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Fondo per la non autosufficienza: la Regione Emilia-Romagna stanzia 18 milioni di euro in più


Una buona causa

La Regione Emilia-Romagna ha stanziato 18 milioni di euro in più sul fondo per la non autosufficienza: l’aumento è stato possibile in seguito all’annullamento, causa l’alluvione dello scorso maggio, del Gran Premio di Formula 1 di Imola. Le risorse aggiuntive serviranno a sviluppare la rete dei servizi del welfare sul territorio regionale.

Partono i “Giochi inclusivi” di Insuperabili: gli studenti di Floridia (Siracusa) sperimentano diverse abilità e disabilità


Giochi inclusivi

Parte da Floridia, in Sicilia, il progetto di Insuperabili che farà sperimentare agli studenti diverse abilità e disabilità in una sana competizione. L’iniziativa entra nel vivo a dicembre in tre diversi istituti comprensivi, con il coinvolgimento di tutti gli studenti, disabili e non.


Un progetto pilota che parte da Floridia per poi essere replicato in altre parti d’Italia per permettere agli studenti di sperimentare diverse abilità e disabilità in una sana competizione.

È “Giochi inclusivi a scuola – lo sport per tutti”, iniziativa promossa da Insuperabili nazionale con la sede di Floridia, per favorire una cultura sportiva inclusiva, favorendo il lavoro di rete tra le diverse realtà già attive nella promozione e nella costruzione di una società di tutti e per tutti.

Quattro le fasi principali del progetto: la presentazione dell’iniziativa alla città, i giochi inclusivi d’istituto, il concorso artistico e creativo e i giochi inclusivi di comunità con il convegno “Sport e inclusione – esempi di buone prassi del territorio”.

L’iniziativa entrerà nel vivo a dicembre con i giochi che si terranno nei tre diversi istituti comprensivi con il coinvolgimento di tutti gli studenti, disabili e non, delle classi quarte e quinte della primaria e delle prime e seconde della secondaria di primo grado di ciascun istituto.

La classe che otterrà il punteggio più alto nella competizione interna vincerà la fase dei giochi d’istituto mentre le migliori classificate con un alunno con disabilità potranno accedere al turno finale dei giochi inclusivi, dove sfideranno le classi parallele degli altri istituti.

Agli studenti del liceo toccherà invece fare da tutor  per poi rielaborare l’esperienza vissuta, restituendo il percorso svolto, le difficoltà, i punti di forze e le emozioni vissute attraverso la lettura, la riflessione e la compilazione di una scheda prestrutturata.

La terza fase, che sarà realizzata a febbraio con la collaborazione con l’associazione culturale Focus, prevede l’avvio di un concorso artistico-creativo, “Uno sport per amico – Amici nello Sport”, con l’obiettivo di avviare nei ragazzi una riflessione sul tema lo sport come opportunità di conoscenza di sé e dell’altro, di sperimentazione della difficoltà, della prova, della scelta, del successo.

Il concorso prevede quattro sezioni: disegno artistico, testo letterario, testo musicale, coreografia.

Quindi, ad aprile, sarà la volta della quarta e ultima fase, ovvero i giochi inclusivi di comunità, in cui le classi selezionate nella fase di istituto si affronteranno alla presenza di docenti, famiglie, rappresentanti delle istituzioni, referenti delle associazioni aderenti, per decretare la scuola vincitrice.

Beach volley, le norvegesi dicono no al bikini


Un punto per i diritti

Le giocatrici norvegesi di beach volley, durante le qualificazioni per le Olimpiadi di Parigi 2024 si sono rifiutate di giocare in bikini, appellandosi al regolamento, modificato solo nel 2012, che permette alle atlete di scegliere come vestirsi. 30 anni fa era stato scelto il bikini per “aumentare la popolarità della pallavolo”.


Cina: le norvegesi Olimstad e Sunniva si battono per i loro diritti, previsti dal regolamento, rischiando di perdere le qualificazioni per le Olimpiadi di Parigi 2024
Spesso per le donne battersi per i propri diritti può costare caro. Come accaduto alle due giocatrici norvegesi di beach volley, Emilie Olimstad e Sunniva Helland-Hansen, che hanno rischiato di perdere la qualificazione per le Olimpiadi di Parigi 2024 durante la gara del circuito World Tour in Cina, tenutasi venerdì scorso, perché l’arbitro si era opposto alla loro volontà – e al loro diritto concesso dal regolamento – di giocare in top e short anziché in bikini. “Pensavamo che l’arbitro scherzasse perché conosciamo le regole molto bene, eravamo sicure di aver diritto di giocare in pantaloncini – hanno dichiarato le due giocatrici Olimstad e Sunniva all’agenzia di stampa norvegese Ntb – Lui però era saldo nella sua posizione, dicendo che non avrebbe consentito di farci giocare con l’equipaggiamento sbagliato”.

