Archivio Ivano Maiorella

Senza popolo è solo pallone gonfiato

di Ivano Maiorella


Senza popolo non è calcio, è potere. Mancano dieci giorni al Mondiale numero 20 che si terrà in Brasile, a partire dal 12 giugno, eppure il popolo non c’è. Saranno i Mondiali più costosi, 14 miliardi di euro in totale. Saranno anche quelli più contraddittori: ritardi, disuguaglianze sociali, corruzione dilagante, repressione, sfruttamento sessuale. Lo scorso anno, durante le prove generali della Confederation Cup, bastò un aumento del biglietto dell’autobus di 20 centesimi per far scendere in piazza un milione di persone in decine di città brasiliane. E rovinare la festa al calcio di plastica, in un paese che ne ha interpretato da sempre musica e colori. Il calcio e il popolo brasiliano sono stati per un secolo la stessa cosa, spirito e carne. Stavolta no, il calcio rischia di tradire un popolo.

Il pallone sgonfiato di questi giorni parla il linguaggio della criminalità organizzata: il Quatar ha corrotto i signori della Fifa per avere i Mondiali del 2018 e sul Mondiale sudafricano di quattro anni fa si allunga l’ombra delle partite truccate. Anche il Sud Africa in occasione dei Mondiali del 2010 ha cercato di presentarsi in ottima forma. Sembrava un’occasione storica e invece le contraddizioni sono ancora lì a marcire: corruzione politica, criminalità, disuguaglianza, traffico di esseri umani, droga, Aids, scarsa libertà di stampa.

Le mafie globali vanno a caccia di paesi opachi per i loro affari. In cambio offrono la verniciatura del prestigio internazionale che oggi gli eventi sportivi planetari sanno offrire, Olimpiadi e Mondiali di calcio. Non è un caso se i prossimi Mondiali si terranno in Russia (2018) e in Qatar (2022). Non è un caso se i grandi sponsor globali e le oligarchie sportive-finanziarie, Fifa e Cio, hanno sede in Svizzera (a proposito di opacità), una a Zurigo e l’altro a Losanna.

Il calcio senza popolo muore, ma il fatto non preoccupa neppure a casa nostra. Secondo una recentissima ricerca internazionale promossa da Free (Football Research in a Enlarged Europe) gli italiani sarebbero molto più tiepidi di una volta nel seguire le gesta degli Azzurri e non si identificherebbero più nella nazionale di calcio (vedi articolo Gazzetta dello sport di sabato) Superati di gran lunga dai tedeschi, dagli spagnoli e dagli inglesi. Sarà mica perché in questi tre paesi le partite vengono trasmesse in chiaro e da noi a pagamento?

Quello che scrisse Nigrizia nel giugno di quattro anni fa è attualissmo: “Sono in molti a ritenere Sudafrica 2010 una disgrazia economica per il paese. Si domandano se non ci poteva essere un modo migliore di spendere tutti questi soldi. Perché non sono stati investiti per migliorare le condizioni di vita di milioni di sudafricani poveri?”

La decisione di ospitare i Mondiali viene giustificata dalla prospettiva di benefici economici per la nazione. Ma non è così. Si tratta di azioni simboliche, legate al prestigio delle classi politiche dominanti. Peccato che queste azioni simboliche costiano molto e creino maggiori disuguaglianze, povertà e barriere. E la politica internazionale tace.

Italia 2014

di Ivano Maiorella


Il saldo non è positivo, l’agenda del governo Renzi riparte da qui, è impossibile scantonare. L’Istat fotografa un’Italia più povera, con meno lavoro, con i giovani che fuggono e con i nuovi cittadini che non arrivano più. Un Paese fermo, insomma. Le politiche antirecessive non sono servite a dispensare ottimismo e felicità. Tutto il contrario, sembra.

Nel rapporto annuale 2014 l’Istat certifica il declino italiano Tre dati, dei tanti a disposizione. Il primo: nel 2013 nati 515mila bambini, mai così pochi negli ultimi 20 anni. Il secondo: nel 2012 sono emigrati in 68mila, +36% sul 2011. Il terzo: la crisi frena gli immigrati, nel 2012 gli ingressi sono stati 321mila, -27,7% rispetto al 2007. Aumenta invece il numero di stranieri che se ne vanno (+17,9%). Intanto i Comuni spendono sempre meno per il welfare e i disoccupati sono a quota 6,3 milioni.

Nel 2013, il Pil si è contratto nuovamente (-1,9%), riportando il livello dell’attività economica leggermente al di sotto di quello del 2000.

E il terzo settore? E’ dato in crescita, ma attenzione si tratta di crescita apparente. Il perché lo spiega Gianpaolo Barbetta, del dipartimento di economia da Cattolica di Milano, in un suo articolo su lavoce.info: “la massiccia crescita nel numero di istituzioni nonprofit registrata tra il 2001 e il 2011 (da 235.232 a 301.191, con un aumento del 28 per cento) – salutata come segnale di grande vitalità del settore – in realtà non è stata così forte. Infatti, analizzando i dati elementari, si scopre che oltre 45mila delle organizzazioni censite nel 2011 – e che non erano state rilevate nel censimento precedente – in realtà esistevano già, poiché dichiarano di essere state create prima del 2001. L’affinamento delle tecniche censuarie ha dunque consentito di fare emergere una realtà già esistente, ma non rilevata (chiamiamole istituzioni “emerse”)”.

