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Sudan, testimonianze di massacri e violenze dei paramilitari, raccolte da Amnesty


Orrore senza fine – In Sudan Amnesty International ha raccolto nuove testimonianze, fornite da persone fuggite da El Fasher, sulle uccisioni di numerosi civili disarmati e sullo stupro di decine di donne e ragazze. I 28 sopravvissuti hanno riferito di aver assistito al pestaggio, all’uccisione di persone e al rapimento di altre a scopo di riscatto. Le sopravvissute hanno raccontato di essere state sottoposte a violenza sessuale da parte dei paramilitari.

Queste terribili testimonianze sono tra le prime rese dalle persone fuggite da El Fasher dopo la caduta della città. Amnesty International ne ha raccolte 28, in parte in presenza in Ciad e in parte da remoto, di chi era riuscito a mettersi in salvo a Tawila (a ovest di El Fasher) e a Tina (al confine col Ciad).

“Il mondo non deve girarsi dall’altra parte via via che emergono nuovi dettagli sul brutale attacco delle Fsr ad El Fasher. Le persone che abbiamo intervistato ci hanno descritto orrori inimmaginabili”, ha dichiarato Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International.

“Nelle prossime settimane emergeranno altre prove delle violenze commesse dalle Fsr. Queste azioni costanti e di vasta portata contro la popolazione civile sono crimini di guerra e possono costituire anche ulteriori crimini di diritto internazionale, i cui responsabili devono essere chiamati a risponderne”, ha aggiunto Callamard.

“Queste atrocità sono state facilitate dal sostegno fornito alle Fsr dagli Emirati Arabi Uniti, che stanno alimentando un ciclo senza fine di violenza contro la popolazione civile sudanese. La comunità internazionale e il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite devono pretendere che gli Emirati Arabi Uniti pongano fine a tale sostegno”, ha sottolineato Callamard.

“È doveroso che la Missione di accertamento dei fatti in Sudan, istituita dal Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, abbia le risorse necessarie per svolgere fino in fondo il suo mandato e indagare sulle violazioni dei diritti umani nel paese, comprese quelle che stanno avendo luogo a El Fasher. Il Consiglio di sicurezza, che aveva deferito la situazione nel Darfur alla Corte penale internazionale, deve ora assolutamente deferire alla Corte ciò che sta avvenendo in tutto il Sudan”, ha proseguito Callamard.

“Sollecitiamo a loro volta tutti gli attori esterni a prendere le misure necessarie per porre fine alla vendita e alla fornitura di armi e relativo materiale a tutte le parti in conflitto, secondo quanto previsto dall’embargo istituito dal Consiglio di sicurezza, che dev’essere ora esteso a tutto il Sudan”, ha commentato Callamard.

Crediti foto: Amnesty International

COP30, niente accordo sui fossili: per Legambiente è un passo indietro grave


Occasione mancata – La COP30 a Belém si è chiusa senza un accordo sui combustibili fossili. Il servizio è di Fabio Piccolino.

“Nel pieno di un’emergenza climatica sempre più drammatica, i leader mondiali hanno scelto la strada del minimo indispensabile, lasciando fuori dal testo il punto più urgente e necessario: l’uscita di scena dei combustibili fossili”. È il commento di Legambiente a margine della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici che si è svolta in Brasile. Secondo l’organizzazione è “un passo indietro grave, che protegge ancora una volta petrolio, gas e carbone invece del futuro delle persone e degli ecosistemi”.

Bombe su Gaza: decine di vittime, nuovi raid e civili ancora in fuga


Senza tregua – A Gaza sono tornate le bombe in questo weekend uccidendo decine di persone e costringendo ancora una volta i civili a fuggire presso i corridoi umanitari dove sono senz’acqua e senza cibo. A denuncia l’ennesimo spargimento di sangue anche l’equipe di Medici senza Frontiere.

I nostri team medici che lavorano nelle cliniche mobili a Kamal Adwan a Gaza City, ad Al Shifa a Gaza City, e all’ospedale Nasser di Khan Younis, hanno curato almeno 6 pazienti. Tra questi, un ragazzo di 15 anni e un uomo di 71 anni, con ferite causate dai bombardamenti aerei e dai proiettili israeliani.

Molti altri sono stati curati sempre in queste strutture dal personale del ministero della salute, e dal personale dell’ospedale Al Ahli a Gaza City, dove la nostra équipe fornisce il proprio supporto”.

Associazioni in tribunale contro Leonardo: “Stop alle armi a Israele”


In nome della legge – Alcune organizzazioni della società civile, tra cui Arci, Acli e AssoPacePalestina hanno intrapreso un’azione legale per chiedere che vengano dichiarati nulli i contratti stipulati da Leonardo Spa con lo Stato di Israele, relativamente alla vendita e alla fornitura di armi. Il commercio di armi – spiegano – è in contrasto con la Costituzione e con la legge italiana.

Il 29 settembre 2025 le associazioni AssoPacePalestina, A Buon Diritto, ATTAC Italia, ARCI, ACLI, Pax Christi, Un Ponte Per e la Dott.ssa Hala Abulebdeh o Abu Lebdeh, cittadina palestinese, rappresentate e difese dagli Avvocati Luca Saltalamacchia e Veronica Dini, affiancati dagli Avvocati Michele Carducci e Antonello Ciervo, hanno depositato un ricorso presso il Tribunale civile di Roma, per chiedere che vengano dichiarati nulli i contratti stipulati da Leonardo Spa e sue controllate con lo Stato di Israele, relativamente alla vendita e alla fornitura di armi all’IDF.