Le atlete si sono così imposte nettamente per il loro diritto di giocare vestite a loro agio e hanno mandato l’arbitro a studiare il regolamento. Un ordinamento assai discusso, se si considera la motivazione che 30 anni fa portò l’allora presidente della Federvolley Mondiale, Ruben Acosta, ad optare per un abbigliamento ridotto per le atlete: “aumentare la popolarità della pallavolo”. L’ordinamento, per fortuna, fu poi rivisto nel 2012, dopo che alcune atlete musulmane si rifiutarono di partecipare ai Giochi Olimpici di Londra in bikini e che ad oggi consente a tutte le atlete di scegliere come vestirsi: in costume da bagno, in shorts o in pantaloncini.

Nonostante l’esistenza di un regolamento i dibattiti, oltre quello già citato, non sono mancati. Alle Olimpiadi di Tokyo 2021 le atlete tedesche di ginnastica artistica si sono ribellate alla “sessualizzazione dei corpi”, indossando una tuta intera che coprisse tutto il corpo, boicottando il body inguinale. Al contrario, nello stesso anno durante i Mondiali in Qatar, le tedesche Carla Borger e Julia Sude boicottarono per motivi opposti, dopo che la Federvolley aveva loro caldamente consigliato di indossare pantaloni lunghi e maniche lunghe.

Foto di Engin Akyurt

“5 nanomoli” alla 4 Weeks 4 Inclusion: sarà proiettata la storia di Valentina Petrillo, atleta trans e ipovedente


Cinque nanomoli

Stasera, nell’ambito di 4 Weeks 4 Inclusion, maratona di eventi on line dedicati alla diversità e inclusione, in programma la proiezione in streaming di “5 nanomoli – il sogno olimpico di una donna trans”, che racconta la vicenda di Valentina Petrillo, atleta trans ipovedente.


All’interno dell’iniziativa 4 Weeks 4 Inclusion, maratona di eventi on line dedicati alla diversità e inclusione, è prevista la proiezione in streaming del film: l’appuntamento è per martedì 7 novembre alle 21.15. Il film (sottotitolato per non udenti e audionarrato per non vedenti) racconta la storia di Valentina Petrillo, la prima atleta transgender ad indossare la maglia della nazionale italiana in una competizione internazionale. Valentina, che soffre di una malattia genetica alla vista, è un’atleta paralimpica. La sua vicenda di persona transgender e disabile ha fatto da apripista: oggi la questione della partecipazione delle persone transgender nello sport è oggetto di dibattito pubblico, grazie anche alla battaglia personale dell’atleta documentata nel film.

Inoltre, è già stato fissato un altro appuntamento con il documentario: domenica 26 novembre, nell’ambito del Matera sport film festival, presso il cineteatro Il Piccolo, di Matera.
La 4W4I è realizzata da un’alleanza di 400 partner che si alternano in una staffetta di webinar e eventi dedicati alla valorizzazione delle diversità e all’inclusione. Per quattro settimane, dal 12 ottobre al 14 novembre, dalle 8.30 alle 21 verrà costruito un racconto corale per guardare alle diverse esperienze e confrontarsi su come agire l’inclusione. L’obiettivo è testimoniare come la diversità, se riconosciuta, accolta e valorizzata, può diventare un fattore strategico per il business e un valore per tutte le persone.

“5 nanomoli” è prodotto da Ethnos con l’Associazione Gruppo Trans, Daruma Inc., il supporto di Regione Emilia-Romagna, il patrocinio di Arcigay, Uisp, Fispes, Comune di Bologna, Associazione Retinite Pigmentosa, Istituto dei Ciechi Francesco Cavazza, Unione Italiana Ciechi.

Il St. Pauli dice stop ai procuratori per i calciatori minorenni: “È giusto parlare con la famiglia”


Stop ai procuratori

Il St. Pauli, che gioca nel secondo campionato tedesco spiega così la scelta di interrompere i rapporti con i procuratori per i giocatori minorenni: “Se si tratta della crescita sportiva di un ragazzo, è giusto parlare con la famiglia, senza intermediari”.


Un esempio per gli altri. Questa è la speranza del St. Pauli che ha deciso di interrompere ogni tipo di rapporto con i procuratori per quel che riguarda i giocatori minorenni. Il club di Amburgo fa sapere di volersi muovere “contro la capitalizzazione del calcio giovanile”. Da qui in avanti, per quel che riguarda i ragazzi del settore giovanile, il St. Pauli discuterà dei contratti solo con l’aspirante calciatore stesso o con la famiglia. A riferirlo è stata la Süddeutsche Zeitung.

“Non è una decisione che vuole andare contro i procuratori in generale – spiegano dal club -. Ma nel calcio giovanile è importante che si dia valore all’ambiente familiare dei ragazzi. Non devono avere potere le agenzie”. In Germania sono molte le società che si stanno ponendo il problema della commercializzazione del calcio giovanile. Ormai è frequente che già in tenera età i giocatori siano seguiti da procuratori che pensano più al proprio interesse che non a quello dei ragazzi. Molte famiglie si rivolgono alle agenzie nella speranza che questo aiuti gli aspiranti calciatori a sfondare. Ci si concentra più su questo che sull’aspetto tecnico.
“Vogliamo fare il primo passo e speriamo di diventare un esempio per gli altri – spiegano dal St. Pauli -. Se si tratta della crescita sportiva di un ragazzo, è giusto parlare con la famiglia, senza che ci siano filtri o intermediari. Il concetto che seguiamo è anche pedagogico. Siamo convinti che un calcio giovanile diverso sia possibile”. E così il club si è convinto di avviare la rivoluzione. Nella speranza di essere sostenuto dalle altre società.

