Archivi categoria: Sport

Disabilità, Versace: “Lo sport per superare i propri limiti”


Più spazio in campo. In occasione della VI Conferenza nazionale sulle politiche per la disabilità è intervenuta Giusy Versace, segnalando che per la prima volta nella legge delega sul tema è stato inserito lo sport che, per l’atleta paralimpica, è “un modo di confrontarsi con gli altri, di scoprire che i propri limiti si possono superare, di assumere più consapevolezza e porsi nuovi obiettivi”

In occasione della VI Conferenza Nazionale sulle Politiche per la Disabilità, che si è tenuta a Roma presso la Presidenza del Consiglio, è intervenuta anche l’atleta paralimpica e parlamentare Giusy Versace nella sessione “Disabilità e Sport” e questo è un estratto del suo intervento: “il gioco di squadra su temi come quello della disabilità, che non ha colore politico, aiuta a portare a casa risultati concreti. Lo dimostra il grande lavoro fatto con la legge delega sulla disabilità, votata all’unanimità la scorsa settimana, dove per la prima volta trova spazio lo sport. A volte si fa l’errore di pensare allo sport come attività esclusivamente agonistica, ma in realtà è molto di più. Per le tante persone che vivono la disabilità, è un modo di confrontarsi con gli altri, di scoprire che i propri limiti si possono superare, di assumere più consapevolezza e porsi nuovi obiettivi. Lo sport svolge una funzione indispensabile, perché forma ed educa al rispetto per le regole, per se stessi e per gli avversari, inoltre ha una forte valenza educativa anche in chi non lo pratica, favorendo quell’evoluzione culturale di comprensione dell’altro all’interno della nostra società. Non solo, lo sport, in chi lo pratica anche a livello amatoriale, ne migliora lo stato psicofisico, agevolandone di conseguenza quell’inclusione sociale tanto acclamata ed essenziale. Spesso bisogna affrontare pregiudizi e ostacoli; io stessa ho dovuto combattere per raggiungere il mio desiderio di correre. Invece Lo sport deve essere un diritto, così come riconosciuto anche dalla Convenzione Onu del 2006 e tutti devono avere le stesse opportunità di poterlo praticare. Anche per questo, ho presentato una proposta di legge perché il diritto allo sport sia riconosciuto nella nostra Costituzione, favorendo il riconoscimento della sua valenza positiva e importanza anche nelle famiglie e nella società. Infine, mi preme sottolineare un altro passaggio indispensabile: occorre aggiornare i Lea per garantire l’erogazione di ausili, ortesi e protesi a tecnologie avanzate che lo Stato attualmente non copre. Non è detto che tutti ne usufruiranno, ma lo Stato deve garantire questa opportunità e la libertà di scegliere a tutti i cittadini”.

 

Il coraggio di dire “basta”: Simone Biles atleta dell’anno per il Time


Il coraggio di dire “basta”. Simone Biles è stata nominata atleta dell’anno dalla rivista “Time”. Motivo del riconoscimento è stata la scelta della ginnasta di dire basta con gli occhi del mondo puntati su di sé, durante i Giochi olimpici di Tokyo, quando parlò dei propri “demoni interiori” e dei “twiestis”, improvvisi blocchi mentali. Poi la denuncia delle molestie.

Il riferimento è ai Giochi di Tokyo, quando la ginnasta, 24 anni e una carriera straordinaria, a gare in corso e motivando il ritiro dalle finali di varie specialità, parlò dei propri “demoni interiori”, ovvero disturbi d’ansia e i “twiestis”, improvvisi blocchi mentali che le facevano perdere l’orientamento durante gli esercizi, e spiegò di volersi concentrare “sulla salute mentale e il mio benessere”.

“Un mese dopo i Giochi, Biles ha mostrato ancora una volta la sua vulnerabilità”, ricorda il Time. “Insieme ad altri tre delle centinaia di altri atleti che erano stati abusati sessualmente dall’ex medico della squadra Larry Nassar, Biles ha dato una testimonianza commossa davanti al Senato”. “Biles da sola non cambierà le disuguaglianze nella salute mentale né costringerà una società che ha a lungo aderito a parole all’importanza della salute mentale a fare di più”, conclude il ‘Time’. “Ma ha reso molto più difficile distogliere lo sguardo”.

