Equità, salute e parità di genere – Cnca si unisce all’appello lanciato da Unaids: i tagli ai fondi per la lotta all’Aids e le politiche repressive che colpiscono persone Lgbt+, persone che usano droghe e altre comunità vulnerabili, limitano gravemente l’accesso ai servizi essenziali di prevenzione, diagnosi e cura, compromettendo i progressi ottenuti nella risposta globale all’Hiv.
In occasione della Giornata mondiale contro l’Aids 2025, il Cnca si unisce all’appello di Unaids: i tagli ai fondi per la lotta all’Aids e le politiche repressive che colpiscono persone Lgbtq+, persone che usano droghe e altre comunità vulnerabili, limitano gravemente l’accesso ai servizi essenziali di prevenzione, diagnosi e cura, compromettendo i progressi ottenuti nella risposta globale all’Hiv.
Anche l’Italia, che aderisce agli obiettivi Onu, deve rafforzare i propri interventi per non tornare indietro sul diritto alla salute e sui traguardi raggiunti.
Il Cnca ritiene che debbano essere rafforzate, con adeguati stanziamenti, le seguenti misure: “Interventi mirati alle ‘popolazioni chiave’ – uomini che fanno sesso con uomini, persone che usano droghe, sex worker, persone trans, persone detenute – e ai gruppi esposti a condizioni di vulnerabilità sociale come persone migranti e persone senza dimora, come raccomandato dalle Linee guida internazionali, infatti barriere economiche, giuridiche, linguistiche e culturali limitano l’accesso ai servizi sanitari e aumentano il rischio di infezione; campagne informative mirate e ampliamento delle modalità di accesso ai test, anche attraverso l’offerta attiva nei contesti non sanitari, gestita dalle organizzazioni di terzo settore; più in generale, interventi ‘di prossimità’ capaci di intercettare le persone al di fuori dei servizi istituzionali, nei luoghi della quotidianità (come feste e concerti), e di promuovere cambiamenti attraverso dinamiche interne alle diverse comunità e subculture; in questo scenario, la Riduzione del danno, pilastro della salute pubblica, continua a svolgere un ruolo determinante – in linea con gli indirizzi europei e Onu – anche nel contenere la diffusione dell’Hiv tra le persone che usano droghe; interventi nel mondo della scuola, dove l’Italia continua a distinguersi in negativo rispetto alla maggior parte dei Paesi europei: l’educazione all’affettività e alla sessualità non è ancora inserita nei curricula scolastici. Il progetto EduForIST, finanziato dal ministero della Salute, coordinato scientificamente dall’Università di Pisa e realizzato con il contributo di diversi enti di terzo settore tra cui il Cnca, ha cercato di colmare questa mancanza e, dal 2022, ha avviato azioni pilota nelle scuole adottando l’approccio della Comprehensive Sexuality Education raccomandato da Unesco e Oms, che integra aspetti medici, cognitivi ed emotivi per contrastare la disinformazione e favorire una crescita consapevole”.
“La Giornata mondiale contro l’Aids – dichiara Maria Stagnitta, referente per l’Hiv/Aids del Cnca – richiama tutti alla responsabilità di mantenere alta l’attenzione sull’Hiv e sulle altre infezioni sessualmente trasmissibili. Più che una celebrazione, dalle istituzioni ci attendiamo che investano con continuità nella prevenzione, nella salute pubblica e nella tutela dei diritti, trasformando la risposta all’Aids in una sfida collettiva e inclusiva, che non lasci indietro nessuno”.
La vita delle persone con disabilità in un Paese che sta mettendo in campo nuove riforme
Gaza, Croce Rossa: “Tensioni crescenti bloccano gli aiuti umanitari”
Futuro incerto – “Dopo il cessate il fuoco a Gaza speravamo in un ampio accesso degli aiuti umanitari ma le crescenti tensioni nella zona non lo rendono possibile”. Lo ha detto il presidente della Croce Rossa Italiana Rosario Valastro che lancia l’allarme in vista delle basse temperature invernali.
