Archivio Fabio Piccolino

La prima metà dell’anno

di Fabio Piccolino


corner

In questa sua prima metà, il 2016 è stato un anno difficile, in bilico tra paure vecchie e nuove e desiderio di rinnovamento.

 

L’Europeo di calcio in Francia scandisce il passaggio tra la prima e la seconda parte dell’anno: mentre si giocano le partite le elezioni amministrative ridisegnano il quadro delle città italiane, la replica di quelle politiche in Spagna tenta di trovare una soluzione all’ingovernabilità, mentre il Regno Unito decide di uscire dall’Unione Europea. Paradossale nell’anno in cui a partecipare agli Europei ci sono contemporaneamente l’Inghilterra e i sorprendenti Galles e Irlanda del Nord.

 

Fino a qualche anno fa, gli appuntamenti calcistici estivi erano per gli appassionati di calcio una vera manna dal cielo: durante i Mondiali o gli Europei ci si poteva immergere nella competizione fino a guardare tre partite diverse al giorno, mentre oggi, nell’epoca dei social e della tv digitale, l’intera competizione si può seguire solo sulla tv a pagamento, perché il servizio pubblico garantisce la visione di una sola partita al giorno.
Peccato, perché gli Europei di quest’anno sono molto tattici ed equilibrati, e spesso danno vita a partite piuttosto noiose: gli incontri trasmessi dalla Rai sono quelli di maggior richiamo, ed inevitabilmente, molte cose sono rimaste fuori dalla visione in chiaro. Dirette più o meno soporifere di 1-0 striminziti, o gli 0-0 tra Germania e Polonia, Portogallo e Austria, Svizzera e Francia, Slovacchia e Inghilterra, fino all’ottavo di finale tra Croazia-Portogallo, dove nei tempi regolamentari si contano zero tiri in porta per entrambe le squadre.
Al contempo, ci siamo persi un sacco di cose belle: il vorticoso 2-2 tra Repubblica Ceca e Croazia (con protagonismo ultras annesso), lo spettacolare 3-3 tra Ungheria e Portogallo (con il gol di tacco di Cristiano Ronaldo), la bellissima rovesciata di Shaqiri in Svizzera – Polonia.
Non è andata in onda neanche la sfida tra Albania e Romania, in un paese dove ci sono un milione di romeni e cinquecentomila albanesi.

L’ironia diventa così un rifugio affidabile: per la generazione cresciuta con Mai dire gol, l’appuntamento naturale è quello allestito su Rai 4 dalla Gialappa’s Band. Proviamo a prenderla a ridere, che il 2016 non è stato per niente tenero finora.

 

Oppure, con una colonna sonora all’altezza della situazione. La prima metà dell’anno ci ha già tolto moltissimo, con le scomparse premature di troppi artisti, tra cui David Bowie e Prince.

Per fortuna però ha anche elargito dischi interessanti: io ve ne consiglio sei.

 

L’imprevedibile convivenza di generi e sperimentazioni nel nuovo album degli Animal Collective, “Painting with“. Il posto giusto dove trovare rifugio dalle banalità.

 

Il ritorno degli Afterhours che con “Folfiri o Folfox” rimescolano le carte per fare in modo che l’idea che abbiamo di loro sia sempre mutevole, e probabilmente migliore delle precedenti.

 

Here be monster” dei Motorpsycho: tra gli artisti più prolifici e vari degli ultimi anni, mettono insieme un altro mattone da conservare per la sua compattezza.

 

L’esordio solista di Francesco Motta che con “La fine dei vent’anni” tira fuori un lavoro moderno e maturo, scritto con cuore e cervello.

 

I Radiohead e il loro affresco imponente, che ci ricorda da dove viene molta della musica degli ultimi anni. “A moon shaped pool” ha davvero tante cose da dire.

 

I Last Shadow Puppets, perché “Everything you’ve come to expect” è album pieno di canzoni che dureranno nel tempo, per cui il 2016 è soltanto un punto di partenza.