Gli italiani e lo sport dopo due anni di Covid: la ricerca Nomisma


Gli italiani e lo sport. Da una ricerca Nomisma emerge che per il 63% degli italiani il benessere psicofisico dipende dallo sport. Dopo due anni di restrizioni e chiusure molte persone hanno scoperto l’importanza del movimento per stare bene in salute e praticare sani stili di vita.

L’Osservatorio Hybrid Lifestyle di Nomisma in collaborazione con Crif ha posto l’attenzione su come e perché gli italiani decidono di dedicarsi allo sport e al benessere del proprio corpo e della propria mente dopo il cambiamento che la pandemia da Coronavirus ha portato nella quotidianità di ciascuno di noi. Ecco riportati nella nota alcuni dati emersi dall’indagine sulla relazione sport e benessere durante la pandemia. Sport & Benessere: come perché decidiamo di dare attenzione al benessere psicofisico. La pandemia da Coronavirus ha portato a uno stravolgimento della quotidianità di ognuno di noi, un cambiamento che ha interessato anche lo sport. Le restrizioni sociali e fisiche imposte hanno sfidato la nostra capacità di adattamento. Oggi, rispetto alla prima ondata della pandemia ci sentiamo tendenzialmente più stanchi ed esausti (29%), molto nervosi (19%), meno felici (16%) e con poche energie (21%). In questo periodo ci preoccupiamo principalmente del benessere economico nostro e della nostra famiglia (46%), delle prospettive future di lavoro e carriera (27%) e per la salute psico-fisica sia nostra che dei nostri cari (44%). Ciò che ci è mancato di più è stato uscire con gli amici (71%) e tutti gli aspetti collegati alla socialità e al divertimento, come andare al ristorante o al pub (52%), andare a concerti e feste (32%), andare in palestra e fare sport di contatto (21%). Dopo più di un anno dall’inizio di questa condizione obbligata abbiamo dovuto trovare un nuovo bilanciamento per proteggere la nostra mente e il nostro corpo, apprendendo abitudini nuove anche rispetto alla pratica sportiva. Il 63% degli italiani ritiene che praticare sport e attività motoria sia importante per il benessere psicofisico, anche se esistono altri fattori determinanti.

Il 75% degli italiani negli ultimi 12 mesi ha praticato un’attività sportiva (31%) o movimento (44%) durante la settimana. Il 73% dichiara di praticare abbastanza movimento durante la giornata, ma solo il 39% abbastanza sport. Oggi, rispetto a prima della pandemia, quasi 1 italiano su 2 vede invariato il livello di attività sportiva praticata, mentre il 34% ha incrementato questa buona regola (mentre il 28% l’ha diminuita), delineando così un bilancio nel complesso positivo.

Lo studio Nomisma sviluppato in collaborazione con Crif ha ricostruito l’identikit del gruppo di virtuosi che praticano sport in modo continuativo. Sono prevalentemente uomini (57%), il 40% appartiene alla fascia d’età 25-44, mentre il 45% ha tra i 45 e i 74 anni. Il 63% ha usufruito dello smart working nell’ultimo anno e da un punto di vista geografico è possibile osservare che il 54% degli atleti risiede nel Nord Italia. Il 9% è composto da neofiti che hanno iniziato negli ultimi 12 mesi.

Complici le restrizioni imposte per garantire la sicurezza sanitaria, le principali attività svolte dagli italiani sono state corsa/jogging (72%), attività in palestra (o gli esercizi a casa) (66%), ciclismo (53%). Si è osservato anche un secondo gruppo di appassionati a nuoto e acqua gym (28%), calcio e calcetto (27%) e alle discipline indiane come yoga o ad un tipo di ginnastica rieducativa e preventiva come il pilates (20%). Per 4 italiani su 10 la pratica sportiva o di movimento avviene con una frequenza di 2-3 volte alla settimana, anche se il 36% di irriducibili non sembra accusare la fatica e si dedica alle attività sportive per almeno 4 o 5 giorni a settimana. Durante i periodi più gravi della pandemia, quindi durante i lockdown o le fasi di zona rossa, il 24% degli italiani è riuscito a praticare l’attività sportiva circa 2-3 volte a settimana, 4 su 10 in casa, anche se il 33% ha optato per entrambe le soluzioni.