“Doping dei materiali”: scoppia il caso scioline al fluoro in Coppa del Mondo di sci


Neve pericolosa

Scoppia il caso scioline al fluoro in Coppa del Mondo: a Soelden la norvegese Ragnhild Mowinckel è stata squalificata per l’utilizzo di questa sostanza. Le scioline con una base di sostanze Pfas che rappresentano anche un rischio per la salute e per l’ambiente.


Le scioline con una base di sostanze Pfas fanno volare gli sci, ed è questo il motivo per cui molti le usano, anche non professionisti, ma rappresentano anche un rischio per la salute e per l’ambiente, tanto che la Fis (La Federazione Internazionale di Sci e Snowboard) le ha messe al bando fin dall’inizio della stagione.

Per alcuni una decisione tardiva, ma la federazione, dopo vari avvertimenti di stop, per vietare veramente i prodotti fluorati utilizzati per la preparazione degli sci ha dovuto attendere i risultati dei test condotti proprio dalla Fis a Falun e Tallin. Test effettuati con l’aiuto della Brucker, azienda di strumenti scientifici, e dell’Ibu, l’International Biathlon Union.

Il caso in passato fu sollevato dal giornale francese Equipe che denunciava il rischio dell’impiego di scioline con sostanze perfluoroalchiliche, o Pfas, nello sci nordico. Il vantaggio di queste scioline, ricavate dalla sintesi di sostanze chimiche, è la maggior capacità di scorrere che danno allo sci grazie alla forte resistenza e idrorepellenza. Sostanze usate nell’industria e per impermeabilizzare i tessuti, ma anche per le pentole antiaderenti.

Altro vantaggio è l’applicazione: si possono stendere sulle solette utilizzando un ferro da stiro particolare. Ma è proprio qui il primo problema, infatti il riscaldamento di queste sostanze le rende più volatili con il rischio che vengano assorbite dall’uomo. E proprio l’Equipe portò a sostegno della sua indagine i casi di preparatori del fondo che avevano già accusato gravi conseguenze fisiche.

Studi hanno dimostrato la pericolosità per l’organismo umano e animale di queste scioline. Un preparatore di sci di fondo, che utilizza queste sostanze, rischia disfunzioni del sistema immunitario e tumori. Inoltre per i più giovani crescono i rischi per lo sviluppo cognitivo e neuro comportamentale, per non parlare di disturbi endocrini.

La Fis inoltre, e non per ultimo, ha voluto il divieto delle scioline al fluoro perché ormai si può parlare di “doping dei materiali”, che potrebbe favorire i team più forti e attrezzati.

Photo by Fede Roveda

Basket per il reinserimento sociale: ecco i The Cagers, la prima squadra di detenuti


The Cagers

Il basket come strumento di inclusione e reinserimento sociale: è partito il progetto che darà vita ad una squadra di detenuti che si allenerà a Trieste. Lo staff tecnico sta visitando gli istituti di pena italiani per trovare i cestisti che saranno anche al centro di un doc-movie prodotto da Pantera Film.


La vita e il percorso affrontato dai protagonisti della squadra al di là del muro. Proseguono negli istituti di pena del territorio italiano le selezioni per formare The Cagers, la prima squadra di pallacanestro di detenuti, scelti su tutto il territorio italiano. Lo staff tecnico, composto da Stefano Attruia, Federica Zudetich e Donato Avenia è stato impegnato oggi, martedì 31 ottobre, nel carcere di Pavia per valutare possibili giocatori che, con gli altri, andranno a formare il gruppo che sarà poi trasferito nel penitenziario di Trieste dove si allenerà per un anno come una squadra professionistica. Nella prossima settimana i coach si sposteranno in Puglia per tre tappe negli istituti di pena di Bari (7 novembre), di Brindisi (8 novembre) e di Trani (9 novembre).

L’interesse sul progetto – fanno sapere gli organizzatori – cresce di giorno in giorno ed ecco un’altra importantissima novità. Per dare ampio respiro al progetto sociale ed avvicinare un maggior numero di persone al percorso di trasformazione della squadra, The Cagers sarà anche un doc-movie, diretto da Andrés Rafael Zabala e prodotto da Pantera Film. La vita e il percorso affrontato dai protagonisti della squadra al di là del muro, verrà così ripreso dalle telecamere di una troupe cinematografica. Inoltre, grazie a un confronto con il ministero per lo Sport e i Giovani che, assieme a quello della Giustizia ha dato il proprio patrocinio, è nata la visione e l’organizzazione di un progetto The Cagers dedicato ad altri sport.