Archivi categoria: Sport

Mare e sostenibilità: la Ocean Race sbarca per la prima volta in Italia


“Un mare di sostenibilità”

Arriva per la prima volta in Italia la competizione che sensibilizza sulla sostenibilità dei mari. La partenza della Ocean Race, la più straordinaria e dura regata intorno al mondo, è fissata per il 15 gennaioprossimo da Alicante (Spagna) e l’arrivo è previsto a Genova con il “Grand Finale” dal 24 giugno al 2 luglio 2023, nell’anno del cinquantesimo compleanno.

Nel 2023 The Ocean Race, la più straordinaria e dura regata intorno al mondo, compie 50 anni e per la prima volta nella storia arriverà in Italia. La partenza è fissata per il 15 gennaio prossimo da Alicante (Spagna) e l’arrivo è previsto a Genova con il “Grand Finale” dal 24 giugno al 2 luglio 2023. Genova diventa così capitale mondiale della vela. Nel nuovo Waterfront di Levante sarà allestito l’Ocean Live Park con numerosi eventi e una previsione di oltre 300.000 presenze. Oltre all’arrivo della 14° edizione di The Ocean Race, ci saranno la “In Port Race” e la “The Ocean Race Legends 50th Anniversary Regatta”. E prima che il mondo “arrivi” a Genova sarà il capoluogo ligure a fare il giro del mondo con una “Business Lounge” in ogni tappa in cui verranno promosse le eccellenze del territorio ligure e del “Made in Italy”.
Il giro del mondo è suddiviso in 8 tappe con le seguenti partenze: Alicante (15/1), Capo Verde (25/1), Cape Town (26/2), Itajaí (23/4), Newport (21/5), Aarhus (8/6), Kiel (Fly-by, 9/6), L’Aja (15/6), Genova. Verranno percorse circa 32.000 miglia, attraverso gli oceani Atlantico, Indiano e Pacifico, oltre alle inospitali profondità ghiacciate dell’Oceano Meridionale che circonda l’area prossima all’Antartide. Quella tra Cape Town e Itajaí sarà la tappa più lunga dei 50 anni di storia della regata, una maratona di 12.750 miglia durante la quale le barche passeranno per la prima volta tutti e tre i grandi capi meridionali: Capo di Buona Speranza, Capo Leeuwin e Capo Horn, senza scalo.

“Genova e la Liguria hanno fatto centro, portando per la prima volta in Italia un evento che non è soltanto sportivo”, sottolinea il Ministro Andrea Abodi. “The Ocean Race è molto più di una competizione, è una meravigliosa avventura, che mette in primo piano un settore industriale importante e cerca di salvaguardare l’ambiente. Lo sport può essere al tempo stesso testimone delle dinamiche sociali e strumento di comunicazione formidabile. Sottolineo anche il grande sforzo finanziario che ha sostenuto la città di Genova – prosegue Abodi – 400 milioni di investimento, 150 pubblici e 250 privati per il nuovo Waterfront di Levante. Questo succede perché c’è una visione: non è un fotogramma, ma un film di sviluppo della città. Mi auguro che dal 24 giugno al 2 luglio a Genova ci sia una presenza viva dell’intero sistema Paese, e che per il futuro ci sia una nuova candidatura, perché questi eventi hanno bisogno di continuità nel tempo: meritiamo di più di una tappa finale”.

“L’appuntamento con The Ocean Race – Genova The Grand Finale rappresenta per la Federazione Italiana Vela e per l’Italia una delle tappe più significative del movimento velico internazionale”, spiega Francesco Ettorre, Presidente della FIV. “Come ho già sottolineato più volte, c’è stato un grande impegno per riuscire a far arrivare una delle regate più iconiche a livello mondiale a Genova. Grazie all’impegno di Comune di Genova, Regione Liguria e Istituzioni nazionali, questo è stato possibile. L’arrivo per la prima volta del Grand Finale in Italia spero possa essere stimolo per riuscire ad avere un equipaggio italiano in un prossimo futuro”.