L’aria aperta sembra essere la soluzione ideale per svolgere attività fisica, è preferita infatti da 8,5 italiani su 10, di cui il 75% sceglie i parchi o la strada, mentre il 10% frequenta impianti all’aperto a pagamento come, ad esempio, i campi da tennis. Si sceglie di praticare un’attività fisica per tre grandi ordini di motivi: la salvaguardia della salute (62%) e in generale il mantenersi in forma ed allenati (32%), la necessità di allontanarsi dalla routine quotidiana con leggerezza (“staccare la spina” 35%, divertirsi 10%), sentirsi bene con se stessi grazie alla cura del proprio aspetto fisico (dimagrire 22%, avere un aspetto migliore 14%). È bene ricordare che non siamo solo sportivi, ma siamo anche spettatori, 1 italiano su 2 segue il calcio dal vivo o sui media (TV, Internet, radio, …), 3 su 10 la pallavolo e 2 su il basket.

Pigrizia, impegni, problematiche di salute e reddito i fattori limitanti. Il 25% degli italiani nell’ultimo anno non ha praticato sport. Il 28% ha smesso nell’ultimo anno, il 27% aveva già smesso tra 2 e 5 anni fa, mentre il 22% non ha mai praticato sport. Tra coloro che hanno praticato sport in passato e ora si sono fermati, la componente pigrizia è in prima posizione tra le cause scatenanti (47%), seguita dall’insieme degli impegni derivanti da studio e lavoro (37%) e dai disturbi di salute (25% non collegate al Covid-19, 10% legati al coronavirus), in fine un ultimo gruppo ha deciso di interrompere a causa delle mutate condizioni economiche della famiglia (23%).

L’equilibrio e benessere psicofisico per noi e gli altri. Il 91% degli italiani che praticano un’attività sportiva sono d’accordo nell’affermarne i benefici a livello fisico, l’89% i benefici per la salute mentale. L’82% ritiene importante potersi mantenere attivo con regolarità, potendo contare su un senso di appagamento e divertimento (72%). Grazie all’attività sportiva possiamo migliorare noi stessi e gli altri, per 1 italiano su 2 gli affetti e le persone vicine rappresentano uno stimolo per condurre uno stile di vita sano, ma contemporaneamente con il proprio modo di agire si cerca di essere un esempio positivo per i propri cari (49%).

I boicottaggi delle Olimpiadi invernali di Pechino 2022


 

 

Boicottaggio per i diritti. Lo sport internazionale prende la parola sulle Olimpiadi invernali di Pechino. Il servizio di Elena Fiorani.

Sono giorni di battaglie a colpi di boicottaggi: gli Stati Uniti hanno annunciato che non invieranno rappresentanti politici alle Olimpiadi invernali di Pechino 2022 in segno di protesta per le violazioni dei diritti umani, pur sostenendo pienamente gli atleti in gara. Anche la Nuova Zelanda ha aderito al boicottaggio diplomatico, ma la Cina ha definito questa decisione un assalto allo spirito olimpico, minacciando “decise contromisure” di cui per ora non sono stati forniti dettagli.

Invece dai Giochi del Commonwealth arriva la proposta di non svolgere più la manifestazione sportiva internazionale in paesi con leggi discriminatorie contro la comunità LGBT+. La rete vuole creare uno spazio sicuro per le persone LGBT+ nello sport e dare vita ad una piattaforma attraverso cui sostenere l’accettazione e l’uguaglianza di tutte le persone.

Lo sport geniale: la pratica sportiva come mezzo di inclusione


Lo sport geniale. A Napoli il progetto, sostenuto da Fondazione con il Sud e promosso dalla parrocchia Sacra Famiglia, è nato per favorire la pratica sportiva come mezzo di inclusione sociale dei giovani, in particolare di quelli in condizione di fragilità, e degli abitanti del Rione Luzzatti: quartiere reso celebre dal best seller ‘L’amica geniale’.

