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Bambini e social: il convegno di Terre des Hommes per una nuova tutela digitale


Oggi a Milano il convegno di Terre des Hommes dedicato alla tutela dei minori esposti sui social network. L’associazione lancia un appello per tutelare bambine e bambini che si trovano, molto spesso, inconsapevoli protagonisti dell’attività commerciale social dei propri genitori.

Terre des Hommes lancia un appello per tutelare bambine e bambini che si trovano, molto spesso, inconsapevoli protagonisti dell’attività commerciale social dei propri genitori.

La presenza di minorenni all’interno dei contenuti social di influencer e creator, anche a fini pubblicitari, è oggi sempre più pervasiva. Diventa necessario interrogarsi sulle conseguenze che questa esposizione può avere sui più piccoli e sul grado di consapevolezza e consenso che bambini e bambine possono esercitare.

La riflessione nasce dalla ricerca “Protagonisti consapevoli? La tutela dei minorenni nell’era dei family influencer”, svolta da Terre des Hommes Italia insieme a Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria (IAP) e ALMED – Università Cattolica del Sacro Cuore, con il supporto dell’avvocata Marisa Marraffino, esperta di diritto dei media digitali.

Legge di Bilancio, Moretti: “Bene il 5 per mille, ma serve abolire il tetto”


“Apprezziamo che questa Legge di Bilancio preveda l’aumento del tetto al 5 per mille”. Lo dice il portavoce del Forum del Terzo Settore Giancarlo Moretti, che auspica la sua totale eliminazione. Sul sistema di welfare – ha aggiunto –  sarebbero assolutamente necessari interventi strutturali.

“Apprezziamo che questa Legge di Bilancio preveda l’aumento, da 525 a 610 milioni, del tetto al 5 per mille: è un segnale di ascolto del mondo del Terzo settore, che negli ultimi mesi ha sottolineato con forza la necessità di ridurre la forbice tra ciò che i contribuenti destinano attraverso questo istituto e ciò che effettivamente arriva agli enti beneficiari”.  Lo dichiara Giancarlo Moretti, portavoce del Forum Terzo Settore.

“Continuiamo comunque a chiedere, come facciamo da anni, l’eliminazione del tetto: con solo due terzi dei contribuenti che oggi utilizza il 5 per mille, è facile aspettarsi uno sforamento anche del nuovo limite. Insistiamo inoltre – prosegue Moretti – sulla richiesta di eliminare l’Irap al Terzo settore, una tassa iniqua che paradossalmente pesa molto di più sul mondo del non profit che su quello delle imprese profit”.

“Tra le misure di welfare che guardiamo con maggior interesse vi sono quelle che riguardano la povertà: è positivo l’aumento delle risorse per l’Assegno di inclusione, ma l’impegno rimane comunque insufficiente considerando la gravità del fenomeno che vede 2,2 milioni di famiglie in povertà assoluta. Più in generale, sul sistema di welfare ci si limita a misure temporanee, mentre mancano e sarebbero assolutamente necessari interventi strutturali, in grado di incidere sulle cause delle fragilità e disuguaglianze e migliorare la condizione di vita delle persone nel medio-lungo periodo. Consideriamo comunque un importante passo in avanti l’attenzione rivolta, finalmente, ai caregiver, con il riconoscimento del loro ruolo e un fondo a loro sostegno – che sarà alimentato, però, a partire dal 2027” conclude il portavoce del Forum Terzo Settore.

Campania, il Forum del Terzo Settore presenta il suo manifesto per il futuro


Il Forum del Terzo Settore della Campania, che rappresenta oltre cinquecento enti ha predisposto il documento “Una visione per la Campania”, un contributo di analisi, proposte e raccomandazioni per il futuro della Regione, che sarà presentato in occasione dell’Assemblea regionale, in programma il 5 novembre alle ore 18 al Sorbolab di Sorbo Serpico.

Nel l documento politico programmatico in vista delle elezioni regionali, il Forum chiede che lo sviluppo regionale sia fondato sulla centralità delle persone, la coesione sociale e la partecipazione attiva delle comunità, riconoscendo il Terzo settore come motore di democrazia e innovazione.

