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Willy ucciso dai figli di Suburra, malati di violenza e agonia narcisista


 

L’esile Willy, 21 anni, ucciso di botte a Colleferro voleva fare il cuoco. Il suo sorriso nelle foto che hanno inondato i social fa da contraltare alle immagini dei suoi aggressori. Sguardi da cattivi, pose con addominali scolpiti, tatuaggi in bella mostra e frasi ad effetto in pieno stile Suburra o Gomorra.

È stata messa in evidenza la motivazione razziale o anche la politica con le idee neofasciste del gruppetto di picchiatori ma non basta: c’è una evidente autorappresentazione che viene da modelli ben precisi. Il mito del boss che incute paura, l’agonia narcisista a suon di photoshop si identificano nel fascino di una certa mafiosità, quel potere che si applica con due strumenti: soldi e violenza.

I fratelli Bianchi somigliano ai carabinieri della caserma di Piacenza e fanno pensare alle parole dello psichiatra Vittorino Andreoli: “L’Italia è un paese malato di mente: esibizionisti, individualisti, masochisti, fatalisti”. E se allarghiamo a tutto il Paese quel monologo dei film i Cento Passi su Peppino Impastato, oggi, avremmo le parole adatte per spiegare come muore di botte un ragazzo: “la mafia la vogliamo. Ma non perché ci fa paura, perché ci dà sicurezza, perché ci identifica, perché ci piace e quelli come Willy sono “nuddu mischiato con niente”.

Giuseppe Manzo giornale radio sociale

Chiacchiere, chiacchiericcio e buona informazione


 

“Le chiacchiere chiudono il cuore della comunità. Il grande chiacchierone è il Diavolo che sempre va dicendo le cose brutte degli altri. Perché lui è un bugiardo che cerca di disunire la Chiesa, allontanare i fratelli e non fare comunità. Facciamo lo sforzo di non chiacchierare. Il chiacchiericcio è una peste più brutta del Covid. Facciamo uno sforzo: niente chiacchiere”

Lo ha detto il Papa ieri all’Angelus, come dargli torto. Il chiacchiericcio si può declinare in tanti modi. È la fake news che in epoca di emergenza sanitaria mira a creare il caos, a destabilizzare gli scenari politici e formare schiere di automi cospirazionisti come quei no mask riuniti a Roma perché non credono al contagio da coronavirus.

E poi il chiacchiericcio uccide comunità e persone. È delazione e diffamazione, sui social e nella vita reale che trasforma le parole in proiettili per colpire, isolare e umiliare chi è oggetto di odio e di bugie. Ecco, con questa rubrica quotidiana che sta per compiere un anno vogliamo seguire il suggerimento di Bergoglio: niente chiacchiere, solo fatti e buona informazione.

Giuseppe Manzo giornale radio sociale