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Lettera aperta dell’Uisp: “Chiediamo correttezza alla promozione sportiva”

Roma, 24 settembre. In questa seconda lettera aperta al mondo sportivo e alle istituzioni, l’Uisp chiede correttezza e qualità all’intero mondo della promozione sportiva italiana. L’attività fisica e motoria è diventata una porzione importante nel progetto di vita di tutte le persone: non c’è più posto per gli “azzeccagarbugli”, nè per chi promette algoritmi miracolosi. Le società sportive sono il nervo del sistema sportivo italiano. Esigono rispetto, serietà, competenza. L’Uisp avvia la nuova stagione sportiva così, e mette a disposizione “radici” e futuro di una storia che va avanti da 70 anni. Per i diritti e lo sport sociale, per la salute e l’ambiente, per l’integrazione e la solidarietà.

Vincenzo Manco, presidente nazionale Uisp, indirizza questa lettera aperta ad istituzioni, sistema sportivo, terzo settore e cittadini: “Eccoci, siamo tornati! Ci eravamo lasciati poco prima di un’estate che purtroppo si è scoperta particolarmente tragica per i fatti che hanno causato le vittime del ponte di Genova e del Raganello, ai cui familiari la Uisp esprime ancora una volta la propria vicinanza.

Noi stiamo entrando nel vivo delle celebrazioni del nostro 70°. Una Uisp che nasce come Unione Italiana Sport Popolare e che all’alba degli anni novanta diventerà Unione Italiana Sport Per tutti. Un enorme salto culturale, dalla popolarizzazione e diffusione della pratica sportiva ad una denominazione più moderna ed attinente ad un fenomeno sociale in mutamento in Italia e nel mondo, che guarda soprattutto alle esperienze di stampo nord europeo.

Storie di milioni di donne e uomini che hanno fatto della pratica sportiva un vero e proprio percorso di emancipazione, di impegno per l’acquisizione di diritti di cittadinanza, di dignità. Attraversando e influenzando non solo il sistema sportivo ma anche la cultura sociale e politica del Paese. Lo sport dei cittadini come grande risorsa pedagogica e le società sportive che ne compongono la galassia come presidi e antenne territoriali, comunità sociali capaci di offrire attività motorie attraverso cui formare cittadini attivi, di generazioni diverse, che costruiscono partecipazione, si allenano alla democrazia, promuovono eguaglianza, giustizia sociale, libertà.

Mentre la Uisp avanza nel toccare le tappe del cammino nella propria memoria che è storia sociale di tutta la comunità nazionale, l’Italia sportiva è in ansia per le sorti relative all’espulsione di Ronaldo in Champions League e per la candidatura alle olimpiadi invernali 2026. Vive l’ambascia di una serie B del calcio, tra ricorsi, Tar e Collegio di garanzia, tanto per fare alcuni esempi.

E allora sorgono spontaneamente delle domande. C’è solo un problema che riguarda lo stato di salute del calcio, definito “indecoroso” dal Sottosegretario con delega allo sport Giancarlo Giorgetti e sostanzialmente “a rischio”, come invece sottolineato dal presidente Coni Giovanni Malagò, oppure sta diventando sempre più evidente che qualcosa di particolarmente profondo sta attraversando lo sport italiano, fatte le dovute eccezioni e al netto dei risultati che si raggiungono? Considerando che per sport intendiamo la cultura sportiva diffusa, non solo la pratica codificata, bensì quel fenomeno di massa che sempre di più accresce la consapevolezza che l’attività motoria è diventata parte del progetto di vita di ogni persona e che declina il proprio benessere in virtù di sani stili di vita.

Poi osserviamo il fronte degli Enti di Promozione Sportiva e ci chiediamo: ma tutto ciò non è argomento che ci riguarda? Non è un preciso nostro dovere di rappresentanza aprire un dibattito pubblico per capire che tipo di contributo culturale, sociale e organizzativo possiamo (dobbiamo?) dare poiché le sorti della cultura sportiva del paese stanno a cuore anche a noi? Edoardo Bennato, cantautore napoletano, nel 1980 pubblicava l’LP “Sono solo canzonette” e una traccia di quell’album, dedicata a Capitan Uncino, apriva con un grido di allarme: “ciurmaaaa, questo silenzio cos’è”?