Il documento chiede ai candidati di impegnarsi su quattro priorità chiave: diritti delle persone vulnerabili, promozione del lavoro dignitoso e inclusivo, costruzione di comunità sostenibili e rafforzamento della collaborazione istituzionale (co-programmazione e co-progettazione).

Auto a pompe di calore: oltre lo scetticismo, parla la ricerca Adiconsum


In un convegno Adiconsum ha presentato i risultati di una survey sulle auto a pompe di calore. Ascoltiamo Mauro Vergari, ufficio studi dell’associazione.

Il Dossier, redatto sulla base di survey quantitative su oltre 500 consumatori italiani e di mystery shopping condotti in 10 città (tra cui Roma, Milano, Napoli e Torino) e in 50 concessionari, evidenzia come l’interesse per la sostenibilità sia diffuso, ma frenato da confusione normativa, timori sui costi e scarsa familiarità con le tecnologie.

Nella Parte A, dedicata alle pompe di calore e al recepimento della Direttiva EPBD (“Case Green”), emerge una sensibilità crescente: il 48,6% degli intervistati si dichiaria pronto a installare una pompa di calore se supportato da incentivi mirati, percentuale che sale all’87,9% tra chi ne possiede già una.

Tuttavia, permane un disorientamento sul “switch off” delle caldaie a gas entro il 2040, con preoccupazioni per i costi di adeguamento e la fine degli Ecobonus dal gennaio 2025. Il profilo dei partecipanti – equamente distribuito tra centri urbani e aree rurali – rivela una propensione al cambiamento (il 62% valuta l’efficientamento energetico come priorità), ma anche confusione su normative e benefici reali.

Gli esperti del Gruppo di lavoro “Pompe di calore” sottolineano la necessità di campagne di sensibilizzazione e modelli collettivi di installazione per rendere accessibile la transizione anche alle fasce vulnerabili.

La Parte B, focalizzata sulla mobilità elettrica, conferma barriere simili: il 77,5% degli intervistati non ha mai guidato un’auto elettrica, alimentando pregiudizi su autonomia e ricarica. Il Mystery shopping ha rilevato che su 60 concessionari solo 7 hanno raggiunto la sufficienza nella valutazione complessiva degli operatori che hanno svolto il ruolo di Mystery Shopper, pari a circa il 12% del totale. Nessun concessionario ha ottenuto il livello “ottimo”. Il Mystery ha inoltre rilevato lacune nella formazione dei venditori: solo il 35% discute dettagli su batterie e manutenzione, mentre il 28% propone test drive per superare i bias percettivi. Nonostante ciò, la survey indica una tendenza positiva verso lo sharing elettrico (il 41% lo considera un’opzione futura) e un riconoscimento del valore “green” come status symbol emergente.

Il Dossier propone formazione obbligatoria per i concessionari, incentivi per la ricarica domestica e integrazione con la mobilità pubblica, puntando a raggiungere i 6 milioni di auto elettriche entro il 2030.

Decreto competenze, il Terzo settore: “Norma nella giusta direzione”


“Con il decreto competenze La nuova norma va nella direzione da noi indicata anche con l’indagine NOI+. E’ necessaria un’infrastruttura nazionale per garantire standard comuni”. Lo dichiara il portavoce del Forum nazionale Terzo settore Giancarlo Moretti.

“Il decreto sul riconoscimento delle competenze dei volontari, da poco pubblicato in Gazzetta Ufficiale, è un passo avanti nella direzione di dare il giusto valore e dignità all’impegno volontario, che nel nostro Paese è particolarmente rilevante per dimensioni e impatto e va quindi valorizzato il più possibile. Si tratta di norme che possono realizzare quanto di più ambizioso, probabilmente, ha disposto il Codice del Terzo Settore: una crescita del capitale umano e sociale attraverso la leva delle competenze di cittadinanza”. Lo dichiara Giancarlo Moretti, portavoce del Forum Terzo Settore.

