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La guerra alla solidarietà


Bentrovati all’ascolto del GrsWeek. In studio Fabio Piccolino.

 

Il terzo settore è di nuovo sotto attacco: il mondo del volontariato e della cooperazione è infatti vittima di accuse di scarsa trasparenza da parte dei media e delle istituzioni che sembrano voler a tutti i costi trattare con sospetto e ostilità chiunque si occupi degli altri. Una narrazione distorta volta a delegittimare l’impegno di chi aiuta, piegando la realtà agli interessi di una politica che pare aver costruito la sua fortuna sull’individualismo e sul rifiuto dell’altruismo e della solidarietà.

 

Il professor Stefano Zamagni ne ha parlato recentemente in un’intervista sul quotidiano Avvenire.
Ascoltiamo le sue parole attraverso la scheda di Francesca Spanò.

 

“Aporofobia”significa “disprezzo del povero”. Il professor Zamagni introduce così il suo intervento su Avvenire, specificando come, per la prima volta nella storia, non si tratta di un sentimento che riguarda le classi ricche, ma di una guerra sociale scatenata dai penultimi nei confronti degli ultimi e di una palese insofferenza verso chi, dal basso, prova a trovare soluzioni a misura d’uomo alla povertà, alle migrazioni, alla domanda di futuro dei più fragili. Un problema innanzitutto culturale che porta alla diffusione del disprezzo e della derisione; nell’analisi di Zamagni dunque, il terzo settore è diventato scomodo perché ha saputo dimostrare la capacità di moltiplicare ricchezza e capitale umano. Non denunciare quello che sta succedendo sarebbe un grave errore.

 

Nei giorni scorsi la trasmissione televisiva Le Iene ha mandato in onda un servizio che sollevava dubbi sull’intervento di alcune ong italiane in Libia, Emergenza Sorrisi, Cesvi ed Help Code, sostenendo che gli aiuti della cooperazione italiana non fossero mai arrivati ai migranti rinchiusi nei campi.

 

[sonoro]

 

Le organizzazioni però respingono al mittente le accuse, rivendicando la trasparenza del proprio operato e mettendo in dubbio la veridicità della ricostruzione fatta dall’inviato de Le Iene.

 

Prima le accuse alle ong che aiutano i migranti in mare, poi quelle a Mimmo Lucano e al modello Riace, oggi i dubbi su cooperanti, associazioni e cooperative sociali.
In mezzo, il tentato raddoppio dell’Ires per il non profit e il silenzio sui decreti attuativi della riforma del terzo settore.
Perché sta succedendo tutto questo? Cosa si vuole dimostrare e con quale obiettivo? Lo abbiamo chiesto a Marco Tarquinio, direttore di Avvenire

 

[sonoro]

 

La situazione attuale ha tuttavia radici più profonde. Come ci spiega Gianfranco Cattai. presidente di Focsiv

 

[sonoro]

 

Come reagire a questo stato di cose? Ascoltiamo ancora il direttore Tarquinio

 

[sonoro]

 

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Liberazione e giovani: è qui la festa?


 

Il 25 aprile è appena passato e possiamo parlarne a mente fredda: ha ancora senso continuare a festeggiarlo? I Padri Costituenti avevano le idee chiare. E nel biennio tra il 1946 e il 1948 misero a punto un documento cristallino sulle radici antifasciste della nostra Repubblica e sul futuro di libertà, uguaglianza e giustizia sociale che avrebbero dovuto assumere le future istituzioni democratiche.

Italo Calvino scriveva che “la memoria conta veramente solo se tiene insieme l’impronta del passato e il progetto del futuro, se permette di diventare senza smettere di essere”. Sì, ma come? Abbiamo girato la domanda ad alcuni giovani impegnati in Arci Servizio Civile col progetto “Per mantenere vivo e attuale il ricordo”.

Il ricordo della Liberazione è ancora attuale? Lo abbiamo chiesto a Martina, 26 anni, impegnata nel progetto a Roma: “Sì, è molto attuale ma dobbiamo fare di più per renderlo chiaro ai giovani. E’ importante saperlo trasmettere, le istituzioni devono assumersi con più forza questo onere”.