Sud Sudan alla fame

di Fabio Piccolino


fame-sud-sudanLa guerra civile in Sud Sudan sta causando una gravissima carenza di cibo. Secondo la Fao nel paese africano ci sono forti problemi di malnutrizione e livelli catastrofici di insicurezza alimentare. A essere più colpite sono soprattutto le zone dove il conflitto è più acceso, nelle quali il cibo si sta rapidamente esaurendo.

I prezzi delle derrate alimentari sono cresciuti vertiginosamente  a causa dell’enorme svalutazione della moneta locale, la sterlina sudanese: il cibo si esaurisce rapidamente e i combattimenti non cessano.

La Fao ha spiegato che “l’insicurezza alimentare tocca, ormai, zone considerate relativamente stabili, mettendo in evidenza l’impatto globale del conflitto in tutto il Paese. L’intensificazione dei combattimenti mette la prossima stagione agricola a rischio e tutto ciò potrà avere un impatto negativo sulla sicurezza alimentare nell’insieme del Sud Sudan”.

Il conflitto tra le fazioni del presidente Salva Kiir e del suo vice Riek Machar non cessano e non si  vedono, per ora, spiragli che facciano pensare ad una risoluzione della crisi.

10 cover belle di Fabrizio De André

di Fabio Piccolino


deandreE’ da un po’ che mi frulla in testa di scrivere qualcosa su Fabrizio De André e mi piace farlo senza che ci sia, come si fa in questi casi, una ricorrenza particolare, come l’anniversario della nascita o quello della scomparsa.

 

Dentro la mia vita Fabrizio De André ha un posto ben definito, a metà tra la persona cara e la guida spirituale; è qualcuno su cui poter contare sempre quando le cose sembrano non avere una spiegazione, insieme al conforto delle proprie piccole cose quotidiane.
Non sono uno di quelli cresciuti con la sua musica, con i dischi e le cassette dei genitori ascoltate in automobile, come per molti della mia generazione. Ai miei piaceva Lucio Battisti ma in generale, non sono mai stati affezionati in modo particolare a nessun artista tanto da tramandarlo a me e mio fratello.
Ho ignorato De André fino all’adolescenza, conoscendo di traverso le sue opere più famose e  ascoltandolo distrattamente quando c’era l’occasione.
Mi piace pensare che Fabrizio mi sia venuto a cercare, con un’ insistenza sempre maggiore.
C’è stato un periodo in cui tutti mi parlavano di De André, tanti piccoli segnali verso la stessa direzione. In ogni caso percepivo qualcosa di forte: chiunque me ne parlasse lo faceva con una spinta e un calore che non potevano restare indifferenti, come se non fosse solo musica, non fossero solo canzoni. C’era qualcosa di più. Qualcosa che ho scoperto piano piano dal giorno in cui ho iniziato a entrare nel suo mondo e nei suoi racconti. Un’esperienza ha cambiato il mio modo di relazionarmi con la realtà.

 

Per tutte queste ragioni, ho sempre creduto che interpretare i brani di Faber non è mai un’operazione semplice. Alcuni ci sono riusciti efficacemente, altri meno.
Così ho pensato di raccogliere dieci cover di canzoni di De André, ben fatte e rispettose del suo spirito e della sua arte. Almeno secondo me.

 

Diodato – Amore che vieni, amore che vai
Ho conosciuto Antonio Diodato per caso, durante un concerto in cui lui e la sua band suonavano in apertura di un altro musicista.
La sua voce e il suo carisma mi conquistarono subito. Ma quello che mi fece dare un peso specifico al suo spessore artistico fu questa, struggente e bellissima cover, dopo qualche anno finita nella colonna sonora del film “Anni felici” di Daniele Luchetti.

Afterhours – La canzone di Marinella
Nel corso del tour dell’album “Quello che non c’è”, gli Afterhours cominciarono ad inserire in scaletta (spesso in apertura dei live) La Canzone di Marinella, anche questa divenuta colonna sonora, stavolta del film “Lavorare con lentezza” di Guido Chiesa.
Questa versione, elettrica e marziale, mi è sempre sembrata molto diretta.

