Da oggi a giovedì a Padova la seconda edizione della kermesse. L’iniziativa, promossa dal comitato italiano paralimpico, ha l’obiettivo di promuovere lo sport per il superamento di ogni forma di barriera, fisica e culturale.
E… sportabile
È stata una mattinata di promozione dello sport per tutti a Napoli, promossa dall’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti per diffondere la cultura del movimento, proponendo l’attività fisica per la partecipazione dei non vedenti alla vita sociale. Il programma ha previsto il racconto di buone pratiche e la dimostrazione di alcune attività, dal calcio a 5 al gioco di scacchi e dama.
Si sono succeduti gli interventi di tecnici specializzati nelle diverse discipline sportive, con testimonianze dirette di atleti con disabilità visiva che hanno coinvolto il pubblico con dimostrazioni delle diverse discipline: judo, ju-jitsu, shown down, calcio a 5 non vedenti cat. B1, braccio di ferro, gioco di scacchi e dama.
Facciamo meta
Un laboratorio a cielo aperto che non guarda le disabilità, ma le abilità di tutti. A Vittoria, in provincia di Ragusa, torna per il secondo anno il progetto di inclusione sociale realizzato dalla cooperativa Metaeuropa. Percorsi di crescita, aggregazione e di avvicinamento allo sport nati dal sogno di un gruppo di giovani che hanno scelto di non abbandonare la loro terra, ma di trasformarla in uno spazio produttivo e inclusivo.
Facciamo Meta riunisce le forze del territorio, mondo produttivo, istituzioni e realtà associative per garantire sport, cultura e divertimento ai bambini e ragazzi disabili o che vivono in condizioni disagiate e non possono permettersi di frequentare attività post-scolastiche. Dalle partite di calcio a quelle di basket passando per lezioni di danza e karate. E ancora laboratori di pittura, musica e lettura, anche quest’anno il programma si presenta come un mosaico di attività e iniziative, che puntano sull’inclusione sociale e accompagnano le famiglie del territorio nella crescita culturale ed educativa dei propri figli.
«Anche quest’anno Facciamo Meta vuole trasformare l’idea astratta di “tempo libero” in un luogo da vivere – commenta Emanuele Cirignotta, Presidente di Metaeuropa – Spesso pensiamo che il disabile o chi vive in condizioni economiche difficili abbia bisogno soltanto di ciò che definiamo primario, dimenticando invece che socializzare e condividere il proprio tempo libero sono elementi fondamentali per la crescita di un bambino e contribuiscono al suo benessere complessivo».
L’obiettivo di Facciamo Meta è integrare i bambini con disabilità o svantaggio socio cultuale in attività ben strutturate e in ambienti tutelati ma non riabilitativi. Tutti i ragazzi inseriti nel progetto seguono, infatti, le attività insieme ai loro coetanei, affiancati da uno staff multidisciplinare che insieme agli operatori sportivi delle varie strutture costruiscono un programma specifico di avvicinamento allo sport e di inclusione. Così si potrà “crescere in musica” imparando a suonare chitarra e pianoforte, indossare tutù e scarpette di danza e accendere il ritmo a passi di zumba. Spazio anche alle attività sportive più tradizionali come basket, calcio e karate e ai laboratori di lettura per stimolare la curiosità dei più piccoli.
Sos bilancia
In Italia eccesso di peso per un minore su quattro. Nello scorso biennio se ne stimano circa 2 milioni e 130mila, pari al 25,2% della popolazione sotto i 17 anni. Secondo l’Istat il nostro è tra i Paesi con il più alto tasso di obesità in Europa. Rischio maggiore nel Mezzogiorno.
L’eccesso di peso è più frequente tra i bambini di 3-10 anni, età in cui si raggiunge il 30,4%. Al crescere dell’età, il sovrappeso e l’obesità diminuiscono, fino a toccare il valore minimo tra i ragazzi di 14-17 anni (14,6%). è quanto si apprende dall’indagine Istat sugli stili di vita dei minori in Italia. Dati questi ultimi che relegano l’Italia tra i Paesi con il più alto tasso di obesità in Europa tra i bambini di 7-8 anni. Secondo l’indagine infatti nei paesi dell’Ue, in media, è obeso quasi un bambino su otto tra i 7 e gli 8 anni. Cipro (20%), Italia (18%), Spagna (18%), Grecia e Malta (17%) mostrano i valori più elevati; Danimarca (5%), Norvegia (6%) e Irlanda (7%)3 quelli più bassi. Tra il 2007-2008 e il 2015-2017 il tasso di obesità tra i bambini di 7-8 anni risulta in diminuzione in diversi paesi dell’Ue, in particolare in Portogallo, Slovenia, Grecia e Italia (-4 punti percentuali); tuttavia in Grecia e Italia i livelli rimangono ancora elevati. I bambini e i ragazzi che vivono in famiglie in cui almeno uno dei genitori è in eccesso di peso tendono a essere anche loro in sovrappeso o obesi. Se entrambi i genitori sono in sovrappeso o obesi anche i figli lo sono nel 37,6% dei casi contro il 18,8% di chi ha entrambi i genitori normopeso. Analizzando il fenomeno in relazione ad altre informazioni del contesto familiare, si osserva che tendono a essere maggiormente in sovrappeso o obesi i bambini e ragazzi che vivono in famiglie con risorse economiche scarse o insufficienti, ma soprattutto in quelle in cui il livello di istruzione dei genitori è più basso. La quota di bambini in eccesso di peso è infatti pari al 19% tra quanti vivono in famiglie con genitori laureati ma raggiunge il 30,1% se i genitori non sono andati oltre la scuola dell’obbligo.
