Archivio Giuseppe Manzo

Potenza: al via progetto per la mobilità sostenibile

di Giuseppe Manzo


road-259815__180“Lo street control e quindi il controllo della strada è il primo passaggio fondamentale per tutelare l’utenza debole, pedoni e ciclisti urbani, in una città autocentrica. Bene anche l’interessamento alla mobilità ciclistica che richiede tuttavia un ragionamento specifico rispetto alle misura da intraprendere”. E’ il commento del Circolo Legambiente Potenza “Ken Saro Wiwa” rispetto  al progetto strade sicure presentato dal Comune di Potenza.

 

I dati sulla mobilità urbana relativi all’ultimo rapporto di Ecosistema urbano continuano ad essere veramente drammatici rispetto al trasporto pubblico nella città di Potenza. La città è tra le peggiori in Italia per numero di automobili, 73 ogni 100 abitanti, con un’offerta di trasporto pubblico (i chilometri percorsi annualmente dalle vetture per ogni abitante residente) che scende da 39 a 23 Km/vettura/abitanti/anno. Anche l’indice del modal share è fortemente negativo: il 75% degli spostamenti privati vengono effettuati dai cittadini con mezzi a motore (auto o moto).

 

“La priorità assoluta quindi  – continua il Circolo – è trasferire quote significative di mobilità dal mezzo privato al mezzo pubblico, ridurre drasticamente il numero di auto in circolazione e incentivare anche l’uso di mezzi alternativi come la bicicletta a pedalata assistita. Per fare ciò non è sufficiente realizzare piste ciclabili (pari a zero nel rapporto) ma anche realizzare isole pedonali (anche queste attualmente vicine allo zero), incentivare l’intermodalità e prevedere zone con obbligo dei 30 km orari. E’ necessario – conclude – oltre che garantire la tutela sulle strade cittadine, promuovere una cultura della mobilità sostenibile con interventi specifici che possano dare continuità all’azione intrapresa e ottenere realmente una città a misura di persona come l’assessore alla mobilità Gerardo Bellettieri ha auspicato”.

(Redazione)

Turchia: Erdogan chiude 400 Ong

di Giuseppe Manzo


AK Parti Genişletilmiş İl Başkanları ToplantısıUn decreto emesso il 22 novembre ai sensi dello stato d’emergenza ha ordinato la chiusura definitiva di 375 organizzazioni non governative della Turchia. “La chiusura di quasi 400 Ong va inquadrata nel sistematico tentativo in corso da parte delle autorità turche di ridurre definitivamente al silenzio ogni voce critica” – ha dichiarato John Dalhuisen, direttore di Amnesty International per l’Europa. 

“Sono state chiuse associazioni di giuristi contro la tortura, organizzazioni per i diritti delle donne che gestivano rifugi per le sopravvissute alla violenza domestica, centri di assistenza per i rifugiati e gli sfollati interni e anche la principale Ong per i diritti dei bambini” – ha sottolineato Dalhuisen. 

“Alla società civile turca dev’essere permesso di continuare a svolgere il suo prezioso lavoro senza timore di rappresaglie o punizioni. L’azione delle Ong è di vitale importanza soprattutto nel contesto dell’attuale crisi dei diritti umani in Turchia, dove l’evidente abuso dei poteri d’emergenza ha gettato un’ombra su una già devastata società civile” – ha concluso Dalhuisen. 

(Redazione)

Cerreto Alpi: a scuola di cooperative di comunità

di Giuseppe Manzo


cerreto-alpi_1Grande partecipazione alla terza edizione della Scuola delle Cooperative di Comunità, che ha preso il via l’11 e 12 novembre a Succiso. La Scuola si concluderà il 25 e 26 novembre a Cerreto Alpi, dove da oltre 13 anni è attiva una delle più importanti cooperative di comunità italiane, I Briganti di Cerreto.
Erano oltre 60 i presenti alle giornate di Succiso, con 50 iscritti alla Scuola, che si prevedono in aumento nelle due giornate previste a Cerreto Alpi. Hanno portato il saluto alla giornata inaugurale il sindaco di Ventasso Antonio Manari, il presidente del Parco Nazionale dell’Appennino tosco-emiliano, il presidente di Legacoop Emilia-Romagna Giovanni Monti e il direttore regionale di Confcooperative Pierlorenzo Rossi.