“Le Volontari e i Volontari della Mezzaluna Rossa Palestinese (PRCS) si confermano l’unico aiuto per la popolazione di Gaza, offrendo servizi essenziali, assistenza sanitaria, supporto psicologico e psicosociale. La Federazione Internazionale della Croce Rossa (IFRC) sta supportando la Consorella palestinese, anche attraverso gli aiuti di altre Società nazionali. Aiuti che, ad oggi, non sono sufficienti – prosegue Valastro – a soddisfare il fabbisogno della popolazione e ad assicurare adeguate forniture di cibo, acqua, medicinali, materiali per l’edilizia abitativa e altri beni essenziali. Scarseggia il carburante: la mancanza di combustibile incide negativamente sui trasporti e sulla capacità dei servizi, sulle operazioni mediche e sulla capacità del PRCS di svolgere azioni umanitarie tempestive. La popolazione vive in un costante stato di emergenza. Il personale e i volontari del PRCS, pur operando in condizioni di pericolo, proseguono la loro attività a supporto delle comunità colpite dal conflitto. Questa è l’Umanità del nostro Movimento, questo è il nostro modo di essere Ovunque per Chiunque”.
Il vergognoso attacco a La Stampa utile a chi non accende le luci su Gaza e i palestinesi
Aderiamo allo sciopero Fnsi: oggi non andrà in onda il Grs
La mobilitazione è stata decisa per sollecitare il rinnovo del contratto di lavoro scaduto nel 2016. La Fnsi rivendica il riconoscimento anche economico del ruolo che il giornalismo riveste nell’ordinamento democratico e per questo sarà in piazza con le Associazioni regionali di Stampa e i colleghi dei Comitati di redazione nelle principali città italiane, mentre su emittenti radio-tv, testate online e poi giornali e agenzie di stampa andrà in scena un black out informativo.
E ancora: «Scioperiamo per tutta la categoria, tenendo insieme i dipendenti e i collaboratori lavoratori autonomi e precari – ha incalzato – Siamo di fronte a grandi sfide tecnologiche. Non voler regolamentare l’intelligenza artificiale nel contratto significa volerla usare per i sostituire i giornalisti».
Si tratta, ha quindi rimarcato Costante, «di una trattativa unitaria – ha detto ancora -. Vogliamo tutti che non ci siano giornalisti ricattabili, ma che possano esercitare il loro controllo democratico».
Costante ha poi spiegato che «alcuni risultati sono già stati raggiunti», come la convocazione da parte del Dipartimento per l’Editoria del tavolo sull’equo compenso «dal quale gli editori scappavano» e per questo «ringrazio il sottosegretario Alberto Barachini», ha evidenziato la segretaria Fnsi e «ringrazio anche i vaticanisti – ha proseguito – che sono in viaggio con il Papa e che gli hanno presentato una lettera esponendo le ragioni della protesta. E il Pontefice ha annuito e ritenuto gravi i motivi dello sciopero».
Ai giornalisti, poi, il sostegno dei poligrafici. «La vostra battaglia è la nostra battaglia – il saluto di Giulia Guida della Slc Cgil – perché gli editori hanno scelto una strada che non è quella della tutela dei lavoratori».
Nel Paese che invecchia cala il lavoro domestico: il rischio di un’emergenza welfare
UNICEF: 1 bambino su 4 vive con madri vittime di violenza domestica
La violenza negli occhi – Secondo i nuovi dati dell’UNICEF 1 bambino su 4 – circa 610 milioni – vive con madri vittime di violenza da parte del partner. I bambini in Oceania, Africa subsahariana e Asia centrale e meridionale sono i più esposti al rischio di vivere con una madre che ha subito abusi fisici, emotivi o sessuali da parte del partner nell’ultimo anno, riflettendo le disuguaglianze diffuse e i modelli globali di abuso subiti dalle donne.
“Oggi, milioni di donne e bambini vivono in famiglie in cui la violenza è parte integrante della vita quotidiana”, ha dichiarato Catherine Russell, Direttrice generale dell’UNICEF. “La sicurezza e l’autonomia delle donne sono fondamentali per il benessere dei bambini”.
Per la prima volta, i dati regionali rivelano dove le donne e i bambini sono più a rischio, dimostrando che l’esposizione dei bambini rispecchia in gran parte i modelli geografici della violenza domestica tra le ragazze adolescenti e le donne.
Secondo l’analisi, l’Oceania ha la prevalenza più alta, con poco più della metà dei bambini – 3 milioni – che vivono con una madre che ha di recente subito violenza da parte del partner. L’Africa subsahariana ha la seconda prevalenza più alta con il 32%, che colpisce 187 milioni di bambini. L’Asia centrale e meridionale, dove il 29% dei bambini della regione è esposto, rappresenta la quota maggiore del carico globale, con un totale di 201 milioni di bambini.
Ulteriori dati regionali sull’esposizione dei bambini alla violenza domestica includono:
- Nord Africa e Asia occidentale: 26%, ovvero 52 milioni di bambini.