Integrazione sul campo
Firmato il protocollo d’intesa tra Figc e Comitato Italiano Paralimpico. La Federazione Italiana Giuoco Calcio ha creato una Divisione ad hoc, che organizzerà attività calcistiche sperimentali rivolte a persone con disabilità fisiche, psichiche e sensoriali.
“È un processo che parte da lontano – commenta il presidente della FIGC Gabriele Gravina – dalla sensibilità che si è via via sviluppata in seno alla Federcalcio, dall’attività svolta con le Leghe negli ultimi anni e dalla disponibilità dimostrata dal presidente Pancalli. Grazie alla convenzione firmata nel 2017 con il CSI è stato avviato il torneo ‘Quarta Categoria’ per gli atleti con difficoltà cognitivo-relazionali, e l’esperienza positiva che ne è maturata ci ha convinti di questo passaggio ulteriore, definendo con il CIP un quadro di collaborazione diretto e ancora più ampio. Il calcio è uno e il mondo della disabilità ne deve far parte con la stessa dignità: il nostro è un messaggio chiaro che da oggi trova un riscontro anche in termini ufficiali”.
“L’obiettivo di questo Protocollo – sottolinea il presidente del CIP Luca Pancalli – è quello di riunire la grande famiglia del calcio italiano che, grazie al lavoro svolto sino ad ora dalle Federazioni Paralimpiche e dagli Enti di Promozione, può vantare numerose realtà in tutto il territorio nazionale e migliaia di atleti con disabilità. Il calcio resta una delle grandi passioni popolari del nostro Paese. La bellezza di questo sport è anche nel saper arrivare con facilità al cuore delle persone, come le storie dei nostri campioni. Oggi stiamo compiendo il primo passo di una piccola rivoluzione che ci auguriamo possa far crescere ulteriormente il movimento paralimpico e tutto lo sport italiano”.
Le regole del gioco
Hanno insultato e aggredito un arbitro e trasformato un incontro di calcio in una rissa da bar. Ora toccherà a loro imparare e far rispettare le regole che hanno ignorato: è l’ordine del Tribunale dei minori di Reggio Calabria, che ha condannato quattro ragazzi fra i 16 e 17 anni a frequentare un corso per diventare arbitri, al termine del quale dovranno “prestare servizio” nel campionato degli oratori.
Così ha deciso il giudice Paolo Ramondino, “affidando” i ragazzi alla sezione locale del Csi (Centro sportivo italiano), ente con radici negli oratori e oggi diffuso nelle “periferie sociali” di tutta Italia, che organizza il corso per giovani arbitri “Liberi di fischiare per gli altri”. “Questa esperienza può essere un itinerario di cambiamento, legalità e partecipazione sociale per ragazzi che in passato hanno commesso degli errori – dice il magistrato – Chi ieri ha aggredito l’arbitro, oggi inizia un percorso per diventare direttore di gara ed arbitrare nei campionati giovanili Csi. Una grande sfida, un percorso unico e rivoluzionario nel panorama nazionale”. Una responsabilità non da poco per la sezione locale del Csi, ma che non spaventa i volontari. Del resto, a Reggio Calabria da tempo lavorano nei quartieri più complicati, dove emarginazione e ghettizzazione forgiano eserciti di manovalanza per i clan. “Abbiamo fatto una scelta di campo. – dice il presidente provinciale, Paolo Cicciù – Auspichiamo che la pratica sportiva sia da stimolo per avviare una stagione di cambiamento in ognuno”
Tutti per uno
Parte il progetto per sensibilizzare sull’inclusione di bambini e ragazzi con disabilità attraverso gioco e sport. Il servizio di Elena Fiorani. (sonoro)
In primavera, l’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza ha pubblicato il report “Il diritto al gioco e allo sport dei bambini e dei ragazzi con disabilità”, realizzato con ANCI su un campione di 173 Comuni, in cui i ragazzini italiani raccontano di aver mai giocato con un coetaneo con disabilità. Il progetto nazionale dell’Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare, “A scuola di inclusione: giocando si impara” prevede il coinvolgimento di 17 comuni e degli studenti di 17
scuole italiane al fine di sensibilizzare le istituzioni sul tema dell’inclusione attraverso il gioco. In una prima fase il progetto verrà presentato a livello locale poi verranno realizzate attività negli
istituti scolastici e successivamente verranno individuate 17 aree verdi e parchi da riqualificare con l’installazione di giochi accessibili ai bambini con disabilità.
