Nell’ambito della collaborazione tra Caritas e Casa Circondariale di Cremona, la Cremonese ha donato venti palloni da calcio per l’attività sportiva delle persone detenute. L’iniziativa risponde all’esigenza di incrementare l’attrezzatura sportiva a disposizione del carcere e promuove il rapporto con il territorio.
I palloni della Cremonese arrivano in carcere. Nell’ambito della collaborazione tra Caritas cremonese e Casa Circondariale di Cremona, U.S. Cremonese ha generosamente donato venti palloni da calcio tra i quali quelli della massima serie per l’attività sportiva delle persone detenute. Un’iniziativa che risponde all’esigenza di incrementare l’attrezzatura sportiva a disposizione del carcere e che continua la promozione del rapporto tra la Casa circondariale e il territorio.
“Da parecchi anni – è la dichiarazione di don Pier Codazzi, Direttore di Caritas cremonese – manteniamo una preziosa presenza in carcere, nell’attenzione, silenziosa ma costante, alla relazione con e per i detenuti, soprattutto nei confronti di chi è privo di una rete familiare. Questo si traduce nel fornire vestiario e piccoli contributi per i bisogni primari, come anche opportunità animative e sportive, realizzate con finalità educative. Recentemente ci sono stati chiesti palloni per poter giocare a calcio. Non è un bene superfluo, ma spesso è uno dei modi per passare in modo costruttivo una parte del tempo. Questo bisogno ha incontrato l’immediata disponibilità dell’U.S. Cremonese che ringraziamo: non solo ha donato i palloni per ogni sezione, ma ha deciso di giocare insieme, giovani calciatori con giovani detenuti, valorizzando la funzione sociale e inclusiva dello sport”.
“Desidero esprimere un sincero ringraziamento alla U.S. Cremonese, ai suoi dirigenti, allo staff e a tutti i giocatori che sono intervenuti qui – sono le parole della direttrice Giulia Antonicelli – Un vivo ringraziamento anche alla Caritas cremonese per la sua fondamentale collaborazione. Voglio ringraziare, infine, anche tutto il personale dell’Istituto che ha contribuito, con impegno e dedizione, alla buona riuscita dell’evento. Si tratta, per l’Istituto cremonese, di un segno concreto di attenzione e di sensibilità da parte dell’esterno, in particolare ad opera di una società sportiva che, pur militando attualmente in Serie A, ha voluto comunque dedicare tempo, presenza e risorse alla popolazione detenuta, dando luogo non soltanto ad un prezioso momento di incontro, ma anche ad una significativa occasione di apertura verso una realtà che risulta fisiologicamente chiusa. Ringrazio la Cremonese per averci generosamente donato venti palloni da calcio per l’attività sportiva delle persone detenute. Questa iniziativa risponde all’esigenza di incrementare l’attrezzatura sportiva a disposizione dell’Istituto Penitenziario e di consentire ai detenuti di dedicarsi all’attività sportiva. Un vivo ringraziamento, però, desidero esprimerlo anche in ragione della risorsa fondamentale del tempo e della presenza. Lo sport è veicolo e promotore di valori autentici ed universali quali il rispetto, l’inclusione e la solidarietà. La presenza di una realtà sportiva così importante all’interno della Casa Circondariale contribuisce a diffondere un messaggio di fiducia, di vicinanza e di possibilità di riscatto. Il calcio, infatti, come ogni disciplina sportiva, costituisce uno strumento educativo di grande valore, in quanto consente di insegnare e diffondere la cultura del rispetto delle regole, della disciplina, della capacità di stare in gruppo e di lavorare in squadra, riconoscendo il ruolo e il contributo di ciascuno. Lo sport favorisce la crescita personale, sviluppa lo spirito di sacrificio e di collaborazione e contribuisce al benessere psico-fisico di quanti vi prendono parte”.
“Lo sport è uno dei migliori strumenti di socializzazione – ha dichiarato il Direttore Generale di U.S. Cremonese Paolo Armenia – ha il potere di insegnare valori imprescindibili quali: il rispetto, la cooperazione e il saper stare in comunità. Auspichiamo che questa donazione diventi la scintilla per percorsi di riscatto stabili e costruttivi che aprano le porte a una nuova vita nella società”.