 

Sport e omotransfobia: la lezione inglese e il silenzio italiano


Tutti i colori dello sport. Lo scorso weekend in Inghilterra calciatori, giocatori di rugby e sportivi di ogni tipo sono scesi in campo con lacci arcobaleno a sostegno dell’annuale campagna Rainbow Laces, che da anni lavora per dire basta all’omotransfobia nello sport inglese. In Italia, invece, tutto tace, anche davanti ai messaggi di odio che ogni domenica riecheggiano dagli spalti.

L’allenatore del Liverpool Jurgen Klopp ne ha parlato pubblicamente: “Ho 54 anni, ho passato molti periodi bui nella mia vita ma molti problemi non li ho mai vissuti”. “Ho così tanti amici gay ma non ho mai pensato a cosa abbiano dovuto passare quando hanno dovuto dire, ‘a proposito, mamma, papà’ – e a tutti gli altri – ‘Non sono esattamente come ti aspettavi, forse’. “Questa è una sfida che nessuno dovrebbe affrontare“.

Jordan Henderson, centrocampista nonché capitano del Liverpool, ha sottolineato come anche solo parlare di simili argomenti abbia avuto un impatto “nell’aumentare la mia consapevolezza sull’argomento. Ogni stagione quando arriva questa campagna mi fa fermare e pensare a quanto il calcio in particolare abbia bisogno di crescere, prima che il gioco possa considerarsi adeguatamente inclusivo”. “Prima di essere un calciatore, sono un genitore, un marito, un figlio, un fratello e un amico per le persone della mia vita che contano così tanto per me. L’idea che qualcuno di loro si senta escluso dal giocare o assistere a una partita di calcio, semplicemente per essere chi è, mi fa impazzire“. Henderson era già stato elogiato per aver indossato i lacci arcobaleno nel match vinto dall’Inghilterra per 4-0 sull’Ucraina, durante Euro 2020.

Da quando la campagna Rainbow Laces è stata lanciata, nel 2013, è stata adottata da tutti gli sport professionistici, dal basket femminile al rugby in sedia a rotelle, incoraggiando le squadre sportive a mostrare il loro sostegno all’uguaglianza LGBT+ e a rendere lo sport più inclusivo. La campagna di Stonewall è iniziata giovedì 25 novembre e andrà avanti fino al 12 dicembre, incoraggiando gli atleti a supportare le questioni LGBT+.

Stonewall ha dichiarato: “I nostri iconici lacci arcobaleno sono diventati un simbolo di inclusione nello sport e nel fitness. Più di un milione di voi ha già indossato i lacci a sostegno dell’inclusione LGBT+“. Anche la squadra inglese di rugby si è espressa a sostegno della campagna. “Tutti sono i benvenuti nel nostro sport“, ha twittato l’account ufficiale della federazione. “Orgogliosi di supportare la campagna dei lacci arcobaleno“. Persino i fantini hanno indossato giacche rainbow e caschi con i colori della bandiera transgender.

E in Italia, invece, tutto tace. Se l’esempio del Regno Unito esiste da quasi 10 anni, nel Bel Paese Coni e Lega Calcio non hanno fatto nulla di concreto per sensibilizzare l’opinione pubblica, i giocatori e i propri tifosi su simili tematiche, nascondendo la testa sotto la sabbia dinanzi ad un’omotransfobia che ogni domenica, stadio dopo stadio, riecheggia tra gli spalti.

Nel 2015 un’iniziativa simile a quella inglese venne ideata da Paddy Power, ArciLesbica e Arcigay, con il romanista Radja Nainggolan testimonial. Ma fu un’eccezione, un episodio singolo che lo stesso Coni, organismo di governo dello sport in Italia, avrebbe dovuto far sua, ampliandola a tutti gli sport praticati. Errare è umano, perseverare sarebbe diabolico. Fare qualcosa ora, per vivere meglio lo sport domani, è la strada che Giovanni Malagò, Paolo Dal Pino e Gabriele Gravina dovrebbero intraprendere.