 

Particolarmente intense saranno anche le due giornate di Cerreto Alpi, con relatori di alto livello. Il 25 novembre, sul tema “Hub di economie e sviluppi per nuove catene di valori”, interverranno Elena Casolari (Fondazione Acra), Vincenzo Marino (Icn), Andrea Rapisardi (cooperativa Lama), Lodovico Patelli (cooperativa di comunità L’Innesto). Seguirà una sessione di lavoro sugli statuti delle cooperative di comunità passate presenti e future”, con interventi di Mauro Iengo (Legacoop) e Tony Dalla Vecchia (Confcooperative). Il 26 novembre, sul tema “Welfare dalle comunità intraprendenti”, interverranno Giovanni Fosti (Università Bocconi di Milano) Gino Mazzoli (studio Praxis), Giovanni Devastato (Università La Sapienza di Roma), Francesca Paini (cooperativa AltraEconomia).

 

Nel corso delle giornate di Cerreto Alpi verrà anche presentato l’importante studio realizzato dal Ministero per lo Sviluppo Economico sulle cooperative di comunità. Si tratta di uno studio di fattibilità per una collaborazione innovativa tra sistema pubblico e movimento cooperativo, che ha analizzato alcune esperienze virtuose di cooperative in Italia, tra cui le reggiane I Briganti di Cerreto e la Valle dei Cavalieri.

 

Lo studio, realizzato con la collaborazione delle centrali cooperative, è stato presentato pochi giorni fa a Roma, con la presenza anche dei rappresentanti delle due cooperative reggiane e degli esperti della cooperazione che hanno collaborato allo studio. La Scuola delle cooperative di comunità è organizzata da Confcooperative e Legacoop Emilia-Romagna con il sostegno della Regione Emilia-Romagna, nell’ambito del progetto “Cooperative di Comunità: promuovere la cooperazione, i beni comuni, e il territorio”.

 

Il Comitato scientifico del progetto è composto da Gianluca Mingozzi, Carlo Possa, Andrea Rapisardi, Giovanni Teneggi, Roberta Trovarelli, Paolo Venturi, Flaviano Zandonai. Segreteria organizzativa e iscrizioni: Erika Farina, 347 1639146, erika.farina@ibrigantidicerreto.com; Marilena Raule 377 1255713, m.raule@innovacoop.eu. Link su pagina FB Scuola delle Cooperative di Comunità.

(Redazione)

 

 

Si torna a scuola. Di economia sociale

di Giuseppe Manzo


bibliotecaFinita l’estate si torna a scuola. E, soprattutto, si torna a scuola di economia sociale. Dopo un primo assaggio lo scorso giugno con la Summer School di Legacoopsociali, a partire da oggi ecco i tanti appuntamenti per la formazione rivolta a cooperatori sociali, imprenditori sociali, organizzazioni non profit e del terzo settore. Da Urbino a Trento, passando per Bertinoro, ecco i principali appuntamenti fino a ottobre

 

Urbino

 

Anche quest’anno, per il terzo consecutivo, riaprono le porte della Scuola Estiva “L’economia come è e come può cambiare” organizzata dall’Università di Urbino Carlo Bo con Sbilanciamoci!, dal 5 al 9 settembre 2016 ad Urbino.

 

Diversamente dalle precedenti edizioni l’oggetto della scuola sarà il Welfare. Le grandi trasformazioni degli ultimi tre decenni hanno difatti cambiato il concetto stesso di stato sociale, di partecipazione, di solidarietà, e di sostenibilità degli interventi di politica economica. Precisamente, il tema di questo anno è lo studio della struttura, del finanziamento, e della sostenibilità della spesa pubblica e dello stato sociale. Questi temi saranno studiati partendo da un inquadramento complessivo dei temi della macroeconomia, e del ruolo che la spesa pubblica e il debito pubblico possono avere nel sostenere la crescita economica equilibrata nel medio e nel lungo periodo. Obiettivo della Scuola è perciò di riflettere in chiave critica sull’attuale quadro delle politiche fiscali attuate, sia in Italia che in Europa, attraverso una visione restrittiva del ruolo dell’intervento pubblico.