Al termine della consegna dei palloni, una squadra di detenuti ha disputato una partita con la squadra Primavera della US Cremonese sul campo all’interno del carcere. Un’occasione speciale che rientra nel percorso in atto tra Caritas cremonese e Casa Circondariale di Cremona, che ha lo scopo di promuovere la persona umana, favorire percorsi di riscatto, inclusione sociale e inserimento lavorativo, lavorare in rete con tutte le realtà che operano all’interno del carcere e sensibilizzare sul tema della giustizia.
Sportwashing in Arabia: dallo stadio al campo da tennis, la denuncia di Amnesty
Mentre si stanno svolgendo le Finals del circuito femminile di tennis a Riad, Amnesty denuncia le politiche arabe iniziate con il calcio e proseguite comprando altri sport popolari per rafforzare l’opera di sportwashing, fino al punto che ormai stiamo normalizzando tutto questo.
Aryna Sabalenka apre con un sorriso le Finals di Riad, simbolo di un tennis che sembra aver dimenticato ogni scrupolo etico. L’Arabia Saudita, accusata di gravi violazioni dei diritti umani, ospita ora le migliori otto giocatrici del mondo, attratte da un montepremi record. Anche l’Atp ha siglato un accordo con il Fondo sovrano saudita per un Masters 1000 dal 2028. Dirigenti e atleti lodano i “progressi sportivi”, mentre Amnesty denuncia il silenzio mediatico su questi temi. Lo sport, sedotto dal denaro, sta normalizzando il potere saudita.
Arabia? Sì, proprio l’Arabia Saudita, uno degli Stati in cui la violazione sistematica dei diritti umani è più brutale e dove, nei prossimi giorni, le otto migliori giocatrici dell’anno si affronteranno per conquistare il titolo di “maestra” dell’ultima stagione. Alla vincitrice spetterà un assegno da 2,5 milioni di dollari (1,7 milioni di euro), su un montepremi complessivo di 15,5 milioni (13,4 in euro). Tutto è, dunque, felicità. Nessuna traccia del vecchio sospetto o del timore del giudizio altrui. Con tanto oro sul tavolo, avanti tutta — pensano dirigenti, attori e attrici. Perché no?
«L’anno scorso sono stata in un ristorante giapponese davvero ottimo, e fare shopping lì è fantastico. Non ho giocato molto bene, ma il meglio è stato fuori dal campo», racconta la bielorussa, che non risparmia gli elogi — «è incredibile quello che stanno facendo per lo sport, il progetto è straordinario» — mentre i rapporti di diverse organizzazioni umanitarie insistono sulla realtà crudele: «aumento delle esecuzioni» e «restrizioni dei diritti civili e politici», nonostante l’Unione Europea riconosca «i progressi compiuti in materia di diritti delle donne». Ma al tennis, ormai, sembra non importare più di tanto. La tentazione è stata troppo grande. Alla fine, anche questo sport ha accettato il compromesso. El Pais
Poco più di una settimana fa, l’Atp — l’organismo che governa il circuito maschile — e il Fondo di Investimento Pubblico (Pif) saudita hanno ufficializzato il passo finale: l’inclusione di un Masters 1000 arabo nel calendario a partire dal 2028. Missione compiuta, per entrambe le parti. «L’accordo segna una nuova era per il tennis mondiale e una trasformazione sportiva importante in Arabia Saudita, portando nel paese i nomi più celebri dello sport e offrendo un’esperienza indimenticabile», ha proclamato l’Atp, mentre il suo presidente, l’italiano Andrea Gaudenzi, si è mostrato orgoglioso: «Per noi è motivo di grande soddisfazione ed è il risultato di diversi anni di lavoro. Crediamo che i tifosi e i giocatori saranno entusiasti di ciò che sta arrivando».
Amnesty: “Sta funzionando, stanno comprando tutto e noi non ci scandalizziamo più”
In effetti, l’ostinazione araba per lo sport della racchetta nasce da lontano, considerando la sua natura globale, il potenziale economico e il valore simbolico che proietta. Il tennis, lo sport bianco: purezza, eleganza, universalità. In realtà, una mossa strategica per completare un puzzle di cui fanno già parte calcio, golf e Formula 1, tra le altre discipline, oltre a una buona dose di stelle internazionali. «Sta funzionando», spiegano ad Amnesty International. «Il calcio ha aperto la strada e poi hanno iniziato a comprare altri sport popolari per rafforzare l’opera di sportwashing, fino al punto che noi, come società, stiamo normalizzando tutto questo. Ci scandalizziamo sempre meno e se ne parla come se fosse una competizione qualsiasi. Stanno vincendo la battaglia», denunciano.