Una straordinaria sfida sportiva, una grande occasione di promozione per Genova e l’Italia nel mondo ma anche un forte progetto di sostenibilità. Dal capoluogo ligure è infatti partito il Genova Process, un percorso che vedrà protagonisti i massimi esperti e stakeholder del settore a livello internazionale per arrivare a redigere la bozza di Carta dei Diritti degli Oceani i cui principi saranno presentati a Genova durante il “Grand Finale” e poi consegnati all’Assemblea delle Nazioni Unite, a New York, nel novembre del 2023.

“Dall’Innovation Workshop di Genova dello scorso marzo – racconta Antonio Di Natale, biologo marino e consulente scientifico del “Genova Process” – ci sono state riunioni bisettimanali, un Summit a Stoccolma, un Innovation Workshop a Cascais e 4 eventi alla United Nation Ocean Conference a Lisbona. Il 5 dicembreprossimo ci riuniremo nuovamente a Genova. A seguire gli appuntamenti di Alicante e Capo Verde. E durante il Grand Finale si terrà a Genova l’ultimo Ocean Summit per la scrittura finale della bozza da portare all’Onu”.

Nell’ultima edizione, The Ocean Race ha attirato 2,5 milioni di visitatori nei villaggi, coinvolto 94.000 ragazzi nel learning program, 20.000 bambini nei workshop sulla sostenibilità e 28.071 ragazzi e adulti nel “Try Sailing”. Sono stati 4.356 I media accreditati per 2,19 miliardi di audience tv news, 2,62 miliardi di lettori sulla carta stampata, 117.129 articoli online, 1,889 miliardi di social media post impressions, 200,7 milioni di social media video views e 168 milioni di interazioni social.

The Ocean Race “Genova The Grand Finale” gode del patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Coni e dell’Unione Stampa Sportiva Italiana. Regione Liguria, Camera di Commercio di Genova, Blue District e Federvela sono i partner Istituzionali. Iren, Rina, Ett e Esselunga sono i partner commerciali.

Mobilità sostenibile, così non va: l’Italia investe nell’auto quasi 100 volte più che nella bici


 

Così non va

L’Italia investe nell’auto quasi 100 volte più che nella bici: 98 miliardi di euro contro poco più di uno per bonus bici e ciclabili urbane ed extraurbane. Il dossier di Clean Cities, Fiab, Kyoto Club, Legambiente chiede maggiori investimenti per colmare il gap con le grandi città europee.

Il risultato è che l’Italia, sul piano della ciclabilità, è il fanalino di coda del contesto europeo: le città italiane hanno una media, secondo i dati Istat, di 2,8 km di ciclabili per diecimila abitanti, con grandi disparità territoriali, da zero km in molti capoluoghi del Centro-Sud ai 12-15 km di Modena, Ferrara, Reggio Emilia, considerando i chilometri medi, superiori, di Helsinki (20 km/10.000 abitanti), Amsterdam (14 km/10.000 abitanti) o Copenaghen (8 km/10.000 abitanti).

“L’Italia, con l’Unione Europea, si è impegnata a ridurre le proprie emissioni climalteranti del 55% entro il 2030. Per farlo è essenziale decarbonizzare rapidamente il settore dei trasporti, che è oggi causa di quasi un terzo delle nostre emissioni di CO2, ma senza rendere le nostre città davvero ciclabili riuscirci sarà molto più difficile”. È questo il punto di partenza da cui Clean Cities, Fiab, Kyoto Club e Legambiente sono partite per la realizzazione del dossier “L’Italia non è un paese per bici”, un ricco documento che mostra come, per colmare il gap con il resto d’Europa, alle città italiane servono 16.000 km di ciclabili in più (rispetto al 2020), per un totale di 21.000 km al 2030. Da una stima prudenziale del fabbisogno economico, l’investimento dovrebbe essere di almeno 3,2 miliardi di euro nell’arco dei prossimi sette anni, pari a 500 milioni di euro all’anno, ovvero appena il 3,5% di quanto già stanziato per il comparto auto e le infrastrutture connesse, ma molto di più di quanto predisposto fino ad ora per la ciclabilità.

