Sportwashing: la moda del momento per i Paesi che non rispettano i diritti umani è pulirsi la coscienza con un pallone. Il servizio di Elena Fiorani.
Molti stati sfruttano lo sport per far distogliere lo sguardo dalla pessima situazione dei diritti umani nel proprio paese tramite l’acquisto di squadre sportive, organizzazione di eventi o sponsorizzazione degli stessi. Tramite queste operazioni di soft power, è possibile proiettare all’esterno un’impressione più democratica, aperta e attenta ai diritti rispetto alla realtà.
Gli stati del Golfo hanno iniziato a ospitare e organizzare eventi sportivi internazionali, come il Qatar, con i mondiali di calcio 2022. A tutto questo però c’è modo di opporsi. Le organizzazioni possono fare ricerche, attivismo, advocacy; gli sportivi e le sportive possono dare un segnale. Rifiutare di partecipare a eventi sportivi dove i diritti umani non esistono però è una scelta poco popolare, per adesso in pochi si sono distinti per senso critico e di giustizia.
Aggiornate linee guida Cio: più inclusione verso atleti e atlete transgender
Giochi di tutti. Il Comitato Olimpico Internazionale ha aggiornato le proprie linee guida sulla partecipazione di atleti e atlete transgender alle Olimpiadi, e più in generale alle competizioni sportive agonistiche. Le nuove indicazioni sono molto più inclusive delle precedenti, escludono infatti l’analisi dei livelli di testosterone, pratica considerata molto invasiva.
Le linee guida non sono vincolanti per le federazioni dei vari sport, ma sono un importante modello a cui fare riferimento. Sono state preparate dopo avere consultato più di 250 fra atleti ed esperti, e dovrebbero entrare in vigore dopo le Olimpiadi invernali del 2022, in programma a Pechino.
La notizia è stata commentata positivamente da diversi atleti e atlete transgender. «Le nuove linee guida del CIO sono pionieristiche perché riflettono qualcosa che sappiamo da tempo: che gli atleti e le atlete come me partecipano alle competizioni sportive senza alcun vantaggio competitivo, e che la nostra umanità merita di essere rispettata», ha commentato Quinn, un’atleta che gioca per la nazionale femminile di calcio del Canada e che è transgender.
Le nuove linee guida del CIO hanno come obiettivo quello di «promuovere un ambiente sicuro e accogliente per tutti, in linea con i principi esposti nella Carta Olimpica» e si basano su otto principi fondamentali, fra cui inclusione, non discriminazione, equità e rigore scientifico. Uno dei punti più importanti del documento, il settimo, vieta esplicitamente che gli atleti e le atlete debbano «sottoporsi a procedure o trattamenti medici non necessari» per poter partecipare a una competizione agonistica.
È un cambiamento piuttosto radicale rispetto alle linee guida del 2015, che fissavano un limite massimo alla quantità di testosterone affinché le atlete donne potessero partecipare alle competizioni femminili: cosa che comportava spiacevoli esami a cui sottoporsi periodicamente o nei casi più gravi a cure ormonali per poter gareggiare ufficialmente, come accadde alla mezzofondista sudafricana Caster Semenya (che fra l’altro non è transgender). Prima del 2015 le linee guida erano ancora più stringenti e permettevano agli atleti e alle atlete transgender di gareggiare nella categoria del genere in cui si riconoscono soltanto dopo un’operazione chirurgica di modifica del sesso biologico.
Diversi osservatori spiegano comunque che non essendo vincolanti, l’applicazione delle linee guida sarà a discrezione delle singole federazioni nazionali. «Non potremo stabilire che le linee guida attuate da un certo sport, come per esempio l’atletica leggera, sono sbagliate», ha detto al Guardian Richard Budgett, responsabile sanitario del CIO.
Non tutti si sono detti d’accordo con le nuove linee guida. Joanna Harper, studiosa e atleta transgender, spiega per esempio che «le donne transgender sono in media più alte, grosse e forti delle donne cisgender, e in molti sport queste caratteristiche rappresentano dei vantaggi».
Verso Qatar 2022: Amnesty denuncia le condizioni dei lavoratori migranti
Un calcio ai diritti. Si avvicinano i mondiali di Qatar 2022 ma non migliorano le condizioni dei diritti umani. Il servizio è di Pierluigi Lantieri.
Manca un anno all’inizio dei mondiali di calcio: il tempo perché il Qatar mantenga gli impegni di abolire il sistema denominato “kafala” e di aumentare la protezione dei diritti dei lavoratori migranti sta scadendo. Lo ha dichiarato Amnesty International nel suo “Reality check 2021”, una nuova analisi della condizione del sistema del lavoro in Qatar.