Sport in carcere: a Busto Arsizio il CSI trasforma la detenzione
Nella casa circondariale di Busto Arsizio, grazie al Centro sportivo italiano l’attività sportiva diventa strumento di inclusione e rinascita. Allenamenti e tornei di pallavolo, basket, scacchi e calcio e un corso per arbitri per ritrovare fiducia e a costruire nuove possibilità, dentro e fuori dal campo.
«Il carcere è un mondo che non si conosce per niente, a meno di non aver avuto qualcuno vicino che è o è stato recluso. Se ne sente parlare solo per sentito dire, per quello che si legge sui giornali, per le polemiche dei politici. Quando però entri dentro un penitenziario, cambi completamente atteggiamento. Ti accorgi che molti dei detenuti non sono dei mostri, ti accorgi che tanti sono ragazzi che avrebbero potuto avere un futuro diverso se avessero avuto una persona che, al momento giusto, avesse detto loro: “Ma cosa stai facendo? Fermati, ti do una mano io”». Michele Lepori, vicepresidente del comitato di Varese del Centro sportivo italiano – Csi, descrive così il suo incontro con la Casa circondariale di Busto Arsizio, in cui l’associazione già entra portando attività legate allo sport sociale e in cui amplierà la propria presenza grazie al progetto “Liberamente sportivi”, finanziato da Sport e salute, che prevede oltre 100 ore di allenamenti di pallavolo basket, scacchi e calcio.
«Abbiamo cominciato perché un’associazione che è nostra partner, che si chiama L’Altropallone, ci ha coinvolti», continua Lepori. «Abbiamo iniziato a portare delle squadre esterne dei nostri campionati a fare delle amichevoli. Così, abbiamo deciso di scrivere questo progetto». Al momento, sono già iniziati gli allenamenti con un gruppo di giovani adulti fino ai 24 anni, una parte importante della popolazione carceraria di Busto Arsizio. Verrà organizzato anche un vero e proprio torneo, in cui le persone detenute giocheranno sempre in casa, ricevendo altri team. «Il contatto con l’esterno dà a questi ragazzi una boccata d’ossigeno, perché sappiamo bene come può essere la vita all’interno di una casa circondariale», commenta Lepori. «Da parte di chi entra all’inizio ci sono dei timori e dei pregiudizi, che però vengono presto dimenticati quando si inizia a giocare. Utilizzare lo sport permette di abbattere le sovrastrutture che una persona ha in testa e di creare dei bei rapporti».
Le società che sono entrate a giocare in carcere, infatti, chiedono spesso di tornare. I ragazzi detenuti scendono in campo con la voglia di giocare e basta – dicono –, non ci sono polemiche con l’arbitro o con gli avversari. «Si sente proprio l’importanza per loro delle due ore che passiamo assieme», commenta il vicepresidente del Csi di Varese. «Dà loro un obiettivo, un momento di sfogo».
Nel progetto sono coinvolte anche altre realtà del Terzo settore, come la cooperativa Intrecci, che aiutano nel processo di selezione dei partecipanti agli allenamenti e alle partite. I giovani, però, non saranno solo coinvolti nel gioco, ma saranno destinatari anche di una formazione: all’interno della casa circondariale partirà un corso arbitri, che li certificherà come arbitri ufficiali di calcio a sette per il Csi. «Una volta usciti, se rimarranno in zona, perché essendo vicini a Malpensa molti sono persone che hanno commesso reati all’aeroporto e che dopo torneranno nel loro Paese, potranno arbitrare le nostre partite», commenta Lepori.
Molte delle società sportive coinvolte dal Csi hanno una vocazione sociale e sono particolarmente sensibili ai contesti sociali svantaggiati e alla mancanza di possibilità che hanno fatto finire i ragazzi – anche molto giovani – dietro le sbarre. «Ci sono alcune società che si sono offerte di ospitare i detenuti una volta usciti, altre sono arrivate con dei palloni da regalare», conclude Lepori, «perché si accorgono oche si tratta di giovani che se avessero trovato una mano tesa al momento giusto non darebbero finiti in questa situazione».