La proposta delle organizzazioni rivolta al ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT) e al nuovo Parlamento è quindi di integrare il Piano Generale della Mobilità Ciclistica, approvando un piano straordinario di investimenti per la ciclabilità nella prossima legge di bilancio, con uno stanziamento di 500 milioni di euro l’anno fino al 2030.

Claudio Magliulo, responsabile italiano della campagna Clean Cities, ha commentato: “La nostra analisi ci dice tre cose: uno, che spendiamo tante, troppe delle nostre tasse per sovvenzionare l’uso dell’automobile privata, e pochi spiccioli per dare a tutti la possibilità di muoversi in bicicletta; due, che le nostre città sono ancora molto poco ciclabili, e che vasta parte degli attuali progetti di sviluppo della ciclabilità non sono sufficienti a consentire un vero salto di qualità; tre, che per rendere le nostre città ciclabili davvero basterebbe investire poco più di tre miliardi di euro, tanto quanto stiamo spendendo ogni tre mesi per abbassare un pochino il prezzo di diesel e benzina. Milioni di italiani vorrebbero avere l’opportunità di muoversi in sicurezza usando la bici per raggiungere i propri luoghi di lavoro, di studio o di svago. Ma non possono perché le strade sono il dominio incontrastato delle automobili e mancano infrastrutture adeguate. Facilitare l’utilizzo diffuso e capillare della bicicletta non è solo una priorità dal punto di vista ambientale e climatico, ma anche parte della soluzione all’epidemia di morti per mal’aria e una questione di giustizia e inclusione sociale”.

Le organizzazioni propongono inoltre: la creazione di una struttura tecnica incardinata nel MIT, con budget dedicato, che coordini il Piano nazionale per la ciclabilità; finanziamenti per sharing mobility nelle città poco appetibili per i grandi operatori di bike-sharing; l’istituzione di un fondo per la promozione della ciclabilità con sgravi, incentivi ad hoc e accordi di mobility management con le aziende; l’obbligo per i nuovi progetti infrastrutturali di prevedere connessioni intermodali; la promozione dell’accesso delle bici ai treni regionali con adeguata fornitura di posti e scontistica sugli abbonamenti; una grande campagna di sensibilizzazione sulla bicicletta come mezzo di trasporto per gli spostamenti quotidiani per lavoro e studio; un programma di formazione e sensibilizzazione degli enti locali sui recenti sviluppi legislativi in tema di ciclabilità.

Per la realizzazione del dossier, le organizzazioni hanno analizzato, partendo dai dati Istat, i chilometri di corsie o piste ciclabili per diecimila abitanti al 2020 e i chilometri aggiuntivi previsti da PUMS e biciplan. Nel confronto con le grandi città europee alcune città italiane spiccano in positivo, ma oltre la metà dei comuni capoluogo hanno poche o pochissime ciclabili e sono in classe F o G nel rating proposto (dove A+ è il livello più alto, G il più basso). “Le ciclabili sono cresciute del 20% tra il 2015 e il 2020, ma oltre un terzo dei comuni non ha costruito un solo chilometro in più, o ne ha addirittura rimossi alcuni – affermano le associazioni -. Le disparità territoriali sono grandissime: nella top 10 ci sono solo città del Nord, mentre in coda alla classifica si trovano quasi solo città del Centro-Sud. La buona notizia è che molti comuni hanno piani ambiziosi che in alcuni casi li vedrebbe scalare fino a cinque classi nell’analisi proposta. Ma di piani si tratta, per la gran parte, ed è essenziale che quei numeri su carta diventino tracciati percorsi quotidianamente da chi si sposta in bici per lavoro, studio o piacere”.

