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Aics porta lo “Sport di squadra a scuola”: il piano sociale nazionale che coinvolgerà oltre 25 mila tra genitori e bambini


“Sport di squadra a scuola”

Il piano sociale nazionale che AiCS porta in tutta Italia coinvolgerà oltre 25 mila tra genitori e bambini dai 3 ai 14 anni in ben 30 province italiane.
Ce ne parla Cosimo Renzi, responsabile del progetto.

 


Sport gratuito e qualificato nelle scuole, in orari sia curricolari che pomeridiani, con operatori sportivi preparati e veri open day sportivi per mostrare ai genitori l’importanza di un’attività motoria costante e controllata. Questo il senso del piano sociale nazionale “Sport di squadra a scuola” che AiCS porta in tutta Italia e che, riguarda, ad oggi 25.500 tra genitori e bambini dai 3 ai 14 anni in ben 30 province italiane. Il progetto è finanziato da Sport e Salute e da Sport Governo e patrocinato anche dal Ministero dell’Istruzione e del Merito. 2 ore a settimana di sport gratuito e qualificato, per 6 mesi continuativi di attività Il valore aggiunto? Non solo quello di portare bambine e bambini a fare sport, ma anche quello di ingaggiare le famiglie nella pratica dell’attività motoria per tutti, e di sviluppare competenze specifiche negli operatori sportivi sul ruolo dello sport nella crescita dei più piccoli.

L’obesità tra bambini e ragazzi è un fenomeno che si rileva non soltanto in Italia e nei Paesi europei, ma anche nel resto del mondo. Dedicare tempo sufficiente allo sport e all’attività fisica a scuola, all’interno del curricolo formale o nel corso delle attività extracurricolari, può contribuire in modo decisivo a promuovere stili di vita salutari. Parte da qui il progetto Sport di Squadra a Scuola, finanziato da Sport e Salute, coordinato da AiCS e partecipato, in tutta Italia, dagli altri enti di promozione sportiva ACSI, CSEN E MSP.

Il progetto sarà realizzato in ben 31 città d’Italia attivate dalla rete AiCS, che collaboreranno con gli istituti scolastici coinvolti e con le amministrazioni comunali aderenti del territorio al fine di raggiungere attraverso le attività del progetto 2 principali gruppi di destinatari: studenti dai 3 ai 14 anni di età ai quali sarà garantita pratica motoria presso gli istituti scolastici (dalla scuola dell’infanzia fino alla scuola secondaria di primo grado), come attività curriculare o extra-curriculare, considerando 2 ore a settimana per 6 mesi continuativi; e bambini della stessa età (anche fuori scuola) coinvolti con le loro famiglie in 4 eventi di sport di squadra nel corso dei 6 mesi di attività.

Obiettivo: promuovere la pratica costante di attività fisica e sportiva tra i bambini e i ragazzi fino ai 14 anni e ingaggiare attivamente le famiglie nella promozione della pratica motoria per i bambini e tutta la famiglia; ma anche sviluppare competenze specifiche degli operatori sportivi riguardo l’offerta dell’attività fisica e sportiva e al suo ruolo nella crescita dei bambini e i ragazzi.

Emergency molla gli ormeggi per la Barcolana 55: sport e solidarietà alla regata velica più grande al mondo


Emergency alla Barcolana

La regata velica più grande al mondo, che si disputerà nel golfo di Trieste domenica prossima, unisce alla sfida sportiva quella per la solidarietà. Al via, infatti, ci sarà anche l’associazione umanitaria con il progetto “Una vela per Emergency”. Equipaggio, amici e familiari potranno così sostenere le attività di cura gratuite svolte dai volontari.


Alla Barcolana con la bandiera di EMERGENCY. Così quest’anno EMERGENCY molla gli ormeggi per la Barcolana 55, la regata velica più grande al mondo che si disputerà nel golfo di Trieste domenica 8 ottobre unendo alla sfida sportiva quella per la solidarietà.