Palestra popolare in arrivo a Empoli: “lo sport come diritto per tutte e tutti”


Palestra popolare: è in arrivo a Empoli con il progetto promosso nel Centro Sociale Intifada, per promuovere uno spazio per l’attività sportiva e la socializzazione, con costi accessibili e aperto a tutte e tutti. Qui lo sport sarà proposto come un momento di attività fisica da fare insieme, senza pretese, senza lo stress del risultato, come spazio per divertirsi e stare bene.

“Lo sport come diritto per tutte e tutti è l’idea che ci spinge alla creazione della Palestra Popolare – spiegano ancora in una nota Csa Intifada e Empoli antifascista – con l’obiettivo di creare un percorso collettivo per stare insieme e per divertirci, mentre ci prendiamo cura dei nostri corpi e delle nostre relazioni”. Nella Palestra Popolare lo sport è vissuto “come un momento di attività fisica da fare insieme, senza pretese, senza lo stress del risultato, ma come spazio per divertirsi e per stare bene. Come abbiamo imparato durante la pandemia e dalle compagne femministe, la cura di noi stessi è un aspetto fondamentale delle nostre vite, un qualcosa che spesso sottovalutiamo o invisibilizziamo, ma che invece è necessario proteggere e promuovere, a partire dal prendersi cura delle nostre relazioni, dei nostri sogni, delle reti di solidarietà e reciprocità in cui siamo inseriti. Lo sport è una di queste attività e di quei momenti per curare il nostro corpo e le nostre menti”.

Tutti possono partecipare alla Palestra Popolare, spiegano ancora i promotori, dove ci saranno “due maestri professionisti di Boxe & Muay Thai e anche il corso di autodifesa per donne”. Per aderire “si richiede solo di avere voglia di stare insieme, di preoccuparci collettivamente dei nostri corpi e le nostre relazioni, per costruire un sogno collettivo. Prendiamoci cura di noi stesse e di noi stessi! Diciamo no alla competizione, al risultato e al denaro, come elementi che mediano il nostro rapporto con lo sport e con noi stessi” concludono Csa Intifada e Empoli Antifascista, annunciando l’arrivo a breve della Palestra Popolare.

Il mondo girato in hadbike e carrozzina: il documentario “Viaggi in carrozza”


Viaggi in carrozza. Un documentario ripercorre i viaggi di Danilo Ragona e Luca Paiardi, che hanno girato il mondo in sella a handbike e su sedie a ruote: un inno all’amore per la vita che dimostra come vivere, viaggiare e praticare sport estremi con una disabilità sia possibile.

L’amicizia tra Danilo Ragona e Luca Paiardi è iniziata nei corridoi dell’Unità Spinale di Torino oltre 20 anni fa, dopo un incidente, un evento drammatico che entrambi scelsero di vivere come “un inizio”. L’inizio di una nuova vita, di un nuovo modo di vedere le cose. Fu allora che decisero di girare il mondo insieme, un’avventura attraverso i luoghi più magici del pianeta. In occasione della Giornata internazionale delle persone con disabilità, venerdì 3 dicembre, alle 21.15, andrà in onda in anteprima su Sky Documentaries “Viaggi in carrozza”, il documentario scritto da Daniel Coffaro e prodotto da Ludovico de Maistre, Travel Media House e Viaggio Italia che ripercorre i viaggi di Ragona e Paiardi e racconta la storia di amicizia, forza e determinazione a dimostrazione che vivere, viaggiare e praticare sport estremi con una disabilità è possibile.

Dai ritmi caotici di Nuova Delhi attraversata in tuc tuc fino al Kardung La, un passo montano transitabile che con i suoi 5370 metri è il più alto del mondo, passando per l’oceano di Fuerteventura, il sambodromo del Brasile e la savana del Kenya: Ragona e Paiardi capiscono che, nel viaggio, diventare forti non significa solo sviluppare prestanza fisica, ma anche forgiare le proprie capacità mentali e spirituali. “Il nostro obiettivo – raccontano – è dimostrare che vivere con una disabilità è possibile ed è da questa premessa che è nato questo lavoro, un progetto alla scoperta delle possibilità indagando i nostri limiti e con la voglia di superarli o di riconoscerli, così come conoscere il piacere del viaggiare con i suoi incontri, scoperte ed emozioni”.