Raffaele Di Marcello, consigliere di presidenza di Fiab (Federazione italiana ambiente e bicicletta) e responsabile Centro Studi Nazionale Fiab dichiara: “La situazione infrastrutturale delle nostre città, per quanto riguarda i percorsi ciclabili, è ancora da migliorare. Poche piste ciclabili, spesso non collegate tra loro, e mancanza di una visione che metta insieme pianificazione urbanistica e mobilità sostenibile, rendono difficile, e spesso impossibile, utilizzare la bicicletta come mezzo alternativo all’automobile. Il recente Piano Generale della Mobilità Ciclistica ha ribadito la possibilità di usare altre tipologie di percorsi, oltre alle piste ciclabili, e le indicazioni contenute nel report, se attuate, possono aiutare a colmare le carenze che il nostro Paese ha accumulato negli anni, con l’obiettivo di passare, a breve, dalle piste ciclabili a città a misura di ciclisti”.

Gianni Silvestrini, direttore scientifico del Kyoto Club, ha sottolineato che “i dati del dossier ciclabilità mostrano con chiarezza che le nostre città devono colmare un ritardo notevole rispetto alle più avanzate realtà europee. Nelle nostre aree urbane sono ancora i veicoli a combustione fossile a farla da padrone. È necessaria una vera e propria “rivoluzione culturale” che ponga invece al centro la mobilità attiva, pedonale e ciclabile, ripensando l’utilizzo degli spazi delle nostre città. Insieme alle altre associazioni chiediamo con forza al nuovo Parlamento un Piano straordinario di investimenti per la ciclabilità urbana, per conseguire in pochi anni gli obiettivi indicati puntualmente nel dossier”.

Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente dichiara: “Bisogna cambiare il paradigma della mobilità nelle città, pianificando lo spazio stradale con nuove gerarchie: più spazio a pedoni, ciclisti e intermodalità e meno a spostamenti privati in auto. La bicicletta negli spostamenti brevi e medi è uno straordinario alleato: ricuce i quartieri, connette centro e periferie e rende accessibili spazi condivisi come le stazioni, le scuole, gli uffici pubblici, abbattendo emissioni, congestionamento e incidentalità stradale. Ma servono risorse certe e incentivi stabili che permettano di realizzare connessioni efficienti come insegna la bicipolitana che si sta diffondendo in tutta Italia”.

Il Parlamento europeo contro la Fifa: corruzione “dilagante, sistemica e profondamente radicata”


Ferma condanna

Il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione che definisce la corruzione all’interno della Fifa “dilagante, sistemica e profondamente radicata” e con cui chiede alla Federazione internazionale e al Qatar di risarcire tutte le vittime dei preparativi per i mondiali di calcio.

Secondo le stime, in Qatar vi sono più di due milioni di cittadini stranieri che costituiscono circa il 94% della forza lavoro del Paese. Gli eurodeputati hanno accolto con favore il fatto che, secondo l’Oil (Organizzazione internazionale del lavoro) il governo del Qatar abbia rimborsato 320 milioni di dollari alle vittime di abusi salariali attraverso il Fondo di sostegno e assicurazione ai lavoratori.

Tuttavia, nel testo si deplora l’esclusione di milioni di lavoratori e delle loro famiglie dalla sua applicazione e si chiede di ampliare il fondo in modo da includere tutte le vittime dall’inizio dei lavori correlati alla Coppa del mondo Fifa del 2022, compresi tutti i casi di morte e le altre violazioni dei diritti umani.

Nel testo, approvato per alzata di mano, gli eurodeputati hanno inoltre sottolineato che il Qatar ha vinto la procedura di gara della Coppa del mondo Fifa in un contesto di accuse credibili di corruzione e concussione, e hanno deplorato la morte e gli infortuni di migliaia di lavoratori migranti, principalmente nel settore delle costruzioni, che hanno aiutato il Paese a prepararsi per il torneo.