Se il ricordo del 25 aprile è davvero attuale, perché bisogna tornare a rimarcarlo con forza, soprattutto tra i giovani. Lo abbiamo chiesto a Davide, 25 anni di Genova: “Non dobbiamo darlo per scontato, occorre rinnovare il messaggio da lanciare per evitare che le persone, soffocate dal peso degli impegni quotidiani, trascurino la memoria e i suoi insegnamenti”.

Mantenere vivo il ricordo è importante perché, come scriveva Primo Levi: “In futuro, con il sonno della ragione e la mancanza di memoria, quello che è stato potrebbe ripetersi e verificarsi nuovamente”. C’è davvero questo rischio, oggi? Lo abbiamo chiesto a Diana, 24 anni di Trieste: “Sì, questo rischio c’è, basta guardarsi intorno”.

Il progetto di Arci Servizio Civile nel quale è impegnata Diana ha previsto anche la visita di due luoghi storici che rappresentano ferite lente a rimarginarsi, il museo Ebraico di Trieste e la Risiera di San Sabba, utilizzato come lager nazista dopo l’8 settembre del 43. A proposito di ricordi, che cosa ti hanno lasciato queste visite? “Non credevo che le atrocità del nazifascismo avessero colpito con ferocia anche qui, nella nostra città, a casa nostra. Prima ero abituata a pensare che questi fatti tremendi fossero accaduti soltanto in Germania, in Austria, in Polonia”.

Abbiamo ascoltato alcuni di questi 16 giovani volontari (11 ragazze e 5 ragazzi) in 9 sedi locali di Arci Servizio Civile che portano avanti in larga autonomia un progetto corale di “ricerca e sostegno della memoria per coltivare la pace”. Come reagiscono i ragazzi a questi stimoli, che partono dalla memoria e guardano alla costruzione concreta di una società più giusta? Risponde Licio Palazzini, presidente di Arci Servizio Civile: “Gli atteggiamenti sono diversi tra loro, anche perché i ragazzi sono di verse città. In generale sta passando l’idea che questi valori vanno curati e aggiornati, per essere tramandati con efficacia. Non sono necessari soltanto i monumenti ma sono sufficienti anche biblioteche e luoghi di cultura”.

La memoria senza il futuro conta poco, questo è il senso. E allora? L’inno all’ambiente cantato da centinaia di bambini sulle note di “Bella Ciao”, canzone simbolo della Liberazione. Passato e futuro si danno la mano, l’impegno e la lotta per un futuro migliore li tiene insieme. “Do it now”, fallo ora. “Dobbiamo svegliarci, dobbiamo aprire gli occhi, dobbiamo farlo ora. Dobbiamo costruire un futuro migliore, e dobbiamo iniziare ora”.

Allarme Terra – Grsweek del 20-22 aprile 2019


 

Ben trovati all’ascolto del Grsweek da Anna  Monterubbianesi – “Allarme Terra”

È il 20 agosto del 2018 quando Greta Thunberg, studentessa svedese di quindici anni, non si presenta a scuola. Greta è seduta davanti al Parlamento e con un cartello inizia la sua protesta: «il clima è il nostro futuro, state distruggendo il pianeta, ci state rubando il futuro».

Da allora, prima ogni giorno, poi ogni venerdì Greta continua la sua protesta. Stesso posto, stessa ora, stesso tema. La sua semplicità e la sua tenacia trasformano una protesta solitaria in attivismo comune, varcando piano piano i confini nazionali poi internazionali fino ad arrivare in tutto il mondo. Nascono così i Fridays for future, i Venerdì per il futuro e la sua protesta diventa fonte d’ispirazione per altri studenti che il 15 marzo scorso in decine di migliaia e in diverse parti del mondo sono scesi in piazza per lo sciopero scolastico per il clima, per chiedere ai governi politiche e azioni più incisive per contrastare il cambiamento climatico e il riscaldamento globale. In questi giorni Greta è stata a Roma, ricevuta dal Papa, dai rappresentanti del Senato e poi a Piazza del Popolo con gli studenti romani del movimento #fridaysforfuture. Insieme a loro tante associazioni per rivendicare che “La crisi climatica non va in vacanza, e nemmeno noi“. Ascoltiamo dalla piazza il presidente di Legambiente, Stefano Ciafani: “Piazza del Popolo è piena di ragazzi per la seconda puntata di questa maratona partita il 15 marzo scorso con il primo sciopero mondiale sul clima per chiedere al Governo italiano di mettere in campo politiche giuste per ridurre le emissioni di gas serra. Ancora abbiamo centrali a carbone e a gas. Ancora troppi trasporti su gomme e pochi su rotaie. la nostra industria utilizza ancora troppe fonti fossili e foraggiamo le fonti fossili con 19 miliardi di euro l’anno contro i 14 che diamo alle fonti puliti. Troppi paradossi che devono essere affrontati e il Governo nazionale deve dare risposte a questa piazza piena di giovani.