 

Su questo link si trovano tutti i dettagli della 5 giorni.

 

Trento

 

Tre sessioni plenarie, dieci workshop tematici, una trentina di buone pratiche innovative, più di 40 relatori e soprattutto centinaia di imprenditori (lo scorso anno siamo stati più di 500) che danno vita alla più grande community nazionale sull’innovazione nell’impresa sociale.

 

Sono alcuni degli ingredienti che attentamente dosati (o almeno, ci proviamo) daranno vita alla XVI edizione del Workshop sull’impresa sociale, in programma il 15 e 16 settembre 2016 a Riva del Garda; i lavori proseguono, nonostante il clima ferragostano.

 

Bertinoro

 

Sono numerosi e concreti i temi al centro deLeGiornate di Bertinoro per l’Economia Civile, il tradizionale appuntamento di AICCON: “Da Spazi a Luoghi. Proposte per una nuova ecologia dello sviluppo” è il titolo della nuova edizione che quest’anno si svolgerà il 14 e 15 ottobre 2016.

 

“Diventano luoghi queglispazi in cui la dimensione comunitaria è protagonista di un’innovazione che dà vita a nuove forme di produzione del valore” afferma Paolo Venturi, Direttore di AICCON. Giunte alla XVI edizione, le GdB proporranno un serrato confronto tra economisti, personalità del Terzo settore e delle istituzioni, ricercatori e giornalisti che indagheranno sulle condizioni, i fattori e i protagonisti della creazione di una nuova ecologia dello sviluppo, a partire dalla piena valorizzazione dei soggetti dell’Economia Civile, intesi quali promotori di un’azione di trasformazione delle istituzioni economiche e sociali, dall’investimento sui giovani e dal genius loci dei nostri territori.

 

Come sottolinea Stefano Zamagni, Presidente di AICCON: “Questa edizione delle Giornate di Bertinoro si propone di immaginare come sia possibile creare nello spazio pubblico le condizioni per generare valore sociale e non solo redistribuirlo. Produrre valore oggi significa alimentare quelle relazioni tra diverse istituzioni in grado di trasformare positivamente i territori”.

 

Anche il Giornale Radio Sociale sarà tra i mediapartner dell’evento. Su questo link si possono trovare tutte le info utili. Insomma, che aspettate? Tornate a scuola, di economia sociale.

 

TERRA DEI FUOCHI: SE AL PASCALE SI ASPETTANO 90 GIORNI PER UN RICOVERO

di Giuseppe Manzo


pascale-di-napoli*aggiornamento in data 14 luglio

 

Dopo la denuncia del Forum Diritti e Salute riportata in questo articolo è scattata un’interrogazione parlamentare del senatore Peppe De Cristofaro di Sinistra Italiana. Si tratta di una doppia interrogazione perché non chiama in causa solo il Pascale ma anche la chiusura del Reparto della Terapia del dolore al Cardelli, il più grande ospedale del Mezzogiorno. Il senatore De Cristofaro ha inoltrato le interrogazioni al ministro della Salute Beatrice Lorenzin in data odierna. 

 

La Terra dei fuochi non fa più notizia. Evaporata l’attenzione e celebrata come una soluzione il futuro trasferimento delle ecoballe da Giugliano, resta però la realtà: le conseguenze sulla salute. Sui social continuano le testimonianza di vite giovani e adulte che si ammalano grazie alla testimonianza continua della mamme di Una Voce per tutti. I recenti risultati delle analisi dei medici parlano chiaro.