Leonardo Spa è tra i maggiori produttori di armi al mondo e lo Stato italiano, attraverso il ministero dell’Economia e delle Finanze, ne è azionista di maggioranza. Israele da decenni è responsabile di gravi e sistematiche violazioni dei diritti umani, non solo a Gaza, ma in tutta la Cisgiordania e a Gerusalemme. Da ben prima del 7 ottobre 2023 lo Stato di Israele porta avanti in Cisgiordania e a Gaza un’occupazione militare e un apartheid sistematico alimentati anche dalle armi che vengono vendute da partner esteri.

L’atto di citazione chiede l’accertamento e conseguente annullamento dei contratti di fornitura di materiali d’armamento stipulati dalla società Leonardo S.p.a., le sue controllate o intermediarie con lo Stato di Israele e le imprese da esso autorizzate, per persistente violazione dei divieti tassativi imposti dalla Costituzione, dalla legge, dalle altre fonti imperative sul ripudio della guerra, dalla normativa sovranazionale e dagli accertamenti dei competenti organi ONU.

Secondo quanto denunciato dalle associazioni ricorrenti, la vendita e la fornitura di armi a Israele da parte di Leonardo Spa è in contrasto:

con l’articolo 11 della Costituzione, perché Israele sistematicamente usa la guerra come strumento di oppressione nei confronti di un popolo – quello palestinese – e come strumento di risoluzione delle controversie internazionali;

con la legge n. 185 del 1990, che vieta l’esportazione di armamenti verso Stati le cui politiche confliggono con l’art. 11 della Costituzione italiana o i cui governi siano responsabili di violazioni delle Convenzioni internazionali sui diritti umani, accertati dagli organi competenti delle Nazioni Uniti, come il caso dello Stato di Israele;

con quanto previsto nei Codici Etici e negli strumenti di due diligence della stessa Leonardo SpA.

Se il Tribunale civile di Roma riconoscerà la nullità dei contratti di fornitura di armi, Leonardo e lo Stato italiano non potranno più garantire sostegno militare ad Israele.

Inoltre, gli attori chiedono alla magistratura che sia vietata la futura vendita di armi e di tecnologie militari a Israele, in particolare di quelle ad oggi utilizzate nelle operazioni di terra e di cielo contrarie al diritto internazionale, condotte contro la popolazione palestinese.

Questa iniziativa rappresenta una delle prime azioni legali lanciate contro una compagnia privata e un Paese membro dell’UE, che sono coinvolti in accordi per la fornitura e la vendita di armi con lo Stato di Israele. Con questa causa, le associazioni promotrici chiedono a Leonardo Spa e allo Stato italiano di assumersi le proprie responsabilità di fronte allo sterminio e alle innumerevoli sofferenze causate alla popolazione palestinese, a Gaza e non solo, causati dall’IDF e dal Governo israeliano.

Giornata dell’infanzia: 30 milioni di vite minacciate da guerre e crisi


In emergenza – Oggi si celebra la Giornata internazionale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Fondazione Cesvi ricorda come conflitti, cambiamenti climatici e violenza diffusa rischiano di condannare a morte 30 milioni di bambini nei prossimi 5 anni. A contribuire c’è anche il taglio ai fondi per la cooperazione internazionale.

Attualmente, nel mondo, sono quasi 40 milioni i bambini con meno di 5 anni che soffrono di malnutrizione acuta[2] mentre circa 1 miliardo di minori è esposto a shock climatici e ambientali con quasi il 90% del carico globale delle malattie associate ai cambiamenti climatici, al degrado ambientale e all’inquinamento che ricade proprio sui più piccoli[3]. A questo si aggiunge la violenza causata dall’uomo: nell’ultimo anno le Nazioni Unite hanno rilevato oltre 41mila gravi violazioni contro i bambini durante conflitti armati conflitti tra cui quasi 12mila casi di uccisione o mutilazione e oltre 7.400 casi di reclutamento o utilizzo di minori come soldati e quasi 5mila casi di rapimento.  I conflitti nella Striscia di Gaza, in Sudan, in Myanmar e in Burkina Faso sono stati i più letali per i bambini[4].

«A milioni di bambini sono negati i diritti fondamentali sanciti dalla Convenzione ONU sui diritti per l’infanzia e l’adolescenza, come il diritto alla vita, al cibo, all’istruzione, alle cure mediche – sottolinea il direttore generale di CESVI Stefano Piziali – Gli effetti dei conflitti armati, uniti ai cambiamenti climatici e aggravati dai tagli ai fondi umanitari, stanno cancellando decenni di progressi nella protezione dei minori, condannando un’intera generazione alla fame e alla paura, compromettendo il futuro stesso dell’umanità. I recenti tagli alla cooperazione internazionale rischiano di aggravare di oltre mille i decessi infantili al giorno. In contesti come il Sudan, Gaza e l’Ucraina, milioni di minorenni sono costretti a sopravvivere in condizioni inumane con traumi che li accompagneranno per tutta la vita. E queste tragedie non sono eventi isolati, ma parte di una crisi globale che colpisce l’infanzia in ogni continente. Nella giornata dedicata ai diritti dell’infanzia e dell’adolescenza rinnoviamo l’attenzione verso il riconoscimento e il rispetto dei loro diritti fondamentali a prescindere dalla parte del mondo in cui sono nati».