Archivio Giovanna Carnevale

Nasce il portale web che monitora l’applicazione dei diritti

di Giovanna Carnevale


dirittiDal mese di dicembre è online scorso uno spazio web particolarmente prezioso per informare e aggiornare sull’applicazione dei vari diritti nel nostro Paese. Si tratta del portale basato sul Progetto Rapporto sullo stato dei diritti in Italia, voluto dall’associazione A Buon Diritto, nata nel 2001 allo scopo di promuovere alcune questioni di grande rilievo pubblico, relative all’esercizio di diritti riconosciuti dal nostro ordinamento ma non adeguatamente tutelati.
Il portale nasce  dal progetto di monitoraggio continuativo avviato nell’ottobre del 2014, con la pubblicazione per Ediesse di L’articolo 3. Primo Rapporto sullo stato dei diritti in Italia, seguita, nel 2015, dalla realizzazione di un primo aggiornamento annuale, fino al più recente del 2016.

“Il sito – spiegano da A Buon Diritto – vuole essere uno strumento di informazione e promozione della cultura dei diritti, che costituisce uno dei principali impegni propri della nostra attività. L’idea alla base della realizzazione e dell’aggiornamento di un portale web, specifico sulla tematica dei diritti, è quella di dotarsi di uno strumento di documentazione costante, che risponda anche ad esigenze specifiche riguardanti l’attualità e l’azione di sensibilizzazione dell’opinione pubblica e di pressione a livello istituzionale. Il tutto è frutto del lavoro continuo di un collettivo di diciannove ricercatrici e ricercatori e di una redazione di appartenenti alla nostra associazione, che aggiornerà costantemente il portale attraverso segnalazioni, news, interventi e approfondimenti riguardanti specifici campi di interesse, differenti categorie di diritti e le varie iniziative politico-normative in materia. Il rapporto completo sarà aggiornato a cadenza semestrale, con la pubblicazione online dei sedici saggi tematici che riassumeranno e approfondiranno gli elementi più significativi registratisi nei mesi precedenti, facendo quindi il punto della situazione, delle criticità emergenti e delle iniziative politiche necessarie per il loro superamento”.

Tra le aree in cui è ripartito il portale, ve n’è anche una specificamente dedicate alle persone con disabilità, ma la trasversalità di tale tema a tutte le questioni della vita e della società, fondamentale passaggio concettuale della stessa Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, raccomanda a tutti l’attenzione anche agli altri settori trattati. 

Siria, in piazza a Roma per fermare i bombardamenti

di Giovanna Carnevale


soldiers-1002__180Un sit-in per la pace in Siria e per chiedere lo stop immediato dei bombardamenti su Aleppo e Mambij.

Un invito alla mobilitazione, a portare i propri figli in piazza per testimoniare vicinanza ai bambini, le vittime maggiori del conflitto, e a tutto il popolo siriano.

Il mondo delle associazioni e delle organizzazioni non governative, ma anche Federazione della Stampa e Usigrai, si ritroveranno il 2 settembre per lanciare un appello all’Italia, all’Unione europea e alle Nazioni Unite affinché si raggiunga una tregua duratura, si permetta l’apertura di corridoi umanitari e la fornitura senza ostacoli di aiuti alle popolazioni assediate.

Hanno aderito Amnesty Italia, Arci, Associazione 46° Parallelo. Associazione Amici di Roberto Morrione, Associazione Giornalisti Amici di Padre Paolo Dall’Oglio, Confronti, Cospe, Federazione nazionale della stampa, Fondazione Libera Informazione, Illuminare le periferie, Italians For Darfur, LasciateCIEntrare, NoBavaglio, Rivista San Francesco, Tavola della Pace, Associazione Tam Tam, Unicef, Un ponte per, Usigrai.


Di seguito l’appello lanciato da Articolo 21 a cui ha aderito anche l’Arci

Metà della popolazione della Siria non ha più una casa, 470mila persone hanno perso la vita, 1,9 milioni sono rimaste ferite o mutilate, l’aspettativa di vita è passata dai 70 ai 55 anni.

Questi i numeri agghiaccianti che misurano la tragedia siriana prima ancora che iniziasse la nuova campagna di bombardamenti su Aleppo, che ha visto una crescita esponenziale di bambini tra le vittime.