- America Latina e Caraibi: 19%, ovvero 35 milioni di bambini.
- Asia orientale e sud-orientale: 21%, ovvero 105 milioni di bambini.
- Europa e Nord America: 13%, ovvero 28 milioni di bambini.
- Australia e Nuova Zelanda: 5%, ovvero circa 400.000 bambini.
Gli studi dimostrano che la violenza non solo danneggia la salute e il benessere delle donne, ma ha anche un impatto significativo sul senso di sicurezza, sulla salute e sull’apprendimento dei loro figli. Secondo l’analisi, che include anche dati sulle punizioni violente, i bambini che crescono in famiglie in cui le donne subiscono violenza sono anche significativamente più esposti al rischio di subire loro stessi aggressioni fisiche o psicologiche. Tale esposizione aumenta il rischio che portino la violenza nell’età adulta, sia come vittime che come autori.
L’UNICEF invita i Governi e i partner a investire in soluzioni comprovate per porre fine alla violenza contro le donne e i bambini attraverso:
- Il coordinamento e l’ampliamento di strategie che riducano contemporaneamente la violenza contro le donne e i bambini, compreso il sostegno alle organizzazioni guidate da donne e ragazze
- L’ampliamento dei servizi incentrati sulle vittime, affinché donne e bambini possano accedere alla sicurezza e all’assistenza.
- Investimenti nella prevenzione, compreso il sostegno ai genitori e programmi scolastici che promuovano la parità di genere e la non violenza.
- Affrontando le norme sociali dannose che sono alla base della disuguaglianza e della violenza e amplificando le voci delle vittime e dei giovani.
Focus Asvis: così le imprese italiane vogliono raggiungere obiettivi di sviluppo sostenibile
Sudan, testimonianze di massacri e violenze dei paramilitari, raccolte da Amnesty
Orrore senza fine – In Sudan Amnesty International ha raccolto nuove testimonianze, fornite da persone fuggite da El Fasher, sulle uccisioni di numerosi civili disarmati e sullo stupro di decine di donne e ragazze. I 28 sopravvissuti hanno riferito di aver assistito al pestaggio, all’uccisione di persone e al rapimento di altre a scopo di riscatto. Le sopravvissute hanno raccontato di essere state sottoposte a violenza sessuale da parte dei paramilitari.
Queste terribili testimonianze sono tra le prime rese dalle persone fuggite da El Fasher dopo la caduta della città. Amnesty International ne ha raccolte 28, in parte in presenza in Ciad e in parte da remoto, di chi era riuscito a mettersi in salvo a Tawila (a ovest di El Fasher) e a Tina (al confine col Ciad).
“Il mondo non deve girarsi dall’altra parte via via che emergono nuovi dettagli sul brutale attacco delle Fsr ad El Fasher. Le persone che abbiamo intervistato ci hanno descritto orrori inimmaginabili”, ha dichiarato Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International.
“Nelle prossime settimane emergeranno altre prove delle violenze commesse dalle Fsr. Queste azioni costanti e di vasta portata contro la popolazione civile sono crimini di guerra e possono costituire anche ulteriori crimini di diritto internazionale, i cui responsabili devono essere chiamati a risponderne”, ha aggiunto Callamard.
“Queste atrocità sono state facilitate dal sostegno fornito alle Fsr dagli Emirati Arabi Uniti, che stanno alimentando un ciclo senza fine di violenza contro la popolazione civile sudanese. La comunità internazionale e il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite devono pretendere che gli Emirati Arabi Uniti pongano fine a tale sostegno”, ha sottolineato Callamard.
“È doveroso che la Missione di accertamento dei fatti in Sudan, istituita dal Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, abbia le risorse necessarie per svolgere fino in fondo il suo mandato e indagare sulle violazioni dei diritti umani nel paese, comprese quelle che stanno avendo luogo a El Fasher. Il Consiglio di sicurezza, che aveva deferito la situazione nel Darfur alla Corte penale internazionale, deve ora assolutamente deferire alla Corte ciò che sta avvenendo in tutto il Sudan”, ha proseguito Callamard.
“Sollecitiamo a loro volta tutti gli attori esterni a prendere le misure necessarie per porre fine alla vendita e alla fornitura di armi e relativo materiale a tutte le parti in conflitto, secondo quanto previsto dall’embargo istituito dal Consiglio di sicurezza, che dev’essere ora esteso a tutto il Sudan”, ha commentato Callamard.
Crediti foto: Amnesty International