Pfm e Antonella Ruggiero  – Tre madri
La storia della collaborazione tra la Premiata Forneria Marconi è Fabrizio De André attraversò gli anni 70 e culminò con l’indimenticabile tour del 1978: il miglior cantautore dell’epoca insieme alla migliore band in circolazione, per una serie di concerti immortalati in due dischi live e arrangiamenti tanto perfetti da essere riproposti da De André in tutta la sua carriera successiva.
25 anni dopo la band tornò a riproporre quei brani: il tour “Pfm canta De André” durò diverse stagioni e fu un successo di critica e pubblico.
Tre madri è uno dei pezzi più intensi del concept “La buona novella” del 1970. La voce meravigliosa di Antonella Ruggiero la impreziosisce ancora di più.

Eugenio Finardi – Il ritorno di Giuseppe
“La buona novella” è forse il disco che preferisco della produzione di De André.
L’allegoria sulla vita di Gesù che unisce poesia, umanità e politica resta una delle opere più attuali della musica italiana.
Eugenio Finardi intepreta qui uno dei brani più significativi di quell’album, riuscendo ad esprimere in pieno le atmosfere che lo caratterizzano.

Francesco Di Giacomo e Morgan – Bocca di rosa
Nel 2005 Morgan decise cimentarsi nell’interpretazione e nel ri-arrangiamento di un altro concept fondamentale di Fabrizio De André, “Non al denaro, non all’amore né al cielo”, ispirato alla raccolta di poesie di Edgar Lee Masters “Spoon River Anthology”, con un disco che ne segue fedelmente la scaletta originale.
Oltre a questo omaggio, Morgan si è avvicinato più volte nel corso della sua carriera alla musica di Faber; qui in coppia con il compianto Francesco di Giacomo del Banco del Mutuo Soccorso, per una bella versione di Bocca di Rosa.

Kutso – Canzone dell’amor perduto
Insieme a La canzone di Marinella, la Canzone dell’amor perduto è forse il brano di De André più suonato da altri artisti.
Tra le molte cover mi piace sottolineare quella dei KuTso, contenuta nel loro album d’esordio, per la vivacità e la freschezza delle soluzioni sonore.

Discoverland – La guerra di Piero
Discoverland è un progetto che nasce dalla collaborazione tra Roberto Angelini e Pier Cortese con l’obiettivo di sperimentare riscoprendo pezzi importanti di musicisti e cantautori italiani e stranieri.
La loro versione de La guerra di Piero è molto diversa dall’originale ma non priva di fascino ed appeal.

Clementino – Don Raffaè
Durante la serata del mercoledì del Festival di Sanremo 2016, dedicata alle cover di brani celebri,  il rapper Clementino decise di cimentarsi nel non semplice compito di proporre il brano Don Raffaè.
Esperimento riuscito: personalizzata ma non snaturata, la canzone acquista qui una nuova veste, molto applaudita all’Ariston ed apprezzata dal pubblico.

Piero Pelù – Il pescatore
Per il decennale della scomparsa di Faber, nel 2009, Fabio Fazio dedicò una puntata speciale del suo Che tempo che fa al ricordo di numerosi artisti ed amici di Fabrizio.
Tra le interpretazioni da ricordare, la delicata Il Pescatore di Piero Pelù (negli anni successivi poi resa molto più energica nel live)

Cristiano De André e Mauro Pagani – Crêuza de mä
Il momento più emozionante dello speciale di Fazio fu senza dubbio quello finale. Cristiano De André e Mauro Pagani, in collegamento dal porto antico di Genova, eseguono una calda versione acustica di Crêuza de mä.
Atmosfere e suggestioni difficilmente descrivibili a parole.

Bonus track:

 

Runa Raido – La domenica delle salme
La domenica delle salme è forse il brano più politico e al contempo criptico di De André: un racconto appassionato e  doloroso della situazione sociale e politica a cavallo tra gli anni 80 e gli anni 90.
Nel disco “Il primo grande caldo” i Runa Raido la ripropongono in una inedita versione rock di grande impatto.