Dalla ricerca emerge come nell’ultimo anno non vi siano stati progressi e alcune vecchie prassi siano tornate in auge, con la riemersione di alcuni dei peggiori aspetti del sistema del “kafala” e la neutralizzazione delle recenti riforme. Amnesty International chiede alle autorità locali di prendere misure urgenti per ridare vita alle riforme prima che sia troppo tardi.
di Pierluigi Lantieri
Oro mondiale del pararafting italiano: un titolo nel segno dell’inclusione
Nel segno dell’inclusione. Un titolo iridato da poco conquistato ai Mondiali di Francia e un sogno chiamato Giochi paralimpici per il pararafting italiano, disciplina nata 3 anni fa e in forte crescita. Gli equipaggi in Francia erano composti da due paratleti e due normodotati, a dimostrazione della volontà di inclusione e a tutela dei diritti di uguaglianza.
Un titolo mondiale che vale molto più di un risultato maturato in gara. Un oro iridato che rappresenta lo spot migliore per una disciplina spettacolare, che chiede di poter essere conosciuta, uno sport che ambisce a entrare nel programma dell’evento più importante per un atleta: l’Olimpiade. Riccardo Novella è senza dubbio uno degli atleti più rappresentativi del pararafting nel nostro Paese e ai recenti Mondiali di L’Argentière-la-Bessée, in Francia, ha fatto capire quanto possa andare lontano lui e l’intero movimento: “Torno con un titolo mondiale nel primo anno in cui le gare di rafting e pararafting si sono svolte in concomitanza”. Novella, di Gravellona Lomellina, nel Pavese, portacolori della società Movimento e Natura, ha trionfato in un team composto dal compagno di squadra Marco Montagna, e da Carlo Benciolini e Nicola Speri del Canoa Club Pescantina. L’Italia ha gareggiato anche con un secondo equipaggio, terzo nella generale, composto da Massimo Giandinoto, Rosario Sperandini, Rinaldo Veneroni e Damiano Casazza. Due, quindi, gli equipaggi nel pararafting, due nel rafting maschile e altrettanti nel femminile e nella categoria mix. Gli azzurri del pararafting si sono imposti nella classifica generale, conquistando l’oro nella graduatoria complessiva grazie al primo posto nelle specialità downriver e Rx e al secondo posto nello slalom.
“È anche il primo anno che esiste un Campionato mondiale di pararafting vero e proprio”, racconta Riccardo Novella, e il riferimento è ai Mondiali del 2019 in Ucraina, poco più che un test, con poche Nazioni partecipanti. “Anche se le gare si sono svolte in un ambiente blindato, purtroppo le restrizioni legate al covid non hanno consentito a tutti gli equipaggi di presentarsi all’appuntamento”. Tanta, a ogni modo, la soddisfazione per un evento che ha segnato un punto di svolta per l’inclusione e il fair play sportivo. “Questi Mondiali hanno gettato le basi per far crescere il movimento del pararafting a livello internazionale: gli equipaggi para erano composti da due paratleti e due normodotati, a dimostrazione della volontà di inclusione e a tutela dei diritti di uguaglianza per tutti gli atleti impegnati nell’attività sportiva espressa sia dalla Federazione italiana rafting che dalla World Rafting Federation”. Il sogno, ora, è quello che il pararafting possa entrare nel programma dei Giochi paralimpici: “Il nostro auspicio è che questo sport venga esternato al massimo”.
Tornando alle gare disputate in Francia, Novella osserva: “I risultati ottenuti premiano la costanza e la perseveranza del Team Italia di pararafting, e da queste basi siamo pronti ad accelerare ulteriormente, concentrandoci su quello che accadrà nel 2023 quando i prossimi Mondiali, anche grazie ai grandissimi risultati ottenuti in questo appuntamento iridato, andranno in scena in Valtellina”. È anche grazie a eventi internazionali come quello in programma tra due anni che il pararafting punta a crescere ulteriormente e a diventare sempre più una grande opportunità per il maggior numero di persone possibile, come conferma Elena Bragastini, tecnico Firaft e responsabile per il pararafting: “Per avvicinarsi a questo sport è sufficiente andare in una delle varie società presenti sul territorio e in particolare in quelle che sono maggiormente impegnate a livello agonistico”, spiega. “Il Nord Italia è ricchissimo di realtà di questo tipo, così come la Toscana, mentre per il resto del nostro Paese la crescita e lo sviluppo dell’attività ha bisogno ancora di qualche accorgimento, ma sono certa che arriveremo a fare ulteriori passi avanti a breve”. L’unico requisito per potersi avvicinare a questo sport è quello di avere un buon rapporto con l’acqua, o comunque non averne paura. “In ogni caso, una volta preso contatto con le società, saranno poi le guide rafting e gli allenatori a permettere a tutti coloro che lo vorranno di superare i propri limiti e avventurarsi in questo straordinario mondo”, prosegue Elena Bragastini.