L’associazione umanitaria che dal 1994 offre cure gratuite di qualità alle vittime della guerra e della povertà e promuove una cultura di pace, parteciperà al Charity Program di Barcolana con il progetto “Una vela per EMERGENCY” che chiederà agli equipaggi al momento dell’iscrizione alla regata di sostenere le attività di EMERGENCY e di promuovere la raccolta fondi del proprio equipaggio, coinvolgendo amici, parenti e colleghi a fare il tifo attraverso una donazione, o diventando personal fundraiser con una pagina di raccolta fondi dell’equipaggio. Agli equipaggi che sosterranno attivamente la raccolta fondi di EMERGENCY verrà consegnata una bandiera dell’associazione da esporre sulla barca per la durata dell’evento. I top fundraiser del Charity Program riceveranno un riconoscimento in occasione della premiazione ufficiale di Barcolana 55.

Per lasciare una donazione a sostegno delle attività dell’associazione sarà sufficiente collegarsi al link  https://www.retedeldono.it/it/progetti/emergency/una-vela-per-emergency, così da aiutare a curare ogni giorno chi ne ha bisogno e a costruire un futuro senza guerre.

Per tutta la durata della manifestazione velica, dal 4 all’8 ottobre, i volontari del gruppo di Trieste saranno ospiti dello stand Venezia Certosa Marina presso il villaggio Barcolana, sulle rive triestine, in prossimità di piazza Unità d’Italia. Sarà quello il punto di rifermento per chi volesse avere informazioni su EMERGENCY, su come sostenere l’associazione, diventarne volontari, o acquistare dei gadget. Chi si recherà allo stand, grazie all’esperienza dei visori 360°, potrà immergersi in un’operazione di soccorso della ‘Life support’, la nave Sar di EMERGENCY che da dicembre 2022 ha tratto in salvo 1.011 persone nel Mediterraneo.  In un video di 7 minuti, il visitatore potrà guardare la realtà dei soccorsi, vedere ogni angolo della nave, capire cosa succede durante una missione Sar.

Sabato 7 ottobre dalle 20.00 alle 22.00 il gruppo EMERGENCY di Trieste sarà inoltre presente allo stand del Charity Program di Barcolana per presentare l’associazione, i suoi progetti e obiettivi.

Per saperne di più sul Charity Program e su come attivarsi: https://www.retedeldono.it/barcolana

Forest Green Rovers: ecco la squadra di calcio più sostenibile al mondo


Un calcio verde

Con i Forest Green Rovers lo sport diventa un esempio di comportamenti positivi in fatto di sostenibilità ambientale. Ha una particolarità unica: è la squadra di calcio più sostenibile al mondo, grazie tra le altre cose ad un campo ecologico con sistema di irrigazione a energia solare.


Nel mondo del calcio, il nome “Forest Green Rovers” potrebbe non essere uno dei più noti, ma questa squadra inglese ha una particolarità unica e, di questi tempi soprattutto, molto importante: è la squadra di calcio più sostenibile al mondo e non ha intenzione di fermarsi nel suo percorso verso la sostenibilità, intenzionata – anzi – a diffondere il verbo per uno sport più sostenibile.

Fondata nel 1889, la squadra dei Forest Green Rovers ha la sua sede nella pittoresca cittadina di Nailsworth, un centro urbano di poco più di 5mila abitanti nella regione del Gloucestershire. Ma è ben più di una semplice squadra di calcio: i Forest Green Rovers da oltre un decennio stanno guidando una rivoluzione verde nel mondo dello sport, dimostrando che il calcio può essere un veicolo per il cambiamento positivo per la comunità, in particolare nell’ambiente.

Tutto ha avuto inizio quando il magnate dell’energia verde Dale Vince – il fondatore di Ecotricity, una delle principali forniture di energia rinnovabile del Regno Unito e ancora oggi main sponsor del team – ha acquistato il club nel 2010. Vince aveva fin da subito una visione chiara per il futuro del club: trasformarlo in un modello di sostenibilità.