Ragona, classe 1978, è un designer e imprenditore. Diplomato all’Istituto Europeo di Design, la sua ricerca di bellezza l’ha spinto a progettare sedie a ruote dalle linee sensuali, esteticamente accattivanti, ma soprattutto agili, maneggevoli, in grado di percorrere qualsiasi strada. Ha fondato nel 2006 Able To Enjoy, azienda del Made in Italy con la quale produce e commercializza una serie di prodotti dal design innovativo, prima fra tutti la sedia a ruote B-Free Multifunction. Luca Paiardi, classe 1979, è un musicista indie-rock, bassista, con la sua band “Stearica” ha percorso chilometri di strade per andare in tour e salire sui palchi di tutta Europa. È architetto al Politecnico di Torino e, all’università di Bruxelles, ha scelto di approfondire il tema dell’accessibilità e dell’architettura sostenibile. Ragona e Paiardi nel 2015 hanno dato vita a “Viaggio Italia around the world”, un viaggio speciale, in Italia prima e oltre i confini nazionali poi, fatto di sport (anche estremi), incontri, prove, scambi, imprese, sfide, tutte affrontate a bordo delle loro sedie a ruote, sulle quali si muovono da 20 anni: “‘Viaggio Italia around the world’ – concludono – nasce dall’idea di condividere le esperienze positive che si possono vivere con la disabilità, usando il viaggio come escamotage per parlare della quotidianità, senza filtri, in modo diretto, per mostrare nel concreto che la disabilità può essere un punto di partenza che non preclude un’esistenza intensa. È un progetto di comunicazione, per aprire una finestra sul mondo della disabilità, raccontandone le possibilità”.

Il cambiamento climatico mette a rischio il calcio inglese: la storia del Carlisle United


Effetti collaterali. Il calcio inglese lotta per restare a galla. A causa degli eventi atmosferici estremi, ogni anno vengono cancellate 62mila partite e i club minori potrebbero non sopravvivere agli effetti dei cambiamenti climatici. Come il Carlisle United che ha subito due inondazioni nel 2005 e nel 2015 e nessuna compagnia vuole assicurarlo per eventuali incidenti futuri.

Secondo BBC Sport, che ha calcolato il numero di danni per il calcio inglese legati al clima impazzito, ci sono dei club minori che addirittura rischiano di scomparire, perché non in grado di gestire i costi delle inondazioni causate dall’innalzamento delle acque dei mari o
dei fiumi lungo i quali i campi spesso sono costruiti.

La storia del Carlisle United, il club che potrebbe sparire a causa della crisi climatica. Il Carlisle United, un piccolo club della quarta divisione (League Two), ha dovuto fare i conti con due imponenti inondazioni nel 2005 e nel 2015. L’ultima volta, quando la tempesta
Desmond travolse il Paese, i giocatori del Carlisle, tornati da una trasferta, si ritrovarono il campo completamente allagato. La stagione fu conclusa grazie a due squadre avversarie che prestarono i loro campi da gioco. Ma quando il patron del Carlisle United, dopo aver pagato i costi per la risistemazione del campo, provò a sottoscrivere una
assicurazione che coprisse i danni nel caso in cui un evento simile fosse ricapitato in futuro, è arrivata l’amara sorpresa. Nessuna compagnia volle sottoscrivere l’assicurazione. Il motivo? I modelli predittivi sulle condizioni atmosferiche nella zona prevedevano che
nuovi eventi climatici di quella portata saranno sempre più frequenti.

Nel caso di una terza inondazione difficilmente ci sarà un futuro per il Carlisle United. La storia del Carlisle United è emblematica di come i cambiamenti climatici potrebbero stravolgere completamente il mondo dello sport nel Regno Unito e nel resto del mondo. Fiona Dear, ricercatrice alla Climate Coalition che ha condotto uno studio sulle conseguenze della crisi climatica sullo sport in UK, ha spiegato che il problema tocca diverse squadre di calcio: “I migliori giocatori di calcio possono essere superstar globali, ma rappresentano solo la punta dell’iceberg. Il calcio di base rimane la linfa vitale del gioco, nonché un modo per stare in salute, socializzare e stare vicino alla propria comunità”.