“Come Forum Terzo Settore siamo stati pionieri del percorso del riconoscimento delle competenze, a partire dall’ambito del Servizio civile. L’evidenza emersa dalla recente indagine NOI+, condotta con Caritas e l’Università Roma Tre, di un forte impiego delle cosiddette soft skills tra i volontari italiani, ha sicuramente avuto un positivo impatto nell’indicare alle istituzioni una strada per la valorizzazione delle competenze relazionali, sociali, personali e altre ancora”.

“È positivo – prosegue il portavoce – che gli ETS abbiano un ruolo centrale nell’individuazione e certificazione delle competenze. Riteniamo fondamentale, però, che si costruisca un’infrastruttura unica, nazionale, per registrare, conservare e rendere interoperabili le attestazioni rilasciate dagli Enti. Solo così, infatti, si potranno garantire gli stessi standard tra Regioni, amministrazioni e reti associative e, di conseguenza, la stessa esigibilità dei diritti da parte dei volontari. Ci auguriamo che si possa riuscire a migliorare il testo, per far sì che venga espressa al massimo la sua portata innovativa” conclude Moretti.

Home Digital Care: la tecnologia al servizio delle persone fragili, a Empoli


Si chiama Home Digital Care il progetto della cooperativa sociale SintesiMinerva di Empoli. Ascoltiamo Ginevra Campaini.

Il progetto Home Digital Care propone una palestra digitale per la stimolazione fisica e cognitiva di anziani e soggetti fragili. Lo spazio è dotato di strumentazioni digitali progettate per favorire il movimento, il fitness, le attività cognitive e i momenti di socializzazione.

Inserita nel contesto del Lux Living di Montelupo Fiorentino (FI), la Home Digital Care contribuisce alla creazione di un housing sociale innovativo, promuovendo la rigenerazione dell’ambiente di vita e della salute degli abitanti. Il progetto mira a prevenire il declino fisico e cognitivo, migliorando la qualità della vita degli anziani, e contribuisce a rafforzare la comunità
abitativa, offrendo un punto di riferimento per la socializzazione e la coesione sociale. In questo modo, Home Digital Care interpreta in chiave innovativa il concetto di abitare, nell’ottica dell’urban housing.

Home Digital Care, in concorso per la Categoria 1 (Validazione su piccola scala –fase pilota) insieme ad altre sei realtà, è stato presentato dalla Presidente della cooperativa SintesiMinerva, Cristina Dragonetti: “Arrivare alla fase finale del Premio Innovazione Sociale rappresenta un traguardo importante, sia per il riconoscimento del lavoro svolto, sia per la preziosa opportunità di confrontarci con altre realtà del Terzo Settore. Questo percorso ci ha permesso di valorizzare il nostro progetto e di rafforzare l’impegno nel promuovere soluzioni innovative che migliorino la qualità della vita e la coesione all’interno delle comunità”.

Consumo di suolo record, rapporto Ispra: il dato peggiore degli ultimi 12 anni


Il consumo di suolo continua ad aumentare e nel 2024 è stato di oltre 78 chilometri quadrati: il dato peggiore degli ultimi 12 anni, come certifica l’ultimo rapporto Ispra. L’allarme di Slow Food: “stiamo continuando a distruggere una risorsa indispensabile per la vita”.

«In Italia il consumo di suolo non accenna a frenare e rappresenta un pericolo concreto per il nostro futuro». Lo dichiara Barbara Nappini, presidente di Slow Food Italia, a commento del puntuale e preciso Rapporto Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici di Ispra e Snpa presentato oggi. Dallo studio si apprende che nel 2024 sono stati consumati 83,7 chilometri quadrati di suolo, in crescita del 15,6% rispetto all’anno precedente. Il consumo netto (il dato che tiene conto del ripristino di aree naturali) è stato di 78,5 chilometri quadrati: è il peggior saldo degli ultimi dodici anni.

«Consumare suolo – prosegue Nappini – non significa soltanto deturpare il paesaggio, ma distruggere una risorsa indispensabile alla vita. Il suolo è una risorsa non rinnovabile, scarsa e non esiste tecnologia che possa sostituire i suoi servizi ecosistemici: fornisce materie prime, biomassa e il cibo necessario alla sopravvivenza dell’uomo e di tutte le altre specie viventi; è elemento fondamentale del ciclo vitale sulla Terra; rappresenta una riserva di biodiversità, un serbatoio di carbonio ed è regolatore del ciclo dell’acqua e degli elementi biochimici. Senza suolo non c’è agricoltura e senza agricoltura non c’è cibo».