Calcio e tensioni: vietata la trasferta in Inghilterra per i tifosi del Maccabi Tel Aviv
In Inghilterra niente Aston Villa per i tifosi del Maccabi Tel Aviv il 6 novembre. Il servizio è di Elena Fiorani.
Una ricerca di Kick It Out Israel, organizzazione impegnata per una società condivisa tra ebrei e arabi, rivela un aumento significativo di cori razzisti negli stadi israeliani nell’ultima stagione. Al centro del fenomeno c’è il Maccabi Tel Aviv, la squadra più seguita e quella con la maggiore concentrazione di episodi. La sua curva è un catalizzatore di nazionalismo aggressivo e retorica anti araba. La Israel football association ha ribadito l’impegno su tre fronti: educazione, campagne di sensibilizzazione e sanzioni disciplinari, anche se il numero di procedimenti disciplinari non cresce in proporzione agli episodi. In questo scenario si inserisce il divieto alla trasferta. La motivazioni citano il clima politico internazionale e i disordini che hanno visto coinvolti i tifosi del Maccabi ad Amsterdam nella scorsa stagione.
Nasce il Luino Sitting Volley: atleti con e senza disabilità in campo insieme
È nata la Luino Sitting Volley, progetto che permette ad atleti con e senza disabilità di giocare insieme a pallavolo: si gioca da seduti, con un campo più piccolo e una rete più bassa, è una disciplina paralimpica nata per favorire l’inclusione.
È ufficialmente partita sul lago Maggiore una nuova e significativa avventura sportiva: la nascita della squadra di Luino Sitting Volley, una disciplina inclusiva che permette a persone con e senza disabilità di giocare insieme.
Gli allenamenti si svolgono ogni lunedì dalle 19.30 alle 21 presso la palestra della scuola elementare, con accesso aperto a chiunque voglia provare.
Il Sitting Volley è una variante della pallavolo in cui si gioca da seduti, con un campo più piccolo e una rete più bassa. È una disciplina riconosciuta a livello paralimpico e nata per favorire l’inclusione, permettendo a tutti di esprimersi attraverso il movimento e il gioco di squadra. A Luino, il gruppo conta già una quindicina di partecipanti tra uomini, donne e giovani di tutte le età.
Il progetto è frutto della collaborazione tra Sport Senza Barriere, Luino Volley e la Palestra Movimenti di Germignaga, che ha promosso una raccolta fondi in occasione del suo trentesimo anniversario per dare vita a questa nuova realtà. Il ricavato, pari a 1.300 euro, è stato consegnato da Marco Massarenti, presidente di Sport Senza Barriere, alla presidentessa di Luino Volley, Emanuela Siranni.
«Quando abbiamo ricevuto la telefonata di Donatella, l’idea è stata immediata – racconta Massarenti –. Creare una squadra di Sitting Volley a Luino rappresenta al meglio la nostra missione: abbattere le barriere attraverso lo sport. È un progetto che permette davvero a tutti di giocare insieme, indipendentemente dalle abilità».
L’associazione Sport Senza Barriere, attiva dal 2019, promuove la pratica sportiva inclusiva e collabora da tempo con le realtà del territorio per diffondere la cultura dello sport accessibile. «Vogliamo ringraziare la Palestra Movimenti per la sensibilità dimostrata e l’entusiasmo con cui ha reso possibile tutto questo – aggiunge Massarenti –. E un grazie a Luino Volley, che ha accolto il progetto con lungimiranza, dando un segnale concreto di sport orientato all’inclusione, così come ringraziamo il Comune per la disponibilità e per averci concesso l’uso gratuito della palestra».
Durante la serata di consegna, la presidentessa di Luino Volley, Emanuela Siranni, ha espresso la propria soddisfazione: «Siamo felici di accogliere nella nostra realtà un’iniziativa così importante. Crediamo che il vero valore dello sport sia la condivisione, e questa squadra ne è la prova concreta».