Dai dilettanti alla Serie A
È il sogno di tanti ragazzi ed era anche quello di Ndiaye Maissa Codou che per realizzarlo ha raggiunto l’Europa con un barcone. Da una settimana è ufficialmente un giocatore della A. S. Roma. Senegalese, classe 2002, il giovane difensore centrale era approdato nel 2018 all’Afro-Napoli United, ed ora è arrivata la tessera della squadra giallorossa.
Era partito l’anno scorso dal Senegal, ed era arrivato in Italia col barcone. Il suo grande sogno era quello di giocare a calcio. E ci era riuscito grazie all’Afro Napoli United, una cooperativa sportiva dilettantistica sociale nata per la promozione dell’integrazione sociale attraverso lo sport. Nell’Afro-Napoli United si era subito fatto notare per le sue formidabili doti atletiche ed aveva attirato l’attenzione di numerosi club professionistici. E ora arriva la tessera dell’As Roma. Il DS Varriale della Roma: ”La burocrazia sportiva gli ha impedito di giocare per diversi mesi, ma noi abbiamo fatto di tutto per tesserarlo e consentirgli il trasferimento alla Roma”.
Storia simile a quella di Mamadou Coulibaly, arrivato due anni fa dal Senegal con un barcone e poi tesserato dal Pescara
Assist d’integrazione
Il Tar salva il sogno dei figli degli immigrati della Tam Tam Basket. La Federazione aveva detto no alla squadra under 16 di Castel Volturno. Da qui il ricorso d’urgenza accolto dal tribunale amministrativo che si esprimerà il 5 novembre. L’appello del fondatore della società: “Non neghiamo lo sport a questi futuri italiani”.
This is not cricket
Alla 14esima Festa del Cinema di Roma c’è spazio anche per lo sport inteso come strumento di integrazione, grazie alla storia di Fernando e Shince. Uno italiano e l’altro romano ma di origine indiana che, nonostante le lontananze, crescono insieme dopo un’amicizia nata su un campo sportivo.
This is not cricket è il documentario scritto e diretto da Jacopo de Bertoldi – prodotto da Francesco Virga per Mir Cinematografica con Rai Cinema -presentato alla 14ma Festa del Cinema di Roma, come evento speciale di Panorama Italia nell’ambito di Alice nella Città. Il film segue la vita dei suoi due protagonisti, il loro percorso di crescita, tra cadute e piccole vittorie, tra Roma e India, dentro e fuori dal campo, impariamo a conoscere questi due ragazzi che fanno parte di una squadra in cui ci sono loro coetanei, immigrati, di prima e seconda generazione. I due amici amano il cricket e vivono del/nel loro sogno, dovranno affrontare vari problemi, vivono in una società in cui integrazione, pregiudizi e differenze rappresentano un campo in cui scontrarsi e confrontarsi, su cui dialogare. Shince e Fernando si scelgono e si capiscono, rappresentano un futuro a cui aspirare, quello di un mondo aperto che si evolve ed è in continuo mutamento. Il regista racconta di essere rimasto folgorato da quell’infinitesimale punto del mondo (il campo da cricket) in cui la multiculturalità e il dialogo esistono, dai due giovani, uniti da un rapporto speciale che rompe barriere, costruendo al loro posto ponti, e ha scoperto questa piccola grande storia proprio mentre in Italia stava scoppiando la questione migratoria e le destre stavano iniziando costruire una propaganda bieca e crudele.
Non è dunque solo cricket è anche la narrazione del graduale passaggio dall’adolescenza all’età adulta – Rimanere a Roma o tornare in India? Fare un lavoro serio o continuare a sognare con lo sport prediletto? -, momento in cui si cresce – all’inizio del film lo spettatore può vedere delle immagini dei due protagonisti bambini e poi li vede parlare di donne, d’amore, di “urgenze” (il lavoro, il futuro da costruirsi, anche se vuol dire tornare a casa) – e si prendono le proprie responsabilità ma forse mai venendo meno ai propri sogni.
Tra Roma e l’India, tra il romano e l’indiano, tra colpi di cricket e scontri con una società a volte matrigna il film di de Bertoldi mostra le giornate di un gruppo di giovani che potremmo essere noi, potrebbero essere i nostri figli, i ragazzi che incontriamo per strada e lo sport diventa metafora della vita stessa di questi giovani. Come nel cricket così i componenti della squadra si sono spostati da una casa base ad un’altra che diventa un ulteriore casa base da cui “partire” per arrivare ad un’altra meta; è un continuo fluire questo che tocca indiscriminatamente ogni essere umano a vari livelli e in vari momenti della propria esistenza. This is not cricket è una pagina reale, che grazie all’occhio intelligente del regista, alla sua sensibilità narrativa rende ogni cosa spontanea, immediata come se lo spettatore si trovasse davanti allo scorrere della vita di Fernando e Shince senza costruzioni forzate né direttive. I giovani non recitano, sono, non interpretano storie ma vivono la loro vita.