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Il valore sociale della psicologia: aprirsi alle trasformazioni – Grsweek 22/06/2019


Bentrovati all’ascolto del GRS week da Katia Caravello.

 

Il 18 febbraio 1989, con la legge 56, nasce formalmente la professione di psicologo. Contale norma, oltre a definire puntualmente chi è lo psicologo, vengono istituiti l’albo e l’Ordine e stabiliti i requisiti e le modalità per essere abilitati a svolgere le professioni di psicologo e di psicoterapeuta.
Il Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi (CNOP) ha deciso di celebrare questo trentennale con il convegno nazionale “1989-2019 Psicologo: un professionista moderno al servizio del Paese”, svoltosi a Roma il 20 giugno scorso. Ai nostri microfoni Fulvio Giardina, Presidente del CNOP, ci spiega il perché di questo titolo.

 

[Audio Giardina]

 

La giornata è stata l’occasione per ripercorrere la storia della professione, a partire dai suoi albori, tra la fine dell’800 e gli inizi del ‘900, per arrivare ai giorni nostri, passando attraverso la tappa fondamentale della sua regolamentazione.
Nei decenni la professione ha acquisito sempre di più un valore sociale. Ascoltiamo dalla voce di Concetta Vaccaro, Responsabile Area Salute e Welfare della Fondazione CENSIS, l’opinione degli italiani.

 

[Audio Vaccaro]

 

Con il DDL Lorenzin, quella di psicologo è divenuta a tutti gli effetti una professione sanitaria, dando piena applicazione all’articolo 32 della Costituzione, che sancisce il diritto alla salute di ciascun individuo.
L’assistenza psicologica, quindi, viene riconosciuta come strumento per esercitare tale diritto. Ascoltiamo in merito la Vice Segretario Generale di Cittadinanzattiva onlus, Francesca Moccia.

 

[Audio Moccia]

 

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L’Europa dopo le elezioni: quale futuro per il sociale? – GRSWEEK 15/06/2019


Bentrovati all’ascolto del GRSWEEK da Fabio Piccolino.

 

Quale Europa è uscita dalle ultime elezioni europee? Che direzione prenderà il Parlamento e quali saranno le politiche dei prossimi cinque anni?
Non è una risposta semplice: il voto ha disegnato un continente diviso su molti temi, ai quali gli elettori dei paesi dell’Unione hanno dato risposte diverse. I due gruppi principali, quello popolare e quello socialista, hanno perso consensi, e saranno costretti a ridimensionare il ruolo egemone che hanno avuto negli ultimi anni; i movimenti sovranisti non hanno ottenuto i risultati sperati, anche se la loro affermazione è evidente in paesi come l’Italia, mentre la coscienza ambientalista sembra essere più viva, vista la crescita dei partiti verdi.
Cambiamenti che inevitabilmente avranno delle ripercussioni sulle politiche sociali e su quelle di inclusione, nodi chiave nelle politiche europee e spesso terreno di scontro.
Come ci spiega Lorenzo Berto dei Giovani Federalisti Europei

 

[sonoro]

 

Uno dei temi chiave per il futuro dell’Unione Europea è quello delle migrazioni, a cui si lega la necessità di diverse misure di accoglienza, nel rispetto dei diritti umani. Elementi che, in alcuni casi, contrastano con la scelta degli elettori. Ascoltiamo Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia

 

[sonoro]

 

L’inedita composizione del Parlamento Europeo potrebbe tuttavia dare nuova forza alle politiche di welfare. Ascoltiamo ai nostri microfoni la giornalista Barbara Scaramucci, presidente onoraria di Articolo 21.

 

[sonoro]

 

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Telecamere della discordia – GRSweek dell’8-9 giugno 2019


Bentrovati all’ascolto del GRSweek da Anna Monterubbianesi. Fa molto discutere la decisione di installare telecamere a circuito chiuso in tutte le scuole dell’infanzia (pubbliche e paritarie) e nelle case di cura per anziani e per persone con disabilità. Un emendamento al decreto Sblocca cantieri, capitolo: video-sorvegliare e punire i lavoratori, approvato pochi giorni fa in commissione al Senato, che prevede l’installazione di sistemi di videosorveglianza in tutte le strutture. Lo stanziamento previsto è di 160 milioni di euro dal 2019 al 2024. Se l’approvazione dell’emendamento viene rivendicata come un successo dal ministro dell’Interno, al grido di “altra promessa mantenuta!”, diviso è il mondo delle associazioni e della società civile. La misura sarà finanziata con fondi che i ministeri dell’Istruzione e della Salute avrebbero potuto più propriamente investire nella formazione, nella selezione del personale e per l’ammodernamento delle strutture sanitarie.

