Cala il sipario sui Giochi olimpici invernali di PyeongChang: il 18 marzo si chiuderanno, infatti, anche le Paralimpiadi, che rimarranno nell’albo dei record per essere stati i giochi paralimpici che hanno venduto più biglietti in assoluto nella loro storia iniziata nel 1960 a Roma con i Giochi estivi. Il n.1 del Cio, Thomas Bach, ha dato appuntamento a Pechino 2022, mentre in Italia iniziava la discussione sulla eventuale candidatura di Torino ai Giochi invernali 2026. Le olimpiadi coreane, cui hanno preso parte quasi tremila atleti di 92 paesi diversi, erano attese per le loro potenzialità come canale diplomatico e in parte hanno sicuramente assolto a questo ruolo, simbolicamente rappresentato dalla stretta di mano tra la sorella del leader della corea del nord e il presidente sudcoreano. Possiamo definirle le Olimpiadi del disgelo? Lo abbiamo chiesto a Cosimo Cito, giornalista de la Repubblica.
Proprio a PyeongChang i presidenti del Cio e del Comitato paralimpico internazionale hanno firmato un accordo a lungo termine: anche nelle prossime edizioni dei Giochi la stessa città e gli stessi impianti ospiteranno prima le Olimpiadi e le Paralimpiadi, per ora la fusione dei due eventi non è in programma. Ma cosa rappresentano i Giochi paralimpici per il sistema sportivo? Si tratta di un modello vincente per la promozione dello sport per tutti o è solo un’omologazione allo sport campionistico? Ecco cosa ne pensa l’atleta paralimpica Laura Coccia.
Le nostre capacità sono più importanti dei nostri limiti e lo sport paralimpico lo dimostra, ma è un paradigma che può valere sempre e per tutti? Sentiamo Vincenzo Falabella, presidente Federazione italiana per il superamento dell’handicap.