Il Parlamento ha dunque esortato i Paesi Ue, in particolare quelli con grandi leghe nazionali di calcio, come la Germania, la Francia, l’Italia e la Spagna, a esercitare pressioni sulla Uefa e sulla Fifa affinché quest’ultima si impegni a realizzare riforme fondamentali.

Tra queste, l’introduzione di procedure democratiche e trasparenti per l’assegnazione dei mondiali di calcio e la rigorosa applicazione dei diritti umani e dei criteri di sostenibilità per i Paesi ospitanti. Per proteggere atleti e tifosi e porre fine alla pratica del cosiddetto “sportswashing”, gli eventi sportivi internazionali non dovrebbero essere assegnati ai Paesi che violano i diritti fondamentali e umani e dove la violenza di genere è sistematica, hanno affermato i parlamentari europei.

I deputati hanno condannato anche gli abusi perpetrati dalle autorità del Paese nei confronti della comunità Lgbtq+, incluso l’uso di leggi nazionali che consentono la custodia cautelare delle persone Lgbtq+ senza capi d’imputazione o processo fino a sei mesi. Nella risoluzione, si esorta il Qatar a rafforzare le misure volte a garantire la parità di genere, anche abolendo quel che resta del sistema di tutela delle donne, e a intensificare gli sforzi per conseguire un’equa rappresentanza delle donne nel mercato del lavoro formale.

Sport contro la violenza: domani “Parete di genere”, l’incontro-flash mob di padel


In campo per la parità

Domani incontro-flash mob di padel “Parete di genere” in 11 città, contemporaneamente in 15 circoli sportivi. Il servizio è di Elena Fiorani.

Uniti, sul campo, contro la violenza di genere e contro il gender gap in ambito sportivo. Nel week end doppio appuntamento sportivo nazionale promosso da AiCS – Associazione italiana cultura sport per dire no a discriminazioni e violenze sulle donne. Domani dalle 11, contemporaneamente in 15 circoli sportivi di 11 città da nord a sud Italia, un incontro di padel gigante, al quale parteciperanno coppie miste, per un vero e proprio flash mob sportivo contro la violenza di genere.

A Roma, invece, arriva il campionato nazionale di Mamanet: oltre 200 tra mamme e donne adulte, accompagnate dalle famiglie, per un gioco a metà tra pallavolo e palla rilanciata, uno sport sociale nato in Israele che in Italia coinvolge ad oggi già circa 2mila donne. La sua caratteristica è di mettere al centro la donna adulta e di promuovere la rete tra mamme e donne in generale.

Qatar 2022, la Germania si imbavaglia per i diritti: “Negarci la fascia al braccio è come spegnere la nostra voce”


Imbavagliati

Mani sulla bocca per protestare contro la decisione della Fifa di vietare ai capitani la fascia arcobaleno e la scritta ‘One Love’, durante i Mondiali in Qatar. È il gesto scelto dalla Germania per la foto di rito prima della partita con il Giappone.

Pochi istanti dopo il fischio d’inizio è arrivata la nota della Federcalcio tedesca, diffusa sui social, che spiega il motivo del gesto dei calciatori: “Negarci la fascia al braccio è come spegnere la nostra voce. Sosteniamo la nostra posizione”. Nella nota la federazione scrive che l’idea era quella di “usare la fascia del nostro capitano per prendere posizione sui valori che abbiamo nella nazionale tedesca” ovvero “diversità e rispetto reciproco“. Nella nota si legge che la stessa Germania “con altre nazioni” avrebbero voluto “che la nostra voce fosse ascoltata. Volevamo usare la fascia del nostro capitano per prendere posizione sui valori che abbiamo nella nazionale tedesca: diversità e rispetto reciproco. Insieme ad altre nazioni, volevamo che la nostra voce fosse ascoltata. Non si trattava di fare una dichiarazione politica: i diritti umani non sono negoziabili. Dovrebbe essere dato per scontato, ma non è ancora così. Ecco perché questo messaggio è così importante per noi”.