Fatti salvi alcuni Enti che, siamo sicuri, condividono con noi un comune sentire, tanti continuano a caratterizzarsi per un silenzio assordante, perché invece è particolarmente rumorosa, costante, attiva la loro propensione a intervenire sul territorio per sottrarre società sportive e attività “vendendo” tessere e assicurazioni a basso costo, servendosi spesso di associazioni di secondo livello, non organizzando, pertanto, attività direttamente come invece le norme prescrivono. Raccontando che alcune attività sportive e discipline non riconosciute dalla delibera del Coni possono continuare a farsi, magari mascherandole e offrendo escamotage da azzeccagarbugli

Per non parlare dei “diplomifici e brevettifici” che stanno proliferando e che rappresentano il solito segreto di pulcinella. In pochissime ore porti a casa la tua qualifica, senza colpo ferire e dicendo che potrai usarla anche professionalmente e al di fuori del proprio ambito associativo. Tutto questo perché non si sta organizzando la promozione sportiva, ma si è semplicemente trovato l’algoritmo che poi permette di intercettare le risorse pubbliche. “Venghino siori, venghino”, il circo Barnum è arrivato in città!

Ma noi no! Cantava Augusto Daolio, storico frontman dei Nomadi. Noi non vogliamo starci, non abbiamo nessuna intenzione di prendere in giro né i nostri soci e le società sportive che a noi fanno riferimento né tantomeno le istituzioni pubbliche. Cerchiamo invece un reale, corretto, trasparente e responsabile rapporto di sussidiarietà nei confronti di tutti costoro. Le nostre società sportive non ci sentiranno mai dire “puoi fare lo stesso”, piuttosto stiamo chiudendo in questi giorni tutti i regolamenti tecnici e formativi per arrivare pronti alle nuove scadenze del registro Coni 2.0.

Altri invece preferiscono lucrare per poi abbandonarle nel caso di contenziosi che si dovessero aprire con gli enti preposti ai controlli che al Coni stiamo chiedendo da tempo. Noi, siamo perfetti? Figuriamoci! Ma affrontiamo le nostre scelte con grande umiltà o almeno ci proviamo. Ecco, nessuno però può rimproverarci che non ce la stiamo mettendo tutta. Abbiamo fatto iniziative pubbliche che parlano da sé, ci mettiamo la faccia, per questo le nostre basi associative non le lasceremo mai sole.

E’ la forza della nostra storia che ci chiede coerenza. Essendo nata, come dicevamo prima, con le società sportive, con l’apporto volontario di milioni di persone che hanno sottratto tempo alle proprie famiglie per offrire un’educazione non solo sportiva ma soprattutto civica ai nostri figli, per renderli buoni cittadini. Noi non vogliamo tradire questo patrimonio glorioso, l’orgoglio di un giacimento sociale che ha contribuito ad emancipare fasce larghissime di popolazione.

Il 2018 coincide con tante ricorrenze e tra queste anche i cinquant’anni dal famoso ’68. In questa occasione a noi piace ricordarlo però con la canzone di Francesco De Gregori: “ma Nino non aver paura di tirare un calcio di rigore…un giocatore lo vedi dal coraggio, dall’altruismo e dalla fantasia”. Soprattutto dal coraggio, aggiungiamo noi. Orsù, è arrivato il momento per tutti!

La malattia mentale in Italia: “Un isolamento imposto dal pregiudizio, che si fa prigione”

I malati mentali in Italia sono emarginati insieme alle loro famiglie. Un isolamento imposto dal pregiudizio, che diventa di fatto una prigione.

Qui di seguito la lettera aperta della scrittrice Barbara Appiano, a denunciare un “sistema paese” che non va.