A partire dalle basi, cioè il campo di gioco: la prima mossa è stata, non a caso, la trasformazione e riconversione dello stadio Lawn Ground nel nuovo “The New Lawn” (“il nuovo prato”), un campo eco-sostenibile dotato di un sistema di irrigazione alimentato a energia solare tramite un impianto fotovoltaico installato nella tribuna sud, e il prato irrigato in parte con acqua piovana recuperata attraverso un apposito sistema; l’altezza del prato è mantenuta grazie a un tosaerba elettrico, mentre nei parcheggi esterni all’impianto sono presenti diversi punti di ricarica elettrica.

Dopo diversi anni nel New Lawn, la squadra sta pianificando il trasferimento nell’Eco Park, un centro interamente incentrato sulla sostenibilità, dal materiale edilizio alla progettazione all’uso energetico, e includerà spazi aperti e verde, postazioni per biciclette e ricarica per auto elettriche, ma anche collegamenti più frequenti con i mezzi pubblici. Lo stadio, che punta alla certificazione di zero emissioni, sarà alimentato tramite generazione solare in loco ed energia eolica fornita da Ecotricity, mentre la piantumazione di 500 alberi e 1,8 km di siepi, insieme ai prati che circondano lo stadio, darà un contributo a proteggere la biodiversità locale. Dove oggi sorge il New Lawn, inoltre, il progetto prevede di realizzare alloggi a prezzi accessibili e ben connessi al resto della comunità del Gloucestershire.
Non si tratta di questioni di forma, ma di passaggi importanti, se si considera che un grande campo da calcio consuma circa 10mila megawattora (MWh) di elettricità all’anno e fino a 25mila KWh durante una sola partita di 90 minuti, corrispondente all’energia necessaria ad alimentare una dozzina di case per un anno intero.

Altro importante passo in avanti è stato il passaggio all’alimentazione vegetale per tutti i giocatori e le giocatrici: il Forest Green Rovers nel 2015 è infatti diventato il primo club di calcio completamente vegano al mondo. Questa scelta si è tradotta in una dieta più sana per i calciatori – come suggeriscono gli studi e gli esperimenti citati nel documentario The game changers – ma ha anche ridotto l’impatto ambientale della squadra: non solo i pasti dei giocatori, ma anche quelli offerti a personale e tifosi nel chiosco dello stadio sono a base di ingredienti vegetali, e dunque a basso impatto carbonico; infatti, tra gli sponsor della squadra figurano diversi marchi di cibo vegano, come Oatly, noto produttore di bevande vegetali, e Quorn, brand di carne vegetale.

L’attenzione ai trasporti pubblici e alla mobilità ecologica, alla sostenibilità dell’impianto sportivo e dell’alimentazione rendono i Forest Green Rovers una squadra che dimostra in modo esemplare come sia possibile oggi essere un team sportivo impegnato non solo per lo spettacolo e il coinvolgimento emotivo che lo sport regala, ma anche per pratiche di vita più sostenibili e per la loro diffusione, ispirando i tifosi attraverso l’esempio dei giovani calciatori e le altre squadre. Per portare avanti un impegno che è sia ambientale che sociale, con grande attenzione alla comunità, dimostrando che questi due aspetti non possono essere disgiunti.

Il Forest Green Rovers ovviamente non ha intenzione di fermarsi dove è arrivato: il club ha ambizioni di salire di categoria nel calcio inglese e se ci riuscirà c’è da scommettere che anche il suo impegno per l’ambiente troverà un’eco più vasta, dimostrando che il calcio può essere uno strumento di transizione.

Altri esempi positivi nel mondo dello sport arrivano, sempre nel mondo del calcio, dal Tottenham, che ha ottenuto il titolo di squadra più “green” dell’inglese Premier League grazie a iniziative quali la promozione del trasporto pubblico e delle biciclette per raggiungere le partite, della raccolta differenziata e della riduzione dell’uso della plastica, ma anche attraverso l’uso di abbigliamento sportivo in poliestere riciclato e la realizzazione di un’area protetta attorno allo stadio, con due stagni per la fauna selvatica, 25 casette per gli insetti e diversi alloggi per pipistrelli, per promuovere la biodiversità. Il VfL Wolfsburg della Bundesliga tedesca, invece, nello stadio di casa ha implementato energia verde al 100% in tutto il club, utilizzo di bicchieri in bioplastica e iniziative per zero rifiuti in discarica. Tra i calciatori più esposti per l’ambiente, poi, c’è il terzino spagnolo dell’Arsenal Hector Bellerin, vegano e convinto ambientalista che con l’associazione One Tree Planted ha raccolto fondi per piantare 60mila alberi nella foresta amazzonica, nonché azionista proprio del Forest Green Rovers.