 

Uno studio seguito dal dottore Vincenzo Petrosino presso l’Università di Napoli di medicina in collaborazione con la facoltà di Farmacia ha rilevato nel sangue il dosaggio  di 14 metalli pesanti e 12 policlorobifenili più cancerogeni (I Policlorobifenili (PCB) sono contaminanti ambientali di origine industriale. In questo scenario qual è la risposta della cura e della prevenzione oncologica? Non ci sono buone notizie in merito. Dal Forum Diritti e Salute arriva una denuncia e riguarda il più importante istituto di ricerca del Sud: l’ospedale Pascale. In un dettagliato dossier il Forum elenca tutte le emergenze e le mancanze a cui deve far fronte il nosocomio.   Il principale Istituto oncologico è commissariato da 6 anni e proprio il sub commissario Gerardo Botti si è dimesso lo scorso maggio denunciando una situazione al limite:  se un medico come me – ci dice – abituato a lavorare per il bene dei pazienti e per obiettivi, chiede al direttore generale dell’assessorato alla Salute dieci cose e tutte e dieci gli vengono negate, vuol dire che non ci sono margini di manovra per incidere e dunque, di fronte al rischio di disattendere il mandato ho ritenuto di tornare a fare il medico”.

 

Quali sono i numeri dell’emergenza? Innanzitutto le liste di attesa. Il tempo per fermare un tumore è fattore decisivo e invece, come scrive il Forum, ecco quanto bisogna aspettare: i ricoveri superano  97 giorni per senologia,  70 per urologia, 60 giorni per mammografia, un anno per gli esami eco ambulatoriali. Tanto che il primario di Radioterapia  Paolo Muto dichiarava al Mattino: “i tempi di attesa sono tali che non resta che dirottare i pazienti bisognosi di terapie radiante verso altre strutture”.   Alle liste si aggiunge la carenza di organico: servono 30 o 40 infermieri in più, 20 tecnici di radiologia e 10 operatori sociosanitari “per far volare l’attività clinica di questo istituto”. Di fronte a questa situazione il Forum Diritti e Salute spiega con il portavoce Francesco Maranta: “chiediamo azioni di vigilanza e controllo siano state attivate o si intende porre in essere per verificare i risultati dell’azione amministrativa commissariale e garantire il funzionamento, nel pieno delle sue potenzialità. E poi vogliamo sapere quali azioni siano state poste in essere sulle criticità dell’Istituto, e come intende il Sig. Ministro ridurre i tempi di attesa per i ricoveri e la chirurgia di eccellenza, atteso che con l’estate si va incontro ad una ulteriore fisiologica riduzione delle risorse umane”.

 

E Maranta aggiunge: “vogliamo sapere quali iniziative per sollecitare il Commissario  J. Polimeni a smentire  su un presunto  depotenziamento dell’IRCCS  e delle strutture complesse che a dire dello scrivente sono essenziali (al fine della efficienza clinica) strutture complesse come la radiologia interventistica, la cardiologia oncologica, la medicina di laboratorio e l’endoscopia oncologica, per le quali recentemente sono stati spesi investimenti nell’ordine di milioni di euro”.   Inoltre dall’ospedale resta il rebus di macchinari nuovi non ancora utilizzati che portano a chiedere quali siano “gli atti amministrativi – se vi sono – siano stati adottati dal Commissario straordinario per il potenziamento della struttura e sviluppo clinico-scientifico”.

 

Fino a prova di smentita questi sono i numeri del più grande Istituto oncologico del Mezzogiorno e centro di riferimento nazionale per la rete oncologica nazionale e regionale. Qui nella Terra dei fuochi, dove ci si ammala e si muore di cancro.

 

 

Gomorra, le trans e la politica: parla la regina delle Miss

di Giuseppe Manzo


stefania zambranoFa parte dell’associazione TransNapoli che è scesa in campo con sette candidate alle prossime elezioni amministrative. Stefania Zambrano, ideatrice del concorso Miss Trans Europa, sarà candidata alla municipalità 4 della città. Al giornale locale Metropolis ha raccontato i motivi di una scelta che vede il movimento trans gender napoletano in campo contro le discriminazioni e, soprattutto, contro l’unica possibilità per queste persone: la strada. Eppure Napoli si pone come laboratorio di cittadinanza e partecipazione per chi da sempre è escluso dalla vita politica e istituzionale.