Il mondo si è indignato, ha pianto, guardando l’immagine di Omran, 5 anni, ferito e sgomento su un seggiolino di un’ambulanza, che ha plasticamente dato corpo alle conseguenze del conflitto in Siria, visto attraverso gli occhi di un bimbo scampato alla morte che invece non ha risparmiato il fratellino, Alì, poco più grande di lui.
In cinque anni di guerra sono morte decine di migliaia di piccoli siriani. Solo ad Aleppo hanno perso la vita, da fine luglio, 350 bambini e più di 100mila sono intrappolati nella parte orientale della città.

Aleppo è la nuova Sarajevo. Pari la durata dell’assedio, persino doppio il numero delle vittime. Oggi come allora il fallimento della comunità internazionale è sotto gli occhi di tutti.

L’attenzione mediatica e le informazioni sul conflitto si riducono ogni giorno di più e con esse la consapevolezza di ciò che quotidianamente avviene nel paese.

Non basta indignarsi per la foto dell’ultimo bimbo vittima della guerra, che sia morto su una spiaggia turca o salvo e inconsapevole sul seggiolino di un’ambulanza in Siria.

Noi non possiamo restare a guardare, ci sono milioni di vite da salvare, ancora oggi, ad Aleppo e nel resto della Siria.

Facciamo nostre e ribadiamo con forza le richieste all’Italia, all’Unione europea e alle Nazioni Unite di una tregua duratura, dell’apertura di corridoi umanitari, della fornitura senza ostacoli di aiuti umanitari alle popolazioni assediate. Chiediamo inoltre la fine degli attacchi contro i civili e le strutture civili, primi tra tutti gli ospedali; la cessazione dell’uso della tortura e delle sparizioni forzate.

Vi chiediamo l’adesione a questa iniziativa per far arrivare un messaggio forte alle istituzioni e per testimoniare la nostra vicinanza al popolo siriano.

L’appuntamento e a Roma, in piazza Santi Apostoli, venerdì 2 settembre, dalle ore 11.

Burkini, interviene l’Onu: “il divieto discrimina i musulmani”

di Giovanna Carnevale


 

France BurkiniDopo la pronuncia del Consiglio di Stato francese contro il provvedimento anti-burkini di Villeneuve-Loube (uno uno dei circa trenta comuni transalpini che avevano vietato di indossare sulle spiagge locali il costume integrale islamico), sulla questione dell’abbigliamento femminile è intervenuto anche l’Onu.

 

 

L’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani ha infatti attaccato il divieto in quanto “discrimina” i musulmani, ed ha quindi accolto con favore la decisione del Consiglio di Stato.

 

 

“Questi decreti non rafforzano la sicurezza”, si legge nel comunicato, “ma, al contrario, alimentano intolleranza religiosa e discriminazione dei musulmani in Francia, in particolare le donne. La parità di genere non si ottiene regolamentando i vestiti che le donne decidono di portare”. Per l’Alto commissariato Onu per i diritti umani, favorendo la polarizzazione tra le comunità, i decreti anti-burkini “hanno solo aggravato le tensioni e potrebbero in realtà nuocere agli sforzi destinati a combattere e prevenire l’estremismo violento”.

 

 

“Le limitazioni alla libertà di ogni persona di manifestare la propria religione o le proprie convinzioni, inclusa la scelta dell’abbigliamento, sono autorizzate solo in circostanze molto limitate, inclusa la protezione della sicurezza pubblica, l’ordine pubblico, la salute pubblica o la morale”, prosegue la nota. Inoltre, “i codici che riguardano i vestiti, quali i decreti anti-burkini, colpiscono in modo sproporzionato le donne e le ragazze e ledono la loro autonomia, limitano la propensione ad adottare decisioni indipendenti sui modi di vestirsi e costituiscono una chiara discriminazione nei loro confronti”.

 

 

Intanto, il dibattito in Francia si è nuovamente acceso dopo la dichiarazione del primo ministro Valls secondo il quale Marianne, il simbolo della Repubblica, “ha il seno nudo perché lei nutre il popolo, non è velata perché è libera. La Repubblica è questo”.