Senza suolo non può esserci vita, eppure le attività umane continuano a eroderlo. A farne le spese sono le aree più accessibili e anche le più fertili. Preoccupa in particolar modo il consumo di suolo agricolo. Ogni anno nuove cause di consumo si sommano a quelle tradizionali. Nel 2024 il rapporto ne individua altre tre: le aree destinate alla logistica, i data center e i pannelli fotovoltaici a terra. Questi ultimi impattano in modo sensibile: in dodici mesi hanno coperto 1.702 nuovi ettari, di cui l’80% su superfici precedentemente utilizzate ai fini agricoli. Il dato fotografa un trend in forte crescita: gli impianti di questo tipo sono aumentati di oltre venti volte nel giro di quattro anni appena. Non va dimenticato che il consumo di suolo, sommato all’abbandono delle aree interne, oltre a provocare danni all’agricoltura e al tanto sbandierato Made in Italy, ha impatti economici e ambientali significativi: ad esempio aumenta il rischio idrogeologico (alluvioni, frane) i cui danni annuali complessivi raggiungono, secondo stime recenti, i 3,3 miliardi di euro (dal 2010 ad oggi la spesa è triplicata), più di un sesto della manovra in discussione al parlamento.

«In un’Italia dove la popolazione diminuisce, l’unica cosa che continua a crescere è il consumo di suolo – conclude Nappini –. Cresce perché ogni nuovo metro quadrato costruito porta soldi nelle casse dello Stato o degli enti locali, attraverso gli oneri di urbanizzazione. Ma il suolo non è una voce da inserire in bilancio: è un bene pubblico da proteggere. Serve un censimento di tutte le costruzioni e infrastrutture abbandonate che possono essere riconvertite: oggi le coperture artificiali occupano il 7,17% del territorio italiano, quasi il doppio della media europea. Non è affatto poco, se pensiamo che solo il 23,2% dell’intero territorio nazionale è pianeggiante e che oltre un terzo è montano. Ci sono regioni, la Lombardia, il Veneto e la Campania, dove più di un decimo del suolo è già consumato. Il nostro futuro è nel suolo, non sprechiamolo».

Urgono soluzioni immediate e servono consapevolezza e senso di responsabilità da parte di tutti. ll Regolamento europeo sul ripristino della natura impone l’azzeramento della perdita netta di aree verdi urbane entro il 2030 e la Strategia del suolo per il 2030 adottata dalla Commissione Europea nel 2021 stabiliva l’obiettivo per tutti gli stati membri di non consumare suolo entro il 2050 – ma questi target sono irraggiungibili, allo stato attuale.

In questo contesto gravissimo, c’è una sola buona notizia: ieri il parlamento europeo ha approvato la direttiva sul monitoraggio del suolo, che vincola gli stati membri ad agire per migliorare la resilienza del suolo. Per Slow Food Italia si tratta di un passo significativo, che stimola ad agire al più presto e che dimostra l’urgenza di decisioni coraggiose.

Mutilazioni genitali: in Italia 88.500 donne, studio Bicocca-Bologna


Numeri impressionanti – In Italia sono presenti circa 88.500 donne che hanno subito mutilazioni genitali. La stima arriva da  uno studio condotto dall’Università di Milano Bicocca e Università di Bologna. La prevalenza più elevata si registra tra le donne over 50 e si riduce al diminuire dell’età.  Le comunità con numeri assoluti più alti sono egiziane, nigeriane ed etiopi.