 

Però sulla strada, spesso, le trans sono vittime di violenza come è avvenuto con la morte di “piccola” Ketty, uccisa da un cliente o con l’aggressione di un gruppo di ragazzini la scorsa settimana.   Quest’ultimo caso ha fatto scoppiare il dibattito sulla serie “Gomorra”. Infatti, secondo la testimonianza della trans aggredita i ragazzi incitavano alla violenza ripetendo le battute della fiction di Sky. “La verità, come sempre, è un’altra cosa – afferma Zambrano – rispetto a quella, presunta, della fiction. Molte di noi si esibiscono in ristoranti, feste, piazze e, quello che riceviamo in cambio dalla gente non è mai discriminazione e disprezzo. Mai. Perché noi siamo parte di loro, e loro parte di noi. Siamo uniti nel comune senso di appartenenza a una città che integra, tutti”.

 

Poi secondo Stefania qualcosa è cambiato: “molte mie amiche, dopo la messa in onda di Gomorra, per strada o al telefono sentono, per la prima volta, frasi come quelle della fiction, che non sto qui a ripetere perché troppo offensive. Faccio i miei complimenti alla trans che ha recitato da professionista. La sua interpretazione è stata assolutamente aderente a quello che siamo tutte noi. Non mi sento, invece, di dire lo stesso riguardo la scrittura di quella scena, più concentrata su uno stereotipo che sulla vita, quella vera”.

 

L’ECONOMIA (E LA DEMOCRAZIA) NON SI TRIVELLA

di Giuseppe Manzo


0.7“Si perdono posti di lavoro”. “Sprechiamo le risorse in casa nostra”. “Non possiamo perdere le risorse energetiche”. In queste settimane i fautori dell’astensione hanno ripetuto in maniera ossessiva questi aspetti economici legati al referendum delle trivelle del 17 aprile. Si tratta di una banalizzazione dell’economia ridotta al novecentesco dualismo ambiente-lavoro. Non si considerano interi settori produttivi e imprenditoriali legati alla salvaguardia del territorio e allo sviluppo. Si è taciuto sui dati di un’economia depressa, soprattutto al Sud e in tutte quelle aree dove grandi opere di assett privati prelevano risorse e non lasciano alcuna eredità di sviluppo. E ancora c’è un problema di democrazia sulle decisioni che impongono opere pubbliche e private mentre la magistratura sta spiegando le modalità criminali che devastano intere zone attraverso lo smaltimento illegale di rifiuti tossici.

 

Quelle imprese che dicono Sì

 

“Siamo produttori di energia” – ha detto il presidente di Assorinnovabili Agostino Re Rebaudengo – “ci occupiamo di idroelettrico, fotovoltaico e biomasse. Abbiamo aderito al SI perché non approviamo l’automatica estensione illimitata delle concessioni per le aziende petrolifere”. Ha poi aggiunto: “La seconda ragione è che l’indicazione di voto è anche una scelta di sostenibilità per il nostro futuro. Riteniamo sia più giusto sviluppare sorgenti rinnovabili: per questo mi auguro che si raggiungerà il 50 per cento”.

 

“Ci auguriamo un mare di SI perchè la pesca è sul banco dei danneggiati”, ha dichiarato Raffaella de Rosa, Alleanza Coop Italiane Pesca. “Le trivelle sottraggono spazio ai pescatori, danneggiano i fondali, le onde d’urto allontanano gli stock e impediscono la riproduzione”. E parlando del settore ha precisato: “È un danno per le risorse ittiche e per la pesca che conta 100 mila occupati e 300 milioni fatturato all’anno. La pesca viene sottoposta a rigido controllo, mentre alle piattaforme petrolifere non è chiesta neanche la Vas, la valutazione ambientale strategica preventiva e questo non è accettabile”.

