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Sport stupefacente


football-689262_960_720È il progetto promosso dal Centro Sportivo Italiano con il supporto della Fict, che coinvolgerà otto istituti scolastici superiori e mille ragazzi, al fianco di capitani molto speciali, che provengono dalla Comunità terapeutica del Ce.Re.So. Si giocherà a calcio e si proverà a discutere con i giovani del tema delle droghe.

 

6 ragazzi su 10, nelle scuole, fanno uso di droghe leggere. I dati, allarmanti, sono stati diffusi nel corso della conferenza stampa di presentazione del progetto socio-sportivo #SportStupefacente, promosso dal Centro Sportivo Italiano (CSI) e patrocinato dal Ministero della Salute e dal Ministero del Welfare, con il supporto della Presidenza Nazionale della Federazione Italiana Comunità Terapeutiche (FICT).
Un progetto-pilota per l’intero sistema scolastico nazionale, la cui cabina di regia è a Reggio Calabria; un’iniziativa rivolta agli studenti degli istituti superiori colta da ben 8 realtà del territorio provinciale reggino. Da Locri a Cinquefrondi, non solo si scenderà in campo, fronteggiandosi in un campionato studentesco, ma si proverà a discutere con i ragazzi del tema delle droghe, grazie alla sensibilità del Provveditorato degli Studi e della Consulta Provinciale degli Studenti, e con la collaborazione di “testimonial”-capitani singolari. Saranno, infatti, gli utenti della Comunità Terapeutica del Ce.Re.So. a condividere la loro esperienza negativa, per evidenziare – altresì – tutte le possibilità positive di una vita basata sul divertimento sano, quale lo Sport tra amici. Fondamentale è stato il supporto delle Istituzioni e delle Organizzazioni locali, quali il Dipartimento delle Dipendenze Patologiche dell’ASP di Reggio Calabria, la Presidenza del Consiglio Regionale della Calabria ed il Centro Servizi al Volontariato (CSV) “Dei Due Mari” di Reggio Calabria.
«Una sfida da vincere», ha dichiarato Paolo Cicciù, presidente provinciale e consigliere nazionale del CSI, «perché purtroppo il problema del consumo in età scolare delle droghe sembra essere uscita dall’agenda mediatica. Così non deve essere: questa può rappresentare una “bomba” sociale, da disinnescare con tutti gli strumenti a nostra disposizione. Lo Sport azzarderei dire che può avere un impatto, addirittura, terapeutico per ripristinare una scala di valori, fatti di sacrifici e passione, che spesso il “divertimento” facile porta a dimenticare ».
Il progetto, che nella fase operativa è iniziato da poche settimane, è stato presentato alla Sala “Federica Monteleone”. I lavori, moderati da Paolo Cicciù, hanno visto i saluti istituzionali inviati dal Presidente del Consiglio Regionale, Nicola Irto, impossibilitato ad essere presente, nonché gli autorevoli interventi del Presidente nazionale della FICT, Luciano Squillaci, della Direttrice del Dipartimento delle Dipendenze dell’ASP di Reggio Calabria, Caterina De Stefano, e del Presidente del CSV “Dei Due Mari”, Giuseppe Bognoni. Hanno proposto il loro punti di vista sul tema e sul progetto anche i rappresentanti della Consulta Provinciale degli Studenti.
«Credo sia rivoluzionario immaginare che delle vite segnate dalla droga», spiega Cicciù, «possano essere degli esempi per i nostri giovani. Ma secondo noi è un modo per indicare la strada maestra. Non è con una canna che raddrizzi le tue giornate, anzi. L’invito che facciamo ai nostri giovani è di “farsi” di Sport e non rifuggire in altri “sballi” che illudono e poi desertificano».

Futebol: um sonho sem fronteiras


calcio234È il progetto della Regione che ha portato in Umbria due ragazzi dalla favela brasiliana di Santa Marta per allenarsi con i giocatori delle due squadre di calcio di Serie B umbre, Perugia e Ternana. I giovani sono stati scelti in base ai risultati di studio e sportivi.