 

“Il mio paese, l’Italia, è un paese che dice di voler occuparsi di tutti ma che dimentica sempre qualcuno per strada.

L’Italia è un po’ come una chioccia, che nell’educare i suoi pulcini a camminare lascia indietro quelli che il passo non lo reggono.

La chioccia Italia, nel ricordarsi di tutti, ha fatto infatti lasciato in sosta permanente i malati mentali e le loro famiglie.

Chiusi i manicomi che dovevano essere sostituiti dalle “case famiglie“ siamo ancora oggi a pensare, quando ci ricordiamo, che cosa dobbiamo fare dei malati mentali e delle loro famiglie. Questo dopo il lontano 1978 che vide l’intrepido psichiatra Basaglia impegnato a far chiudere i manicomi per riabilitare gli ammalati.

Questi malati, tra cui mio fratello Mario, sono una popolazione silenziosa che a parte incrementare il mercato degli psicofarmaci, con la chimica che li tiene a bada rallentandone l’entusiasmo per la vita, sono ostaggio dell’indifferenza della società che, ignorandoli, decide comodamente che non esistono, e quando esistono è perché qualcuno da di matto, con notizie che scatena il delirio.

Ci si chiede il perché è successo, un perché che occupa sociologi, criminologi e opinionisti.

Forse perché il “malato mentale” è un campionario di umanità che nessuno vuole adottare: troppo impegnativo capire gli altri, meglio l’etichetta della malattia e lavarsene le mani.

Leggi, leggine, sussidi da miseria al pari di un accattonaggio legalizzato, hanno lo scopo di “rassicurare” coloro che i “malati mentali“ li temono o se ne vergognano.

I malati sono tutti uguali senza etichetta, le etichette non te le da la malattia, ma gli altri, quelli che ti evitano perché la diversità ad ogni latitudine fa paura.

I malati mentali in italia, insieme alle loro famiglie, pure loro malate avendo ereditato per “diritto acquisito” la malattia del pregiudizio, sono a digiuno di politica, non sanno perché vengono classificati malati mentali, ma sanno che è un diritto acquisito dalla nascita dare un senso alla loro esistenza che non è di serie B ma di serie A, come tutti gli altri.

Anzi, io  aggiungo da tripla A, come la certificazione di un istituto finanziario, visto anche che di questi tempi vanno di moda le classificazioni finanziarie.

Lavori socialmente inutili che li fanno sentire inutili, lavori per categorie protette, da chi non si capisce.

Forse da coloro che inventano la protezione dal malato mentale e non per il malato mentale? 

Una specie di dazio doganale e sociale, purché questa “minoranza“ figlia di un Dio minore, stia zitta, con le buone o con le cattive, e resti una minoranza da rendere muta con il silenziatore della vergogna.

Una enclave utile politicamente solo per una croce sulla scheda elettorale.

La vergogna è l’attrice non protagonista della processione sempre in itinere del mondo che ambisce alla perfezione (che è un’invenzione umana), e assume la vergogna come portavoce ufficiale del mondo sottosopra, il mondo della miopia della malattia.

Con questo scritto chiedo alle istituzioni, e ai marinai della politica del cambiamento, come scrittrice e come sorella di Mario, mio fratello figlio di un Dio minore perché “ripudiato dal Dio maggiore”, di organizzare una giornata nazionale dei malati “mentali “ che sono stufi di essere chiamati tali, perché al pari di altri malati non emarginati, non sono il mostro di Lochness.

Siamo un paese che come una chioccia distratta si dimentica dei suoi figli più fragili, un paese che deve curare la sua memoria, andando nella palestra del dolore degli altri.

Gli altri sono i “malati mentali” che soltanto coraggiosi psichiatri e infermieri muniti di coraggio ed empatia soccorrono quando tutti si girano dall’altra parte, perché il dolore che non si vede non esiste e se mai si vedesse è muto, e non ha diritto di parola.

