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Abusi di potere


La direttrice di Amnesty International Turchia Idil Eser è stata arrestata insieme ad alcuni tra i più importanti difensori dei diritti umani del Paese. Meno di un mese fa era stato rinviato a giudizio il presidente dell’organizzazione.

 

Secondo Salil Shetty, segretario generale di Amnesty International, “I leader mondiali attualmente riuniti ad Amburgo per il vertice G-20 si sono mostrati sin troppo tolleranti nei confronti del collasso dei diritti umani in Turchia. Potrebbe essere una buona occasione per parlare direttamente al presidente Erdoğan e chiedere il rilascio di tutti i difensori dei diritti umani che si trovano in carcere”.

Flusso continuo


Nel 2016 la rotta del Mediterraneo ha registrato un numero record di migranti, soprattutto dall’Africa subsahariana, occidentale e dal Corno d’Africa. A indicarlo è il rapporto annuale dell’Easo, l’Agenzia dell’Unione europea per l’asilo, che certifica come in Italia lo scorso anno si è avuto il boom di richieste.

La Repubblica delle banane è quella dominicana


Divenuta nel giro di un ventennio il principale esportatore di questi frutti biologici, ne produce una larga fetta grazie al commercio equo e solidale. L’80% della manodopera però è rappresentata da migranti sottopagati. Paolo Pastore, direttore Fairtrade Italia. (sonoro)

Stato pericoloso


La violenta campagna governativa contro la droga di Rodrigo Duterte nelle Filippine ha causato migliaia di esecuzioni extragiudiziali. Secondo Amnesty International “il presidente ha trasformato il Paese in un luogo ancora più insicuro, ha compromesso lo stato di diritto e si è reso colpevole della morte di migliaia di suoi cittadini”.

Autonomia cercasi


Hong Kong – Cina un rapporto sempre più complicato. Il servizio di Fabio Piccolino.

 

Si è celebrato in questi giorni il ventennale della sovranità cinese su Hong Kong dopo 156 anni di dominio coloniale britannico. Ma il presente della regione è molto diverso dal modello di prosperità immaginato in passato. Negli ultimi anni sono cresciute le tensioni sociali e politiche, e il Movimento degli Ombrelli che chiede maggiore autonomia da Pechino è stato duramente combattuto dal governo centrale.
La nuova governatrice Carrie Lam ha già fatto capire che non entrerà in contrasto con il presidente cinese Xi Jinping in materia di diritti umani. Infine, la proposta di estendere anche ad Hong Kong la legge sulla sicurezza nazionale in vigore in Cina, ampiamente utilizzata contro dissidenti, difensori dei diritti umani e minoranze etniche, non fa ben sperare per il futuro.

La libertà a caro prezzo


Il dissidente politico cinese e premio Nobel per la Pace Liu Xiaobo è uscito dal carcere perché malato di tumore in fase terminale. Nel 2009 era stato condannato a 11 anni per aver diffuso un documento in cui chiedeva la democratizzazione del Paese.

 

Attivista per i diritti civili, Liu Xiaobo, 61 anni, è uno scrittore e saggista: venne arrestato nel dicembre 2008 dopo aver aderito al movimento per l’avvento della democrazia in Cina. Nel 2010 ricevette il premio Nobel per la pace «per il suo impegno non violento a tutela dei diritti umani in Cina». La premiazione avvenne davanti ad una sedia vuota: subito dopo l’annuncio del premio, la moglie dell’attivista, Liu Xia, venne posta agli arresti domiciliari nella sua casa di Pechino benché contro la donna non siano mai state spiccate accuse formali.

Negazionismo turco


La teoria dell’evoluzione di Darwin sarà esclusa dai programmi delle scuole superiori a partire dal 2019. La misura è in linea con la crescente islamizzazione del paese promossa dal presidente Erdogan. La revisione prevede anche un ridimensionamento delle tradizioni secolari ispirate al fondatore dello Stato, Mustafa Kemal Ataturk.

In Turchia il tema dell’istruzione è molto dibattuto, in particolare tra islamisti (come Erdoğan) e laici. In passato le novità introdotte dalla riforma erano anche state criticate da diversi docenti universitari turchi, che avevano sottolineato come l’unico altro paese nel quale la teoria dell’evoluzione è stata esclusa dal percorso scolastico obbligatorio è l’Arabia Saudita.

Mai più


Oggi è la giornata internazionale contro la tortura, un’occasione per chiedere la messa al bando della pena capitale. Il servizio è di Fabio Piccolino.

 

Oggi è la Giornata che le Nazioni unite hanno istituito per ricordare le vittime della tortura: una pratica subita ancora oggi da migliaia di persone in oltre 140 paesi nel mondo, nonostante la Convenzione internazionale contro i trattamenti e le punizioni crudeli, inumani e degradanti sia in vigore dal 1984. In Italia, dopo che l’introduzione del reato di tortura è stato oggetto di dibattimenti per oltre trent’anni, si è giunti ad una norma in discussione alla Camera che Antigone ed Amnesty International hanno definito “impresentabile” e “non applicabile” dopo le modifiche apportate al testo originale. A dissociarsi è stato persino il primo firmatario della legge, il senatore Luigi Manconi.

Un po’ di giustizia


La Corte europea dei diritti umani ha condannato la Russia per la legge che vieta la promozione dell’omosessualità, giudicandola discriminatoria. Secondo Strasburgo la norma “ha rinforzato la stigmatizzazione e i pregiudizi e incoraggiato l’omofobia, azioni incompatibili con i valori di eguaglianza, pluralismo e tolleranza di una società democratica”.

 

A presentare il ricorso a Strasburgo sono stati 3 attivisti gay condannati per aver protestato tra il 2009 e il 2012 contro varie leggi, l’ultima del 2013, che rendono un reato la promozione tra minorenni di relazioni sessuali non tradizionali. Il ministero della Giustizia russa ha annunciato che ricorrerà in appello contro la sentenza.

Basta armi


È l’appello presentato ai parlamentari italiani da reti e associazioni della pace per chiedere la fine delle forniture belliche all’Arabia Saudita nel conflitto in Yemen. “Le bombe nostrane – dicono – fanno stragi di civili, alimentando una delle guerre più drammatiche e gravi al mondo”.

 

Il testo di mozione riprende e rilancia quello della Risoluzione votata dal Parlamento Europeo (a febbraio 2016 e a metà giugno 2017) che per ben due volte ha richiesto di “avviare un’iniziativa finalizzata all’imposizione da parte dell’UE di un embargo sulle armi nei confronti dell’Arabia Saudita, tenuto conto delle gravi accuse di violazione del diritto umanitario internazionale da parte di tale paese nello Yemen”. La mozione è firmata da Amnesty International, Movimento dei Focolari Italia, Oxfam Italia, Fondazione Finanza Etica, Rete Italiana per il Disarmo, Rete per la Pace.