 

“Oggi vediamo con soddisfazione concretizzarsi un progetto a cui come Regione abbiamo fortemente creduto e che ha portato in Umbria due ragazzi dalla Favela brasiliana di Santa Marta per visitare la nostra regione e per allenarsi con i giocatori delle due squadre di calcio di Serie B dell’Umbria, Perugia e Ternana”: ha detto il vicepresidente della Regione Umbria con delega allo sport, Fabio Paparelli, presentando l’iniziativa di cooperazione internazionale allo sviluppo tra Umbria e Brasile, “Futebol: um sonho sem fronteiras”, rivolta ai giovani della Favela di Santa Marta di Rio de Janeiro. “L’idea di questo progetto in favore dei ragazzi di Santa Marta, dove da anni la Regione Umbria è impegnata in un serie di attività di cooperazione – ha spiegato il vicepresidente Paparelli – è nata durante la partecipazione della Regione Umbria al progetto di Brasil Proximo di Rio de Janeiro, ultimo e più importante programma di collaborazione delle Regioni Italiani con il Governo brasiliano che ha visto la Regione Umbria capofila di partenariti territoriali italo-brasiliani in materia di sviluppo economco locale, pmi, cooperativismo, economia della cultura e politiche sociali. Un importante programma, cofinanziato dal Ministero Affari Esteri italiano, realizzato da Sviluppumbria e che ha coinvolto 5 regioni italiane (con l’Umbria in qualità di capofila, oltre alle Marche, alla Liguria, la Toscana e l’Emilia Romagna) impegnate per lo sviluppo locale integrato del Brasile”.
“Grazie a Brasil Proximo – ha aggiunto Paparelli – siamo riusciti a costruire una rete di dialogo e collaborazione internazionale che ci ha permesso, tra le altre cose realizzate, anche di realizzare il progetto grazie al quale abbiamo invitato in Umbria i due ragazzi della favela che avevamo visitato in precedenti occasioni”. “I ragazzi sono stati scelti dall’Istituto Brasileiro de Anàlises Sociais e Econòmicas in base ai risultati conseguiti negli studi e nel calcio e a loro stiamo offrendo una sorta di viaggio premio incentrato su uno sport popolarissimo tra i ragazzi brasiliani e italiani. Ovviamente, oltre ad allenarsi con le due principali squadre di calcio della nostra regione, fino al 17 aprile visiteranno l’Umbria”.
Concludendo, il vicepresidente Paparelli ha riferito che, “grazie anche alle collaborazioni attivate con i diversi soggetti che hanno aderito all’iniziativa, tra cui l’Adisu, i giovani ospiti che hanno già soggiornato una settimana a Perugia, si trasferiranno per la seconda parte della loro permanenza, a Terni. Questa iniziativa, che speriamo di poter ripetere anche nei prossimi anni, testimonia come lo sport sia realmente un fattore di crescita, di incontro multiculturale, di scambio, di promozione della persona e di inclusione sociale, come più volte peraltro ricordato anche dall’Onu, dall’Unione europea e dal Comitato internazionale olimpico.
Ithamar Silva, dopo aver ricordato che Edson dos Santos Felipe ha 17 anni, frequenta il primo anno della scuola superiore pubblica (alla quale in Brasile si accede dopo 9 anni di scuola primaria) e Thales Augusto Montes, 15 anni, frequenta l’ultimo anno di scuola primaria privata alla quale ha potuto accedere con una borsa di studio per i suoi meriti scolastici, ha riferito che “i due giovani sono coinvolti in molte attività che per favorire l’inclusione sociale dei ragazzi della Favela di Santa Marta e sono stati individuati perché hanno una vera passione per il calcio e perché frequentano la scuola con profitto e impegno. Dal canto loro i due giovani brasiliani hanno manifestato gioia e molto entusiasmo per l’esperienza che stanno vivendo che hanno definito “bella e impegnativa e che ha permesso loro di conoscere un mondo nuovo e nuove persone, divertendosi tanto”.

Il viaggio di Mila


mila-brolloDal Friuli a Lampedusa in bici, 2 mila chilometri per parlare di disagio psichiatrico, incontrando utenti e familiari. È l’impresa di una donna di 59 anni, diabetica, operatrice della riabilitazione. In due mesi, oltre a pedalare, parlerà di disagio psichiatrico, incontrando utenti e familiari.

