CHI FINANZIA L’INNOVAZIONE SOCIALE?

di Giovanna Carnevale

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social-innovation-600x270Con la crisi dei sistemi di welfare tradizionali e il progressivo svincolarsi dello Stato dal ruolo di principale fornitore di risposte ai bisogni della società, l’innovazione sociale avviene, da anni, sempre di più per mano di attori non pubblici.
Associazioni, organizzazioni, gruppi di cittadini diventano infatti fondamentali nell’interpretare i cambiamenti socio-economici e culturali del nostro Paese e nel proporre soluzioni ai problemi sociali. L’innovazione sociale consiste proprio in questo: nel realizzare pratiche e prodotti che incontrano le esigenze della società, ma ponendo l’accento su nuove modalità di interazione tra gli attori economici e sociali e sullo sviluppo di soluzioni tecnologiche alternative.
Se da una parte, però, l’attore pubblico arretra nel campo dell’attuazione delle iniziative di innovazione sociale, dall’altra la sua posizione rimane forte per quanto riguarda i finanziamenti. In base al Secondo Rapporto sull’Innovazione Sociale elaborato dal Ceriis (Centro di ricerche internazionali sull’innovazione sociale), infatti, gli attori pubblici (Ministeri, Province, Comuni e Regioni) sono stati negli ultimi due anni i primi investitori in questo settore.
Il rapporto, realizzato con il sostegno dell’Università Luiss Guido Carli e della Fondazione ItaliaCamp, prende in esame, negli anni 2014 e 2015, un totale di 33 bandi per iniziative di innovazione sociale. L’insieme dei fondi stanziati ammonta a oltre 39 milioni di euro (quasi 19 milioni del 2014 e 20 milioni nell’anno successivo). Ne risulta che il 47% dei bandi è stato stanziato da attori pubblici, il 29% da fondazioni e il 24% da attori privati.
Se però si considera l’effettivo ammontare dei finanziamenti suddivisi per le tre categorie di attori, emerge che oltre la metà dei finanziamenti (il 57%) è stato erogato dalle fondazioni, il 38% dal pubblico e solo il 5% da soggetti privati.
“In questo senso”, si legge nel rapporto, “i dati mostrano che, almeno in una prima fase, l’attore pubblico svolge ancora un ruolo primario, con la differenza che assume il ruolo di finanziatore e non più di attuatore. La distinzione tra finanziatore e attuatore serve a raggiungere una maggiore efficienza economica da parte delle organizzazioni che effettivamente erogano prodotti o servizi”.
Il rapporto del Ceriis mostra anche quali sono stati i principali ambiti di intervento. Più della metà dei bandi (65%) è stata dedicata al finanziamento di nuove imprese (start-up), mentre il 24% è stata rivolta a progetti che richiedono fondi per la crescita dell’iniziativa. La ricerca rappresenta solo l’1%.
I dati, inoltre, rilevano come l’assistenza sanitaria sia il settore maggiormente finanziato, seguito subito dopo dai servizi di welfare e dalla smart technology. In coda rimangono i progetti di sharing economy, sostenibilità ambientale, co-working e agricoltura.
In generale, l’innovazione sociale in Italia si caratterizza ancora come un fenomeno non omogeneo, che risente della mancanza di una politica organica. Sebbene il governo nazionale e le amministrazioni locali rappresentino importanti finanziatori, essi non svolgono ruoli particolarmente innovativi e, al contrario, “gli ostacoli normativi e burocratici sono una delle criticità che frenano l’innovazione sociale”. Le organizzazioni no-profit, invece, che costituiscono i principali attuatori dei progetti, sono spesso dotati di “strutture economico-finanziarie intrinsecamente deboli”, con la conseguenza, tra le altre, che molte iniziative hanno difficoltà a raggiungere visibilità presso il largo pubblico.