Il Parlamento Europeo ha votato un testo che impone alle imprese che importano metalli rari e preziosi di dimostrare di non finanziare i signori della guerra. Risorse cruciali nel settore dell’elettronica che si trovano spesso in regioni in conflitto, come Congo, Repubblica Centrafricana e Sud Sudan.
No alla segregazione
È stata sospesa in Israele la norma che prevedeva autobus separati per i manovali palestinesi tra Tel Aviv e la Cisgiordania, dopo le numerose proteste delle associazioni per i diritti umani. Secondo la ong Peace Now si tratta di una misura da apartheid che avrebbe umiliato inutilmente molte persone.
Divise violente
Le forze di sicurezza egiziane esercitano sistematicamente violenza sessuale contro i detenuti. È la denuncia dell’organizzazione non governativa International Federation for Human Rights, che in un rapporto spiega come gli abusi ai danni di uomini, donne e bambini, siano utilizzati come strumento per reprimere ogni forma di protesta.
Piccoli miglioramenti
Lo comunica l’Istituto Spallanzani di Roma nel sesto bollettino medico dell’infermiere di Emergency ricoverato per virus Ebola dopo aver contratto il virus in Sierra Leone. “Continua il trattamento antivirale – scrivono i medici – La prognosi resta riservata”.
In fuga
In Burundi, oltre centomila persone stanno fuggendo dal Paese dopo gli scontri degli ultimi giorni. Il servizio di Fabio Piccolino. Centomila persone hanno lasciato il Burundi nei giorni scorsi, in fuga dai violenti scontri che si stanno verificando nel paese, per protestare contro la candidatura, ritenuta incostituzionale, del presidente Pierre Nkurunziza per un terzo mandato. Secondo l’Alto commissariato Onu per i rifugiati, la maggior parte dei profughi ha raggiunto la Tanzania, mentre altri si sono diretti in Ruanda e Repubblica Democratica del Congo. Unicef lancia l’allarme per la salute dei bambini, che necessitano di protezione, cibo, salute e tutela. Per i profughi inoltre, c’è il rischio di contrarre gravi malattie come il colera, a causa delle cattive condizioni igienico-sanitarie dei paesi ospitanti. E il numero dei rifugiati è destinato ad aumentare.
Pena di morte per l’attentatore di Boston. Amnesty: “Non è giustizia”
“Condanniamo gli attentati che hanno avuto luogo a Boston due anni fa, e piangiamo la perdita di vite umane e gravi danni che hanno causato. La pena di morte, tuttavia, non è giustizia. Aggrava soltanto la violenza, e non riuscirà a dissuadere gli altri dal commettere crimini simili in futuro”.
Sono le dichiarazioni di Steven W. Hawkins, direttore esecutivo di Amnesty International USA, dopo la notizia della condanna a morte per Dzhokhar Tsarnaev, il ventunenne autore dell’attentato che nel 2013 provocò la morte di 3 persone e il ferimento di altre 264.
Qualche settimana fa i genitori di Martin Richard, il bambino di otto anni morto durante l’attentato avevano chiesto che non si facesse ricorso alla pena capitale per i colpevoli.
Ad applicare la condanna è direttamente il governo federale, mentre lo stato del Massachusetts, di cui Boston è capitale, l’ha abolita.
Secondo Amnesty, non c’è alcuna prova che dimostri che la pena di morte sia un deterrente alla criminalità o che abbia un qualche effetto nel ridurre il terrorismo.
Finalmente liberi
Grazie ad un accordo tra Unicef e gruppi armati, 350 bambini soldato sono stati rilasciati in Repubblica Centrafricana. Si tratta della più grande liberazione di minori dall’inizio delle violenze nel 2012. Secondo il rappresentate dell’Unicef a Bangui, “le sofferenze di questi ragazzi possono adesso lasciare il posto ad un futuro migliore”.
Combattere l’indifferenza
È l’obiettivo di Borderdeaths, il database dei decessi dei migranti nel Mar Mediterraneo ideato dai ricercatori dell’Università di Amsterdam. Gli studiosi chiedono l’istituzione di un Osservatorio europeo sulle morti in mare che consentirebbe di raccogliere maggiori informazioni sui decessi e di metterli in relazione con le politiche appena decise dell’Unione.
Nepal senza pace
Una nuova terribile scossa ha colpito un Paese già in ginocchio dopo il sisma dello scorso 25 aprile che ha provocato oltre 8000 vittime. L’emergenza è totale come racconta dalla capitale Kathmandu Erica Beuzer, cooperante della onlus bolognese Gvc. “La preoccupazione del Gvc come di tutte le persone che sono qui, che stanno cercando di operare portando aiuti d’emergenza e anche rivolti a quella che, si spera, sarà un giorno la ricostruzione del Nepal, ferito gravemente da questo terremoto, che ancora non termina. Oltre ai nervi ormai stressatissimi della popolazione, c’è una distruzione immane soprattutto in quelle che sono le aree di montagna e nei distretti fuori dalla capitale, che anche ha sofferto molto questo terremoto.”




