Archivi categoria: Sport

Tornano in campo le calciatrici afghane accolte a Firenze


 

 

 

Ricominciare a vivere. Le calciatrici fuggite dall’Afghanistan ad agosto tornano in campo a Firenze. Il servizio di Elena Fiorani

Sono scappate dal loro Paese dopo l’arrivo dei talebani, perché alle donne è stato proibito di praticare sport e la loro passione per il pallone le ha messe nel mirino degli estremisti. Firenze le ha accolte e adesso le ragazze torneranno finalmente a giocare indossando la maglia del club Centro Storico Lebowski, squadra di calcio femminile che milita nei dilettanti.

La società sportiva fiorentina, che porta avanti un percorso sportivo e sociale, ha aperto le porte alle atlete e al loro allenatore, nell’ottica di un gesto di solidarietà, ma anche con l’obiettivo di coltivare il loro percorso sportivo con il massimo della qualità e della soddisfazione.

Carrara, palestre e piscine gratis per le associazioni sportive


Una mano tesa: a Carrara palestre e piscine gratis per le associazioni sportive, per il periodo da gennaio 2020 a marzo 2022. Lo ha deciso l’amministrazione comunale nell’ambito delle iniziative di sostegno alle società sportive e ai loro atleti nella crisi dovuta alla pandemia.

«Lo stop alle gare imposto a molte discipline e l’interdizione all’accesso del pubblico ha provocato una sensibile riduzione degli incassi delle società sportive: per questo abbiamo deciso di sollevarle dall’obbligo di pagamento delle tariffe orarie per l’utilizzo degli spazi delle palestre e delle piscine comunali. È un modo per andare incontro alle associazioni e agli sportivi nella speranza di consentire una veloce ripresa e incremento delle loro attività vista l’importanza che l’attività motoria ha per la “salute” psicofisica delle persone e in particolare dei più giovani» ha spiegato l’assessore allo Sport Andrea Raggi, ricordando che a causa della pandemia gli oneri a carico delle società sono addirittura cresciuti, tra richieste di rimborso e protocolli sanitari di igienizzazione degli spazi.

Grazie al decreto legge 34/2020, “Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da Covid-19”, l’amministrazione ha dunque potuto rideterminare le condizioni economico-finanziario originariamente pattuite tra comune e associazioni sportive per l’uso e l’utilizzo degli spazi all’interno degli strutture sportive di proprietà del municipio. Per questo i debiti per l’uso degli spazi delle piscine e palestra comunali contratti dalle società nel periodo dello stato di emergenza, tra gennaio 2020 e marzo 2022, sono da considerarsi azzerati.

“Where is Peng Shuai?”: agli Australian Open il sostegno alla tennista cinese


“Where is Peng Shuai?”. Ieri gli organizzatori degli Australian Open hanno comunicato che gli spettatori del torneo potranno indossare la t-shirt a sostegno della tennista cinese Peng Shuai, delle cui condizioni ad oggi si hanno scarse notizie. Negli scorsi giorni ad alcuni tifosi era stato chiesto di toglierla, scatenando le critiche sia del mondo del tennis che della politica australiana.

Martedì gli organizzatori degli Australian Open, uno dei tornei di tennis più importanti al mondo che si sta svolgendo in questi giorni, hanno detto che gli spettatori potranno indossare t-shirt a sostegno della tennista cinese Peng Shuai. La decisione è arrivata dopo che negli scorsi giorni alcuni spettatori avevano indossato delle t-shirt con stampata la scritta “Where is Peng Shuai?” (“Dov’è Peng Shuai?”) ed erano stati costretti a toglierle. Questa decisione degli organizzatori era stata molto criticata, sia nel mondo del tennis che nella politica australiana.

Peng Shuai è una tennista cinese che lo scorso novembre era scomparsa per giorni dopo aver denunciato violenze sessuali subite da uno dei più importanti politici cinesi, generando con le sue accuse un grande scandalo in Cina e all’estero. Peng era ricomparsa dopo due settimane in un video in cui diceva di stare bene e ritrattava le accuse. Da subito era parso a molti che la tennista non avesse parlato liberamente, ma sotto costrizione, e ad oggi le notizie sulle sue condizioni sono scarse.