 

(Fonte e Foto: Ansa)

Napoli, ancora intimidazioni alla sede dell’Arcigay

di Giovanna Carnevale


Bozzolo_ArcigayNapoli22082016_1Nuovo episodio intimidatorio alla sede dell’Arcigay Napoli. La mattina del 22 agosto, giorno di riapertura della sede, è stato ritrovato un bossolo di proiettile esploso sul chiavistello della porta dell’edificio in vico San Geronimo. L’Arcigay di Napoli “Antinoo” si trova si trova a pochi metri da via Benedetto Croce, frequentatissima da turisti e visitatori.

 

Episodi di violenza regolarmente denunciati alle forze dell’ordine sono stati registrati con maggiore frequenza negli ultimi mesi: carcasse di animali morti lasciati davanti alla sede, porte ritrovate aperte senza furti o apparenti forzature, cassonetti della spazzatura spostati ad ostruire gli ingressi sulla strada. Una sera di luglio, un gruppo di ragazzi su ciclomotori ha costretto all’interno alcuni associati con la minaccia di armi da fuoco.

 

“L’ultimo episodio del proiettile lasciato sulla soglia della nostra porta è inquietante perché viene dopo molti altri episodi di vandalismo che sono avvenuti negli ultimi mesi ai danni della sede storica dell’Arcigay di Napoli e prontamente segnalati alle forze dell’ordine e alle istituzioni locali”, ha affermato Antonello Sannino, presidente dell’Arcigay di Napoli.

 

“La comunità Lgbt ha ottenuto nel nostro Paese conquiste rivoluzionarie, in termini di visibilità sui media e di diritti, per questo non possiamo escludere attenzioni di forze reazionarie ed antidemocratiche, ma non ci lasceremo intimorire, l’associazione continuerà ad erogare i suoi servizi e a tenere aperti i suoi sportelli tutti i giorni dalla mattina alla sera. Per questo chiediamo l’immediato intervento del Sindaco e dell’Assessore delegata alla sicurezza urbana, del Presidente della Municipalità 2 e la convocazione di un Tavolo con Comune e Questura perché vengano messe in essere efficaci misure di sicurezza per la cittadinanza”.

 

L’Arcigay di Napoli in vico San Geronimo offre da molti anni servizi gratuiti di assistenza alla cittadinanza sulle questioni di genere, con sportello psicologico e legale e sulle malattie a trasmissione sessuale.

 

È  inoltre la sede di uno dei più ricchi e importanti Centri di documentazione Lgbt della nazione, fa parte del patrimonio immobiliare del Comune di Napoli ed attende l’assegnazione definitiva alla storica associazione in difesa delle persone omosessuali, transessuali e intersessuali della città.

 

Bambini migranti, quei “sogni spezzati” tra Messico e Usa

di Giovanna Carnevale


child-887395__180Nei primi sei mesi del 2016, ventiseimila minori non accompagnati sono stati fermati al confine tra America centrale e Stati Uniti, in fuga da povertà e violenza. Circa trentamila, invece, le persone che hanno viaggiato come nuclei familiari, soprattutto madri e bambini. Di immigrazione si parla prevalentemente con riferimento all’Europa, ma oltreoceano il fenomeno è vissuto con simile drammaticità.

 

Secondo il nuovo rapporto Unicef “Sogni spezzati. Il pericoloso viaggio dei bambini dall’America Centrale agli Stati Uniti”, ogni mese migliaia di bambini dall’America Centrale rischiano di essere rapiti, venduti, violentati o uccisi per cercare di raggiungere gli Stati Uniti per chiedere protezione da bande criminali e dalla povertà. La maggior parte proviene da Paesi come Honduras, El Salvador e Guatemala, dove ci sono alcuni dei tassi più alti al mondo di omicidi.

 

“È straziante pensare a questi bambini, la maggior parte dei quali adolescenti, ma alcuni anche più giovani, che devono affrontare un viaggio estenuante ed estremamente pericoloso in cerca di sicurezza e di una vita migliore”, ha dichiarato il vice direttore Unice Justin Forsyth. “Questo flusso di giovani rifugiati e migranti sottolinea l’importanza di affrontare la questione della violenza e delle condizioni socio-economici nei loro Paesi di origine”.