Anche l’assessore allo Sport del Comune di Luino, Ivan Martinelli, ha voluto sottolineare il valore dell’iniziativa: «È un progetto ottimo, un segnale importante per la comunità. Aprirsi e dare opportunità a chiunque di praticare sport è il significato più autentico dello spirito paralimpico, quello del “Spirit in Motion”. Per questo abbiamo concesso gratuitamente l’utilizzo della palestra scolastica per lo svolgimento degli allenamenti, sostenendo così una proposta che valorizza lo sport come strumento di inclusione e benessere per tutti».
«Gli organizzatori invitano chiunque sia interessato a provare questa disciplina a contattare Sport Senza Barriere per partecipare alle prossime sessioni. «La sinergia tra le associazioni e la risposta positiva dei cittadini confermano il successo di un’iniziativa che, attraverso la pallavolo, dimostra come lo sport possa davvero unire e superare ogni barriera», conclude Massarenti.
Gli ermellini, mascotte olimpiche e specie in pericolo
Potrebbero essere quelli che tra poco vedremo ovunque perchè sono stati scelti come mascotte delle Olimpiadi invernali 2026. Quelli veri invece stanno scomparendo dalle Alpi a causa dei cambiamenti climatici e dell’arrivo sempre più tardivo della neve.
Tra qualche mese vedremo ermellini dappertutto. Due in particolare: uno bianco e uno marrone. Il primo è Tina, nome che deriva da Cortina; l’altro è Milo, da Milano (sì, fino a qui si è spinta la fantasia del marketing olimpico con l’avallo di migliaia bambini prestatisi a un sondaggio ad hoc). Tina è l’ermellino bianco ed è la mascotte dei Giochi Olimpici Invernali; Milo ha il manto bruno e rappresenta i Giochi Paralimpici (non per altro è stato concepito con una zampa sola!). E va bè, di fronte alle mascotte, si sa, si ritorna tutti un po’ bambini.
Nella realtà, però, di ermellini ne vedremo pochissimi. Non solo perché è un animale mimetico ed estremamente elusivo, ma perché sta di fatto sparendo.
In questi giorni gli esemplari che popolano le Alpi sono in procinto di cambiare colore. Tra poco prenderanno le sembianze di un piccolo fantasma bianco sul quale spiccheranno le palline nere degli occhi. Il cambio di livrea avviene nel cosiddetto fotoperiodo, ovvero durante la variazione delle ore di luce. Attenzione: è la luce, la mancanza di luce, che agisce sul pigmento del pelo, non il freddo dell’imminente inverno. Dunque poco importa se attorno il biancore della neve non c’è: d’inverno lui è sempre, sempre, bianco. E questo può rivelarsi un problema.
Lui non si accorge di essere bianco in un contesto non bianco: dunque sta lì, fermo, come sempre, sicuro di non essere visto. E qui c’è la beffa: il mimetismo che gli servirebbe a proteggersi ora lo fa diventare un bersaglio ancora più evidente nel pendio senza neve. È come urlasse ai suoi predatori: “Venite a prendermi, sono qua!”. Lui non lo sa, macchiolina bianca sulla montagna marrone.
L’ermellino sta scomparendo per l’arrivo sempre più tardivo della neve. E, paradosso, è diventato proprio la mascotte delle Olimpiadi della neve. Chissà se dalle parti del Cio o del Coni ne hanno una vaga idea. Sarà opportuno dirglielo a gran voce, magari chiedendo anche qualche stanziamento in denaro (briciole in confronto alla montagna di milioni che gestiscono) per quei pochi scienziati e istituzioni che studiano il prezioso mustelide e cercano di trovare metodi di conservazione, tra questi l’Università di Torino e Ermlin Project. Fatelo, finanziate la ricerca. Tina e Milo diventerebbero più simpatici.
Olimpiadi 2026, stop ad atleti russi e bielorussi nelle gare di sci
La Federazione internazionale sci ha escluso gli atleti russi e bielorussi dalle qualificazioni per le Olimpiadi di Milano-Cortina. Non potranno quindi partecipare, nemmeno come neutrali, alle gare di sci alpino, snowboard, freestyle, sci di fondo e combinata nordica.
