Archivio Fabio Piccolino

Dove vanno gli Stati Uniti

di Fabio Piccolino


Bentrovati all’ascolto del Grsweek da Fabio Piccolino.

L’elezione di Joe Biden alla presidenza degli Stati Uniti rappresenta un forte segno di discontinuità con il passato da molti punti di vista.
Quella che gli elettori si sono trovati di fronte lo scorso 3 novembre è stata una scelta tra due diverse visioni del mondo e la vittoria del candidato democratico apre prospettive completamente diverse per il futuro dell’America e del mondo, sopratutto nel periodo di eccezionale emergenza che ci troviamo a vivere. Continua a leggere

Isolamento significa solitudine: gli anziani, un patrimonio da difendere

di Fabio Piccolino


 

Bentrovati all’ascolto del Grsweek da Fabio Piccolino.

Nelle ultime settimane, l’incremento dei contagi da Coronavirus e la crescente pressione sul sistema sanitario nazionale hanno monopolizzato l’attenzione in tutto il Paese, agitando lo spettro di un nuovo lockdown.
Da un lato i timori per la salute, dall’altro quelli per la tenuta economica del paese, inevitabile conseguenza delle nuove restrizioni adottate per contenere il dilagare dell’epidemia. Continua a leggere

Accoglienza e migrazioni: il futuro fragile di un Paese diviso

di Fabio Piccolino


 

I Decreti Sicurezza fortemente voluti dal precedente governo hanno determinato una forte presa di posizione delle istituzioni sul tema dell’immigrazione e dell’accoglienza, lasciando migliaia di persone senza tutela e criminalizzando le organizzazioni che si occupano di salvare vite umane.

La bozza a cui il governo sta lavorando in queste ore per riformare questo impianto legislativo prevede molti cambiamenti: il ripristino di una forma di protezione umanitaria, la reintroduzione del sistema di accoglienza anche per i richiedenti asilo con il ritorno del sistema degli Sprar, il ripristino dei servizi di base per l’integrazione, l’abolizione della revoca del diritto di cittadinanza. Continua a leggere

Sanremo 2020, se la musica muore

di Fabio Piccolino


 

La scenata di Morgan e l’abbandono del palco di Bugo sono soltanto la punta dell’iceberg di un Festival in cui si è parlato di tutto, tranne che di musica.

La settantesima edizione di Sanremo non sarà ricordata per le canzoni, anche se in gara ce ne sono di valide: l’intensa “Fai rumore” di Diodato, la stessa “Sincero” del duo prematuramente eliminato, la oscura “Eden” di Rancore, o la delicata “Ho amato tutto” di Tosca, avrebbero certamente meritato una maggiore attenzione. Quella che, la rassegna che si definisce “Festival della canzone italiana” dovrebbe riservare agli artisti che ne prendono parte.

Mai come in questa edizione però, è proprio la musica ad essere messa da parte; isolata, scollegata dal contesto, relegata a fastidioso contorno ad un enorme ed infinito varietà televisivo.
Non è una novità, certo: da sempre il Festival di Sanremo si nutre di contenuti che vanno ben oltre la competizione canora, di retroscena, polemiche e gossip. Quello che però appare chiaro in questa edizione 2020 è l’accettazione, lo sdoganamento e l’istituzionalizzazione di tutto quello che c’è intorno, che diventa l’unico e vero contenuto ritenuto importante.

Non si spiega diversamente l’atteggiamento irrispettoso nei confronti degli artisti in gara e del pubblico da casa, costretti ad un estenuante maratona che inizia in prima serata e si conclude a notte più che fonda. Così come sono illogiche la carrellata infinita di ospiti, che si susseguono l’un l’altro senza soluzione di continuità, i duetti interminabili, la gara dei giovani svolta in fretta, come una fastidiosa incombenza, le reunion forzate di cantanti di cui non sentivamo la mancanza e le loro imbarazzanti esibizioni in playback: difficile guardare al futuro se sul palco ci sono Al Bano e Romina e i Ricchi e Poveri.
Poi c’è il conduttore, Amadeus, forse non ritenuto all’altezza del compito e per questo continuamente affiancato, sostenuto, quasi sostituito. Le polemiche del prima, del dopo e del durante.

Sanremo 70 non è un Festival musicale ma un contenitore enorme, riempito ben oltre la sua capienza, di tutto quello che è televisione, spettacolo, varietà del sabato sera, intrattenimento. E’ un carrozzone pesantissimo che prova a mettere dentro tutto perché vuole piacere a tutti, vuole accontentare, vuole rassicurare, vuole assecondare il pubblico.