Dopo che agli spettatori era stato chiesto di togliere le t-shirt, in molti avevano criticato la decisione degli organizzatori, accusati di censurare chi volesse avere notizie della tennista cinese. Tra questi la tennista ceca naturalizzata statunitense Martina Navratilova, una delle più vincenti di sempre, che aveva definito “patetica” la scelta degli organizzatori. Anche il ministro della Difesa australiano, Peter Dutton, aveva duramente criticato la decisione degli organizzatori degli Australian Open, definendola “molto preoccupante”.

Martedì Craig Tiley, direttore degli Australian Open, ha detto ad Associated Press che gli spettatori che vogliono manifestare il proprio sostegno a Peng Shuai potranno farlo e indossare t-shirt come quelle che erano state vietate, a condizione però che non si organizzino in grandi gruppi e che non creino problemi agli altri spettatori. «Se vogliono farlo, va bene, ma se qualcuno viene con l’espresso intento di disturbare la tranquillità e la sicurezza dei nostri spettatori, allora non è il benvenuto», ha detto Tiley.

Inizialmente Tiley aveva difeso la decisione di far rimuovere le t-shirt sostenendo che quello fosse il protocollo del torneo, che vieta agli spettatori di mostrare “messaggi politici”, e che non ci fosse nessun intento di censura. L’associazione che organizza il torneo aveva successivamente diffuso un comunicato in cui aveva detto che «la sicurezza di Peng Shuai è la nostra principale preoccupazione» e che sta lavorando assieme alla WTA (l’organizzazione mondiale del tennis femminile) e a tutta la comunità mondiale del tennis per fare il possibile per garantire che stia bene.

La WTA ha più volte chiesto di poter parlare direttamente con la tennista, cosa che finora non è riuscita a fare, e sta continuando a chiedere che venga avviata un’indagine su quanto successo. Al momento l’ultima apparizione pubblica di Peng Shuai risale al 19 dicembre, giorno in cui è stata pubblicata una sua intervista video realizzata nel corso di un evento sportivo a Shanghai.

Appello di Amnesty in vista dei Giochi invernali di Pechino: liberate gli oppositori


Che vincano i diritti. A pochi giorni dall’inizio dei Giochi olimpici e paralimpici invernali di Pechino, Amnesty International lancia un appello alle autorità cinesi, affinché ritirino le accuse e rilascino immediatamente tutti coloro che sono perseguiti o detenuti per aver esercitato la loro libertà di espressione, definendo sistematiche le violazioni di questo diritto fondamentale.

A febbraio e marzo 2022, a Pechino si svolgeranno i Giochi olimpici e paralimpici invernali. La Cina sta usando le Olimpiadi per cercare di migliorare la sua immagine globale, sfruttando il fascino, il prestigio e l’interesse pubblico dello sport per evitare il controllo del suo deplorevole record in materia di diritti umani. Tutto questo ha un solo nome: sportwashing!

Tra le numerose violazioni dei diritti umani commesse dalle autorità cinesi, le loro sistematiche violazioni del diritto alla libertà di espressione richiedono un’attenzione specifica alle Olimpiadi del 2022. È altamente problematico che il governo cinese, mentre ospita un mega evento sportivo che pretende di celebrare lo scambio internazionale e la comprensione reciproca, stia implementando un immenso sistema di censura e controllo massiccio su ciò che le persone possono dire e vedere.

Chiediamo alle autorità cinesi di ritirare tutte le accuse contro e rilasciare immediatamente tutti coloro che sono perseguiti o detenuti per aver esercitato la loro libertà di espressione, a cominciare da: Zhang Zhan, Ilham Tohti, Li Qiaochu, Gao Zhisheng e Rinchen Tsultrim.

Queste cinque persone appartengono tutti a comunità che sono state particolarmente duramente prese di mira nel continuo assalto della Cina alla libertà di espressione come giornalisti cittadini, accademici, difensori dei diritti umani, minoranze etniche e avvocati per i diritti umani. Hanno dimostrato un coraggio a livello olimpico semplicemente esprimendosi pacificamente e rifiutandosi di cedere alla repressione. Il loro rilascio immediato è importante come primo passo pubblico affinché il governo cinese mostri adeguatamente il suo sincero impegno per una migliore protezione dei diritti umani di tutte le persone in Cina, in linea con gli standard internazionali sui diritti umani e la Carta Olimpica.

Basket, parte il “Final 8 Contest”: a scuola di integrazione


Studenti creativi. In occasione delle Final Eight di Coppa Italia di basket, che si svolgeranno a Pesaro dal 16 al 20 febbraio, parte il contest rivolto agli studenti, che dovranno ideare dei video dedicati allo sport. Il concorso vuole promuovere un confronto e uno scambio tra le scuole sulle tematiche dello sport e dell’integrazione.