 

“Mare, coste e turismo sono il vero patrimonio dell’Italia”: a parlare è Tullio Galli, di Assoturismo. “Immaginate se ci fosse una fuoruscita di petrolio in mare. Solo in Emila Romagna ci sono 15mila imprese che operano nel turismo e 50mila addetti” e ha concluso incalzando “Fermare le trivelle è una battaglia civile da vincere a tutti i costi”.

Tra le forze produttive che hanno partecipato anche la CIA -Confederazione italiana agricoltori: “Abbiamo aderito al SI anche perché va nella direzione di quello che dice l’Unione Europea”, ha detto Alessandro Mastrocinque. “Da sempre noi siamo per le rinnovabili anche perché le tecniche di estrazione inquinano le nostre produzioni e arrivano sulle nostre tavole e i prodotti della terra coltivati dove c’erano le trivelle non li vuole più nessuno. Il nostro è un invito a votare SI e a cambiare politica energetica”.

 

“Tutti i paesi del mondo hanno affermato a Parigi la grande emergenza dettata dai cambiamenti climatici e l’importanza di tenere le temperature sotto il grado e mezzo” ha spiegatoAndrea Masullo di GreenAccord, un’associazione che si occupa della formazione di 150 giornalisti su tematiche ambientali, ricordando che “Entro il 2030 dobbiamo provvedere a una riduzione del 40 per cento delle emissioni. Il punto è che l’ Italia non ha un piano energetico: che ne sarà, ad esempio, dei lavoratori dell’Eni? La vera scelta è tra passato e futuro. L’Italia è al diciottesimo posto in Europa per modernità e innovazione delle reti elettriche, retaggio del passato basato su fonti fossili e ostacolo per le rinnovabili”.

 

Ora, comunque andrà il referendum del 17 aprile la posta in gioco resta tutta aperta e, quorum o non quorum, bisogna fare presto per cambiare le regole di questo gioco. Come dire: l’economia (e la democrazia) non si trivella.

I LAVORATORI SALVANO L’IMPRESA. E IL LORO LAVORO

di Giuseppe Manzo


acciaio workers buyout 2La Zanardi è un’azienda tipografica storica, specializzata in libri d’arte.  Italcables di Caivano (Napoli), azienda metalmeccanica di livello internazionale, leader nella produzione di acciaio ad alto tenore di carbonio per cemento armato precompresso. a Sportarredo Group sc di Gruaro (Venezia). La CTC Project di Tolentino (Macerata). E ultima in ordine di tempo la Ora Acciaio di Pomezia. Sono solo alcune delle esperienze del workers buyout, termina inglese che identifica l’acquisto da parte dei lavoratori di un’azienda fallita. Un fenomeno sempre più diffuso che sta dando, probabilmente, l’unica risposta concreta alla chiusura di fabbriche e alle delocalizzazioni.

 

Come funziona? Di fronte al fallimento di un’azienda i lavoratori con il sostegno di Legacoop valutano insieme a consulenti la possibilità di acquisto dei macchinari o di affitto del ramo di azienda. Se il progetto è sostenibile, con il sostegno finanziario di Coopfond e Cfi, si costituisce una cooperativa che rimette in produzione gli impianti e, soprattutto, produce lavoro.

 

Il workers buyout sembra funzionare se si pensa al bilancio di una delle principali esperienze come la Zanardi: “Continuiamo ad essere prudenti – ha spiegato a un quotidiano locale Mario Grillo, presidente della cooperativa – ma anche fiduciosi per il prossimo anno: sono tornati i clienti importanti ed ora siamo in contatto anche gli editori minori. Abbiamo lavorato tutto il mese di agosto ed in questi giorni di stiamo producendo altri lotti significativi”.

 

Da Nord a Sud sono già una quarantina le esperienze di questo tipo che non vedono una giusta eco mediatica nel nostro Paese. Al contrario è stato il New York Times che ha dedicato nel numero in edicola il 9 aprile 2015 un ampio servizio alla storia della cooperativa Zanardi e al fenomeno dei workers buyout.