E’ proprio questo il centro della questione: la musica non viene considerata sufficiente, non basta, non è così interessante. Alla musica non viene data importanza e così, nel Festival più autorevole del Paese, smette improvvisamente di averne. E la cosa preoccupante è che funziona: questa scelta è stata premiata dagli ascolti televisivi e questa sembra essere l’unica cosa che conta.
La musica muore, ma non importa a nessuno.

Sanremo 2020, se la musica muore

di Fabio Piccolino


La scenata di Morgan e l’abbandono del palco di Bugo sono soltanto la punta dell’iceberg di un Festival in cui si è parlato di tutto, tranne che di musica.

La settantesima edizione di Sanremo non sarà ricordata per le canzoni, anche se in gara ce ne sono di valide: l’intensa “Fai rumore” di Diodato, la stessa “Sincero” del duo prematuramente eliminato, la oscura “Eden” di Rancore, o la delicata “Ho amato tutto” di Tosca, avrebbero certamente meritato una maggiore attenzione. Quella che, la rassegna che si definisce “Festival della canzone italiana” dovrebbe riservare agli artisti che ne prendono parte.

Mai come in questa edizione però, è proprio la musica ad essere messa da parte; isolata, scollegata dal contesto, relegata a fastidioso contorno ad un enorme ed infinito varietà televisivo.
Non è una novità, certo: da sempre il Festival di Sanremo si nutre di contenuti che vanno ben oltre la competizione canora, di retroscena, polemiche e gossip. Quello che però appare chiaro in questa edizione 2020 è l’accettazione, lo sdoganamento e l’istituzionalizzazione di tutto quello che c’è intorno, che diventa l’unico e vero contenuto ritenuto importante.

Non si spiega diversamente l’atteggiamento irrispettoso nei confronti degli artisti in gara e del pubblico da casa, costretti ad un estenuante maratona che inizia in prima serata e si conclude a notte più che fonda. Così come sono illogiche la carrellata infinita di ospiti, che si susseguono l’un l’altro senza soluzione di continuità, i duetti interminabili, la gara dei giovani svolta in fretta, come una fastidiosa incombenza, le reunion forzate di cantanti di cui non sentivamo la mancanza e le loro imbarazzanti esibizioni in playback: difficile guardare al futuro se sul palco ci sono Al Bano e Romina e i Ricchi e Poveri.
Poi c’è il conduttore, Amadeus, forse non ritenuto all’altezza del compito e per questo continuamente affiancato, sostenuto, quasi sostituito. Le polemiche del prima, del dopo e del durante.

Sanremo 70 non è un Festival musicale ma un contenitore enorme, riempito ben oltre la sua capienza, di tutto quello che è televisione, spettacolo, varietà del sabato sera, intrattenimento. E’ un carrozzone pesantissimo che prova a mettere dentro tutto perché vuole piacere a tutti, vuole accontentare, vuole rassicurare, vuole assecondare il pubblico.

E’ proprio questo il centro della questione: la musica non viene considerata sufficiente, non basta, non è così interessante. Alla musica non viene data importanza e così, nel Festival più autorevole del Paese, smette improvvisamente di averne. E la cosa preoccupante è che funziona: questa scelta è stata premiata dagli ascolti televisivi e questa sembra essere l’unica cosa che conta.
La musica muore, ma non importa a nessuno.

Fabio Piccolino

Bande de Femmes, a Roma il Festival della Libreria Tuba

di Fabio Piccolino


Si tiene dal 14 al 16 giugno nel quartiere Pigneto di Roma “Bande de Femmes”, il  Festival di fumetti e illustrazione della Libreria Tuba: tre giorni di mostre, incontri, live paintings, djset.
Tra gli eventi in programma venerdì 15 giugno alle18.45 presso biblioteca Goffredo Mameli “Chicche antiche: Grazia Nidasio raccontata da Laura Scarpa”,  un viaggio nel tempo alla scoperta di fumettiste che hanno fatto la storia, esplorando l’opera di donne che hanno lasciato il segno.

Alle 21.30 “Immaginari LGBTQI e fumetti: dialogo d’autore”. Sul palco del festival un evento a più voci per restituire la complessità della narrazione delle vite e delle relazioni LGBTQI, Con Frad, Julie Maroh, Nino Giordano, Giulia Argnani, Ariel Vittori, Fabio Mancini e Nicolò Pellizzon e Giopota.

Per diversi eventi sarà garantito il servizio di interpretariato in Lingua dei Segni Italiana – LIS.

Il programma completo qui

Consigli per gli ascolti #40

di Fabio Piccolino


Quarantesimo appuntamento con i consigli sulla migliore musica da ascoltare in giro per il mondo.
Questa settimana viaggio tra musica etnica, jazz e spiritualità.
Qui tutte le puntate precedenti.