Anche fuori dai campi di calcio, però, non mancano gli esempi positivi: il pluricampione di Formula 1 Lewis Hamilton, ad esempio, per i suoi spostamenti personali utilizza un’auto elettrica e non perde occasione di promuovere la pulizia delle spiagge e la lotta contri i rifiuti plastici; vegano in prima persona, inoltre, con altri soci ha investito in Neat Burger, catena di burger vegetali, promuovendo così la riduzione del consumo della carne. Impegno analogo quello della celebre tennista Serena Williams, anche lei vegana e finanziatrice di Impossible Foods, oltre che creatrice di una linea di abbigliamento in pelle vegana, mentre il collega austriaco Dominik Thiem supporta da due anni l’organizzazione 4ocean, impegnata nella pulizia degli oceani e nella creazione di un ecosistema vivibile per la vita marina.

Quello degli sportivi è un esempio doppiamente efficace: da un lato per la loro popolarità e, dunque, capacità di influenzare l’opinione pubblica e dall’altro per la loro capacità di comunicare con fasce di pubblico tradizionalmente non particolarmente sensibili alle tematiche ambientali.

Ius soli sportivo, le società di base in difficoltà: nuovi ostacoli nel tesseramento dei minori stranieri nati in Italia


Passi indietro

In seguito ad alcune modifiche burocratiche al cosiddetto ius soli sportivo, introdotto nel 2016, le società sportive di base stanno nuovamente incontrando molti ostacoli nel tesseramento dei minori figli di immigrati privi della cittadinanza italiana. Il Coni e la Figc stanno studiando delle soluzioni.


L’allarme è partito da una circolare della Lega Nazionale Dilettanti di cinque giorni fa che comunicava alle società dilettantistiche italiane le modifiche burocratiche ai principi dello ius soli sportivo introdotti nel 2016. Si tratta della riforma che eliminava molti ostacoli posti sulla strada della pratica sportiva dei figli degli immigrati ancora privi della cittadinanza italiana.
Non a caso la nuova legge veniva presentata così in Gazzetta Ufficiale: «Disposizioni per favorire l’integrazione sociale dei minori stranieri residenti in Italia mediante l’ammissione nelle società sportive appartenenti alle federazioni nazionali, alle discipline associate o agli enti di promozione sportiva». Un proposito molto nobile e atteso da anni da tantissimi ragazzi e dalle loro famiglie, sponsorizzato da tanti dirigenti sportivi e da alcune forze politiche sensibili al tema. Erano fondamentalmente due i problemi che lo ius soli sportivo alleviava: la difficoltà di iscriversi dei ragazzi stranieri nati in Italia, visto che in molti casi era difficilissimo rinvenire nei Paesi di origine la documentazione necessaria, e la discriminazione a partecipare alle gare individuali nazionali.

C’erano anche i limiti alle convocazioni nelle Under azzurre prima dei 18 anni (quando è possibile ottenere la cittadinanza) che non erano stati rimossi del tutto dalla legge del 2016. Ma quella riforma, al netto dei dettagli da limare, aveva dato una grande speranza a molti “nuovi italiani”. E aveva collocato lo sport in una posizione di avanguardia sul percorso di vera integrazione rispetto ad altri settori della società: non a caso il presidente del Coni, Giovanni Malagò, si era battuto per questa innovazione. Per questo la circolare del 26 settembre ha seminato una notevole apprensione. È successo che l’entrata in vigore a febbraio di quest’anno di un decreto legislativo del 2021 ha complicato nuovamente le procedure di iscrizione facilitate dallo “ius soli sportivo”. Sono stati tutti colti in contropiede da questo cortocircuito legislativo a partire dal ministero dello sport, visto che la norma sotto accusa risale a due anni fa. Il Coni ha messo al lavoro i propri esperti legali per capire esattamente quali potranno essere le conseguenze per le singole Federazioni.