L’Italia immobile di Sanremo

di Fabio Piccolino


salamoia2All’inizio di questa edizione di Sanremo, Virginia Raffaele, nei panni ben riusciti di Sabrina Ferilli, ha scherzato su quanto il Festival sia uguale a quello del 1996 in cui la showgirl romana ha partecipato come valletta.
Vent’anni fa c’erano Elio e le storie tese ed Enrico Ruggeri, quest’anno pure”.
E’ una battuta che mi ha fatto riflettere: cos’è cambiato su quel palco negli ultimi vent’anni?

 

Non la qualità degli artisti in gara, con un numero variabile di eccezioni in ogni edizione.  In ogni caso, vent’anni fa non c’erano i talent show, a quanto pare il più grosso serbatoio di facce nuove. Quest’anno ne contiamo addirittura 8 su 20 (9 se consideriamo il nuovo cantante dei Dear Jack).
Cosa rimane e cosa vola via col tempo: in quest’epoca di consumismo musicale, è divertente l’esperimento dei bravissimi Oblivion che in medley a cappella ci fanno ascoltare tutti i brani vincitori in appena cinque minuti.
Vent’anni fa c’erano anche Aldo Giovanni e Giacomo (25 per l’esattezza) anche se mai prima d’oggi sul palco dell’Ariston, come ci tiene a sottolineare il conduttore Carlo Conti. Ma il pezzo che propongono (“Pnor figlio di Kmer”) è così vetusto che più che risate fa scaturire ricordi e sbadigli.
Lo sguardo al passato continua con Laura Pausini, ieri in gara e oggi superospite, che duetta con l’impacciata sé stessa del 1993.
Anche vent’anni fa si diede il timone a un conduttore “affidabile”: ma più del Pippo Baudo di ieri, il Carlo Conti di oggi è così scialbo da risultare superfluo. Equilibrato fino all’estremo, non incide, non fa domande interessanti agli ospiti, e riempie il teatro e le televisioni degli italiani di tanta, sempre affidabile, banalità.

 

Guardare al passato  senza affrontare il futuro. Il festival capita quest’anno in contemporanea all’acceso dibattito sulla legge Cirinnà. Sul palco, più di un artista espone i colori arcobaleno, a sostegno di una sacrosanta battaglia di civiltà. Forse sono più di venti, gli anni di ritardo del nostro paese sul tema delle unioni tra persone dello stesso sesso, ed è triste pensare che i diritti non siano assodati ma ancora motivo di dibattito e divisione.
Fuori dalla fascia protetta (guai a mostrarlo in prima serata), sale sul palco Elton John, scelta pluricriticata nelle settimane precedenti (o polemica montata ad arte) perché l’artista inglese è gay, sposato  e padre  grazie all’utero in affitto.
Nessuno scossone: Elton John si limita a cantare, e il conduttore si guarda bene dal concedere all’artista inglese il minimo spazio di discussione.

 

Subito dopo l’uscita di scena, Marta Zoboli e Gianluca De Angelis danno vita allo sketch dei coniugi Salamoia, e lo fanno vestiti da sposi. Sposi tradizionali, ovviamente.
Sono passati vent’anni ma sì, l’Italia è sempre la stessa.

 