Gli atleti di Russia e Bielorussia non potranno partecipare alle Olimpiadi di Milano-Cortina 2026, nemmeno come atleti neutrali, in tutte le gare di sci alpino, snowboard, freestyle, sci di fondo e combinata nordica. O meglio, in tutte quelle discipline che rientrano sotto l’egida della Federezione internazionale sci. La Fis ha infatti deciso di escludere russi e bielorussi dalle gare di qualificazione ai Giochi, senza eccezioni, impedendo quindi di fatto la loro partecipazione all’evento olimpico. Oltre alla Fis, anche l’Ibu (l’organismo di riferimento per il biathlon) ha preso la stessa decisione, così come gli sport di scivolamento come bob, slittino e skeleton. Con l’impossibilità di praticare sport di squadra come l’hockey su ghiaccio e il curling, solo pochissimi russi e bielorussi saranno presenti a Milano-Cortina, nelle gare di scialpinismo, pattinaggio artistico, pattinaggio di velocità e short track, discipline gestite dall’Unione di pattinaggio.
Quindi, mentre mai nessun provvedimento è stato emesso contro Israele in ambito sportivo, continua il pugno duro contro Mosca come conseguenza della guerra in Ucraina, che prosegue dal febbraio 2022. Il Cio (Comitato olimpico internazionale) formalmente consente agli atleti di Russia e Bielorussia di competere come neutrali nelle gare individuali dopo un rigoroso processo di selezione. E il Comitato Paralimpico ha permesso loro di tornare con tutti i loro simboli nazionali. Ma l’ultima parola spetta alle federazioni sportive e molte hanno mantenuto le sanzioni imposte dopo l’invasione russa dell’Ucraina.
Calcio, nazionale afghana femminile torna in campo a Dubai
La nazionale femminile afghana giocherà le sue prime partite internazionali da quando è stata costretta a fuggire dal paese, a Dubai, nell’ambito del torneo “FIFA Unites: Women’s Series”. Le giocatrici mirano a sensibilizzare l’opinione pubblica sulle sfide che devono affrontare le donne sfollate.
In un passo incoraggiante per lo sport femminile e l’emancipazione dei rifugiati, la squadra femminile afghana dei rifugiati si sta preparando a giocare le sue prime partite di calcio internazionali da quando è stata costretta a fuggire dall’Afghanistan.
La squadra, composta da atlete di talento che hanno ricostruito le loro vite in esilio, rappresenta la resilienza, il coraggio e il potere unificante dello sport. Queste partite segnano un momento simbolico non solo per le donne afghane, ma per gli atleti rifugiati di tutto il mondo, evidenziando come il calcio possa essere una piattaforma di libertà, identità e speranza.
Attraverso la loro partecipazione, le giocatrici mirano a sensibilizzare l’opinione pubblica sulle sfide che devono affrontare le donne sfollate, celebrando al contempo il ruolo trasformativo dello sport nella ricostruzione delle comunità.
Corri per il Verde 2025: domenica a Roma la manifestazione della Uisp Roma
Corri per il verde – Domenica riparte la storica manifestazione di sport per tutti e tutela dell’ambiente. Ce ne parla Simone Menichetti, presidente dell’Uisp Roma, che organizza l’iniziativa.
Calciosociale: a Corviale nasce la prima curva antimafia d’Italia
Al campo di Corviale, a Roma, sono terminati i lavori del campo gestito dalla ssd Calciosociale. Qui nasce la prima curva antimafia di Italia: completamente in legno in stile inglese, non aggiunge soltanto posti, ma voce: renderà il campo ancora più vivo e capace di accogliere più persone.
A Corviale, quartiere alla periferia sud ovest di Roma, sono terminati i lavori del “Campo dei Miracoli”. Franco Parasassi, presidente di Fondazione Roma che ha sostenuto il rifacimento di spogliatoi e tribune: «Lo sport, quando è vissuto come strumento di educazione e inclusione, diventa la forma più autentica di welfare di comunità. Questo progetto è la dimostrazione che investire nelle periferie significa investire nel futuro delle persone, nella loro dignità e nel loro diritto a spazi di vita e di speranza»
Il “Campo dei Miracoli”, un tempo simbolo di abbandono e degrado, è diventato un vero e proprio stadio di comunità. Spogliatoi e tribune sono stati completamente rinnovati grazie al sostegno di Fondazione Roma, che ha scelto di investire in uno dei luoghi più complessi ma anche più vitali della capitale, a Corviale, nella periferia sud ovest, diventato un modello di inclusione e sviluppo sociale.
