Archivio Pietro Briganò

#neancheunavirgola

di Pietro Briganò


È il social-slogan per accelerare le tempistiche di approvazione del disegno di legge sugli ecoreati alla Camera, licenziato dal Senato il 3 marzo scorso. Ai nostri microfoni Stefano Ciafani, vicepresidente di Legambiente. (sonoro)

Pagine di speranza

di Pietro Briganò


Quindici scrittori campani uniti contro la violenza sulle donne. Sono gli autori dell’antologia intitolata “Una mano sul volto” e pubblicata dalla casa editrice Ad est dell’Equatore. Il ricavato servirà a sostenere le attività di formazione delle donne vittime di abusi ospiti di Casa Fiorinda.

Si parte

di Pietro Briganò


Da pochi giorni il Csv di Treviso ha avviato il progetto Stacco per creare una rete di trasporto locale per le persone con difficoltà fisiche o svantaggiate. L’iniziativa coinvolgerà oltre
40 associazioni, 420 volontari e 70 mezzi in tutta la provincia.

In contatto

di Pietro Briganò


In Lombardia aiuti economici alle famiglie per badanti e colf. Approvato il disegno di legge che regolerà il lavoro delle assistenti familiari, che nella regione si stimano siano oltre 200mila, due terzi in nero. Previsti sportelli comunali per far incontrare domanda e offerta.

Vince la paura

di Pietro Briganò


Israele sceglie nuovamente Benjamin Netanyahu. Un voto che rischia di isolare ancora di più il Paese dalla comunità internazionale. Il commento di Nurit Peled-Elhanan, attivista israeliana per i diritti umani. (sonoro)

Non vi lasceremo soli

di Pietro Briganò


È l’appello dell’Arci nei confronti del popolo tunisino dopo l’attentato di ieri. L’associazione invita tutti a partecipare in massa al Forum sociale mondiale che si svolgerà a Tunisi dal 24 al 28 marzo.

Giochi di parole

di Pietro Briganò


Lui mi chiede: “Papà come faccio a raccontare ai miei compagni che la partita di oggi è stata arbitrata da una ragazza? Posso dire un’arbitra?”. Esordisce così, di domenica mattina, mentre io ancora con un occhio chiuso e uno aperto mi convinco che una risposta posso dargliela; giusta o sbagliata che sia, gli ho detto la mia. Che poi la risposta me l’ha suggerita la mia collega Clara in una mail di qualche giorno fa in cui mi suggeriva di leggere un articolo pubblicato sul sito dell’Accademia della Crusca.

Mio figlio che ha 9 anni vuole sapere perché non si può dire arbitra e la risposta a me pare evidente: il linguaggio con cui ci esprimiamo è chiaramente orientato, secondo me, verso il mondo maschile in quanto comunemente riconosciuto come “giusto”, a discapito di quello femminile che invece deve necessariamente adattarsi. E siccome parliamo anche di grammatica lui, mio figlio, anche se volesse non potrebbe utilizzare certi termini, pena la correzione con il rosso. Quindi niente assessora, arbitra o ministra perché la convenzione non lo prevede.

C’è un’ingiustizia di fondo di cui neanche le donne sembrano accorgersi. Anzi in molte ambiscono al ruolo prettamente maschile e quasi si alterano se provi a spiegargli che un’ingiustizia c’è. Qui subentra il complesso di inferiorità a cui l’uomo le ha costrette.

Sono convinto che questo argomento non avrebbe alcuna importanza se non ci fosse quest’ingiustizia di fondo, come non lo sarebbero le quote rosa che sono invece la rappresentazione palese del fallimento della nostra società dove l’uomo esercita la propria supremazia.

E allora perché non ministra, ingegnera o  assessora? Perché non insegnare che la parità tra gli uomini e le donne passa anche attraverso il linguaggio? Perché non insegnarlo dai primi anni di scuola?

Forse sono un inguaribile romantico, ma non sarebbe poi così male anche perché mi chiedo: esattamente, cosa toglie alla lingua?