Il Comune di Pesaro, in collaborazione con Lega Basket ed avvalendosi del supporto del Liceo Scientifico Sportivo “G. Marconi” di Pesaro promuove il “Final 8 Contest”. Scopo dell’iniziativa è promuovere lo sport e avvicinare studenti e studentesse al mondo del basket in vista della manifestazione nazionale che si terrà nella nostra città di Pesaro.

Finalità̀ del concorso è anche quella di promuovere un incontro tra le scuole sulle tematiche dello sport e dell’integrazione. Il Contest è aperto a tutti gli studenti di tutte le scuole di ogni ordine e grado della città di Pesaro che dovranno creare degli spot legati al valore dello sport e del basket.

Saranno premiati i migliori video per ogni ordine e grado di istruzione (scuola primaria -scuola secondaria di primo grado – scuola secondaria di secondo grado). Possono partecipare al contest singoli studenti, classi o gruppi di studenti di classi diverse. È possibile partecipare anche informalmente con gruppi di amici, con la propria squadra sportiva o con il proprio gruppo di riferimento.

«Sarà un bel modo per valorizzare la creatività dei ragazzi, coinvolgerli in un grande evento e diffondere la “filosofia sociale” legata a un mondo che appassiona sia i praticanti delle discipline, sia coloro che seguono lo sport come sostenitori» spiega Mila Della Dora, Assessora alla Rapidità.

I lacci arcobaleno del tennista Liam Broady: agli Australian Open un ace per i diritti


Un ace per i diritti. Il tennista inglese Liam Broady, è sceso in campo agli Australian Open con i lacci arcobaleno per sensibilizzare il pubblico sul tema dell’omofobia nello sport. “Volevo solo inviare il mio supporto alla comunità – ha detto Broady – siamo nel 21° secolo ed è assurdo che le persone non possano sentirsi apertamente gay”.

Il 28enne tennista inglese, Liam Broady ha perso malamente e in 3 set al primo turno degli Australian Open contro il ‘cavallo pazzo’ Nick Kyrgios. Ma Brody ha comunque lasciato il segno. Liam, attualmente numero 128 al mondo, è infatti sceso in campo sfoggiando dei lacci arcobaleno.

Broady ha spiegato di aver voluto indossare quei lacci per mostrare solidarietà alla comunità LGBTQ e per aumentare la consapevolezza nei confronti dell’omosessualità all’interno del circuito professionistico maschile ATP, ufficialmente “inesistente”.

“Volevo solo inviare il mio supporto alla comunità. Non penso che sia davvero un tabù nel tennis maschile, ma ho già sentito domande sul perché non ci siano tennisti apertamente gay e volevo solo esprimere il mio sostegno. Molti ragazzi della comunità LGBT mi hanno dato supporto nel corso della mia carriera, ci sono sempre stati, dal primo giorno, quindi volevo ringraziarli”. Alla domanda se esista una “cultura omofoba” all’interno del tennis maschile che impedisca ai giocatori gay di fare coming out pubblicamente, Broady ha risposto: “Non credo. Voglio dire, immagino che nella società in cui viviamo ci sia una cultura del genere, giusto? Soprattutto nello sport. Ho visto che il primo calciatore apertamente gay [Josh Cavallo] è appena uscito in Australia un paio di mesi fa. Ed è difficile, giusto? Voglio dire, è una grande cosa da fare, siamo nel 21° secolo ed è assurdo che le persone non possano sentirsi apertamente gay. È piuttosto triste, davvero”.

Broady ha aggiunto: “Ma sai, si spera che io possa contribuire a sensibilizzare l’opinione pubblica, ma non è che voglia costringere nessuno a fare coming out. Non voglio. È una loro scelta. Quindi puoi solo cercare di dare supporto nel modo in cui puoi e far loro sapere che va tutto bene”.

Se nel tennis femminile abbiamo assistito a più di un coming out, basti pensare alle leggendarie Martina Navratilova e Billie Jean King, gli unici tennisti di alto livello ad aver mai fatto coming out sono stati Brian Vahaly, nel 2017, 10 anni dopo essersi ritirato dalle scene, e Jan-Michael Gambill, ritiratosi nel 2010 e da anni felicemente fidanzato con Malek Alqadi.