 

“Passo e porto un’esperienza”. Mila Brollo risponde così quando le si chiede chi sta incontrando nelle tappe del suo viaggio attraverso l’Italia. Friulana, 59 anni, diabetica, Mila Brollo è partita da Gemona del Friuli, il suo paese, lo scorso primo aprile e punta ad arrivare entro due mesi a Lampedusa in sella alla sua bicicletta, una FuturE bike realizzata da tre imprenditori torinesi impegnati da anni nel settore delle energie alternative che hanno deciso di accompagnarla in questo viaggio.“Sono partita per un problema di salute, per rimettermi in sesto, perché pedalare aiuta – racconta – ma poi ho pensato di utilizzare questo viaggio per dare risonanza ad alcuni temi che mi stanno a cuore”. Così ha coinvolto i media e ha imparato a usare i social, “cosa non semplice alla mia età”, per raccontare questo viaggio. Mila di mestiere fa l’operatrice della salute mentale e ha pensato che questa era un’ottima occasione per sensibilizzare su un tema, “di cui si parla troppo poco”. Poi c’è il tema dell’ecosostenibilità, della bicicletta come riabilitazione. Lo ha scritto anche suo blog Biciterapia, “la bicicletta fa il mio stesso mestiere, riabilita”. E ancora l’idea di parlare di cose serie in modo positivo, trasversale, per colpire l’immaginario. Proprio come questo viaggio. “Viaggio da sola, con un piccolo bagaglio e una borsa con le attrezzature per fare i controlli sul diabete e mandare i dati alle due università che mi seguono per la loro ricerca”. Durante il viaggio, infatti, Mila sarà monitorata da uno staff medico dell’Università di Trieste e da un ricercatore dell’Università di Pisa. Nella sua ‘impresa’ è sostenuta da Fareassieme.fvg, associazione composta da utenti, familiari, operatori della salute mentale e fa parte del movimento nazionale di Parole ritrovate. Il viaggio è patrocinato dalla Fiab, la Federazione italiana amici della bicicletta, In quattro giorni Mila ha percorso 330 chilometri, poco più di 80 al giorno, “ma dopo Bologna dovrò rallentare – dice – perché iniziano gli Appennini”.
Mila Brollo. Nei posti in cui si ferma Mila Brollo fa incontri con utenti dei servizi di salute mentale, i loro famigliari, gli operatori, “io passo e se c’è qualcuno che vuole parlare, mi può chiamare”. L’arrivo nel bolognese è previsto l’8 aprile, a Crevalcore, paese seriamente danneggiato dal terremoto del 2012, dove incontrerà il sindaco Claudio Broglia. “Quest’anno è il quarantennale del terremoto del Friuli, avvenuto il 6 maggio 1976 – racconta – La mia vita e quella del mio paese, che è stato raso al suolo, sono state sconvolte quel giorno. Per questo ho deciso di incontrare altre realtà terremotate, per portare la testimonianza che la ricostruzione si può fare, in Friuli c’è stata”. A Bologna Mila Brollo arriverà il 9 aprile grazie a Roberto Morgantini, di cui è amica e con cui ha collaborato per le Cucine popolari (i 603 mattoncini donati come bomboniera agli invitati al matrimonio di Morgantini sono stati realizzati da 40 ragazzi del centro di salute mentale di Gemona, in cui lavora Mila) e anche all’iniziativa dei Cartoneros. “Grazie a Roberto, il 9 a Bologna incontrerò il Comune, il dipartimento di salute mentale, le associazioni”. Gli appuntamenti successivi sono previsti a Prato l’11 aprile e a Roma dal 26 al 28. Il punto finale del viaggio è l’isola di Lampedusa, una scelta non casuale, dove è previsto un incontro con il mondo allargato della salute mentale, utenti, familiari, operatori, amici. “Nella salute mentale abbiamo lavorato tanto per aprire le porte da Basaglia in poi e adesso non siamo capaci di aprire altre porte – dice – e poi in psichiatria si dice che non basta aprire la porta ma bisogna andare incontro. Ecco io sto andando incontro”. L’idea di arrivare a Lampedusa è arrivata vedendo cosa accade in Friuli, realtà di transito dei rifugiati. “Non poteva stare lì senza fare niente – conclude – Il mio viaggio è niente in confronto a quello che hanno fatto queste persone, la mia fatica la dedico a loro”. (lp)

“Roads to Olympia”


starter-1439468È il film che uscirà all’inizio dei Giochi Olimpici di Rio. Protagonisti tre atleti di Arabia Saudita, Brasile e Russia che con passione e sacrificio vinceranno la sfida contro omofobia e discriminazioni sociali. I produttori stanno finendo di girarlo grazie ai fondi raccolti con un progetto di crowdfunding.