La Figc si è subito mossa per porre rimedio al contenuto della prima circolare. Già venerdì via Allegri ha chiarito che per iscrivere il ragazzo straniero basterà la certificazione di un anno di frequenza scolastica nei dodici mesi precedenti, oltre a una fotocopia del documento di identità di uno dei genitori. Quindi non servirà il certificato di residenza in Italia nell’anno precedente. In questo modo dovrebbe essere stato posto rimedio ai problemi più seri con l’incubo del ritorno alle decine di incartamenti che erano necessari fino al 2016. Il lato positivo di questa delicatissima questione è che spesso le Federazioni possono dotarsi di regolamenti autonomi che agevolano le procedure di tesseramento dei giovani sportivi. In Italia la prima a muoversi in questa direzione è stata la Federazione cricket nel 1992 per ovvie ragioni legate al radicamento di questa disciplina nei Paesi asiatici e quindi agli immigrati in Italia provenienti da quelle zone. Un decennio dopo aveva adottato provvedimenti analoghi la Federazione pallanuoto. Nel caso del calcio esiste una complicazione in più: la necessità di armonizzare le regole sul tesseramento dei minori con quelle della Fifa che intendono scoraggiare la tratta internazionale dei baby fenomeni. Con l’ulteriore aggravante che l’asticella anagrafica posta dalla Fifa è progressivamente scesa col passare del tempo perché le mire dei grandi club europei sono andate sempre più in giù con l’età. La Fifa ha collocato la soglia addirittura a 10 anni per il monitoraggio dei trasferimenti internazionali.

Al di sopra si inizia a presumere che il giovanissimo atleta venga mosso da un Paese all’altro per soddisfare esigenze di calciomercato, non personali o della famiglia. Per questo il via libera viene dato solo in caso di tesseramenti per squadre dilettantistiche che non abbiano legami con club professionistici. Infatti, la Figc ha dovuto chiamare la Fifa per ottenere il semaforo verde alla correzione della circolare della Lnd.

Il paradosso dell’educazione motoria: via al concorso per nuovi docenti, ma in tre scuole su cinque manca una palestra


Scuole senza palestre

Sono quasi 2000 i candidati che stanno per affrontare il concorso per diventare docenti di educazione motoria e insegnare nelle scuole primarie. Peccato che in tre istituti  su cinque non ci sia una palestra a disposizione degli studenti. In Calabria e Sicilia si tocca l’80%.


A breve migliaia di candidati affronteranno le prove del concorso che permetterà loro di diventare docenti di educazione motoria e insegnare nelle scuole primarie. Scuole che in molti, troppi casi, non sono dotate di una palestra. Tuttoscuola fa il punto della situazione analizzando i dati dell’anagrafe dell’edilizia scolastica. In Calabria e in Sicilia l’80% delle scuole primarie sono prive di palestra.

Approvato all’unanimità dal Senato il ddl per la promozione della pratica sportiva nelle scuole e per l’istituzione dei nuovi giochi della gioventù.
“Un provvedimento meritorio e lungamente atteso che non cancella, però, un problema strutturale che tocca soprattutto gli alunni più piccoli – afferma Tuttoscuola -. Sono infatti in arrivo i docenti di educazione motoria alla scuola primaria, ma molti di loro non troveranno una palestra in cui insegnare. Partito il concorso per assumere 1.740 insegnanti di educazione motoria nella scuola primaria, in questi giorni altrettanti supplenti stanno infatti svolgendo attività per la prima volta anche nelle quarte classi, oltre che nelle quinte, come l’anno scorso. Ma dove svolgono la loro attività? In quali palestre o strutture sportive?”.