 

I minori non accompagnati fermati negli Stati Uniti hanno diritto ad essere ascoltati da un Tribunale per l’immigrazione, ma non hanno diritto ad un avvocato nominato dal Tribunale. I bambini che viaggiano con un genitore rischiano una rapida espulsione o mesi di detenzione.

 

Secondo i dati, i bambini non accompagnati che non hanno un rappresentante legale nelle udienze presso il Tribunale dell’immigrazione degli Stati Uniti  (il 40%) hanno maggiori probabilità di essere rimpatriati rispetto a quelli rappresentati. In casi recenti, al 40% dei bambini senza rappresentanza è stato disposto il rimpatrio rispetto al 3% per i bambini rappresentati.

 

(Fonte: Redattore Sociale)

Paralimpiadi, bilancio in rosso: 10 Paesi a rischio partecipazione

di Giovanna Carnevale


paralimpiadiChiusura degli impianti, tagli ai servizi per gli atleti, ai mezzi di trasporto, agli spazi riservati ai giornalisti: le Paralimpiadi prenderanno il via il 7 settembre, ma il Comitato organizzatore ha già annunciato una serie di risparmi sull’evento: “mai prima d’ora, nei cinquantasei anni di storia dei giochi Paralimpici ci siamo trovati di fronte a una situazione così difficile”, ha detto il presidente Philip Craven.

 

Decine di Paesi rischiano di non riuscire a coprire il costo della trasferta a Rio per i loro atleti a causa del mancato invio di contributi alle spese di partecipazione da parte del Comitato delle Paralimpiadi a quelli nazionali.

 

Sicuramente uno dei principali motivi della carenza di fondi è il bassissimo numero di biglietti venduti finora: poco più di 290 mila su oltre tre milioni, una cifra decisamente inferiore di quella di Londra 2012.

 

Ma a influire è anche la guerra giudiziaria in corso da settimane in Brasile, dove il Tribunale ha stabilito il divieto assoluto di aiuti statali al Comitato organizzatore dei Giochi fintanto che esso non renderà noti i suoi bilanci.  Richiesta che il Comitato, sottolineando la sua natura privata e pertanto non soggetta alle regole di trasparenza del settore pubblico, ha rispedito al mittente, esponendosi però così al rischio di dover versare la salata multa prevista dalla sentenza: 100mila real al giorno (quasi 30 mila euro).

 

Il sindaco di Rio de Janiero si è detto disponibile a offrire un contributo tra i 30 e i 45 milioni di euro. Intanto, però, i tagli sono inevitabili: le gare di scherma in carrozzina verranno disputate nella Carioca Arena 3, dentro il Parco Olimpico di Barra, per consentire la chiusura totale dell’Arena nel Deodoro Park, dove erano inizialmente previste. Sono inoltre stati decisi tagli ai mezzi di trasporto, alla ristorazione, con una revisione degli spazi in tutte le sedi e la chiusura di un certo numero di centri allestiti per la stampa presso gli impianti di gara.  “Stiamo lavorando disperatamente”, ha detto presidente del Comitato delle Paralimpiadi, “per proteggere i servizi destinati agli atleti, in particolare quelli all’interno dei campi di gioco: hanno dedicato la loro vita al raggiungimento di questi Giochi e faremo del nostro meglio per cercare di mantenere i livelli di servizio che ci si aspetta da un Paralimpiade”.

 

“Speriamo in una campagna promozionale che coinvolga il pubblico brasiliano, ma certo a questo punto per noi è difficile aspettarsi gli impianti pieni che abbiamo visto a Pechino o Londra e che ci aspettiamo di vedere a Tokyo fra 4 anni”.

 

(Fonte: Redattore Sociale)

Agricoltura sociale, aperto un bando da 50mila euro per il miglior progetto

di Giovanna Carnevale


campi-legalitaConfagricoltura, Onlus Senior e Intesa San Paolo promuovono “Coltiviamo agricoltura sociale”, un concorso con il quale si intendono valorizzare le iniziative di aziende agricole e cooperative sociali che realizzano progetti con percorsi di inclusione e sostegno sociale alla categorie più deboli della popolazione.