Le MGF sono una violazione dei diritti umani che colpisce almeno 230 milioni di donne, nel mondo. “In diversi Paesi si registrano riduzioni significative: le giovani subiscono le MGF meno frequentemente rispetto alle adulte” affermano Patrizia Farina, dell’Università Milano- Bicocca e Livia Ortensi, dell’Università di Bologna, che hanno curato la ricerca, insieme ad Alessio Menonna di Fondazione Ismu, all’interno del Progetto DORA. “Guardando all’Italia al 1° gennaio 2023 – continua Farina – si stima che siano presenti circa 88.500 donne di età superiore ai 15 anni che hanno subito le MGF, la grande maggioranza delle quali nate all’estero (98%)”.
“La prevalenza più elevata si registra tra le donne over 50 – continuano Farina e Ortensi – e si riduce al diminuire dell’età”.  Le comunità con numeri assoluti più alti sono egiziane, nigeriane ed etiopi. L’incidenza più alta si registra tra le donne somale (97,8%), sudanesi (90,8%) e guineane (91,5%), secondo l’indagine. Le bambine sotto i 15 anni potenzialmente a rischio di MGF in Italia sono 16.000.
“Sempre più persone nella mia comunità si confrontano sulle MGF e promuovono il cambiamento” afferma Paola Crestani, Presidente di Amref Italia. “Quelle parole non sono mie – continua Crestani – sono di una delle tante ragazze e ragazzi con background migratorio che, in Italia, in questi anni ci hanno raccontato quanto hanno messo in moto con il progetto Y-ACT grazie ad incontri organizzati in bar, università, luoghi di ritrovo delle comunità, per rompere un tabù e dare voce al silenzio. Questa è la sola strada che conosciamo, insegnataci dall’Africa: il dialogo con le comunità e con tutti gli operatori coinvolti. Una sfida che, date le stime della ricerca, deve essere rafforzata, a tutti i livelli, ma che ci dà speranza, guardando alla diminuzione della pratica tra le nuove generazioni”.

Obesità, ancora stigma e poca cura: i risultati della campagna di CittadinanzAttiva


CittadinanzAttiva ha presentato i risultati finali della campagna “Obesità. Non ignorarla”: due cittadini su tre si dicono abbastanza informati sulla patologia, ma più di uno su tre afferma di non aver intrapreso un percorso di cura. Circa metà degli intervistati ritiene che discriminazione ed emarginazione influiscano negativamente sulla gestione della condizione.

Sono questi alcuni dei dati che emergono dall’indagine condotta per la campagna “Obesità. Non ignorarla, affrontiamola insieme”, un progetto di Cittadinanzattiva – in collaborazione con Federfarma – che ha coinvolto, dal marzo a giugno di quest’anno, 1509 farmacie su tutto il territorio italiano e 5543 cittadini con l’obiettivo di aumentare l’empowerment, la consapevolezza, l’informazione e la sensibilizzazione di questi ultimi e dei pazienti sui rischi connessi all’obesità. Lo strumento principale è stato un questionario in 18 domande, anonimo e volontario, mirato a valutare la conoscenza e la percezione dell’obesità come malattia cronica. La sua realizzazione è stata possibile anche grazie al lavoro di un Board scientifico composto da rappresentanti delle Istituzioni, delle organizzazioni dei professionisti sanitari, dei pazienti e dei cittadini.

Integrato da una sezione socio-demografica e da una dedicata alla rilevazione di parametri antropometrici per il calcolo di BMI (Indice Massa Corporea) e BAI (Indice Adiposità Corporea), il questionario ha permesso di far emergere anche informazioni molto importanti riguardo alle cause percepite dell’obesità: il 50% degli intervistati ritiene che a causare l’obesità siano patologie associate o alterazioni metaboliche, mentre l’altra metà ritiene che dipenda da fattori psicologici o fattori ereditari. Ciò che stupisce è che oltre il 92% lega l’obesità agli eccessi alimentari e quasi il 90% ad inattività fisica. Rilevante, ancora, è il rapporto fra la percezione del proprio peso (autopercezione) e la condizione reale: il 44,8% degli intervistati si considera normopeso, il 32,9% leggermente in sovrappeso, il 14,6% in sovrappeso e il 4,3% con obesità. Tuttavia, la valutazione dei parametri antropometrici ha rivelato che il 60% delle donne si trova in condizioni di sovrappeso o obesità (40,5% obese, 19,6% sovrappeso). Dati analoghi per il 60,2% degli uomini (35,6% obesi, 24,6% sovrappeso).