Le piazze non si fermano, e i giovani continueranno a manifestare. Il prossimo appuntamento è per il 24 maggio con il secondo sciopero mondiale per il futuro.

Il pianeta si consuma e il 1 agosto dello scorso anno in Italia si è registrato l’Overshoot Day, ovvero le risorse naturali rinnovabili che il pianeta ci mette a disposizione per l’anno si sono esaurite. Il 22 aprile si celebra la Giornata della Terra (Earth Day) la più grande manifestazione ambientale al mondo promossa dalle delle Nazioni Unite per sensibilizzare alla tutela della pianeta e celebrare chi si impegna a favore di uno sviluppo sostenibile e contro lo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali. Nei 193 Paesi delle Nazioni Unite sono oltre un miliardo i cittadini coinvolti attraverso 22mila organizzazioni. Anche l’Italia partecipa organizzando da anni il Villaggio della Terra, che quest’anno sarà dedicato in particolare agli Obiettivi di Sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030. Ascoltiamo il direttore scientifico di Earth Day Italia, Roberta Cafarotti: “In Italia affrontiamo tutti i temi dello sviluppo sostenibile. Con molte iniziative e linguaggi artistici. Le risorse del pianeta sono limitate se pensiamo che l’overshoot day lo scorso anno è caduto ad agosto ma in realtà se valutiamo l’apporto italiano l’overshoot day cade a maggio perché noi consumiamo il pianeta in maniera più radicale rispetto agli altri paesi. Il movimento dei giovani al quale stiamo assistendo è importante. Sono loro l’anello portante del cambiamento. Un cambiamento positivo del quale c’è estrema necessità.”

I giovani quindi come anello portante di un cambiamento che comincia a dare i suoi frutti ascoltiamo di nuovo il presidente di Legambiente: “Il cambiamento c’è perché oggi i ragazzi oltre ad essere nativi digitali sono anche nativi rinnovali. Oggi i ragazzi hanno le nuove tecnologie pulite a portata di mano. La cosa da fare è spiegare a tutto il Paese che la soluzione è disponibile per tutti. Non ci dobbiamo inventare nulla, vanno utilizzate le tecnologie pulite già disponibili sul mercato, ma per farlo su larga scala serve utilizzare la leva economica da una parte, rendendo più costose le fonti inquinanti e più convenienti le fonti pulite e dall’altra parte serve azionare le leve della politica e su questo il governo nazionale e i governi regionali devono dare il loro contributo.”

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All’attacco contro le discriminazioni


Ben trovati all’ascolto del GrsWeek. In studio Elena Fiorani
Riflettori accesi sulle strategie internazionali per affrontare tutti gli aspetti del razzismo e della discriminazione nel calcio: il 2 e 3 aprile a Londra si è tenuta la Equal Game Conference 2019, organizzata dalla UEFA con la Rete Fare-Football against racism in Europe. La conferenza ha riunito 260 delegati delle federazioni affiliate alla UEFA, leghe, club, organizzazioni politiche e governative, organizzazioni non governative (ONG) e associazioni. Traccia per noi un bilancio dell’evento Raffaella Chiodo, della Rete Fare

Alla conferenza era presente anche Alberto Urbinati, presidente dei Liberi Nantes, squadra romana composta da rifugiati e richiedenti asilo, che da oltre dieci anni garantisce a decine di ragazzi di praticare sport nonostante le difficoltà burocratiche e i limiti imposti dalle leggi italiane. Gli abbiamo chiesto un parere sugli incontri di Londra.

Una proposta concreta per favorire l’integrazione e combattere le discriminazioni è quella lanciata nei giorni scorsi da Liberi Nantes, Uisp e Unhcr, per il domicilio sportivo. L’obiettivo è semplificare l’accesso allo sport di rifugiati e richiedenti asilo. Di cosa si tratta?

Elezioni europee e volontariato: un futuro possibile


Bentrovati all’ascolto del GRSWEEK da Fabio Piccolino.

