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Cutro: la pietas passa per l’accoglienza e per le azioni, non per una canzone

di Redazione GRS


 

Le voci fuori ad una delle scuole in Iran colpite da gas che ha provocato malori per le studentesse e rischiato la strage: eseguiti 100 arresti ma la versione del regime sulle cause apre a molti dubbi.

Oggi torniamo a parlare di migranti e sbarchi. Le vittime del naufragio a Cutro sono salite a 79 e sono ancora corpi di bambini a riemergere dall’acqua. Sabato scorso un minuto di raccoglimento in memoria delle vittime ha concluso la manifestazione “Fermare le stragi in mare subito” promossa dalla rete Asilo a Steccato di Cutro. Il corteo con oltre 5000 persone provenienti da varie regioni, si è fermato sulla spiaggia di Steccato dove è stata lasciata una corona di fiori alla presenza di numerosi sindaci ed amministratori della Calabria e di altri comuni italiani.

Nelle stesse ore è andata in scena una polemica per il video diffuso sui social dove la premier Meloni e il ministro Salvini cantano la Canzone di Marinella alla festa per il compleanno del leader leghista. Qualcuno ha parlato di mancanza di pietas, anche se al di là delle baruffe su twitter la vera risposta che manca è come mai nessuno membro del governo sia andato a omaggiare quelle bare come ha fatto il Capo dello Stato o cosa serve un consiglio dei ministri sul posto per parlare unicamente di scafisti. Più che una canzone sono gli atti istituzionali che vanno verificati. E lo spiega anche un religioso come il presidente della Conferenza episcopale italiana cardinale Matteo Maria Zuppi presente a Bologna per l’arrivo delle bare. Ascoltiamo.

Proprio sul ruolo e sulle azioni istituzionali ha parlato Mimmo Lucano, ex sindaco di Riace, presente alla manifestazione di sabato a Cutro. Ascoltiamo.

Ascolta Ad Alta Velocità, rubrica quotidiana a cura di Giuseppe Manzo – giornale radio sociale

La crisi sociale: ecco come il reddito di cittadinanza è antidoto contro la povertà

di Redazione GRS


 

 

Oggi parliamo della situazione sociale nel nostro Paese. Il governo è pronto a sopprimere il Reddito di cittadinanza e l’Istat ha diffuso il rapporto su “Mercato del lavoro, redditi e misure di sostegno” che contiene anche i numeri del RdC relativi al 2020 e 2021. E ne evidenzia il ruolo nel contrasto alla povertà.

Nel 2021 il 5,3% delle famiglie ha percepito il RdC e quasi la totalità in modo “persistente”, ovvero ne aveva già beneficiato anche nel 2020 (5,2% delle famiglie totali).  I numeri sono in tal senso significativi: “Si stima che nel 2021 il Reddito di cittadinanza abbia riguardato il 6,3% delle famiglie italiane, con incidenze più elevate fra quelle residenti nel Mezzogiorno (12,7% nel 2021, in aumento rispetto al 10,8% nel 2020) e con una intensità di istruzione bassa (9,1%, era l’8% nel 2020).

Una delle conseguenze immediate della povertà relativa o assoluta è l’indebitamento. Movimento consumatori e Acli hanno presentato ieri i risultati del progetto Riparto. In 22 mesi di attività, si sono rivolti alla help line nazionale oltre 1.727 consumatori e piccole imprese con problemi legati all’indebitamento. Gli sportelli territoriali hanno assistito 2.467 sovraindebitati.

Su un campione di 574 utenti, 58% erano uomini tra i 36 e i 55 anni (45%) e tra i 56 e i 70 anni (35%). Più della metà dei partecipanti all’indagine è in possesso di un titolo di studio di media superiore, il 30% di una licenza media inferiore, mentre è residuale l’utenza con livelli alti (laurea 10%) o elementari (5%) di istruzione. La concentrazione maggiore di casi, in termini assoluti, si è registrata nelle aree urbane del centro-sud (Roma, Napoli, Reggio Calabria). Ascoltiamo Tiziano Treu, presidente del Cnel.

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Riutilizzo beni confiscati: un modello alternativo di sviluppo territoriale

di Redazione GRS


 

Questo è il momento in cui in Pakistan la polizia ha lanciato lacrimogeni sulla manifestazione in occasione della Giornata internazionale della donna.

Oggi parliamo di beni confiscati. Un popolo variegato di associazioni, cooperative sociali, del mondo del volontariato dalla Lombardia alla Sicilia protagonisti della trasformazione da beni in mano alle mafie a beni comuni e condivisi.

In occasione dell’anniversario della legge n. 109/96 per il riutilizzo pubblico e sociale dei beni confiscati alle mafie, Libera ha censito le esperienze di riutilizzo sociale dei beni confiscati. Sono 991 soggetti diversi impegnati nella gestione di beni immobili confiscati alla criminalità organizzata, ottenuti in concessione dagli Enti locali, in ben 18 regioni, in 359 comuni.

Una rete di esperienze in grado di fornire servizi e generare welfare, di creare nuovi modelli di economia e di sviluppo, di prendersi cura di chi fa più fatica. Più della metà delle realtà sociali è costituito da associazioni di diversa tipologia (525) mentre le cooperative sociali sono 217 (con 5 cooperative dei lavoratori delle aziende confiscate e 26 consorzi di cooperative).

Libera con la ricerca “Raccontiamo il bene” – Le pratiche di riutilizzo sociale dei beni confiscati alle mafie vuole raccontare, dopo ventisette anni, il Belpaese, dove in silenzio, opera  una comunità alternativa a quelle mafiosa, che lavora e si impegna a  realizzare un nuovo modello di sviluppo territoriale. Ascoltiamo Tatiana Giannone, referente beni confiscati di Libera.

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