Il pararafting è nato da pochissimo, all’incirca tre anni fa, e quasi per divertimento, con alcuni ragazzi amputati che per provare a rimettersi in gioco hanno affrontato una discesa a bordo di un gommone. “Fu un’esperienza esaltante, a tal punto che si iniziò da subito a lavorare per dare numeri e una reale struttura a tutta l’attività italiana, ma anche ovviamente internazionale”. I pionieri italiani del pararafting attualmente sono diventati agonisti e alle loro spalle stanno crescendo molti altri atleti di valore. “Inoltre, il Mondiale in Francia ci ha permesso di crescere ulteriormente”. In Italia il pararafting è praticato prevalentemente da persone con amputazioni, spiega il tecnico, “ma proprio a L’Argentière-la-Bessée, confrontandoci con il resto del mondo e in particolare con i cileni, abbiamo visto che, adattando il gommone in maniera particolare, l’attività è praticabile anche in presenza di altri tipi di disabilità. E questo è un ulteriore sprone a lavorare per crescere e diventare ancora più inclusivi”.
“Il timoniere e la prodiera”: il racconto dell’oro olimpico di Tita e Banti
“Il timoniere e la prodiera”. Cosa si prova a volare tra le onde? Prova a raccontarlo il documentario di e con Marco Pastonesi, in cui Ruggero Tita e Caterina Banti raccontano i decolli del loro catamarano olimpico a Tokyo 2020, con cui hanno vinto la medaglia d’oro in una prova mista. Tra nuovi obiettivi e nuovi sogni, ci sono la fatica dello sport, gli allenamenti e le emozioni.
Tre mesi fa. Dodici regate (quattro primi, quattro secondi e tre terzi, totale: primo posto in classifica) più quella finale (punteggio doppio: sesto posto, ma davanti agli avversari diretti, inglesi). Morale della favola: medaglia d’oro olimpica nel Nacra 17, la prima medaglia d’oro italiana in una prova mista. Perché Ruggero Tita è il timoniere e Caterina Banti la prodiera. E, insieme, su quel catamarano che sta fuori dall’acqua, decollano e volano.
Tre mesi dopo. Caterina fra Trevignano e Anguillara, sul Lago di Bracciano, Ruggero a Torbole, sul Lago di Garda. Poi ancora insieme, tra preparazione e festeggiamenti, e già la testa e sempre i muscoli pronti per altre scadenze, altre urgenze, rivincite mondiali, nuovi obiettivi per alimentare nuovi sogni. Siamo andati a trovarli per cercare di sapere che cosa si prova a volare: le sensazioni, i suoni, anche le premonizioni e le intuizioni, anche gli allenamenti e le uscite. Figli e – allo stesso tempo – padroni del vento, Ruggero e Caterina hanno già puntato i Giochi di Parigi. Stavolta, a dividerli, solo un triennio.
E’ nato così “Il timoniere e la prodiera”, un documentario di e con Marco Pastonesi, con la regia di Carlo Molinari, realizzato per “Alla fine della città”, un progetto triennale dell’associazione Ti con Zero, promosso da Roma Culture, vincitore dell’Avviso Pubblico Contemporaneamente Roma 2020 – 2021 2022 curato dal Dipartimento Attività Culturali e realizzato in collaborazione con SIAE. Si tratta di un modo per coniugare Roma con la mobilità sostenibile e le arti performative, il lavoro agricolo con la fatica dello sport, il gesto danzato con la vita di tutti i giorni, è raccontare i luoghi e la città, sintetizzare con arte e scrittura il quotidiano, conoscersi e riconoscersi. E’ una rassegna del contemporaneo tra metropoli e campagna, letteratura e follia, narrazioni e mappe interattive.
Facciamo pari: lunedì a Roma “La partita della parità e del rispetto”
Facciamo pari. Lunedì a Roma attori, sportivi e giornalisti contro le discriminazioni. Il servizio è di Elena Fiorani.
L’impianto sportivo Fulvio Bernardini, nel quartiere Pietralata a Roma, ospiterà lunedì 15 novembre a partire dalle 11, “La partita della parità e del Rispetto”, promossa da Uisp, Amnesty International, Associazione Italiana Calciatori, Sport4Society e Usigrai. La partita rappresenta una tappa di avvicinamento alla Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, che si terrà in tutto il mondo il 25 novembre.
Amicizia, inclusività, unione, parità di genere, infatti, sono i valori alla base dello sport per tutti e per tutte. Le squadre in campo saranno composte da rappresentanti dello spettacolo, del giornalismo, dello sport e della politica, oltre a tre calciatrici afgane che hanno trovato riparo in Italia dopo la fuga dai talebani.
