affrontare questi cambiamenti.

Tra i tanti interventi necessari per sostenere l’assistenza domiciliare, c’è quindi il riconoscimento del lavoro di cura familiare, la realizzazione di standard urbanistici che consentano condizioni abitative adeguate, la costruzione di reti di prossimità e una migliore distribuzione territoriale dei presidi sanitari e per l’assistenza. Tutti aspetti importanti ai fini degli effetti sull’anziano, sulla famiglia e sul sistema di welfare. “Se ben organizzato”, aggiunge lo studio, “il lavoro di cura può diventare una fonte di buona occupazione”