Ascoltiamo ai nostri microfoni Vincenzo Falabella, presidente della FISH – Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap…

Una decisione come questa lascia aperti il tema della prevenzione del fenomeno e quello della percezione della sicurezza tra i cittadini. Ascoltiamo la scheda di Clara CapponiCi sentiamo insicuri perché esiste davvero un pericolo o perché ci dicono che c’è un pericolo? Incrociando i dati dell’indagine sulla “Sicurezza dei cittadini” dell’Istat e ricerche più recenti sul tema si evince che omicidi, furti e rapine sono in costante calo. Circostanza che stride con la realtà di un Paese in cui un italiano su quattro ha paura di girare da solo per strada la sera. E uno su dieci è terrorizzato all’idea di rimanere in casa da solo. Il senso di insicurezza delle donne è decisamente maggiore di quello degli uomini: il 36,6% non esce di sera per paura (a fronte dell’8,5% degli uomini), il 35% quando esce da sola di sera non si sente sicura. Anche tra gli anziani emerge un profilo di insicurezza simile.

C’è da ricordare poi che il disegno di legge prevede che l’installazione delle videocamere non è obbligatoria, ma possibile previo accordo con le organizzazioni sindacali nel rispetto di alcuni criteri tecnici e di privacy, esattamente come accade oggi: le videocamere vengono installate nei casi di segnalazione e denuncia. È quindi utile interrogarsi sulla reale utilità di questi strumenti. Ascoltiamo Adriano Biondi, vicedirettore di Fanpage.it…

Il decreto dovrà essere convertito in legge entro il 17 giugno e dovrà tornare – dopo il voto di Palazzo Madama – alla Camera. Fino ad allora nemmeno un euro potrà essere speso né nessuna azione intrapresa. i tempi sono del tutto imprevedibili e certamente non brevi e nel caso di termine anticipato della Legislatura, l’iter deve iniziare da capo (e sarebbe la terza volta).

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Media, Donne, Sport. Idee guida per una diversa informazione


 

“Fisico da urlo”, “icona di stile”, “belle e brave”. Sono solo alcuni dei clichè più ricorrenti quando si scrive di atlete e donne di sport. Molti giudizi sull’apparenza poche valutazioni tecniche. Per questa ragione, martedì 28 maggio a Roma nella sede della Federazione Stampa Nazionale Italiana, l’Unione italiana sportpertutti e Giulia Giornaliste hanno presentato il manifesto “Media, Donne e Sport: idee guida per una diversa informazione”. Cinque i punti base per promuovere un buon giornalismo scevro da stereotipi e pregiudizi.
Come si è giunti a questo documento? Sentiamo Vincenzo Manco, presidente nazionale Uisp

I cinque punti sono fondamentalmente regole di buon giornalismo applicate allo sport femminile. Ecco cosa ne pensa la giornalista Mara Cinquepalmi, tra le promotrici del manifesto

Cambiare la comunicazione è importantissimo “perchè arriva ovunque e può porre le basi per la produzione di politiche attive”, è l’opinione anche del mondo accademico, rappresentato dalla professoressa Laura Moschini, Osservatorio interuniversitario sul genere

L’incidenza delle atlete è in graduale aumento ma le donne rimangono sottorappresentate negli organi decisionali delle istituzioni sportive, “nella mia carriera ho trovato diverse discriminazioni”, ha raccontato Valentina Casaroli, calciatrice di serie A e portiera della Roma. A Valentina non interessa essere chiamata portiere o portiera, anzi se deve dirla tutta, forse perchè non è usuale, “mi sento più di definirmi un portiere”.