Ai governanti del cambiamento prima di tutto uomini chiedo: “Il mondo che proponete è a misura della malattia mentale? Chi puo’ dire oggi cosa sia la normalità?”.

Io dico nessuno, mentre coloro che pensano alla normalità come a una patente di guida senza rinnovo, sono fuori strada, o peggio in contro mano.

La normalità è l’altra faccia del coraggio, la normalità è mio fratello che nonostante l’etichetta che si porta dietro e che lui non ha scelto, vive la sua condizione di emarginato come la forma più alta di libertà, ovvero quella di non volere assomigliare a nessuno e di farsi la domanda: “Ma Dio esiste?”.

Mario si da la risposta da solo, dicendosi che Dio esiste ed è schizofrenico. Mario vede il mondo in versione multicolor quando magari è solo in bianco e nero, parla con il cane e con il gatto che lo seguono dappertutto, due creature che non lo hanno emarginato come coloro che quando lo vedono per strada, cambiano direzione.

A nome di tutti i malati mentali e dei loro psichiatri e infermieri, a nome delle famiglie di questi malati cui io appartengo, chiedo alla politica di adottare la malattia mentale come un diversivo socialmente utile, a voler essere meno banali e più concreti.

Più che i muscoli palestrati la politica mostri la capacità di non isolare nessuno dei suoi figli.

Non sempre chi urla di più ha ragione e non sempre queste urla sedano l’indifferenza, la quale continua a seminare solitudine senza che nessuno faccia un selfie alla propria coscienza, che si rifiuta di farsi immortalare.

La politica è pregata di prendere nota: la malattia mentale è in totale stato di abbandono e anche i portatori sani dell’insanità mentale che li fa diventare malati, vogliono un posto di lavoro, un modo per partecipare al companatico nazionale, con jobs act, somministrazione del lavoro, vouchers, e lavoro in nero…

Il lavoro è arcobaleno, il lavoro non è merce ma è persona, ed essere persone significa esistere ancora prima di lavorare.

Il lavoro è la rappresentazione di un’idea che ha casa anche nelle menti diversamente abili: abilità e sanità, normalità e perbenismo sono termini dissociativi di un mondo che non ha chiesto di essere normale.

La schizofrenia, la depressione, sono l’ultimo baluardo di un Paese, l’italia, che a forza di voler diventare multirazziale si dimentica per strada quelli che in Italia sono nati.

Sono i vostri vicini di casa, sono coloro che incontrate ai vari centri di salute mentale, perché sotto sotto si scopre che un po’ tutti siamo malati mentali: chi per primo lo vuole confessare?

Avevo un fratello normale, qualcuno decise che normale non era, ma lui tuttora è qui a spiegare che normale si, normale no, alla fine la normalità è una parola licenziata anche dal suo vocabolario, con buona pace dei farmaci che addormentano la coscienza e alimentano l’incoscienza.

Io sto con loro, e nel mio libro in stesura “Echi nella nebbia a ridosso del cielo” viaggio a piedi negli incubi degli altri, quando gli altri, erano reclusi negli OPN, gli Ospedali Psichiatrici Nazionali.

Scheletri di cemento si ergono nella più totale indifferenza, disturbando la vista magari degli outlet, templi della normalità del consumismo, gli Ospedali Psichiatrici Nazionali sono diventati oggi macerie della vergogna.

Scheletri che sono ancora qui a bussare alla nostra porta, per dire che loro vorrebbero diventare dei campi di calcio, una pista da slalom, un anfiteatro, un mondo in divenire che aspettando di mutare pelle per passare il tempo si fa un selfie senza riuscire ad immortalare l’insanitá mentale.

Un’intrusa, un’ospite sgradita che si auto invita e che per discrezione preferisce starsene dove è sempre stata, ovvero nell’immaginario abusivo del mondo urlante di silicone e finzione”.