Tuttoscuola ha esaminato la situazione dei 12.493 edifici scolastici che ospitano scuole primarie e censiti nell’anagrafe aggiornata dell’edilizia scolastica e, tra i diversi gap che segnano l’inizio di questo nuovo anno scolastico, purtroppo si aggiunge anche la mancanza di palestre.
Secondo l’analisi di Tuttoscuola, dunque, il 41,9% degli edifici esaminati (esattamente 5.219) dispone di palestra: praticamente ne sono dotati 2 edifici ogni 5, con la conseguenza che 3 edifici su 5 (58,1%, pari a 7.230) ne sono privi.

In Puglia è dotato di palestra il 62,1% degli edifici scolastici che ospitano scuole primarie; in Liguria il 58,1%, in Toscana il 55,4%, in Lombardia il 50,8%, in Sardegna il 50%, in Veneto il 48,5% e in Molise il 42,6%. Nelle restanti regioni la percentuale di edifici scolastici con percentuali di palestre presenti è sotto la media nazionale del 41,9%.
In fondo a questa non invidiabile graduatoria di edifici dotati di palestra vi sono quelli della Calabria e della Sicilia rispettivamente con il 18,8% e il 22,6%. Per loro il rovescio della medaglia corrisponde alla mancanza di palestra nell’81,2% in Calabria e nel 77,4% in Sicilia.

“Alla luce di questi dati, è doverosa una domanda: dove svolgono educazione motoria gli scolari delle scuole primarie presenti nei 7.230 edifici scolastici privi di palestra? – si chiede in conclusione Tuttoscuola -. Alcuni potranno avvalersi di una struttura vicina utilizzata da una scuola secondaria o in un plesso scolastico distaccato. Ma tutti gli altri? Dovranno arrangiarsi e adattarsi a svolgere educazione motoria (due ore tutte le settimane) in locali di fortuna o in classe”.

Megan Rapinoe lascia la Nazionale Usa: icona del calcio femminile e bandiera della comunità Lgbtq+


Bandiera arcobaleno

A 38 anni, Megan Rapinoe, icona del calcio femminile mondiale, lascia la nazionale. Due volte campionessa del mondo, una volta Pallone d’oro, è stata protagonista anche fuori dal campo, con le sue battaglie in difesa dei diritti della comunità Lgbtq+ e sulla questione del gender gap.


Si conclude così la storia di Megan Rapinoe con la maglia Usa, con la vittoria sul Sud Africa in amichevole per 2-0. Uscita al 54′, alla campionessa è stata tributata una standing ovation da tutto lo stadio di Chicago, lì dove la sua carriera era partita nel 2009. Non verrà ricordata solo per il calcio: bandiera della comunità Lgbtq+, a lungo si è battuta per affrontare la questione del gender gap, in campo e fuori.

Ma certamente non si può lasciare da parte il calcio quando si parla di Rapinoe, lei che – tra le tante altre cose – ha vinto il Mondiale due volte: Canada 2015 e Francia 2019. È stato quest’ultimo l’anno del suo “prime”, che gli valse Scarpa e Pallone d’Oro della competizione iridata, il titolo di Best Fifa Women’s Player e anche il Pallone d’Oro femminile.
E proprio il 2019 fu l’anno di una delle sue prese di posizione più famose, quando rifiutò da campionessa del mondo la visita alla Casa Bianca dell’allora presidente Donald Trump: “Non lotta per gli stessi diritti per cui noi ci battiamo”, disse. Dal canto suo, anche Trump non si era mai risparmiato negli attacchi alla centrocampista. Uno dei più pesanti in occasione dell’ultimo Mondiale, dopo l’uscita degli Usa agli ottavi contro la Svezia. Ai calci di rigore, l’errore di Rapinoe aveva contribuito alla disfatta, e Trump non aveva perso tempo a ironizzare: “Bel colpo Megan”. L’attacco si era poi allargato, arrivando a definire molte giocatrici “apertamente ostili all’America” e la sconfitta “emblematica di ciò che sta succedendo a questo grande Paese sotto il corrotto Joe Biden”.

Queste le parole con cui la capitana Usa ha detto addio alla maglia portata per 17 anni: “So di essere una giocatrice amata. E so che ho fatto molto per il gioco. Ma sentire e vedere questo riconoscimento da parte delle mie compagne di squadra, del nostro staff e certamente dei tifosi, che sono stati una parte così importante del nostro successo dentro e fuori dal campo, è stato davvero speciale”.