Le elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo, in programma dal 23 al 26 maggio prossimi, si svolgono quest’anno in un clima particolare per la coesione dell’Unione: la costante avanzata in molti paesi di partiti e movimenti “euroscettici” e la difficile transizione del Regno Unito verso la Brexit, stanno mettendo in crisi un modello che ha bisogno di nuove spinte per svilupparsi nella direzione dell’unità.
Il volontariato in questo senso, può diventare un importante elemento di continuità.

Ascoltiamo la scheda di Elena Fiorani

 

Sono oltre 80 milioni le persone che nel Vecchio Continente dedicano il proprio tempo al prossimo: il terzo settore in Europa fornisce servizi collettivi e individuali relativi alla salute, la sicurezza, la cultura e le attività ricreative. Con le dovute differenze tra i singoli paesi e le diverse concezioni culturali e sociali, le organizzazioni di volontariato sono quasi 3 milioni e oltre 200 mila i soci di cooperative: un motore che ha fatto nascere 13 milioni di posti di lavoro retribuiti, e che svolge importanti funzioni sociali, dall’assistenza sanitaria all’ istruzione, dalla protezione ambientale ai soccorsi in caso di calamità.
Numeri che fanno del non-profit la terza forza-lavoro in Europa ma che, come sottolineato dalla recente ricerca “The size and composition of the European Third Sector”, «manca di riconoscimento come forza economica e sociale e interlocutore nel processo decisionale».

 

La costruzione di un ‘Europa più inclusiva, equa e sostenibile è l’obiettivo che il non-profit italiano vuole contribuire a creare anche nei prossimi anni. Ascoltiamo Maurizio Mumolo, direttore del Forum Nazionale del Terzo Settore

 

 

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Il Cev, Centro europeo del volontariato, sta lanciando in questi giorni la campagna “Vote Volunteering Vision”, chiedendo ai candidati un impegno nel portare avanti, una volta eletti, politiche a sostegno delle associazioni e chi si impegna per gli altri.

Ai nostri microfoni Nicolò Triacca, Responsabile Area Europa di CsvNet.

 

 

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Per stimolare la partecipazione alle consultazioni, il Parlamento europeo ha promosso la piattaforma “Stavolta voto”: una comunità di sostenitori che incoraggia una maggiore affluenza degli elettori, con l’obiettivo di prendere parte ai processi decisionali futuri e che si basa su singoli volontari e associazioni che aderiscono e volontariamente promuovono i valori di partecipazione democratica.

 

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10 anni di Convenzione Onu


Bentrovati all’ascolto del GRS week, in studio Katia Caravello.

 

Nel 2009 il Parlamento italiano ha autorizzato la ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, approvata dall’Assemblea Generale dell’ONU il 13 dicembre 2006.
La Convenzione, costituita da un preambolo e 50 articoli, rappresenta un importante risultato raggiunto dalla comunità internazionale in quanto strumento vincolante per gli Stati membri e occasione per dare piena e concreta attuazione al principio da tutti evocato del “Niente su di noi, senza di noi”.
Il documento non riconosce “nuovi” diritti alle persone con disabilità, ma intende promuovere, proteggere e assicurare a quest’ultime il pieno ed uguale godimento di tutti i diritti e di tutte le libertà, in applicazione dei principi generali di pari opportunità.
La Convenzione dispone che ogni Stato presenti un rapporto dettagliato sulle misure prese per adempiere ai propri obblighi e sui progressi conseguiti al riguardo. Nella scheda di Fabio Piccolino una sintesi del quadro nazionale.

 

Con la legge 3 marzo 2009, contestualmente alla ratifica della Convenzione ONU, è stato costituito anche l’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità con lo scopo di promuovere la piena integrazione delle persone con disabilità, in attuazione dei princìpi sanciti dalla Convenzione. All’Osservatorio partecipano le organizzazioni delle persone con disabilità e i referenti istituzionali (ministeri, regioni, INPS, Istat ecc.)
In questo contesto sono stati elaborati e condivisi due Programmi d’azione che investono pressoché tutti gli ambiti di vita, dal riconoscimento della disabilità, al lavoro, all’istruzione, alla progettazione accessibile e la mobilità, alla salute e all’abilitazione, alla cooperazione internazionale, ai sistemi statistici e di monitoraggio.
Il primo Programma d’azione è rimasto praticamente inattuato come è stato denunciato alla Conferenza Nazionale sulla Disabilità nell’ottobre 2016.
Nel 2017 è stato condiviso, elaborato e pubblicato il secondo Programma d’Azione. Ebbene, a quasi un anno e mezzo dalla pubblicazione, su circa 200 azioni specifiche ne sono state parzialmente attuate 3. E ciò è illuminante rispetto all’assenza di una strategia complessiva e di una conseguente volontà politica dei diversi attori istituzionali, centrali e locali.