Roma, 2 luglio 2018

Bande de Femmes, a Roma il Festival della Libreria Tuba

Si tiene dal 14 al 16 giugno nel quartiere Pigneto di Roma “Bande de Femmes”, il  Festival di fumetti e illustrazione della Libreria Tuba: tre giorni di mostre, incontri, live paintings, djset.
Tra gli eventi in programma venerdì 15 giugno alle18.45 presso biblioteca Goffredo Mameli “Chicche antiche: Grazia Nidasio raccontata da Laura Scarpa”,  un viaggio nel tempo alla scoperta di fumettiste che hanno fatto la storia, esplorando l’opera di donne che hanno lasciato il segno.

Alle 21.30 “Immaginari LGBTQI e fumetti: dialogo d’autore”. Sul palco del festival un evento a più voci per restituire la complessità della narrazione delle vite e delle relazioni LGBTQI, Con Frad, Julie Maroh, Nino Giordano, Giulia Argnani, Ariel Vittori, Fabio Mancini e Nicolò Pellizzon e Giopota.

Per diversi eventi sarà garantito il servizio di interpretariato in Lingua dei Segni Italiana – LIS.

Il programma completo qui

Vivicittà a Sidone con 160 bambini dei campi profughi palestinesi

Vivicittà Run for Palestine, organizzata da Uisp con Terre des Hommes Italia e Fondazione Kanafani, ha visto un ramoscello d’ulivo come simbolo della giornata, usato dai bambini come testimone della staffetta che li ha visti protagonisti. Una giornata speciale, con le famiglie dei bambini che vivono nei campi profughi palestinesi sugli spalti ad applaudire, in pista anche tante bambine e ragazzi con disabilità, che hanno corso insieme agli altri. “Vivicittà a Sidone è stato un valido esempio di come si debba partire dal basso – dice Vincenzo Manco, presidente nazionale Uisp – attraverso buone pratiche, offrendo occasioni di incontro tra popoli diversi, mescolando le culture e utilizzando l’attività sportiva come veicolo per una più approfondita conoscenza delle differenze. È il presupposto necessario per un futuro di pace nel mondo”.

GUARDA IL VIDEO con le immagini di Vivicittà a Sidone (Libano)

Nella medesima giornata, nella stessa area mediorentale, a circa 250 chilometri a sud di Sidone, si consumava una delle stragi più gravi della storia, con circa 60 vittime e 2.500 feriti nella striscia di Gaza: “Era prevedibile, tutti non potevano che immaginare ciò che ieri è accaduto come effetto dell’apertura dell’Ambasciata americana a Gerusalemme – prosegue Manco – Quei morti e quei feriti si potevano evitare. Nel mondo che diventerà sempre più complesso c’è bisogno di ascolto, di dialogo, di predisposizione al compromesso. Gli atti di forza hanno sempre portato dolore”.

La delegazione Uisp in Libano oggi è rientrata a Beirut ed ha visitato il campo profughi di Sabra e Shatila, dove ha incontrato Mahmoud Abbas, direttore del CYC-Children & youth Centre, che opera nel campo in difesa dei diritti dei bambini. Abbas ha ribadito l’importanza di un forte e immediato intervento della diplomazia internazionale per far cessare la violenza ingiustificata in corso nella Striscia di Gaza e chiedere il rispetto della risoluzione 181 dell’ONU per la spartizione del territorio in due Stati: uno ebraico e l’altro arabo, che lascia Gerusalemme sotto l’amministrazione delle Nazioni unite.

Nasce il Forum Disuguaglianze Diversità. Tutto l’audio della presentazione a Roma

Il 16 febbraio, presso la sede della Fondazione Basso a Roma, si è svolta la presentazione del Forum Disuguaglianze Diversità, un’alleanza di persone ed organizzazioni nata con l’obiettivo di disegnare politiche pubbliche e azioni collettive che riducano le disuguaglianze e favoriscano il pieno sviluppo delle persone.