 

Muna ha solo un sogno oltre il calcio: guadagnarsi l’approvazione e il rispetto di suo padre. Ma nella società in cui vive, quella maschilista e conservatrice dell’Arabia Saudita, ciò sembra impossibile. Eppure fino a pochi anni fa sembrava anche impossibile che le donne saudite partecipassero ai Giochi Olimpici, l’evento sportivo per eccellenza. Invece alle Olimpiadi di Londra del 2012 hanno conquistato la scena atlete come Sarah Attar (nella foto in apertura) e Wojdan Shaherkani. Le due giovani ginnaste dell’Arabia Saudita hanno ricevuto standing ovation per il loro coraggio di eccellere ma soprattutto per la tenacia nel perseguire un sogno (diventare delle sportive riconosciute) che fino ad allora il loro Paese, islamico e tradizionalista come lo sono tra gli altri Qatar e Brunei, aveva negato a tutte le donne.
Quella di Muna è la storia di tante altre donne (saudite e non) determinate e coraggiose, che combattono per i loro sogni, i loro diritti e contro gli stereotipi socio-culturali. In Arabia Saudita, infatti, la cultura dello sport femminile non solo è molto poco diffusa, ma oltretutto vi sono discipline come il calcio considerate addirittura indecenti per una donna.
Anche le storie di Manuel e Roman sono testimonianze della discriminazione sociale ma, al contempo, incarnano la forza di abbattere muri di pregiudizi. Manuel è un wrestler brasiliano che cerca nello sport quell’opportunità di riscatto negata dalle sua vita disagiata e dal suo passato turbolento. Roman è un cittadino russo omosessuale, in eterno conflitto con un padre (e politico) a favore delle leggi anti-gay. Il suo sogno è partecipare alla gara di decathlon delle prossime Olimpiadi ed emergere così da una vita consumata nel silenzio e nell’anonimato.
Insieme a Muna, Manuel e Roman sono i protagonisti del film Roads to Olympia, una pellicola assolutamente promettente che uscirà in occasione dei Giochi di Rio de Janeiro, in programma dal 5 al 21 agosto. I creatori di Roads to Olympia collaborano con ONG che si occupano di diritti LGBT, disparità economiche, parità di genere e pari opportunità. Il vero protagonista del film è la solitudine individuale di fronte alle sfide e alle ingiustizie della vita. Anche per questo la sua realizzazione sta avvenendo tramite un crowdfounding. “Si tratta di un modo per sensibilizzare il pubblico a tematiche scomode che vanno contrastate insieme”, spiega la coproduttrice Katherine Randel.
Girato tra New York, Amman e Rio (in Russia e Arabia Saudita ci sarebbero state pressioni e censure visti i temi delicati trattati, dall’omofobia e alla difesa dei diritti delle donne), il film uscirà in concomitanza con l’apertura dei Giochi.
In Brasile la vigilia della manifestazione è sempre più agitata. Dalla criminalità di strada alla sicurezza pubblica, dall’inquinamento alla crisi energetica, dall’instabilità politica che sta mettendo a serio rischio la tenuta del governo del presidente Dilma Rousseff alle tensioni sociali, sono molti i problemi che stanno contraddistinguendo il percorso di avvicinamento a questi Giochi, nonostante la splendida cornice brasiliana in cui si svolgeranno.
I riflettori del mondo sono tutti puntati su Rio e, anche grazie all’uscita di Roads to Olympia, un grande evento sportivo come le Olimpiadi sarà l’occasione per affrontare tematiche di cui ancora oggi si continua a parlare poco: l’intolleranza, l’omofobia, le discriminazioni sessuali e sociali nei confronti di chi, a torto, continua a essere considerato diverso.

Salute in movimento


L’Uisp ha presentato a Roma l’edizione italiana della “Strategia sull’attività fisica per la Regione Europa 2016-2025 dell’Organizzazione Mondiale della Sanità”. L’attività motoria è al centro delle strategie per la tutela e prevenzione della salute dei cittadini. Sentiamo il commento della ministra della salute Beatrice Lorenzin. (sonoro)

Premio Bearzot


Claudio Ranieri ha vinto la sesta edizione del riconoscimento che premia il miglior allenatore italiano dell’anno, promosso dall’Unione sportiva Acli col patrocinio della Figc. La cerimonia di premiazione si svolgerà lunedì 9 maggio alle ore 12 presso il Salone d’Onore del Coni. Sentiamo Marco Galdiolo, presidente UsAcli. (sonoro)

Mamanet


mamanetPresentata oggi a Forlì la versione del cachibol, misto tra pallavolo e palla rilanciata, riservato alle sole mamme, per creare comunità tra le giocatrici e le loro famiglie. Si tratta della più grande organizzazione di sport sociale della città romagnola.