 

[Francia – Guadalupa]

 

Il jazz, la musica etnica, le sonorità caraibiche: Edmony Krater è un percussionista, trombettista e cantante impegnato a diffondere la musica gwoka di Guadalupa. Il risultato è il colorato album “An ka sonjé” dentro cui confluiscono tante contaminazioni che fanno da motore ad una ricercata ricchezza espressiva.

 

[Portogallo, Sud America, Australia, Inghilterra]

 

L’ep omonimo dei Caravela mette insieme tre brani in cui le atmosfere afro-brasiliane sono mescolate ad elementi di jazz, world music e una buona dose di improvvisazione. Difficile non lasciarsi trasportare con tutto il corpo dentro il ritmo e il groove di queste canzoni.

 

[Sudafrica]

 

Un’immersione nella musica africana, in particolare della tradizione Maskandi/Mbaqanga originaria del delle Midlands del KwaZulu Natal, la zona orientale del Sudafrica da cui Sibusile Xaba proviene.
Open Letter to Adoniah” è un album molto intenso in cui spiccano il particolare stile chitarristico e l’accorato cantato tradizionale. Il disco, minimalista e spirituale, è stato registrato dal vivo sulle montagne del Magaliesberg.

 

Consigli per gli ascolti #39

di Fabio Piccolino


Musica da ascoltare questa settimana: tre consigli dal mondo.
Qui tutte le puntate precedenti.

 

[Messico]

 

Un senso di sospeso e di irreale attraversa tutte e quattro le tracce dell’ep “Summer Came Early” dei messicani Exploded View. Come se l’attesa dell’estate passasse in luna park abbandonati e labirinti di specchi deformanti, si respirano atmosfere oniriche e suoni leggeri.

 

[Ucraina]

 

Lunghe cavalcate emozionali disegnate con colori accesi: è l’immaginario intenso che i Somali Yacht Club costruiscono con “The sea”. Dal noise allo shoegaze, dallo stoner allo space rock, l’album si sviluppa da idee semplici e si articola in elaborazioni molto ben strutturate attraverso cambi di registro, suoni intriganti e musicalità.

 


[Bahrein – Inghilterra]

 

Il jazz d’avanguardia dalle molteplici influenze di Yazz Ahmed ha la capacità di unire il classico alla sperimentazione, di fondere culture diverse e di cercare sempre una strada nuova tra le tantissime già percorse. Il risultato è l’efficace album “La Saboteuse”, punto di incontro tra spunti e immaginazioni diverse.

 

Consigli per gli ascolti #38

di Fabio Piccolino


Un piccolo giro del mondo alla scoperta di novità musicali a cui vale la pena dare un ascolto.
Qui tutte le puntate precedenti.

 

[Cina]

 

Before the applause” dei Re-TROS è un disco brillante che sprigiona una forza intensissima e sorprendente: una danza continua e perpetua alla quale è doveroso unirsi. Un album moderno, dinamico e incredibilmente coinvolgente con il quale la band dimostra di avere un sound personalissimo e pieno di idee.

 

[Polonia]

 

Rumore, melodie e atmosfere: è il fascino dissonante dei Merkabah e del loro “Million Miles”. Poco più di un’ora di suoni sperimentali ed isterici che vanno dal noise al free jazz fino alla psichedelia con la forza dirompente del sax e della complessità delle composizioni.

 

[Svezia]

 

L’incedere determinato dei brani che compongono l’album omonimo dei Sekel fotografa l’approccio deciso e diretto della band: il post punk d’assalto è mescolato al rock psichedelico e al noise e riesce ad essere moderno mostrando i propri riferimenti musicali dei decenni precedenti. Il risultato è un album luminoso e pieno di momenti emozionanti.

 

Sanremo, 10 canzoni (ingiustamente) dimenticate

di Fabio Piccolino


 

Tra le migliaia di canzoni passate per il festival di Sanremo, alcune sono diventate patrimonio della cultura di questo paese. Allo stesso tempo, molte altre non hanno resistito al peso degli anni e sono rimaste ai margini della memoria comune.
Per questo mi sono divertito a scavare nella storia del Festival alla ricerca di belle canzoni dimenticate, di pezzi della nostra musica passata per il palco di Sanremo a cui era doveroso restituire un po’ di gloria.

 

[1959 – Jula De Palma – “Tua”]

 

Jula De Palma è un’artista estremamente innovativa per l’Italia degli anni ‘50, capace di unire la tradizione della musica tradizionale allo swing e al jazz. Al Festival del 1959 presenta un brano giudicato troppo moderno: “Tua” parla di un rapporto carnale e la sua interpretazione desta scandalo perché giudicata troppo sensuale. Nonostante il successo del pezzo, che si classificherà quarto, il disco viene censurato e alla radio viene vietato di trasmetterlo.