Uno spazio di rinascita collettiva
Un campo di calcio diventato uno spazio di rinascita collettiva. Un risultato che rappresenta molto più di un intervento infrastrutturale: è una sfida per affermare la legalità e restituire dignità a un territorio spesso raccontato solo per le sue fragilità. Trasformare lo sport in motore di coesione di riscatto, restituendo ai giovani e alle famiglie un punto di riferimento sicuro e condiviso. È questo l’obiettivo di Fondazione Roma e di Calciosociale Ssd, che da più di 15 anni opera nel quartiere.
Bellezza e legalità ai territori dimenticati
«Con il completamento degli spogliatoi e delle tribune del “Campo dei Miracoli”», ha detto il presidente di Fondazione Roma, Franco Parasassi, «diamo continuità a un impegno che non è solo economico, ma profondamente valoriale. Lo sport, quando è vissuto come strumento di educazione e inclusione, diventa la forma più autentica di welfare di comunità. Questo progetto è la dimostrazione che investire nelle periferie significa investire nel futuro delle persone, nella loro dignità e nel loro diritto a spazi di vita e di speranza. Fondazione Roma continuerà a essere accanto a realtà come Calciosociale, che con coraggio e visione restituiscono bellezza e legalità ai territori dimenticati».
Questo progetto è la dimostrazione che investire nelle periferie significa investire nel futuro delle persone, nella loro dignità e nel loro diritto a spazi di vita e di speranza
La Curva dei Miracoli
«Oggi è un giorno speciale, nasce la nostra curva, la Curva dei Miracoli. La prima curva antimafia di Italia: etica, positiva e gioiosa», ha detto Massimo Vallati, presidente della società sportiva dilettantistica Calciosociale. «Una curva completamente in legno in stile inglese per portare un angolo di Inghilterra a Corviale. Finalmente abbiamo un contenitore dove poter fare esplodere la nostra visione di un calcio diverso. È un’opera che non aggiunge soltanto posti, ma voce: renderà il Campo ancora più vivo e capace di accogliere più persone, perché il tifo per i nostri ragazzi diventi comunità».
«Crediamo nella giustizia, nella libertà, nella bellezza del tifo»
«Questa è una curva antimafia, che non piega la testa davanti a chi usa il calcio per comandare o per fare del male», ha dichiarato Mattia, giovane calciatore della Miracoli Fc, la prima scuola calcio fondata sui valori di Calciosociale. «Vogliamo dimostrare che si può amare la propria squadra senza sporcare il nome del calcio, senza odio. Siamo ragazzi e ragazze che credono nella giustizia, nella libertà e nella bellezza del tifo».
La storia di Calciosociale
Nato nel 2005 come società sportiva dilettantistica senza scopo di lucro, Calciosociale opera in contesti giovanili ad alto rischio di devianza proponendo un’attività educativa e pedagogica che coinvolge a 360 gradi il ragazzo e la sua famiglia. Nel 2009, grazie all’impegno di volontari, istituzioni, aziende e cittadini, nasce il Campo dei Miracoli – Valentina Venanzi, un centro sportivo aperto a tutti nel quartiere Corviale di Roma. Ad oggi le attività del Calciosociale sono presenti anche in Toscana, a Montevarchi e ad Empoli, a Napoli, nel quartiere di Scampia, in Sardegna, a Quartu S.Elena, e in Abruzzo nella cittadina di Carsoli. Ogni anno si organizzano dei gemellaggi e dei campi estivi per condividere insieme l’esperienza del Calciosociale.
All’inaugurazione del “Campo dei Miracoli” hanno partecipato numerose autorità istituzionali e sportive: il presidente della regione Lazio Francesco Rocca, il presidente della Federazione italiana gioco calcio – Figc Gabriele Gravina, il prefetto di Roma Lamberto Giannini, il questore di Roma Roberto Massucci, il capo dipartimento per lo Sport Flavio Siniscalchi, il capo dipartimento per le Politiche giovanili Giuseppe Pierro, l’assessore all’Inclusione sociale e servizi alla persona della regione Lazio Massimiliano Maselli, l’assessore all’Urbanistica del comune di Roma Maurizio Veloccia, il presidente della Commissione sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado di città e delle loro periferie Alessandro Battilocchio, il presidente del Municipio XI Gian Luca Lanzi e il consigliere alla Legalità a supporto del comune di Roma Francesco Greco.