Una nuova disciplina sportiva a Forlì: mercoledì, alle 18, nella sede dell’Aics di Forlì-Cesena, sarà presentato il “mamanet”, lo sport del cachibol (un misto tra pallavolo e palla rilanciata) riservato alle sole mamme, che va oltre il gioco, crea comunità tra le giocatrici e le loro famiglie, è un’attività fisica ed un programma sportivo che può cambiare il ruolo della donna nello sport e nella società. Si tratta della più grande organizzazione di sport sociale creata da mamme per le mamme il cui impatto si ripercuote sull’intera famiglia proponendo uno stile di vita sano ed attivo.

Questo movimento è nato in Israele ed è sostenuto dallo Csit, un network internazionale di  associazioni che fanno sport amatoriale, lo Csit fa parte del Comitato Olimpico Internazionale. In Israele ci sono più di 8000 mamme che lo giocano e l’Aics vuole portare lo sport del Mamanet e soprattutto la sua filosofia in Italia. Permette a tutte le mamme, anche chi non ha mai praticato sport, di fare un gioco di squadra, trovarsi insieme ad altre madri, divertirsi ed aiutarsi.

In occasione dell’incontro sarà presentato il progetto di un torneo tra squadre formate dalle mamme (insegnanti, genitori, personale Ata) delle varie Scuole primarie e dell’infanzia della città, che si svolgerà sabato 7 maggio (festa della mamma) al Ginnasio Sportivo, dalle 16 alle 18 con premi in buoni acquisti per materiale didattico a tutte le scuole partecipanti.

She fighter


taekwondoÈ il primo centro di arti marziali per donne in Giordania, aperto da Lina Khalifeh, cintura nera di taekwondo che ha iniziato nel 2010 con corsi di autodifesa alle amiche nella cantina della casa dei genitori. Il passaparola ha fatto il resto e due anni dopo insegna in un centro sportivo a nord di Amman.

 

La cintura nera di taekwondo Lina Khalifeh ha iniziato a fare corsi di autodifesa alle amiche giordane nella cantina della casa dei genitori nel 2010, dopo che una di loro le aveva confidato che il padre e il fratello la picchiavano. Il passa-parola ha fatto il resto e due anni dopo Khalifeh ha aperto “She Fighter”, primo centro di arti marziali per donne in Giordania.
Nel centro sportivo a nord di Amman, le sue giovani allieve si allenano tirando pugni e seguendo le istruzioni della loro coach dai capelli corti e appena 31enne. “Il mio obiettivo è dare potere alle donne e renderle sicure di sé e capaci di difendersi”, ha spiegato l’atleta, che ha vinto una medaglia d’oro ai Campionati asiatici junior nel 2003.
“Le molestie sessuali esistono in tutto il mondo. Magari non sono così pesanti come in Giordania e in Egitto, per esempio, ma esistono. Qui, ci sono soprattutto sui mezzi pubblici e in alcuni quartieri di Amman”, ha aggiunto Khalifeh, che ad oggi ha addestrato circa 14.000 donne e ragazze tra i 4 e i 75 anni, tra cui anche profughe siriane e lavoratrici domestiche straniere grazie alla collaborazione di alcune ong.
Nel maggio 2015 è stata invitata alla Casa Bianca a Washington in quanto rappresentante di una schiera di giovani imprenditrici provenienti da tutto il mondo. “Vogliamo dare potere a leader di cambiamento sociale come la giordana Lina Khalifeh”, ha dichiarato il presidente americano Barack Obama nel suo intervento.

Accoglienza sul parquet


aldiladeimuriIl basket italiano è sceso in campo per i migranti. Nella giornata di ieri molte squadre del campionato di A1 e A2 hanno realizzato diverse iniziative per promuovere la campagna “Al di là dei muri”, promossa dal Cir in favore dei richiedenti asilo, rifugiati e vittime di tortura.

Vivicittà… pronti, via!


vivicitta16Domenica scatterà la manifestazione podistica organizzata dall’Uisp: si parte alle 10.30 da Lampedusa, con un messaggio di accoglienza e solidarietà che unirà contemporaneamente 43 città italiane e 11 all’estero. Tra i temi portanti c’è quello della sostenibilità ambientale. Santino Cannavò, responsabile ambiente Uisp. (sonoro)