DISUGUAGLIANZE INSOSTENIBILI: PROPOSTE PER UNO SVILUPPO POSSIBILE


 

Bentornati all’ascolto del Grs Week. In studio Giuseppe Manzo

 

Giustizia sociale e legalità. Povertà e sostenibilità. Sono settimane in cui è emerso il dibattito su questi temi dopo il gesto del cardinale elemosiniere del Papa, che ha riallacciato la corrente elettrica in uno stabile occupato violando i sigilli. Alla vigilia delle elezioni europee la questione delle fasce sociali deboli, della legalità e dell’odio razziale hanno determinato scontri di piazza e spaccature politiche. In questa settimana il Festival dello sviluppo sostenibile promosso da Asvis – Alleanza per lo sviluppo sostenibile è diventato il cuore del dibattito, a partire dalle disuguaglianze. Ascoltiamo Fabrizio Barca del Forum Disuguaglianze Diversità che ha presentato 15 proposte sulla giustizia sociale

Audio Barca

 

L’urgenza delle azioni per ridurre le disuguaglianze è confermata dagli indicatori dell’agenda 2030 dove l’Italia consegue risultati peggiori rispetto alla media europea: povertà, istruzione, parità di genere, lavoro, innovazione, disuguaglianze ad esempio. Su cosa è possibile fare parla Enrico Giovannini dell’Asvis che ha le idee chiare su quali sono gli obiettivi da raggiungere a medio termine.

 

Audio Giovannini

 

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Elezioni europee e disabilità


Bentrovati all’ascolto del GRS week da Katia Caravello.
Il prossimo 26 maggio si svolgeranno le elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo ed il tema della disabilità non sembra essere tra le priorità di molti dei candidati, soprattutto italiani.
Il Forum Europeo sulla Disabilità ha proposto ai potenziali europarlamentari il “Manifesto sulle Elezioni Europee 2019 accessibili”, chiedendo loro di firmarlo e di farlo proprio. Ad oggi, però, risulta che solo 308 candidati lo abbiano sottoscritto e che di essi solo 1 sia italiano.
I principali passaggi del documento dell’EDF riguardano il diritto di voto attivo e passivo, i finanziamenti per la nuova Strategia Europea per la Disabilità 2020-2030, l’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali, insieme alle Iniziative conseguenti, e l’accessibilità a tutti i livelli.
Sentiamo dalla voce del Presidente del Forum Italiano sulla Disabilità, Mario Barbuto, quali sono le principali richieste rivolte ai nuovi eletti.

 

[sonoro]

 

Circa 800 mila elettori europei con disabilità non potranno esercitare il proprio diritto di voto e molti altri incontreranno numerosi ostacoli. Sentiamo l’esperienza vissuta da Nunzia Coppedé- persona con disabilità motoria e Presidente di FISH Calabria

 

[sonoro]

 

Svariate sarebbero le soluzioni praticabili per consentire anche ai cittadini con disabilità di poter esprimere il proprio voto in autonomia. Nella scheda di … una sintesi delle buone prassi illustrate nella relazione informativa del Comitato Economico e Sociale Europeo.
[scheda di Fabio Piccolino]

 

Il Comitato Economico e Sociale europeo (CESE) nella relazione informativa “La realtà del diritto di voto delle persone con disabilità alle elezioni del Parlamento europeo”, oltre a rilevare una serie di barriere architettoniche, tecniche e culturali ancora esistenti, illustra un’ampia gamma di soluzioni praticabili per dare la possibilità agli elettori con disabilità di esercitare il proprio diritto di voto: dagli opuscoli informativi ai seggi elettorali accessibili mobili, dalle schede di facile compilazione al voto anticipato, dal voto elettronico a quello assistito (anche da parte di minori), dalla mappa dei seggi accessibili alle informazioni audio e in Braille, dalle lenti d’ingrandimento nei seggi alle cabine elettorali nei luoghi di cura, dal seggio comune per assistito e assistente al voto per corrispondenza.
In tre paesi dell’Unione europea il voto è obbligatorio e, di conseguenza, la mancanza di soluzioni adeguate può provocare negli elettori con disabilità che in essi vi risiedono un livello di stress considerevole, dovuto al timore di incorrere in sanzioni amministrative.
Oltre a godere del pieno diritto di voto, le persone con disabilità dovrebbero anche avere la possibilità di esercitarlo nella modalità più adatta alle proprie esigenze specifiche. Il Parlamento europeo dovrebbe assumere un ruolo guida nell’elaborare una legislazione capace di tradurre tale diritto in realtà”.

 

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Il salone liberato – Grsweek dell’11-12 maggio 2019


Bentrovati all’ascolto del Grsweek l’approfondimento del Giornale radio sociale, in studio Clara Capponi.