“Almeno due gay in ogni squadra di calcio”: la rivelazione di Patrice Evra


Un mondo chiuso. Patrice Evra, ex terzino della Juventus, in occasione della presentazione della sua autobiografia ha affrontato il tema dell’omosessualità tra i calciatori, descrivendolo come un tabù ancora intoccabile. Secondo l’atleta in ogni squadra ci sono almeno due gay, ma rivelarlo significherebbe mettere fine alla carriera calcistica.

Quello degli abusi sessuali è un capitolo che Evra aveva già ampiamente raccontato in varie interviste in Inghilterra, dove ha vissuto gran parte della sua carriera, anche da capitano dei Red Devils. Ma Evra fa un passo in più e punta dritto verso un altro territorio oscuro del mondo del calcio professionistico: “Nel calcio tutto è chiuso. Se da calciatore dici che sei gay, sei morto. Ricordo una volta venne una persona a parlare di omosessualità alla squadra. Certi colleghi dissero che l’omosessualità era contro la loro religione e che se c’era un gay in spogliatoio bisognava cacciarlo dal club. Io ho giocato con gay, ne hanno parlato con me, da soli, perché hanno paura di aprirsi pubblicamente. Ci sono almeno due gay per squadra. Ma nel calcio se lo dici sei finito”.

Una testimonianza importante, nonostante Evra in passato si sia illustrato in dichiarazioni non proprio rispettose, dando del “frocetto” a chi lo criticava, o anche ai giocatori del Psg dopo l’eliminazione dalla Champions, per mano del Manchester United nel 2019. In ogni caso, Evra, molto seguito anche sui social si esprime pure sulla necessità di non rimanere nel silenzio, quando si subiscono abusi sessuali da ragazzini: “L’ho raccontato non tanto per me, ma per chiunque si trovi nella mia stessa situazione di quando fui stuprato da 13enne. Ho tenuto dentro tutto per anni fino a quando, guardando una trasmissione televisiva sul tema, non scoppiai in lacrime e confessai tutto a mia moglie. Bisogna sempre parlare e denunciare chi commette tali atti, anche se i colpevoli sono dei familiari, per non vivere nel trauma”.

Libere di giocare: le detenute-calciatrici dell’Atletico Diritti


Libere di giocare. Alla prima convocazione si sono presentate in più di sessanta e non saltano un allenamento. Sono le detenute-giocatrici dell’Atletico Diritti, la squadra femminile di calcio a cinque del carcere romano di Rebibbia, nata su iniziativa dell’associazione Antigone. Ogni sabato alle tre del pomeriggio in campo per svago e per sognare una vita nuova.

“Avevamo già all’attivo una squadra di calcio, una di cricket e una di basket tutte maschili” racconta Susanna Marietti, presidente di Atletico Diritti e coordinatrice nazionale di Antigone. “Abbiamo introdotto il calcio in un istituto penitenziario femminile per dare un segnale di rottura e abbattere lo stereotipo per cui le donne in carcere siano destinate solo al cucito, alla sartoria o al teatro. Oggi possiamo dire che uno sport tipicamente maschile è diventato l’attività caratterizzante di Rebibbia”. La formazione non guarda al tipo di reato, perché si è voluto offrire a tutte l’opportunità di usare il calcio per recuperare valori spesso disattesi: rispetto dell’avversario, senso del gruppo, sana voglia di vincere. L’avere pescato le giocatrici dal circuito di media sicurezza (da cui sono esclusi i reati associativi), ha comportato un campionato solo interno, ma ha dato una possibilità a tutte.

“Il primo giorno abbiamo diviso le ragazze per squadra, in campo, dicendo solo: “Questa è la palla, giocate”. Erano totalmente spiazzate, continuavano a chiedere quali fossero le regole da rispettare” ricorda Alessia Giuliani, funzionaria giuridico-pedagogica ed educatrice di Rebibbia. La questione delle regole è sempre molto dibattuta: per le detenute è un’imposizione meramente burocratica, per gli agenti del carcere l’unico modo per far funzionare un istituto con 320 donne, il più grande d’Europa. “È difficile spiegare a una persona che viene da abbandoni scolastici, che vive in assenza di modelli familiari sani, il rispetto delle norme. Perché le confondono con la punizione” continua Giuliani. “Lo sport ti aiuta a capire che la regola è funzionale alla vittoria, e una volta abituata a rispettarla su un campo da calcio, riportarla all’esterno diventa semplice”. I risultati si vedono: le ragazze della squadra sono quelle che non hanno rapporti disciplinari interni alla sezione e non saltano neanche un allenamento senza giustificazione.