Latte e Sangue e il rap italiano

di Fabio Piccolino


latte-e-sangueQualche tempo fa mi è capitato di leggere un articolo che parlava piuttosto male del rap italiano. In sintesi, si sosteneva che fosse poco serio, di basso livello e banale ricettacolo di scarsi contenuti, e quindi senza speranza.
Elencando i buoni motivi per confutare questa tesi, mi sono venuti in mente una serie di realtà musicali  che considero un patrimonio importante per l’intera musica italiana.
Kaos, Rancore, Ensi, Murubutu, Colle der Fomento, Francesco Paura, Brokenspeakers, Egreen, sono i primi nomi che mi vengono in mente pensando a contenuti, originalità, ricerca, valore.
Ho pensato che banalizzare una complessità multiforme significa semplicemente non conoscere il fenomeno; dopo poco però mi sono reso conto che farne una questione di qualità dei singoli artisti non è neanche il centro del problema. Il fatto è che apprezzare il rap significa entrare nelle sue logiche e nelle sue geometrie, in una estetica a sé stante  che dimostra il proprio valore in un’amalgama fatta di originalità, metrica, flusso, forma e sostanza. E forse per questo, per alcuni, è difficile da afferrare.
In ogni caso, sono convinto che il rap è una delle forme espressive più efficaci e di impatto per raccontare quello che abbiamo intorno, sempre a patto che se ne abbiano le giuste capacità: è per questo che da qualche settimana gira nelle mie cuffie “Latte e sangue”, il nuovo lavoro che mette insieme il rapper calabrese Don Diegoh e la leggenda dell’hip-hop italiano Ice One.
Il primo ha da poco trent’anni, il secondo ha trent’anni di carriera alle spalle: un connubio strano che ha dato vita ad un album che, come un libro, va letto sottolineandone i singoli capitoli.
Dentro ci sono tante anime e tanti significati: ironia, amore, rabbia, ricordi che si mescolano per dare vita a brani con una identità forte, immediatamente riconoscibile.
Flussi di coscienza e storie personali raccontano la realtà con poesia e disincanto. I testi di Diego vanno dritti come frecce: non hanno fronzoli ma riescono allo stesso tempo ad avere una bellezza malinconica frutto della grande cura nella scelta delle parole e di una tecnica metrica impeccabile. Le strumentali di Ice One sono ricche di  fascino e capaci di far convivere in armonia elementi ed epoche differenti. Scelte musicali che non seguono le mode, ma sono così determinate ed accoglienti che sono belle oggi e lo saranno ancora di più tra dieci, venti o quarant’anni.
In un costante rimando col passato attraverso un numero sterminato di citazioni, si tocca con mano una necessità  espressiva dirompente.
Ho ascoltato questo disco tante volte e nella testa mi risuona una frase di Masito, uno dei tanti ospiti dell’album: “Talmente complessi che dobbiamo inventare parole per descrivere noi stessi”. In qualche modo è la sintesi di tutto questo: il racconto di un’epoca che “Latte e sangue” inquadra da un angolatura a cui non avevamo pensato.

L’altro Black Friday: la giornata del non acquisto

di Fabio Piccolino


buynothingNegli Stati Uniti si festeggia il Black Friday: una giornata, quella del 27 novembre, interamente dedicata allo shopping più sfrenato. Si tratta, tradizionalmente, del momento che dà il via agli acquisti di Natale ed è accompagnato da offerte e sconti che durano una sola giornata.
Un’idea che sta prendendo piede in Europa e da quest’anno, anche in Italia.
Ai negozi presi d’assalto, le promesse di prezzi convenienti, e i siti di e-commerce che sfruttano i mezzi del web per mettere in mostra la propria merce, qualcuno ha pensato di contrastare questa rivendicazione del consumismo, contrapponendo il “Buy Nothing Day”, la giornata del non-acquisto.
Secondo i promotori, può diventare un  momento per abbandonare il desiderio di comprare e dedicarsi alla vita vera. Una particolare “disintossicazione” che prevede l’astensione dagli acquisti per tutta la giornata.
Il “Buy Nothing Day” non è solo una sfida alle regole del consumismo, ma mira a contrastare il Black Friday per combattere contro i grandi distributori che possono attuare tagli dei prezzi non competitivi, schiacciando le piccole imprese.
Con questa iniziativa, in ogni caso, si vogliono sensibilizzare le persone verso uno stile di vita meno votato al consumo, non solo per un giorno.
L’invito è quello di dedicare la giornata a sé stessi e agli altri, dedicandosi a quello che ci fa stare meglio, e di condividere la propria esperienza sui social network attraverso l’hashtag #BuyNothingDay.
Sul sito buynothingday.co.uk ci sono poi diverse proposte per trascorrere al meglio la Giornata del non-acquisto: dalla creazione delle “Shopping free zone” all’interno delle quali giocare, divertirsi, stare insieme ed ascoltare musica ai travestimenti da “Zombie shoppers” per andare a disturbare i clienti dei negozi.