 

Nell’agosto del 2016, il Comitato ONU sui diritti delle persone con disabilità, nelle sue Osservazioni Conclusive al primo Rapporto sull’implementazione della Convenzione ONU in Italia, ha espresso la propria preoccupazione rispetto a molti aspetti di mancata applicazione nel nostro Paese esprimendo altrettante raccomandazioni, anch’esse al momento rimaste lettera morta.

 

 

La Convenzione ONU ha introdotto un nuovo paradigma linguistico, superando l’espressione “diversamente abile” – definita da Franco Bomprezzi (un giornalista con disabilità scomparso nel 2014) buonista ed ipocrita – ed introducendo la più corretta locuzione “persone con disabilità”. Sentiamo a riguardo le parole di Raffaella Cosentino, giornalista ed autrice, tra l’altro, del capitolo Disabilità del volume Parlare Civile.

 

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Nell’art. 2, la Convenzione, tra gli altri, definisce il concetto di “accomodamento ragionevole”, ascoltiamo dalla voce di Giampiero Griffo – uno dei “padri italiani” della Convenzione ONU e coordinatore dell’Osservatorio Nazionale sulla Condizione delle persone con disabilità – a cosa si riferisce tale espressione e qual è la sua declinazione pratica.

 

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IL PAESE DELLE DISUGUAGLIANZE: 15 PROPOSTE PER LA GIUSTIZIA SOCIALE


Bentornati all’ascolto del Grs Week. In studio Giuseppe Manzo

 

Il 25 marzo alle ore 10 al Teatro de’ Servi di Roma, il Forum Disuguaglianze e Diversità presenta il rapporto “15 Proposte per la giustizia sociale”: un pacchetto di proposte di politiche pubbliche e azioni collettive che intervengono su tre meccanismi di formazione della ricchezza: il cambiamento tecnologico, la relazione tra lavoro e impresa, il passaggio generazionale.

 

Tra il 1995 e il 2016 la quota di ricchezza dell’1% più ricco della popolazione adulta è passata dal 18% al 25%, quella del 10% più ricco dal 49% al 62%.

 

Le grandi disuguaglianze di ricchezza e di reddito, di accesso ai servizi essenziali, di riconoscimento dei nostri valori e aspirazioni, hanno prodotto una società fortemente lacerata. La professoressa Elena Granaglia, coordinatrice del progetto, spiega le ragioni dello studio

 

Audio Granaglia

 

 

Le proposte riguardano il cambiamento tecnologico,  la relazione fra lavoro e impresa, per ridare al lavoro dignità salariale, il passaggio generazionale quando i giovani e le giovani iniziano a costruire un piano di vita. Gli interlocutori diretti sono i partiti i soggetti che, nel mondo della cultura e del lavoro, della produzione e della cittadinanza attiva, della scuola e della salute, dell’ospitalità e della rete digitale, vogliono farsene promotori. Ascoltiamo Andrea Morniroli, cooperativa Dedalus

Audio Morniroli

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Un altro Sud – Grsweek del 16-17 marzo


Bentrovati all’ascolto del GRSweek da Anna Monterubbianesi.

Un altro Sud – Il Mezzogiorno, più di ogni altra area geografica italiana, soffre di profonde disuguaglianze. Dei 4 milioni e mezzo di poveri presenti in Italia oltre 2 vivono al Sud. Dieci anni fa erano la metà. Gli effetti asimmetrici delle politiche di austerità si sono dispiegati in tutta la loro pervasività. In questa situazione, invece di registrare politiche complessive di sostegno e coesione territoriale, continua il crollo della spesa pubblica. C’è poi il grande tema giovanile. La povertà̀ riguarda sempre più i giovani e il Sud, oggi, è l’area demograficamente più giovane del Paese. L’emigrazione giovanile è in fortissimo aumento. Negli ultimi mesi però sta maturando una riflessione secondo la quale l’analisi delle storiche disuguaglianze territoriali, economiche e sociali del Mezzogiorno non può prescindere dalle dinamiche nuove della società. Le trasformazioni culturali e politiche che stanno investendo le democrazie europee impattano al Sud in modo peculiare. È necessario pensare ad un Mezzogiorno saldamente agganciato all’Europa, e strettamente intrecciato all’economia di tutto il Paese. Ascoltiamo Francesca Coleti, Arci e progetto Fqts….