 

[1960 – Joe Sentieri – “Quando vien la sera”]

 

Il sorriso di Joe Sentieri mentre si esibisce è un inno all’allegria: “Quando vien la sera” è un brano frizzante e pieno di ritmo. Nelle esibizioni ingessate dell’epoca, la mimica e il “saltino” con cui il cantante amava concludere le sue performance sono uno squarcio di modernità di cui si sentiva davvero il bisogno.

 

[1973 – Jet – “Anika na o”]

 

“Anika na o” è un inno spirituale alla lotta e al cambiamento, che porta al salone delle feste del casinò di Sanremo (dove il Festival si teneva prima di trasferirsi al Teatro Ariston) il sound del progressive-rock. L’anno successivo i Jet si scioglieranno e alcuni dei suoi membri formeranno i Matia Bazar.

 

[1975 – Goffredo Canarini – “Scarafaggi”]

 

A causa del boicottaggio delle case discografiche, l’edizione numero 25 del Festival non prevede nomi di punta in gara ed è dunque una delle meno seguite dal pubblico.
Tra i brani in gara colpisce certamente quello di Goffredo Canarini, da molti giudicato troppo simile allo stile di Celentano, che con “Scarafaggi” disegna un crudo spaccato della condizione carceraria e della disperazione di un uomo e dei suoi fantasmi.

 

[1976 – Antonio Buonomo – “La femminista”]

 

Negli anni ‘70 con la politica non si scherza: lo saprà bene Antonio Buonomo che presenta al Festival un brano satirico sulla lotta delle donne per l’emancipazione e che verrà picchiato da un gruppo di femministe davanti all’albergo in cui alloggia.

 

[1981 – Jo Chiarello – “Che brutto affare”]

 

Le sonorità sono pesantemente anni ‘80, Jo Chiarello ha una voce stridula e sul palco mostra una sicurezza che è perfetta per il testo, provocatorio e indimenticabile, scritto da Franco Califano.

 

[1992 – Nuova Compagnia di Canto Popolare – “Pe dispietto”]

 

Una lunga carriera alla scoperta delle radici della tradizione della musica popolare campana che ha dato vita ad interpretazioni indimenticabili: la Nuova Compagnia di Canto Popolare, che ha da poco compiuto 50 anni di carriera, si presenta al Sanremo del 1992 con un brano dalle sonorità mediterranee carico di pathos che gli farà vincere il Premio della critica.

 

[1992 – Aeroplanitaliani – “Zitti zitti (il silenzio è d’oro)”]

 

Un’intelligente fotografia sulla società dei primi anni ‘90 ancora oggi molto attuale che porta sul palco le sonorità del primo rap in italiano. L’esibizione della band di Alessio Bertallot rimane celebre perché contiene al proprio interno la più lunga pausa della storia del Festival: 30 secondi di silenzio che sembrano non finire mai e che gli Aeroplanitaliani sono estremamente compiaciuti di sperimentare.

 

[1999 – Soerba – “Non ci capiamo”]

 

La sezione “Nuove proposte” del Festival 1999 ha un cast decisamente interessante: da Alex Britti ai Quintorigo, da Max Gazzè ai Dr. Livingstone fino al rock elettronico dei Soerba: “Noi non ci capiamo” è un pezzo con cui si entra subito in sintonia grazie ad un testo intelligente e un sound moderno e trascinante.

 

[2007 – Paolo Rossi – “In Italia si sta male (si sta bene anzichenò)”]

 

Nel 2007 Mauro Pagani propone all’attore Paolo Rossi di interpretare un brano inedito scritto da Rino Gaetano. 29 anni dopo “Gianna” e 24 anni dopo la sua scomparsa, Rino torna a Sanremo con un pezzo sarcastico pienamente nel suo stile, ed estremamente attuale. Un omaggio e una celebrazione che Rossi porta in scena con lo spirito adatto.

 

Bonus track – Cinque cose piuttosto divertenti che è doveroso ricordare

[Gigi Sabani che canta facendo l’imitazione di chiunque – 1989]

 

[Francesco Salvi che fa un pezzo “vocale, solo vocale” – 1990]

 

[Sabina Guzzanti vestita da indiana insieme a una tribù formata, fra gli altri, da Daria Bignardi, Antonio Ricci, Remo Remotti, Nichi Vendola – 1995]

 

[Caparezza rasato, alias Mikimix, “Tranquillo come dentro il pigiamino” – 1997]

 

[Adriano Pappalardo uscito dall’Isola dei Famosi che fa la caricatura di sé stesso – 2004]