La Germania ha preso molto seriamente il divieto della FIFA di indossare la fascia arcobaleno, reagendo in campo e con una decisa presa di posizione sui social. Non potendo essere indossata da Neuer in campo la fascia è stata portata dal ministro dell’interno tedesco, presente sugli spalti.

Invece, in una conferenza stampa improvvisata, il presidente della Federazione calcistica danese, Jesper Moller, ha lanciato il suo atto d’accusa nei confronti della Federazione internazionale, che in Qatar ha vietato la fascia arcobaleno per i diritti Lgbtqi+.

La Federazione della Danimarca non sostiene più il presidente della Fifa, Gianni Infantino. In una conferenza stampa improvvisata, Jesper Moller, numero uno del calcio a Copenaghen, ha lanciato il suo atto d’accusa nei confronti della Federazione internazionale e minacciato anche azioni legali. Il casus belli è il divieto della Fifa a indossare la fascia arcobaleno con la scritta “One Love” per i diritti Lgbtqi+ durante i Mondiali in Qatar. La Danimarca è tra le federazione che già durante l’estate aveva chiesto il via libera all’iniziativa per manifestare il sostegno alla comunità. La Fifa e il suo presidente Infantino però a Mondiali già iniziato hanno risposto no, annunciando l’ammonizione (con rischio squalifica) – oltre alla normale multa – per i capitani delle squadre che non avessero indossato una fascia autorizzata.

Le Federazioni europee – Inghilterra, Germania, Belgio, Francia, Galles, Svizzera e Danimarca – hanno dovuto piegarsi alla volontà di Infantino e alle regole in vigore in Qatar. Non senza polemiche: durante la foto di squadra prima della partita d’esordio ai Mondiali, i giocatori della Germania hanno messo la mano alla bocca per simulare il “bavaglio” della Fifa. La Danimarca invece ha deciso per una presa di posizione più netta, che ora potrebbe scatenare un terremoto ai vertici del pallone. Il presidente della Federazione Moller ha annunciato che non sosterrà più Infantino e che quindi non voterà a suo favore alle elezioni previste per il prossimo anno. Poi ha aggiunto: “Siamo in una situazione straordinaria. Non sono solo deluso, sono anche arrabbiato. Cercheremo chiarimenti legali a seguito di queste pressioni“, ha dichiarato Moller.

Le sue parole sono durissime: “Ci sono le elezioni presidenziali della Fifa. Ci sono 211 paesi e l’attuale presidente ha dichiarazioni di sostegno da 207 paesi. La Danimarca non è tra quei paesi”. Moller ha anche svelato che la Danimarca, insieme ad altre Federazioni europee, sta pensando anche a un atto di forza contro la Federazione internazionale: “Ne stiamo discutendo da agosto. Devo pensare a come ripristinare la fiducia nella Fifa. Dobbiamo valutare cosa è successo e poi dobbiamo creare una strategia, anche con i nostri colleghi”. Il caos provocato dai Mondiali in Qatar e dalla decisioni di Infantino è destinato a durare oltre il 18 dicembre.

Calcio, la battaglia della Campagna Abiti Puliti: operai aspettano da Adidas milioni di dollari in indennità e salari non pagati


Abiti Puliti

È la campagna che chiede ad Adidas di pagare gli operai e le operaie che producono scarpini e palloni da calcio e aspettano milioni di dollari in indennità e salari non pagati a fronte degli 800 milioni utilizzati per essere sponsor Fifa.