 

In un Paese dove lo sviluppo industriale è fermo da anni e la crisi brucia lavoro, non è il Jobs act a indicare la strada con “meno diritti per un salario”. Il workers buyout indica un’alternativa necessaria nella gestione cooperativa di un’impresa.

 

 

Ecco la nuova Miss Trans Europa: il concorso nel nome dei diritti

di Giuseppe Manzo


miss transSabato 5 dicembre alle ore 22 al Ristorante Elisabeth di Torre del Greco ci sarà la cerimonia di consegna del titolo Miss Trans Europa a Mery Sommella, già vincitrice del concorso “Miss Critica”.

 

Dopo le vicende susseguite alla rinuncia del titolo di Miss Trans Europa 2015 Alessandra Barone, dopo aver compreso la fragilità di una persona che investita da un ruolo così importante e che non è riuscita a sopportare le pressioni e le critiche sul suo operato.

 

“Dopo essermi consultata con Regina Satariano, organizzatrice Nazionale di Miss Trans Italia, Loredana Rossi, vicepresidente dell’ Associazione Trans Napoli e il responsabile dei concorsi Luigi Papacciuoli – afferma Stefania Zambrano, organizzatrice di Miss Trans Europa – ho deciso in qualità di organizzatrice di tale concorso,che il titolo 2015 passerà a MERY SOMMELLA, donna di esperienza e vincitrice nello stesso concorso di “Miss Critica” . Ribadisco che i concorsi Trans, da anni, sono nati per dimostrare a questa società che noi mondo lgbt esistiamo, le miss elette devono con forza e determinazione rappresentarlo e credo fermamente che La Signora Mery Sommella, donna di esperienza, ci riuscirà egregiamente”.

 

A premiare la Sommella, già miss senza fine . Vincitrice di miss trans Campania ,miss trans Italia, miss trans universo 2 eletta e miss trans over saranno la stessa Zambrano e altre miss dei concorsi legati al movimento trans. Appuntamento a domani alla cena spettacolo: il movimento trans elegge la sua nuova miss

“Trovano i soldi per le guerre, non per il lavoro”. Vangelo secondo Bergoglio

di Giuseppe Manzo


bergoglio“Oggi si dice che tante cose non si possono fare perché manca il denaro. Eppure il denaro c’ è sempre per fare alcune cose e manca per farne altre. Ad esempio il denaro per acquistare armi si trova, per fare le guerre, per operazioni finanziarie senza scrupoli, si trova. Di questo solitamente si tace; si sottolineano molto i soldi che mancano per creare lavoro, per investire in conoscenza, nei talenti, per progettare un nuovo welfare, per salvaguardare l’ ambiente”.

 

Sono parole semplici. Parole che non sono state affermate con forza in questi giorni. E sono parole che hanno un valore multiplo se dette non da un sindacalista o un rivoluzionario, ma da un Papa. Bergoglio non le manda a dire e nel video messaggio per festival della Dottrina sociale della Chiesa  di Verona esprime una riflessione che viene taciuta dopo i fatti di Parigi. Dopo l’attacco nella capitale francese la Francia e tutti i Paesi europei si sentono improvvisamente in guerra, tanto da mettere in discussione libertà civili e privacy. Questo ha permesso allo stesso Hollande di mettere in discussione pure il patto di stabilità “affrontare le spese militari”. Insomma per la guerra l’economia va in deroga e trova risorse sugli armamenti, per la dignità delle persone no. I soldi, insomma, servono innanzitutto per ammazzare. I soldi come il cuore del problema e non della soluzione.

 

È dunque la parola di un Papa a legittimare il titolo di questo stesso blog di una persona laica e non credente: “Il vero problema non sono i soldi, ma le persone: non possiamo chiedere ai soldi quello che solo le persone possono fare o creare. I soldi da soli non creano sviluppo, per creare sviluppo occorrono persone che hanno il coraggio di prendere l’ iniziativa”. Non solo money, appunto.