Al via la campagna “Rising Together”: promuovere lo sport per tutti attraverso il rugby


Rising Together

Al via la campagna che si rivolge a chi pratica sport e a chi lavora nell’educazione e nelle organizzazioni sportive, oltre che alle istituzioni, utilizzando il rugby come strumento per promuovere il diritto di accesso allo sport per ogni persona, indipendentemente da orientamento sessuale e identità di genere.


In occasione della Settimana europea dello sport 2023 parte la campagna Rising Together, in italiano “Più in alto insieme – Apri il tuo sport a tutti i generi e le sessualità”, nell’ambito del progetto EU SGS, Sport for all Genders and Sexualities, condotto in Italia da AiCS. La campagna si rivolge a chi pratica sport, a chi lavora nell’educazione, ai club, alle organizzazioni sportive, alle NGO, alle istituzioni, alla politica richiamando il diritto di accesso allo sport per ogni persona indipendentemente da orientamento sessuale e identità di genere.

Nonostante la recente depatologizzazione delle persone transgender da parte dell’OMS nel 2018 e le nuove linee guida del CIO del 2021, che hanno vietato l’obbligatorietà dei test ormonali, decisioni come quella della federazione internazionale di Scacchi di bandire le donne trans dalle competizioni femminili hanno fatto molto discutere.

Rising Together utilizza il Rugby come esempio, uno sport fisico spesso associato alla mascolinità, che evidenzia le differenze tra i giocatori per altezza e dimensioni. Queste differenze sono essenziali nel rugby, soprattutto in situazioni come il sollevamento della rimessa laterale, come mostrato nelle immagini della campagna. Nel Rugby, come in molti altri sport, corpi differenti sono un vantaggio, non un punto debole.

Il sessismo e l’omotransfobia sono ancora un problema nello sport: i dati della ricerca Outsport del 2019 hanno dimostrato l’impatto della discriminazione sugli atleti LGBTI, mentre i numeri relativi alle donne nella governance sportiva sono prossimi allo zero.

La campagna prevede azioni sui social media e la pubblicazione di 10 storie di atlete e atleti transgender, intersessuali e di persone loro “alleate” nello sport, in 4 lingue diverse. I risultati e le reazioni delle prime settimane saranno presentati il 9 e 10 novembre a Barcellona, insieme alla nuova ricerca della German Sport University di Colonia, durante il Forum internazionale dello sport amatoriale “Sport Impacts All”, organizzato da CSIT. La campagna proseguirà fino a settembre 2024.

Il Lecce si schiera dalla parte dello sport per tutti: atleti e atlete con disabilità in campo ad ogni pre-partita al Via del Mare


Uniti per lo sport

La squadra del Lecce si schiera dalla parte dello sport per tutti: nel pre-partita delle gare casalinghe di questa stagione, ospiterà le diverse attività sportive paralimpiche del territorio salentino per sensibilizzare i cittadini sull’abbattimento delle barriere architettoniche.

Lo sport deve prima di tutto unire nei valori umani e anche nelle missioni a favore di chi necessita di strutture adeguate per il raggiungimento degli obiettivi. La società civile può fare molto per questo e il Lecce ha scelto di schierarsi dalla parte dei più fragili.
L’U.S. Lecce, infatti, attraverso un comunicato stampa ha fatto sapere che  promuove lo sport senza limiti aderendo al progetto proposto dall’associazione di volontariato “Anna e Walter” per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’abbattimento delle barriere architettoniche e delle barriere culturali.
La finalità dell’iniziativa, a sfondo sociale, è quella di fare informazione relativamente alle potenzialità che lo sport può fare emergere.
Queste le discipline sportive che si alterneranno ad ogni partita dei giallorossi in casa:
Bocce
Basket in carrozzina
Calcio non vedenti
Baskin
Handbike
Scherma
Calcio amputati
Calcio in carrozzina
Tennis da tavolo
Tennis in carrozzina
Calcio dipartimento disabilità mentali
Atletica leggera
Aikido