Quella che avete sentito è la voce di Halina Birambaum sopravvissuta all’olocausto e protagonista della giornata di apertura del salone internazionale del libro, in programma a Torino fino al 13 maggio. La sua presenza, come quella di altri scrittori e intellettuali era rischio, confermata dopo la notizia dell’esclusione della casa editrice Altaforte, legata a CasaPound. Dopo le polemiche dei giorni scorsi, infatti, il Comitato d’indirizzo del Salone ha revocato il contratto con l’editore, su richiesta del Comune di Torino e della Regione Piemonte.

Una presa di posizione politica che arriva a conclusione di un dibattito accesso, esploso fuori e dentro il mondo dell’editoria sulla fase politica che sta attraversando il nostro Paese e sul concetto più ampio di antifascismo dentro al mondo della cultura.

Nel centenario della nascita di Primo Levi, la 32^ edizione del Salone si chiama “Il Gioco dell’esistente” un omaggio allo scrittore argentino Cortasar non solo nel titolo ma nel tentativo di offrire un programma capace di raccontare la ricchezza dell’esistente; spazio quindi non solo agli scrittori ma anche a protagonisti dell’attualità e dell’accoglienza come Mimmo Lucano e il sindacalista Aboubakar Sumahoro o Paola e Claudio Regeni, genitori di Giulio, che hanno aperto la sezione dedicata ai ragazzi delle scuole con l’incontro sulla ricerca della verità.

Ma alla kermesse torinese si parla anche di solidarietà grazie alla presenza del CSV di Torino e dell’Umbria curatori di un libro in cui i volontari si raccontano e che segna l’avvio di una nuova collana di pubblicazioni dal titolo Incontri.

Sentiamo Stefania Iacono, responsabile editoria sociale Cesvol Umbria

(Sonoro)

Il ruolo del terzo settore nella prevenzione sanitaria è al centro del dibattito a cura di Anpas e in programma lunedì 13 maggio; ce ne parla il presidente Fabrizio Pregliasco.

(Sonoro)

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La guerra alla solidarietà


Bentrovati all’ascolto del GrsWeek. In studio Fabio Piccolino.

 

Il terzo settore è di nuovo sotto attacco: il mondo del volontariato e della cooperazione è infatti vittima di accuse di scarsa trasparenza da parte dei media e delle istituzioni che sembrano voler a tutti i costi trattare con sospetto e ostilità chiunque si occupi degli altri. Una narrazione distorta volta a delegittimare l’impegno di chi aiuta, piegando la realtà agli interessi di una politica che pare aver costruito la sua fortuna sull’individualismo e sul rifiuto dell’altruismo e della solidarietà.

 

Il professor Stefano Zamagni ne ha parlato recentemente in un’intervista sul quotidiano Avvenire.
Ascoltiamo le sue parole attraverso la scheda di Francesca Spanò.

 

“Aporofobia”significa “disprezzo del povero”. Il professor Zamagni introduce così il suo intervento su Avvenire, specificando come, per la prima volta nella storia, non si tratta di un sentimento che riguarda le classi ricche, ma di una guerra sociale scatenata dai penultimi nei confronti degli ultimi e di una palese insofferenza verso chi, dal basso, prova a trovare soluzioni a misura d’uomo alla povertà, alle migrazioni, alla domanda di futuro dei più fragili. Un problema innanzitutto culturale che porta alla diffusione del disprezzo e della derisione; nell’analisi di Zamagni dunque, il terzo settore è diventato scomodo perché ha saputo dimostrare la capacità di moltiplicare ricchezza e capitale umano. Non denunciare quello che sta succedendo sarebbe un grave errore.

 

Nei giorni scorsi la trasmissione televisiva Le Iene ha mandato in onda un servizio che sollevava dubbi sull’intervento di alcune ong italiane in Libia, Emergenza Sorrisi, Cesvi ed Help Code, sostenendo che gli aiuti della cooperazione italiana non fossero mai arrivati ai migranti rinchiusi nei campi.

 

[sonoro]

 

Le organizzazioni però respingono al mittente le accuse, rivendicando la trasparenza del proprio operato e mettendo in dubbio la veridicità della ricostruzione fatta dall’inviato de Le Iene.

 

Prima le accuse alle ong che aiutano i migranti in mare, poi quelle a Mimmo Lucano e al modello Riace, oggi i dubbi su cooperanti, associazioni e cooperative sociali.
In mezzo, il tentato raddoppio dell’Ires per il non profit e il silenzio sui decreti attuativi della riforma del terzo settore.
Perché sta succedendo tutto questo? Cosa si vuole dimostrare e con quale obiettivo? Lo abbiamo chiesto a Marco Tarquinio, direttore di Avvenire

 

[sonoro]

 

La situazione attuale ha tuttavia radici più profonde. Come ci spiega Gianfranco Cattai. presidente di Focsiv

 

[sonoro]

 

Come reagire a questo stato di cose? Ascoltiamo ancora il direttore Tarquinio

 

[sonoro]

 

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Liberazione e giovani: è qui la festa?