Il Forum vede la partecipazione di otto associazioni di cittadinanza attiva (oltre la stessa Fondazione Basso, ne fanno parte ActionAidCaritas ItalianaCittadinanzattivaDedalus Cooperativa socialeFondazione di Comunità di MessinaLegambienteUisp) e di un gruppo di ricercatori e accademici impegnati nello studio della disuguaglianza e delle sue negative conseguenze sullo sviluppo.

A questo link è possibile riascoltare la presentazione: https://www.giornaleradiosociale.it/extra/forum-disuguaglianze-diversita-presentazione-16-febbraio-roma-parte-1/

Sviluppo sostenibile e finanza sociale: riparte la formazione FQTS

La formazione per i dirigenti del Terzo settore promossa da Forum Terzo Settore e CSVnet si rinnova nelle modalità e nei contenuti: per la prima volta, dopo nove edizioni, FQTS si rivolgerà non solo alle 6 regioni del Sud Italia e prevederà, a livello nazionale, delle linee formative di grande novità per il mondo del non profit.

Si tratta delle linee “Il benessere sostenibile e gli Obiettivi di sviluppo sostenibile” e “Il mix di risorse per gli investimenti a impatto sociale del Terzo settore”, che prenderanno avvio dal 22 al 24 gennaio a Salerno, presso il Grand Hotel di Lungomare Tafuri.

Lo scopo, per quanto riguarda il primo modulo, è quello di aumentare nelle organizzazioni non profit la consapevolezza del proprio ruolo e del proprio contributo rispetto all’implementazione in Italia degli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) contenuti nell’Agenda 2030 dell’Onu. In particolare, la formazione di FQTS si concentrerà sulle azioni e i risultati che può conseguire un dirigente di Terzo settore nell’attivare persone e processi finalizzati al perseguimento dello sviluppo sostenibile. Responsabili di questa linea formativa sono Fabiola Riccardini (Istat) e Francesca Coleti (Arci).

La linea formativa dedicata alle risorse per il Terzo settore, di cui sono responsabili Paolo Venturi (Aiccon) e Flaviano Zandonai (Euricse), si propone invece di rafforzare la capacità di investimento del Terzo settore incrementando l’impatto sociale delle sue attività. Lo sviluppo del Terzo settore, infatti, è storicamente legato alla capacità di intercettare e ricombinare risorse di diversa natura e provenienza; la composizione di questo mix non è univoca ma soggetta a una molteplicità di variabili legate, ad esempio, alle peculiarità dei soggetti di Terzo settore, al loro ciclo di vita, ai contesti in cui operano, alle caratteristiche dei loro interlocutori. La formazione, distribuita su 6 giornate formative divise in due appuntamenti, si propone quindi di ricostruire le componenti del mix di risorse puntando su alcuni elementi di trasformazione sia sul lato della domanda che dell’offerta.

Per altre info visitare www.fqts.org

Comunicare il sociale attraverso lo sport: due seminari a Roma con l’Ordine dei giornalisti

Roma, 10 gennaio – Territorio, valore sociale dello sport e nuovo racconto giornalistico saranno al centro di due seminari con riconoscimento di 6 crediti formativi che si terranno a Roma nei prossimi giorni. Come avvicinare cittadini e media? Orgoglio e coraggio individuale non bastano: come rilanciare la funzione sociale del giornalista?

Il primo seminario dal titolo “Abitare e raccontare il territorio. E non chiamatelo rischio del mestiere. Sport, deontologia e comunicazione sociale” è promosso da Giornale Radio Sociale, Uisp e Ordine dei giornalisti del Lazio e si terrà venerdì 12 gennaio, dalle ore 10 alle 14 presso lo Scout Center in largo dello Scautismo a Roma. Parteciperanno, in qualità di relatori, giornalisti e professionisti della comunicazione tra i quali: Maria Lepri, segretaria Odg Lazio; Paolo Borrometi, giornalista e presidente associazione Articolo 21; Beppe Giulietti, presidente nazionale Fnsi; Vincenzo Morgante, direttore Tgr Rai; Vittorio Di Trapani, segretario Usigrai; Carlo Paris, corrispondente Rai Gerusalemme; Ivano Maiorella, direttore Giornale Radio Sociale; Pasquale Mallozzi, giornalista e docente Università “La Sapienza” Roma. Il seminario verrà aperto da Vincenzo Manco, presidente nazionale Uisp.