Il progetto più originale vincerà un premio di 50mila euro.

 

L’iniziativa “Coltiviamo agricoltura sociale”, che sarà presentata il 24 agosto alle 13 al Meeting di Rimini, è riservata a imprenditori agricoli singoli o associati, cooperative sociali che esercitano attività agricola e altre forme di associazione di promozione sociale. Beneficiari delle proposte presentate devono essere minori e giovani in situazione di disagio sociale, oppure anziani, o disabili, o rifugiati o richiedenti asilo.

 

I progetti dovranno riguardare uno o più dei seguenti ambiti: inserimento socio-lavorativo di persone con disabilità o svantaggiate e di minori in età lavorativa inseriti in progetti di riabilitazione e sostegno sociale; prestazioni e attività sociali e di servizio per le comunità locali che utilizzino le risorse materiali e immateriali dell’agricoltura per sviluppare le abilità e le capacità delle persone e per favorire la loro inclusione sociale e lavorativa, di ricreazione e di servizi utili per la vita quotidiana; prestazioni e servizi a supporto delle terapie mediche, psicologiche e riabilitative per il miglioramento delle condizioni di salute e le funzioni sociali, emotive e cognitive delle persone interessate, anche con l’ausilio di animali addestrati e la coltivazione delle piante; educazione ambientale e alimentare, salvaguardia della biodiversità, conoscenza del territorio mediante le fattorie sociali e didattiche per l’accoglienza e il soggiorno di bambini in età prescolare e di persone in difficoltà sociale, fisica e psichica.

 

Le proposte dovranno essere presentate entro il 15 ottobre 2016, mentre i progetti andranno realizzati entro il 30 ottobre 2017. Tutti i dettagli per la partecipazione sono contenuti nel bando.

 

(Fonte: Redattore Sociale)

Profughi e richiedenti asilo, chi ospita di più sono i Paesi poveri

di Giovanna Carnevale


europa immigrazioneNonostante si parli di “invasione” di immigrati in Italia e in Europa, sono i Paesi più poveri al mondo che ospitano la maggior parte dei profughi e richiedenti asilo.

 

Secondo il rapporto di Oxfam “La misera accoglienza dei ricchi del mondo”, nel 2015 le sei economie più grandi del pianeta (Stati Uniti, Cina, Giappone, Francia, Germania e Regno Unito, che insieme rappresentano il 56,6% del pil globale) hanno ospitato complessivamente 2,1 milioni di rifugiati e richiedenti asilo, ovvero l’8,8% del totale. Contemporaneamente, Giordania, Turchia, Libano, Sud Africa, Pakistan e Territorio Palestinese Occupato si sono fatti carico di oltre 11,9 milioni, nonostante rappresentino insieme il 2% dell’economia mondiale.

 

Il nostro Paese, in realtà non nuovo all’accoglienza di immigrati dopo l’esperienza degli anni Novanta della crisi albanese, ha ospitato nello scorso anno quasi 135mila persone (lo 0,6% del totale), ma è ancora lontana dalle cifre tedesche, che si attestano attorno a 736mila. Il Regno Unito ha invece accolto 168mila rifugiati: un numero “vergognoso”, secondo il direttore esecutivo di Oxfam del Regno Unito Mark Goldring.

 

In base ai numeri della confederazione internazionale specializzata in aiuti umanitari, oggi sono più di 65 milioni le persone in fuga in tutto il mondo a causa, di conflitti, persecuzioni e violenze: si tratta del numero più alto mai registrato. Un terzo di queste persone sono rifugiati e richiedenti asilo, provenienti soprattutto dalla Siria, ma anche da Paesi  che registrano un elevato tasso di instabilità politica come il Burundi, il Sud Sudan, l’Iraq e lo Yemen.

Morte per (mancato) soccorso: le responsabilità europee

di Giovanna Carnevale


barcone-immigratiNel giorno dell’anniversario della strage del 18 aprile 2015 costata la vita a circa ottocento migranti, un barcone proveniente dall’Egitto e diretto in Italia si rovescia nel Mediterraneo con più di quattrocento persone a bordo.