A completamento dell’indagine è stata realizzata una survey tra i farmacisti che hanno partecipato alla campagna, con un breve questionario volto a rilevare aspetti positivi e criticità riscontrate. I farmacisti coinvolti hanno evidenziando principalmente due tipi di difficoltà: non tutte le farmacie hanno spazi adeguati o personale da dedicare a questo tipo di attività, difficile da svolgere mentre si lavora al banco; diversi cittadini hanno dimostrato una certa ritrosia ad essere coinvolti nell’indagine, perché imbarazzati o non consapevoli della propria condizione di salute. I farmacisti interpellati hanno anche avanzato delle proposte per eventuali future campagne, suggerendo di coinvolgere i medici e di adeguare le strategie di comunicazione tenendo conto delle criticità emerse.

“Siamo orgogliosi di presentare i risultati della nostra campagna – dichiara Tiziana Nicoletti, Responsabile Coordinamento Nazionale Associazioni Malati cronici e rari di Cittadinanzattiva – perché, grazie al prezioso contributo del nostro Board scientifico e alla collaborazione con Federfarma, abbiamo sensibilizzato migliaia di cittadini su questo tema importante e molto attuale. Vogliamo anche sottolineare come questa iniziativa si inserisca in un momento cruciale, con la Legge 741/2025 che riconosce finalmente l’obesità come malattia cronica. Il nostro impegno è nel continuare a promuovere un approccio integrato e diretto anche a combattere lo stigma sociale. Infatti, con “Obesità. Non ignorarla, affrontiamola insieme” vogliamo tenere insieme due messaggi: il primo è di non ignorarla in quanto l’obesità non è un fatto di volontà personale, ma una malattia che merita diagnosi, trattamenti, tutela dalla discriminazione e sostegno nei contesti di vita quotidiana. Il secondo messaggio è di affrontare insiemel’obesità perché solo un approccio corale che unisca cittadini, professionisti e decisori può ridurre le disuguaglianze, favorire prevenzione efficace e garantire percorsi di cura multidisciplinari, continuativi e uniformi.”

“Le farmacie hanno collaborato con convinzione a questa campagna, perché affronta una tematica molto attuale di forte impatto dal punto di vista sanitario, sociale ed economico” afferma Marco Cossolo, presidente di Federfarma nazionale. “L’obesità infatti è una patologia dalla quale derivano una serie di conseguenze negative per la condizione psico-fisica del paziente e quindi per la sostenibilità del Servizio sanitario. Una situazione resa ancor più complessa, come emerge dall’indagine di Cittadinanzattiva, dal fatto che chi è affetto da obesità tende a nascondere o a non riconoscere la propria condizione. Lo hanno sperimentato i farmacisti coinvolti nella campagna, che hanno riscontrato difficoltà di approccio al paziente e hanno dovuto affinare le proprie strategie di comunicazione per avviare il dialogo e svolgere le attività previste. Attività che peraltro rientrano a pieno titolo tra i servizi cognitivi normalmente svolti dalla farmacia di comunità, ai fini della presa in carico e del monitoraggio del paziente cronico in collaborazione con gli altri professionisti della salute”.

I dati dell’indagine si concretizzano nelle proposte per contrastare l’obesità che concludono il documento: cinque aree chiave, a partire dalla richiesta di un rafforzamento normativo attraverso l’approvazione dei decreti attuativi della Legge 741/2025, l’inclusione dell’obesità nei LEA e l’approvazione del Nuovo Piano Nazionale della Cronicità 2025. Quindi si propone una migliore organizzazione delle cure con la creazione di Centri per l’Obesità, percorsi di cura uniformi e l’istituzione di un registro nazionale. La terza area riguarda la formazione e la sensibilizzazione, con corsi obbligatori per gli operatori sanitari, la lotta allo stigma e il coinvolgimento delle organizzazioni civiche nell’Osservatorio nazionale. La quarta area prevede azioni concrete come programmi educativi nelle scuole, politiche fiscali mirate e la riqualificazione degli spazi urbani. Infine, si punta alla sostenibilità e all’accesso equo alle cure, garantendo la rimborsabilità dei trattamenti e un accesso equo alla chirurgia bariatrica.