 

Il 25 aprile è appena passato e possiamo parlarne a mente fredda: ha ancora senso continuare a festeggiarlo? I Padri Costituenti avevano le idee chiare. E nel biennio tra il 1946 e il 1948 misero a punto un documento cristallino sulle radici antifasciste della nostra Repubblica e sul futuro di libertà, uguaglianza e giustizia sociale che avrebbero dovuto assumere le future istituzioni democratiche.

Italo Calvino scriveva che “la memoria conta veramente solo se tiene insieme l’impronta del passato e il progetto del futuro, se permette di diventare senza smettere di essere”. Sì, ma come? Abbiamo girato la domanda ad alcuni giovani impegnati in Arci Servizio Civile col progetto “Per mantenere vivo e attuale il ricordo”.

Il ricordo della Liberazione è ancora attuale? Lo abbiamo chiesto a Martina, 26 anni, impegnata nel progetto a Roma: “Sì, è molto attuale ma dobbiamo fare di più per renderlo chiaro ai giovani. E’ importante saperlo trasmettere, le istituzioni devono assumersi con più forza questo onere”.

Se il ricordo del 25 aprile è davvero attuale, perché bisogna tornare a rimarcarlo con forza, soprattutto tra i giovani. Lo abbiamo chiesto a Davide, 25 anni di Genova: “Non dobbiamo darlo per scontato, occorre rinnovare il messaggio da lanciare per evitare che le persone, soffocate dal peso degli impegni quotidiani, trascurino la memoria e i suoi insegnamenti”.

Mantenere vivo il ricordo è importante perché, come scriveva Primo Levi: “In futuro, con il sonno della ragione e la mancanza di memoria, quello che è stato potrebbe ripetersi e verificarsi nuovamente”. C’è davvero questo rischio, oggi? Lo abbiamo chiesto a Diana, 24 anni di Trieste: “Sì, questo rischio c’è, basta guardarsi intorno”.

Il progetto di Arci Servizio Civile nel quale è impegnata Diana ha previsto anche la visita di due luoghi storici che rappresentano ferite lente a rimarginarsi, il museo Ebraico di Trieste e la Risiera di San Sabba, utilizzato come lager nazista dopo l’8 settembre del 43. A proposito di ricordi, che cosa ti hanno lasciato queste visite? “Non credevo che le atrocità del nazifascismo avessero colpito con ferocia anche qui, nella nostra città, a casa nostra. Prima ero abituata a pensare che questi fatti tremendi fossero accaduti soltanto in Germania, in Austria, in Polonia”.

Abbiamo ascoltato alcuni di questi 16 giovani volontari (11 ragazze e 5 ragazzi) in 9 sedi locali di Arci Servizio Civile che portano avanti in larga autonomia un progetto corale di “ricerca e sostegno della memoria per coltivare la pace”. Come reagiscono i ragazzi a questi stimoli, che partono dalla memoria e guardano alla costruzione concreta di una società più giusta? Risponde Licio Palazzini, presidente di Arci Servizio Civile: “Gli atteggiamenti sono diversi tra loro, anche perché i ragazzi sono di verse città. In generale sta passando l’idea che questi valori vanno curati e aggiornati, per essere tramandati con efficacia. Non sono necessari soltanto i monumenti ma sono sufficienti anche biblioteche e luoghi di cultura”.

La memoria senza il futuro conta poco, questo è il senso. E allora? L’inno all’ambiente cantato da centinaia di bambini sulle note di “Bella Ciao”, canzone simbolo della Liberazione. Passato e futuro si danno la mano, l’impegno e la lotta per un futuro migliore li tiene insieme. “Do it now”, fallo ora. “Dobbiamo svegliarci, dobbiamo aprire gli occhi, dobbiamo farlo ora. Dobbiamo costruire un futuro migliore, e dobbiamo iniziare ora”.

Allarme Terra – Grsweek del 20-22 aprile 2019


 

Ben trovati all’ascolto del Grsweek da Anna  Monterubbianesi – “Allarme Terra”

È il 20 agosto del 2018 quando Greta Thunberg, studentessa svedese di quindici anni, non si presenta a scuola. Greta è seduta davanti al Parlamento e con un cartello inizia la sua protesta: «il clima è il nostro futuro, state distruggendo il pianeta, ci state rubando il futuro».