In un contesto sociale caratterizzato da povertà, esclusione sociale, disoccupazione e debolezza del sistema istituzionale, ma con enormi potenzialità di sviluppo, si inserisce FQTS, il progetto di formazione dedicato agli Enti di Terzo Settore delle regioni del Sud Italia promosso da Forum del Terzo Settore e CSVnet e sostenuto dalla Fondazione CON IL SUD. Dal 2008 FQTS mette al centro della propria proposta formativa le tematiche dello sviluppo proponendo una nuova lettura della questione meridionale, ribaltando la prospettiva di un Sud povero e senza risorse e provando a sviluppare soluzioni nuove per affrontare problematiche storiche.

Ascoltiamo la scheda di Giuseppe Manzo: Formazione Quadri Terzo Settore è un percorso di formazione che nasce per contribuire al consolidamento e al rafforzamento del Terzo settore meridionale, attraverso la crescita delle competenze e la costruzione di reti e relazioni di fiducia tra le persone e tra le organizzazioni. Giunto alla sua XI edizione, è preso come modello di formazione innovativa anche all’estero. Ha raggiunto, in questi dieci anni, oltre 25.000 destinatari, in rappresentanza di 3.000 organizzazioni di Terzo settore in Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sicilia e Sardegna. Tra questi è altissima la percentuale dei giovani under 35.
Nel corso degli anni il progetto ha permesso il rafforzamento della cooperazione tra gli enti, creato un patrimonio di conoscenze comuni ed ha promosso la costruzione di un modello di economia circolare, equo e sostenibile. Il 45% dei nuovi dirigenti delle reti di Terzo settore del meridione ha frequentato il percorso di FQTS in questi anni.

Oggi l’approccio più utile ed efficace per un ruolo proattivo del Terzo settore e delle comunità locali delle regioni meridionali è quello di leggersi ed attrezzare risposte connesse e non separate dalle dinamiche complessive del Paese e dalle trasformazioni globali che attraversano anche il mediterraneo. In questa chiave il Terzo settore meridionale diventa un laboratorio di pratiche e politiche innovative nazionali, di energie positive, del superamento delle tradizionali barriere Nord-Sud. Un soggetto capace quindi di portare quel cambiamento di cui c’è bisogno. Come racconta ai nostri microfoni Mauro Giannelli, coordinatore del progetto: “Non affrontiamo la questione meridionale nell’ottica rivendicativa che potrebbe anche essere compresa rispetto ai disagi che il meridione d’Italia ha vissuto in tanti anni prima e dopo l’unità repubblicana e monarchica ma vogliamo affrontare questa questione come una buona pratica, cioè come si può, partendo da esperienze importanti del meridione d’Italia, arrivare a contaminare in maniera positiva tutto il territorio nazionale. Il vero tema è non protesta ma proposta. Credo che qui sia il cuore della nostra attività.”

 

GrsWeek 9-10 marzo – Volontariato nei grandi eventi: nuova forma di impegno “occasionale”