Per Bianca, 26 anni e in carcere da tre, giocare nell’Atletico Diritti significa liberarsi dai dolori. Ha i capelli biondi, un inconfondibile accento del Brasile e per lei la squadra è “una famiglia, con tutte le sue stranezze”. La formazione è eterogenea: italiane, rom, tunisine, ognuna con il suo personale approccio allo sport.

Carolina Antonucci, l’appassionata allenatrice della squadra, non nega le difficoltà che la detenzione comporta anche in campo. “Le ragazze che sono qui hanno spesso problemi legati alle dipendenze e le terapie per contrastarle influiscono sul loro umore e comportamento” racconta. “Ci sono giorni in cui ci alleniamo dopo colloqui tra detenute e familiari che non sono andati bene, in cui l’enorme sofferenza di chi è rinchiusa qui si fa sentire. E non posso aspettarmi che sul campo diano il meglio di sé. Accettare problemi e mancanze è quello che un allenatore qui deve imparare a fare”.

Sul piccolo campo di Rebibbia i problemi personali diventano di squadra, così come vittorie e sconfitte. “Quante volte abbiamo gioito e sofferto insieme. Vedere le ragazze piangere per una sconfitta mi ha dato la dimensione di quello che stiamo facendo, di come l’Atletico Diritti per loro sia sinonimo di libertà” conclude Antonucci.

Durante il lockdown dello scorso anno la capitana della squadra ha incontrato papa Francesco e a breve la formazione verrà ricevuta dal presidente della Camera, Roberto Fico. Le partite, al momento, sono sospese per poter rifare il campo in modo da renderlo idoneo per l’iscrizione della squadra a un torneo federale. L’idea è quella di riprendere al più presto con un triangolare in cui parteciperà la rappresentativa delle giornaliste.

Che l’Atletico Diritti sia un progetto riuscito lo dimostrano anche le decine di detenute che, a pochi giorni dal termine della pena, chiedono di poter restare nel gruppo. Proprio in questi giorni due di loro usciranno, ma da settimane bussano alla porta dell’educatrice di Rebibbia con la stessa domanda: “Dottore’, lo troviamo un modo per poter restare in squadra?”.

Navigazione sostenibile: la coop sarda che insegna a rispettare l’ambiente


Navigazione sostenibile. La cooperativa Nel Sinis realizza progetti di educazione ambientale, tra cui il “Kit del navigante sostenibile”, rivolto ai diportisti, che invita a sperimentare una fruizione del mare, e delle sue risorse, sostenibile e il meno possibile impattante. Per il futuro l’obiettivo è dotarsi di un’imbarcazione a vela con motore ausiliario elettrico, per azzerare le emissioni.

«La prossimità con il contesto marino e costiero ci ha ispirato a porre un focus particolare sui progetti di educazione ambientale e alla sostenibilità», spiega Antonio Ricciu, il presidente. «Realizziamo questi progetti tramite la gestione del Ceas (Centro per l’Educazione Ambientale e alla Sostenibilità) del Comune di Oristano. Interessante è il fatto che all’interno della nostra cooperativa c’è anche un centro di aggregazione giovanile. Ceas e centro di aggregazione giovanile sono strettamente connessi e questo significa sensibilizzare ogni giorno le nuove generazioni al rispetto dell’ambiente».

I progetti realizzati negli ultimi anni hanno toccato diversi temi: dagli sprechi alimentari alla protezione e tutela del territorio e della biodiversità; dalla lotta al fenomeno dell’inquinamento marino e costiero alla corretta raccolta differenziata dei rifiuti. Un altro interessante progetto è rivolto a coloro che si dedicano alla nautica da diporto, alla pesca e alla navigazione sportiva, al fine di incoraggiarli a sperimentare modalità di fruizione del mare e delle sue risorse in modo sostenibile e il meno possibile impattante. Da tale impegno nasce il “Kit del Navigante sostenibile”.

«Per il futuro» conclude Ricciu «abbiamo intenzione di potenziare le attività educative in favore del contesto marino e costiero. Ci doteremo infatti di un’imbarcazione a vela con motore ausiliario elettrico, per azzerare le emissioni, da destinarsi a laboratorio galleggiante: potremo così svolgere le nostre attività educative direttamente in mare».