Guarita l’ultima paziente di Ebola in Guinea. E’ una bambina di tre settimane

di Fabio Piccolino


ebolaSi chiama Nubia ed ha solo tre settimane. E’ l’ultima paziente di Ebola in Guinea, nata nel Centro Ebola di Medici Senza Frontiere a Conakry da una paziente deceduta lo stesso giorno per la malattia.
Alla nascita Nubia è risultata positiva al test, ma ha risposto bene alle cure ricevute: si tratta della prima neonata a guarire dall’Ebola, e continuerà a ricevere supporto medico specialistico prima di tornare a casa.  Secondo Laurence Sailly, coordinatore MSF dell’emergenza in Guinea, “il paese ha iniziato un conto alla rovescia di 42 giorni e se non ci saranno nuovi casi fino ad allora, l’epidemia verrà ufficialmente dichiarata finita. Il governo e le comunità hanno lavorato duramente insieme a noi per arrivare a questo risultato. Ma dobbiamo restare vigili per eventuali nuovi casi, affinché tutto ciò che abbiamo costruito non venga distrutto.”
L’epidemia di Ebola ha colpito Guinea, Liberia e Sierra Leone. Secondi i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ci sono stati 11.300 decessi su quasi 29.000 casi,

Radio days: la comunicazione sociale si fa spazio

di Fabio Piccolino


salonedelleditoria_COPERTINASITO_modificato-2

Al Salone dell’editoria sociale torna l’appuntamento con il Giornale Radio Sociale

 

Web e tv, social network e carta stampata. Chi è la fonte? È possibile un orizzonte ibrido nel rispetto dei diversi strumenti di informazione?
Giovedì 22 ottobre alle 14.15, il Giornale Radio Sociale torna al Salone dell’Editoria Sociale di Roma a Porta Futuro, in via Galvani 108.

 

Intervengono:

Laura Bonasera – Piazza Pulita – La 7
Valerio Renzi – Fanpage.it
Altero Frigerio – Radio Articolo 1
Anna Monterubbianesi – Giornale Radio Sociale
Fabio Piccolino – Giornale Radio Sociale

 

L’evento si può seguire su twitter attraverso l’hashtag  #radiodays

#OccupyCentral, un anno dopo le proteste di Hong Kong

di Fabio Piccolino


occupy_central
E’ passato un anno dalla protesta che ha animato Hong Kong contro il governo cinese. I manifestanti chiedevano al governo di Pechino maggiore autonomia in vista delle elezioni del 2017, ma nonostante le richieste della piazza non siano state ascoltate, l’impegno civile ha lasciato in eredità una maggiore consapevolezza tra le persone  e la crescente necessità  di un percorso verso una transizione democratica che la Cina non potrà continuare ad ignorare in futuro.
Un anno dopo, gli attivisti chiedono sostegno agli Stati Uniti per la loro causa, mentre il leader di Occupy Central, studente Joshua Wong,  ha detto che l’attuale formula “un paese, due sistemi” non è più sufficiente  e che è arrivato il momento di aprire un dibattito sui prossimi anni, per il futuro di Hong kong e per quello delle prossime generazioni.
Comunque vada, la protesta del 2014 rimane la maggiore sfida lanciata a Pechino da quando Hong Kong non è più una colonia britannica, e ha dimostrato come  la società civile non abbia intenzione di cedere sul tema dei diritti, né di lasciarsi governare da una oligarchia legata agli interessi del Partito comunista cinese.

Africa, è allarme deforestazione

di Fabio Piccolino


trees129 ettari di foreste in meno in 25 anni, una superficie equivalente al Sudafrica: sono i dati preoccupanti emersi nel corso del 14° Congresso mondiale delle Foreste della Fao a Durban.
Tra i dieci paesi maggiormente interessati dal fenomeno ben cinque sono africani: Sierra Leone, Liberia, Guinea e Guinea Bissau e il bacino del Congo, che ospita il 90% delle foreste tropicali dell’Africa.
Allarmante inoltre la situazione del Madagascar, che solo nello scorso anno ha perso 320.000 ettari di foreste, circa il 2% dell’intera area boschiva.
Mentre le foreste del mondo si riducono, aumenta la popolazione, e il terreno forestale viene convertito in terreno agricolo o destinato ad altri usi, specie con lo sviluppo dell’agricoltura intensiva.
Ad influire inoltre c’è il contrabbando di legname e sfruttamento dei giacimenti minerari.