Ben trovati all’ascolto del Grsweek, l’approfondimento del Giornale radio sociale. In studio Clara Capponi
Si moltiplicano in Italia e all’estero, le occasioni di fare volontariato in festival, raduni, spettacoli, che diventano occasioni per ingaggiare nuove risorse in attività coinvolgenti, dove tutti sono protagonisti davanti o dietro le quinte
Nella scheda di Fabio Piccolino la fotografia di questo fenomeno
La molla principale è la voglia di relazioni insieme ad aspetti culturali e personali come aumentare le proprie conoscenze, valori e competenze. Sono questi i fattori principali che spingono le persone al volontariato cosiddetto “episodico”, legato non solo ai grandi eventi ma anche a temi trasversali come la cura dei beni comuni e la gestione delle emergenze; una delle indagini più dettagliate sul fenomeno è stata condotta da CSVnet e Ciessevi Milano sul “Programma Volontari per Expo Milano 2015” che vide la partecipazione di ben 5mila volontari. La ricerca ha permesso anche di tracciare un loro identikit: per la maggior parte donne, giovani, con un livello medio –alto d’istruzione. Persone in gran parte molto soddisfatte dell’esperienza tanto che il 98% degli intervistati consiglierebbe l’esperienza ad amici e parenti e vorrebbe tornare a fare volontariato in futuro. Un impegno quindi che non esclude quello tradizionale nelle organizzazioni; anzi può costituire il trampolino di lancio verso un’esperienza più lunga e strutturata.
I volontari nei grandi eventi oggi chiedono più libertà di scelta e impegni limitati nel tempo con risultati tangibili.
Sentiamo il commento di Maurizio Ambrosini, docente di Sociologia all’Università degli Studi di Milano
Il volontariato episodico ha una capacità attrattiva perché incontra caratteristiche culturali del mondo di oggi è una forma di impegno breve, concentrata che non richiede l’adesione formale a un’associazione. E’ una forma di volontariato “disintermediato”.
Sono sempre più frequenti nuove ricerche di volontari per festival o grandi manifestazioni. Tra le proposte anche quella della Fondazione Matera-Basilicata 2019 che ha già coinvolto più di 300 volontari per gli eventi organizzati nella città dei Sassi diventata Capitale europea della cultura. Ne parliamo con Carla di Grazia, che si occupa del coordinamento dei volontari all’interno della fondazione.
I volontari della fondazione Matera – Basilicata 2019 hanno rappresentato una risorsa fondamentale fin dalla candidatura della città a Capitale europea della cultura; la squadra è cresciuta tantissimo tanto che è stata determinante per la cerimonia d’apertura in cui sono stati coinvolti 300 volontari. Un gruppo eterogeneo sia per età (sono coinvolte persone dai 14 fino ai 70 anni) che per interessi; i volontari sono coinvolti in diversi tipi di attività noi cerchiamo di mettere in risalto le loro capacità, esperienze e interessi. Spesso sono anche loro a proporre nuove idee e progetti, soprattutto per coinvolgere la comunità negli eventi.

GrsWeek del 1-2 marzo – Educare alle differenze per promuovere diritti


 

Bentrovati all’ascolto del grsweek. In studio Elena Fiorani
La mamma stira e cucina, il papà legge e lavora: l’esercizio sui verbi nel libro di seconda elementare propone una visione della mamma a casa che svolge le faccende domestiche mentre il papà lavora e porta a casa lo stipendio o legge e ovviamente scatena polemiche. Anche se la casa editrice si è subito detta «dispiaciuta per il disguido» e ha aggiunto che ha già provveduto a modificare l’esercizio nell’edizione in commercio nel nuovo anno scolastico, l’incidente riapre questioni mai risolte nel nostro paese. Dove, anzi, negli ultimi anni si allarga una visione conservatrice e tradizionalista che vorrebbe negare diritti acquisiti e promuove un sentire sempre più patriarcale, omofobo e misogino. Questo sentimento si riflette nel mondo sportivo che da sempre è uno specchio fedele della nostra società: infatti, nonostante la crescita, rispetto al passato, di campagne contro l’omofobia e dei coming out, l’ambiente sportivo è ancora fortemente limitante rispetto alla possibilità di esprimere liberamente il proprio orientamento sessuale, in particolare per alcuni sport e soprattutto nel mondo maschile. Per Paolo Valerio, del Centro di Ateneo SInAPSi dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, la soluzione è culturale: scuola e sport devono educare alle differenze.

Mentre una donna che pratica sport, soprattutto a livello agonistico, tende ad essere considerata come in possesso di qualità di norma attribuite all’uomo portando a definire le atlete mascoline, poco femminili, quindi lesbiche. A questo si aggiunge la privazione di diritti scontati per gli sportivi professionisti uomini. Anche se i calciatori iscritti al corso di studi triennale in scienze motorie ad indirizzo calcio dell’Università telematica San Raffaele da quest’anno avranno anche un esame sul calcio femminile, tenuto da Katia Serra, ex calciatrice azzurra e responsabile donne dell’Assocalciatori. Sentiamola.
Dalla teoria alla pratica, a che punto siamo con i diritti per le donne che praticano sport a livello professionistico? Risponde Katia Serra