Non è fatalità, sono tragedie che si potevano evitare, ma il cui peso è stato consapevolmente trascurato dalle strategie messe in campo dall’Unione europea. A dimostrarlo è un recente studio condotto da ricercatori dell’Università di Londra e York, intitolato “Death by (failure to) rescue”, ovvero “Morte per mancato soccorso”.

La ricerca rivela come la decisione presa nell’autunno 2014 di sostituire l’operazione Mare Nostrum con Triton abbia prodotto solo risultati disastrosi: se nei primi quattro mesi del 2014 le vittime in mare erano state diciassette, nello stesso periodo dell’anno successivo, il numero è salito a 1600.

La priorità dell’Ue nella gestione dei flussi migratori è passata dal prestare soccorso ai migranti in mare al disincentivare le partenze dai Paesi di origine, ma il fallimento, sotto gli occhi di tutti, è stato totale: i viaggi della speranza non sono diminuiti, e ad essere aumentati sono soltanto le morti.

Secondo i documenti esaminati dai ricercatori inglesi, sia il naufragio del 18 aprile 2015, sia quello di pochi giorni prima in cui morirono altri quattrocento migranti, potevano essere evitati se l’operazione Triton, che ha il mandato di non spingersi oltre le trenta miglia dalle coste europee, non avesse preso il posto di Mare Nostrum, un’operazione militare e umanitaria.

Da diversi mesi l’Italia chiedeva all’Europa di non essere lasciata sola nella gestione dei migranti, e l’analisi che alla fine venne fatta del problema migratorio fu che l’efficacia di Mare Nostrum nel salvare le vite in mare rappresentava un incentivo alle partenze. Meglio, quindi, decisero le autorità europee, frenare queste ultime direttamente e puntare al controllo delle coste dell’Europa.

Ma a non arrivare più sulle nostre coste, ora, sono i diritti umani, mentre il Mare Nostrum è diventato un cimitero di disperati.

Disuguaglianze tra minori, i dati Unicef. Italia agli ultimi posti tra i Paesi ricchi

di Giovanna Carnevale


shoes-505471__180Maglia nera per l’Italia per quanto riguarda le disuguaglianze tra i bambini. In base alla classifica stilata dall’Unicef, il nostro Paese si posiziona trentacinquesimo sui quarantuno dell’Unione europea e dell’Ocse per quanto riguarda le disparità di reddito.

Il rapporto dell’Unicef analizza il divario tra i minori in termini di reddito, istruzione, salute e soddisfazione nei confronti della vita, rilevando che la Danimarca è lo Stato (tra quelli Ue ed Ocse) dove le disuguaglianze tra i bambini che si trovano nella fascia più bassa della distribuzione del benessere e quelli nella fascia media sono più lievi, mentre Israele è all’ultimo posto.

Se in media l’Italia si posiziona trentacinquesima su quarantuno Paesi, risultati non molto diversi li ottiene per quanto riguarda i singoli parametri utilizzati nella classifica Unicef: nel divario sui risultati scolastici è ventiduesima su trentasette, ventottesima su trentacinque nell’ambito della salute e ventiduesima su trentacinque in termini di soddisfazione nei confronti della vita.

I dati del Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia, riferiti al 2013, evidenziano poi un netto peggioramento nel nostro Paese (di circa otto punti percentuali) rispetto al 2008, soprattutto per quanto attiene la salute: il 30,5% degli adolescenti italiani ha riferito di soffrire quotidianamente di uno o più disturbi.

Estonia, Lettonia, Irlanda e Polonia riportano un trend positivo sul rendimento scolastico, essendo riusciti a ridurre nel tempo il numero di bambini privi di  competenze.

Il rapporto dell’Unicef dimostra come essere cittadini di un Paese “ricco” rispetto a quelli sottosviluppati o in via di sviluppo, non vuol dire automaticamente vivere in una società dove il benessere è ugualmente distribuito. Gli Stati Uniti e il Giappone, ad esempio, che rappresentano due degli Stati più ricchi del mondo, si posizionano in basso nella classifica per distribuzione di reddito. Rispetto al 2002, però, gli Stati Uniti sono gli unici, insieme alla Spagna, ad essere migliorati in tutti e quattro gli indicatori.