Da allora, prima ogni giorno, poi ogni venerdì Greta continua la sua protesta. Stesso posto, stessa ora, stesso tema. La sua semplicità e la sua tenacia trasformano una protesta solitaria in attivismo comune, varcando piano piano i confini nazionali poi internazionali fino ad arrivare in tutto il mondo. Nascono così i Fridays for future, i Venerdì per il futuro e la sua protesta diventa fonte d’ispirazione per altri studenti che il 15 marzo scorso in decine di migliaia e in diverse parti del mondo sono scesi in piazza per lo sciopero scolastico per il clima, per chiedere ai governi politiche e azioni più incisive per contrastare il cambiamento climatico e il riscaldamento globale. In questi giorni Greta è stata a Roma, ricevuta dal Papa, dai rappresentanti del Senato e poi a Piazza del Popolo con gli studenti romani del movimento #fridaysforfuture. Insieme a loro tante associazioni per rivendicare che “La crisi climatica non va in vacanza, e nemmeno noi“. Ascoltiamo dalla piazza il presidente di Legambiente, Stefano Ciafani: “Piazza del Popolo è piena di ragazzi per la seconda puntata di questa maratona partita il 15 marzo scorso con il primo sciopero mondiale sul clima per chiedere al Governo italiano di mettere in campo politiche giuste per ridurre le emissioni di gas serra. Ancora abbiamo centrali a carbone e a gas. Ancora troppi trasporti su gomme e pochi su rotaie. la nostra industria utilizza ancora troppe fonti fossili e foraggiamo le fonti fossili con 19 miliardi di euro l’anno contro i 14 che diamo alle fonti puliti. Troppi paradossi che devono essere affrontati e il Governo nazionale deve dare risposte a questa piazza piena di giovani.

Le piazze non si fermano, e i giovani continueranno a manifestare. Il prossimo appuntamento è per il 24 maggio con il secondo sciopero mondiale per il futuro.

Il pianeta si consuma e il 1 agosto dello scorso anno in Italia si è registrato l’Overshoot Day, ovvero le risorse naturali rinnovabili che il pianeta ci mette a disposizione per l’anno si sono esaurite. Il 22 aprile si celebra la Giornata della Terra (Earth Day) la più grande manifestazione ambientale al mondo promossa dalle delle Nazioni Unite per sensibilizzare alla tutela della pianeta e celebrare chi si impegna a favore di uno sviluppo sostenibile e contro lo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali. Nei 193 Paesi delle Nazioni Unite sono oltre un miliardo i cittadini coinvolti attraverso 22mila organizzazioni. Anche l’Italia partecipa organizzando da anni il Villaggio della Terra, che quest’anno sarà dedicato in particolare agli Obiettivi di Sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030. Ascoltiamo il direttore scientifico di Earth Day Italia, Roberta Cafarotti: “In Italia affrontiamo tutti i temi dello sviluppo sostenibile. Con molte iniziative e linguaggi artistici. Le risorse del pianeta sono limitate se pensiamo che l’overshoot day lo scorso anno è caduto ad agosto ma in realtà se valutiamo l’apporto italiano l’overshoot day cade a maggio perché noi consumiamo il pianeta in maniera più radicale rispetto agli altri paesi. Il movimento dei giovani al quale stiamo assistendo è importante. Sono loro l’anello portante del cambiamento. Un cambiamento positivo del quale c’è estrema necessità.”

I giovani quindi come anello portante di un cambiamento che comincia a dare i suoi frutti ascoltiamo di nuovo il presidente di Legambiente: “Il cambiamento c’è perché oggi i ragazzi oltre ad essere nativi digitali sono anche nativi rinnovali. Oggi i ragazzi hanno le nuove tecnologie pulite a portata di mano. La cosa da fare è spiegare a tutto il Paese che la soluzione è disponibile per tutti. Non ci dobbiamo inventare nulla, vanno utilizzate le tecnologie pulite già disponibili sul mercato, ma per farlo su larga scala serve utilizzare la leva economica da una parte, rendendo più costose le fonti inquinanti e più convenienti le fonti pulite e dall’altra parte serve azionare le leve della politica e su questo il governo nazionale e i governi regionali devono dare il loro contributo.”

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