“I Mondiali Fifa sono costruiti sullo sfruttamento dei lavoratori e delle lavoratrici. Ora tocca ad Adidas, alla Fifa e ad altri pagare il prezzo del loro sfruttamento”. La Campagna Abiti Puliti fa sentire la sua voce a proposito del Mondiali di calcio in Qatar, appena iniziati.

Per la Campagna, “gli operai e le operaie che producono kit, scarpini e palloni da calcio per Adidas aspettano milioni di dollari in indennità e salari non pagati. Se Adidas è disposta a spendere 800 milioni di dollari per sponsorizzare la Fifa, perché non può spendere 10 centesimi in più per ciascun prodotto per porre fine al furto salariale nella sua catena di fornitura?”.

La Campagna Abiti Puliti ricorda che il 18 agosto, giorno del compleanno di Adidas, lavoratori, lavoratrici, attivisti e attiviste di tutto il mondo, in oltre 10 paesi, hanno contattato i dirigenti di Adidas, chiedendo loro di rispondere alle richieste della coalizione Pay Your Workers, coordinata in Italia dalla Campagna Abiti Puliti, e di firmare un accordo vincolante per: pagare alle lavoratrici il salario intero spettante per tutta la durata della pandemia; assicurarsi che le lavoratrici non restino mai più senza un soldo se la loro fabbrica fallisce, sottoscrivendo un fondo di garanzia che copra il trattamento di fine rapporto; tutelare il diritto delle lavoratrici ad organizzarsi e a negoziare collettivamente. Adidas si è rifiutata di negoziare – sottolinea la Campagna – e ora è il momento di aumentare la pressione. In tutto il mondo, ci saranno manifestazioni in solidarietà con i sindacati contro Adidas”.

Dal 24 al 30 ottobre 2022 migliaia di persone sono scese in piazza in tutto il mondo per chiedere ad Adidas di assumersi le sue responsabilità. “Adidas sta lasciando i lavoratori e le lavoratrici della sua catena di fornitura senza i pagamenti dovuti nel bel mezzo di una pandemia – ricordano i promotori della Campagna -. Adidas sostiene che tutto va bene, ma le lavoratrici non sono per niente d’accordo. Solo per otto fabbriche fornitrici in Cambogia, il marchio deve alle sue lavoratrici 11,7 milioni di dollari di salari per i primi 14 mesi della pandemia, pari a 387 dollari ciascuno”.

Non solo: “Anche le lavoratrici che non producono più abiti per Adidas aspettano i loro soldi. Per esempio le operaie della fabbrica Hulu Garment in Cambogia, licenziate all’inizio della pandemia, aspettano ancora 3,6 milioni di dollari. Nel maggio del 2022, 5600 lavoratori di un altro fornitore Adidas in Cambogia hanno scioperato per i salari non pagati e la fabbrica ha reagito facendo arrestare i leader sindacali. Questo furto salariale e delle indennità di licenziamento si estende ben oltre la Cambogia, lungo tutta la catena di fornitura globale di Adidas. Eppure Adidas sa bene di avere la responsabilità di garantire che i lavoratori della sua catena di fornitura ricevano quanto dovuto. Nel 2013, ad esempio, ha pagato le lavoratrici della PT Kizone in Indonesia, che hanno lottato per due anni per ottenere 1,8 milioni di dollari di liquidazione che gli spettava dopo aver perso il lavoro”.

“È ora che Adidas firmi un accordo vincolante su salari arretrati, liquidazioni e libertà di organizzazione per garantire che i lavoratori della sua catena di fornitura non vengano mai più derubati del denaro che si sono guadagnati – conclude la Campagna Abiti Puliti -. Il mancato pagamento della liquidazione è endemico nell’industria dell’abbigliamento globale. È giunto il momento di fare pressione sui marchi per portarli una volta per tutte al tavolo delle trattative e firmare”.