Il secondo seminario, dal titolo “Il racconto sociale attraverso gli eventi sportivi valoriali. Il caso della Corsa di Miguel. Sport, deontologia e comunicazione sociale”, si terrà lunedì 15 gennaio allo IUSM (Istituto Universitario Scienze Motorie), Foro Italico, largo De Bosis 15, dalle ore 10 alle 14. Il seminario è organizzato da Corsa di Miguel, Giornale Radio Sociale, Uisp e Ordine dei giornalisti del Lazio in collaborazione con l’Ussi e la partecipazione dà diritti a 6 crediti formativi per gli iscritti all’Odg. Parteciperanno, Guido D’Ubaldo, segretario dell’Odg nazionale; Valerio Piccioni, La Gazzetta dello sport; Luigi Ferrajolo, presidente Ussi; Angelo Carotenuto, La Repubblica; Donato e Aureliana Russo, “Fondazione Marta Russo”; Alberto Urbinati, Liberi Nantes; Franco Fava, giornalista; Elena Fiorani, Giornale Radio Sociale; Fabio Pigozzi, rettore Facoltà di Scienze Motorie.

Lo sport sociale dice no alle società sportive a fini di lucro

Continua a far discutere la proposta di istituire la figura della società sportiva dilettantistica lucrativa, prevista nel pacchetto sport della legge di stabilità. Il Forum nazionale del terzo settore ha diffuso un comunicato stampa: “Apprezziamo lo sforzo complessivo da parte del Governo nei confronti di alcune categorie sociali attraverso il cosiddetto “Pacchetto sport” inserito all’interno della Legge di Bilancio. Il provvedimento infatti prevede misure che favoriscono la partecipazione dei giovani migranti alle attività sportive e riconosce un sostegno importante all’impiantistica nelle periferie, scelte che valorizzano il ruolo dello sport come strumento di inclusione sociale, di integrazione culturale e di promozione umana.” E’ quanto dichiarato dalla portavoce del Forum nazionale del terzo settore, Claudia Fiaschi.

“Le attività dello sport dilettantistico italiano si reggono grazie all’azione entusiasta di centinaia di migliaia di volontari che operano nelle tante società sportive presenti in tutto il territorio nazionale e che sono impegnate ad assicurare, con continuità e a tutte le persone, a cominciare da quelle meno abbienti, e in ogni età della vita, il diritto alla salute, alla pratica motoria e sportiva. Socialità, relazioni e stili di vita attivi che rendono l’associazionismo sportivo dilettantistico un patrimonio di assoluto rilievo e un modello di riferimento nel nostro Paese e in Europa. Per questo esprimiamo perplessità in merito all’introduzione della figura di società sportiva dilettantistica “lucrativa”. Tale previsione aggiunge una nuova tipologia di soggetto a quelle esistenti e a quelle recentemente introdotte dalla riforma del terzo settore che già ci aveva spinto a richiedere un tavolo ad hoc interministeriale per armonizzare e coordinare le normative. Riteniamo urgente l’attivazione del tavolo per pervenire ad una efficace e coerente regolazione del settore”.