Cammini tra i borghi di Imperia: presentata la mappa delle undici antiche vie
Tra natura e storia. Presentata la mappa con gli itinerari che collegano i borghi di Imperia: 38 km di sentieri lungo undici antiche vie che attraversano i Comuni che fino al 1923 componevano l’odierna città. Un progetto pensato sia per le persone di Imperia sia per i turisti, in cui associazioni locali hanno tracciato i percorsi, dividendoli in facili, medi e difficili.
I percorsi scorrono su mulattiere e strade comunali collegando le due cattedrali di Imperia, quella di San Giovanni, nel cuore di Oneglia e il Duomo di San Maurizio. L’itinerario, diviso in 10 tappe e inserito nella REL (Rete escursionistica ligure), predisposto dall’Amministrazione comunale in collaborazione con Monesi Young, è stato presentato attraverso una mostra fotografica alla Galleria Rondò di piazza Dante.
La storia degli 11 comuni si può vedere andando a piedi lungo percorsi molto suggestivi. L’iniziativa è ben segnalata in modo che possa essere seguita facilmente, con una cartina che indica i percorsi, realizzata grazie alla collaborazione con l’associazione Monesi Young. Camminare in mezzo all’aria buona dopo un periodo di chiusura totale è un regalo per tutti.
Vietato il cricket alle donne afgane: il gesto solidale della squadra australiana
O tutti o nessuno. La squadra australiana di cricket ha rinviato il primo confronto amichevole tra la propria nazionale e quella dell’Afghanistan, dopo che il regime talebano al potere ha vietato alle donne di praticare la disciplina. “Non vediamo l’ora di poter accogliere la squadra femminile insieme a quella maschile”, dicono dalla federazione.
I giocatori di cricket australiani avevano indicato che avrebbero voluto annullare la partita se fosse rimasto in vigore il divieto per le donne. Cricket Australia spiega che “non vede l’ora di ospitare in questa stagione i giocatori dell’Afghanistan, grandi ambasciatori di questo sport, e di accogliere sia la squadra femminile che quella maschile in un futuro non troppo lontano”. La nazionale maschile afghana è attualmente impegnata nella coppa del mondo T20 e ha ottenuto vittorie contro la Namibia e la Scozia.
Ciclismo, donne e uomini avranno gli stessi premi a Giochi, Mondiali ed Europei
Diritti in volata. Scatto in avanti per la parità di genere nel ciclismo: d’ora in poi uomini e donne che prenderanno parte ad Olimpiadi, Paralimpiadi, Mondiali ed Europei percepiranno gli stessi premi. In questo sport la componente femminile si sta affermando sempre di più negli ultimi anni e la lotta per l’uguaglianza nei premi si sta intensificando.
Includere con lo sport: al via il nuovo progetto dell’Acsi
Includere con lo sport. Al via il nuovo progetto dell’Associazione centri sportivi italiani rivolto ai giovani dai 16 ai 30 anni con disabilità e con disagio socio-economico che non praticano attività. Grazie a questa iniziativa verranno formati 160 tecnici in tutta Italia.
Il primo passaggio si baserà sulla divulgazione e sul consolidamento di competenze e partirà con 40 ore di formazione, grazie alle quali gli istruttori coinvolti avranno l’opportunità di seguire e accompagnare per 6 mesi le ragazze e i ragazzi che si riavvicineranno al mondo dello sport. Al termine di questi 6 mesi di attività sportiva e vita condivisa, circa 160 giovani supporteranno le Asd coinvolte, grazie ad una borsa lavoro che li vedrà impegnati in percorsi di inserimento lavorativo nel periodo estivo e nell’organizzazione di centri estivi. Con il sostegno del Dipartimento dello sport, il progetto dell’Acsi vuole diffondere e consolidare nuove competenze nella gestione di situazioni di fragilità e svantaggio in termini di inclusione attraverso lo Sport.
“Questo progetto per noi significa far uscire le persone da casa– spiega all’agenzia Dire il presidente dell’Acsi, Antonino Viti- perché sappiamo che molto spesso le persone disabili possono recuperare l’autostima, la voglia di stare insieme e mettersi a disposizione di una squadra, per poter avere la possibilità di essere incluso nella società. Lo sport è lo strumento giusto per fare questo”. La responsabile dell’ufficio progetti Acsi, Patrizia Sannino, definisce ‘ICS-Includere Con lo Sport’ un progetto “innovativo perché abbiamo deciso di non concepirlo solo sui disabili. Lo sport siamo abituati a pensarlo come un fine, invece noi lo utilizziamo come un mezzo e per questo il progetto nasce con un grande bisogno di formazione. Le competenze per noi sono fondamentali e così formeremo 160 tecnici in tutta Italia, attraverso le Asd, che faranno svolgere attività fisica ai ragazzi. Alla fine utilizzeremo lo sport come strumento di inclusione lavorativa, perché le persone disabili, dopo aver assorbito informazioni, riverseranno la loro esperienza sui bambini dei centri estivi”.