Iran, la foto senza hijab della squadra di basket femminile Canco: in posa a sostegno delle proteste


In posa

Sedici donne senza l’hijab: la battaglia delle giocatrici di basket e dello staff tecnico è racchiusa in una foto  senza velo che è un gesto di vicinanza alle proteste per i diritti delle donne. E’ quello che ha scelto di fare la squadra di pallacanestro femminile Canco, del campionato iraniano. Un atto di coraggio che sta raccogliendo solidarietà e vicinanza sui social network.

A volte un’immagine è più forte di cento gesti. E di mille parole. La squadra di basket femminile Canco, del campionato dell’Iran, si è fotografata senza l’hijab, il velo tradizionale. Al completo, 16 donne, giocatrici e staff tecnico. Una protesta contro il regime di Raisi e le proteste per i diritti delle donne represse nel sangue. Secondo Human Rights sono circa 350 le persone uccise dalla polizia di Teheran dall’inizio delle manifestazioni.

Un atto di coraggio, dunque, che sta raccogliendo solidarietà e vicinanza sui social network. “Insegna a tua figlia – ha scritto su Instagram l’allenatrice, Farzaneh Jamami – che cose come i ruoli di genere non sono altro che sciocchezze. Insegna che sei una persona preziosa e insostituibile. Se ti dicono il contrario, non crederci. Dì loro: “Non nasconderti. Alzati, tieni la testa alta e mostra loro cosa sai fare!” Digli che sei potente e capace. Che sei una donna libera”.

Qatar 2022, Uisp e Arci commentano in apertura dei mondiali: “Senza diritti non chiamatelo gioco. E neppure sport”


Palla avvelenata

“Senza diritti non chiamatelo gioco. E neppure sport”. E’ il commento di Uisp e Arci sui Mondiali in Qatar, iniziati ieri. “Dove non c’è garanzia di diritti umani e civili, di attenzione alla salute del pianeta, di libertà di informazione – spiegano – non può esserci spazio per lo sport messaggero di pace, libertà e convivenza tra i popoli”.

#Facciamosquadra: l’iniziativa di Libera che ha fatto incontrare campioni dello sport e studenti


#Facciamosquadra


In
corso a Roma l’iniziativa di Libera che ha fatto incontrare campioni dello sport e studenti. Una mattinata di dialogo aperto sui tanti aspetti che lo sport sta vivendo, dalla lotta al doping a quella contro ogni forma di violenza e razzismo. 

Un’occasione d’incontro e di dialogo aperto sui tanti aspetti che lo sport sta vivendo, dalla lotta al doping a quella contro ogni forma di violenza e razzismo. Nella consapevolezza che proprio la difesa dei valori fondamentali dello sport sia un modo per crescere una gioventù più attenta e responsabile.

Saranno presenti per le Fiamme Gialle, Domenico Montrone, medaglia olimpica di canottaggio, Oxana Corso, campionessa olimpionica paraolimpica, Max Mandusic, campione italiano salto con l’asta; per le Fiamme Azzurre: Clemente Russo,vicecampione olimpico pugilato Pechino 2008 e Londra 2012, Oney Tapia, atletica leggera paraolimpica; per il Centro sportivo Carabinieri: Flavio Bizzarri, nuotatore, Enrica Rinaldi, medaglia di bronzo campionati europei di lotta; per le Fiamme Oro Maria Centracchio, judoka,bronzo olimpiadi di Tokio;Vincenza Petrilli, campionessa Arciere paraolompica, oro Tokio. Coordinerà Lucilla Andreucci, ex maratoneta azzurra e referente Sport per Libera. Sarà presente per il Dipartimento di Pubblica Sicurezza, il dott. Montini. Chiuderà la mattinata la testimonianza di Susy Cimminiello, familiare di vittima innocente delle mafie.

L’iniziativa rientra tra le attività previste dal protocollo tra Dipartimento Pubblica Sicurezza e Libera per la promozione di attività culturali ed educative aventi ad oggetto la diffusione della cultura della legalità e della responsabilità in favore di studenti e cittadini.