Venerdì 24 novembre gli Enti di promozione sportiva avevano diffuso un comunicato stampa in cui ribadivano “la propria preoccupazione e contrarietà alla figura della società sportiva dilettantistica lucrativa, prevista nel pacchetto sport della legge di stabilità – si legge nel comunicato – Indicano l’impresa sociale, già prevista dalla recente legge sul terzo settore 106/2016, come strumento per dare risposta alle esigenze di cui parla il ministro per lo Sport. Con questa nostra posizione vogliamo fare chiarezza circa alcune notizie che abbiamo visto circolare in questi giorni, lette su alcuni siti che fanno riferimento ad associazioni private e rilanciate da alcuni profili social”. Il comunicato è firmato da ACSI-Associazione Centri Sportivi Italiani; AICS-Associazione Italiana Cultura Sport; ASC-Attività Sportive Confederate; ASI-Associazioni Sportive Sociali Italiane; CNS LIBERTAS-Centro Nazionale Sportivo Libertas; CSAIN-Centri Sportivi Aziendali Industriali; CSEN-Centro Sportivo Educativo Nazionale; CUSI-Centro Universitario Sportivo Italiano; ENDAS-Ente Nazionale Democratico di Azione Sociale; MSP-Movimento Sportivo Popolare Italia; OPES-Organizzazione Per l’Educazione allo Sport; PGS
Polisportive Giovanili Salesiane; UISP-Unione Italiana Sport Per tutti; US ACLI-Unione Sportiva ACLI.

Bufale e fake news: come smascherare la cattiva informazione. Il 26 ottobre al Salone dell’editoria sociale

Bufale e fake news vengono spesso additate come un problema del web e dei social network. Se da una parte il business dei click alimenta propaganda politica e inserzioni pubblicitarie, i media mainstream sono protagonisti di notizie false. Dalla vicenda Ong ai presunti stupri di massa a Colonia, l’informazione televisiva e la carta stampata pubblicano news non verificate e che si rilevano successivamente false o parzialmente vere.

In questo scenario si aprono alcune domande: le fake news segnano anche lo stato di salute del giornalismo? Le bufale sono il sintomo di una mancata innovazione della professione e di tutti gli strumenti di comunicazione? Mettono al centro anche la questione della competenza e della qualità professionale?

Il Giornale Radio Sociale organizza un workshop a più voci all’interno del Salone dell’Editoria Sociale di Roma il prossimo 26 ottobre alle 12.30 negli spazi di Porta Futuro in via Galvani, 108. Intervengono: Paolo Foschi – Corriere della sera; Elisa Marincola – Articolo 21; Eleonora Camilli – Redattore Sociale. Modera Giuseppe Manzo – redattore Economia Giornale Radio Sociale.

Domenica 1 ottobre torna “Corri con Stefano”

Domenica 1 ottobre al Parco degli Acquedotti di Roma si torna a correre con Stefano. L’Uisp Roma organizza l’iniziativa insieme all’Associazione Stefano Cucchi Onlus per dire no alla violenza, per i diritti umani spesso calpestati e per chiedere verità e giustizia. Ma soprattutto per ricordare Stefano Cucchi, il ragazzo romano deceduto nel 2009, in circostanze tutt’altro che chiarite, dopo essere stato arrestato. Quest’anno il Memorial cadrà nel giorno del compleanno di Stefano, che avrebbe compiuto 39 anni.

Si può partecipare alla terza edizione del Memorial Stefano Cucchi in due modi: iscrivendosi alla prova competitiva di 6 chilometri, oppure partecipando alla prova non competitiva di 3 chilometri. A tutti i partecipanti verrà regalata la maglia celebrativa dell’evento. L’appuntamento è per le 10 all’ingresso del parco di via Lemonia, la partenza è fissata alle 10. Per informazioni e per le iscrizioni clicca qui
E’ possibile iscriversi alle due prove anche domenica 1 ottobre, direttamente sul campo gara, fino a mezz’ora prima della partenza, presso gli stand Uisp che apriranno alle 8. Il costo è di 7 euro per la competitiva e 5 euro per la non competitiva.

La giornata dedicata alla memoria di Stefano non si fermerà con la prova podistica: dalle 19 presso l’ex Dogana, in via dello Scalo di San Lorenzo 10, si alterneranno sul palco musica e contenuti, con i contributi di vari artisti che hanno aderito all’iniziativa. Il 13 ottobre avrà inizio il nuovo processo per la morte di Stefano Cucchi, un momento cruciale per la battaglia legale della famiglia e per un percorso di verità e giustizia che interessa l’intera società.