Distinguere il grano dal loglio, c’è scritto così nel documento del presidente del Consiglio sulla riforma del terzo settore. Urge la consultazione e una proposta di autoriforma. Ma urge anche la politica perché il non profit faccia la sua parte per far uscire il Paese dalla crisi. E un esecutivo così rafforzato dalle elezioni aumenta le aspettative, legittime.

Sport e inclusione: l’Uisp lancia i Mondiali Antirazzisti

di Ivano Maiorella


mondiali antirazI Mondiali Antirazzisti compiono 18 anni e, diventando maggiorenni, chiedono pari diritti e pari opportunità per i nuovi cittadini, attraverso lo sport.

La manifestazione contro tutte le discriminazioni organizzata dall’Uisp-Unione Italiana Sport Per tutti, si svolgerà nel parco di Bosco Albergati a Castelfranco Emilia, in provincia di Modena, dal 2 al 6 luglio 2014.
Al centro dell’edizione di quest’anno c’è la richiesta alle istituzioni sportive e politiche per riconoscere lo ius soli, che garantirebbe la cittadinanza a chi nasce su suolo italiano.

Per cinque giorni, circa 4.000 giovani da tutta Europa daranno vita al torneo meno competitivo e più multietnico del mondo, con 200 squadre di calcio a 7 composte da gruppi di migranti, tifoserie e squadre amatoriali da varie città. Le squadre si incontreranno, con partite auto-arbitrate in cui non è ammesso il gioco falloso, e che vede le semifinali e la finale giocate ai rigori. Oltre al calcio anche basket, pallavolo, cricket, rugby e tchoukball e giochi tradizionali. Tutto gratis, compreso il campeggio con tutti i servizi. Sono circa 25 i paesi presenti ai Mondiali Antirazzisti in rappresentanza di almeno 50 diverse nazionalità.

Quest’anno grandi appuntamenti nelle serate di Bosco Albergati, oltre che con le proiezioni delle partite dei Mondiali in Brasile, anche con i concerti, tutti gratuiti. Giovedì 3 luglio il primo appuntamento con gli Skiantos per il loro tributo a Freak Antoni; venerdì 4 la Banda Bassotti con il suo nuovo album; sabato 5 i VallanzaSka per le celebrazioni dei trent’anni di ska in Italia. Tanti gli appuntamenti anche con la cultura, con i dibattiti che andranno dalla storia partigiana all’impegno congiunto di Libera e della Uisp contro le mafie, anche nello sport, per arrivare allo studio dei movimenti sociali di protesta in Brasile.
Le iscrizioni a tutti i tornei, anch’esse rigorosamente gratuite, sono già aperte sul sito dei Mondiali Antirazzisti.

L’Europa, Renzi e Quelli che

di Ivano Maiorella


Cambiamento e riforme, lo chiedono gli italiani da parecchio tempo. E cercano con fiducia chi risponde all’appello.  E’ successo con Berlusconi e poi con Grillo. Ora tocca a Renzi: ha conquistato percentuali altissime di votanti ed esce rafforzato.

Voglia di progresso e di Europa, un argine contro la destra xenofoba ed euroscettica. Voglia di speranza e di riforme: l’Italia porta voti alle coalizioni progressiste che spingono sull’Europa dei popoli e dei diritti. Allarme astensione: siamo al 58% per cento dei votanti in Italia, nove punti in meno della precendete tornata, l’Europa rimane al 43%, come cinque anni fa.

La scommessa più grande: riuscirà la politica a riavvicinare i cittadini allo stato? Quali sono i commenti in giro, signor Jannacci? Quelli che comunque “sono forti perché il loro elettorato è in quel 41 per cento che non ha votato”. Quelli che destra e sinistra sono categorie superate. Oh yeh.

Quelli che il Malox, il cappellino, il tradimento, state tranquilli che non è successo niente. Oh yeh. Quelli che la rete e poi vanno da Vespa. Quelli che ma che ne sapete voi. Quelli che ce lo chiede l’Europa… quelli che usciamo dall’Europa. Oh yeh.

Quelli che il Milan è soltanto un gioco. Quelli che io non sono razzista, però. Quelli che la lira. Quelli che se non vuoi bene ai cani. Quelli che i sondaggi, quelli che mercoledi incontro la Merkel, quelli che siamo stati sconfitti ma siamo lì e quelli che governo per i prossimi centocinquanta anni. Quelli che non ci risultano, oh yeh. Oh yeh.

In morte di un fotografo giornalista

di Ivano Maiorella


Ne vale la pena?  In queste stesse ore un fotoreporter italiano è morto in Ucraina,  c’è l’Europa che va al voto e Radio 100 passi che trasmette la voce di Peppino Impastato dal balcone del mafioso Badalamenti, trentasei anni dopo.

Ne vale la pena? Andy Rocchelli, fotoreporter italiano ucciso a nord di Donetsk insieme all’amico e interprete Andrei Mironov, in una zona dell’Ucraina controllata dai miliziani moscoviti. Faceva parte del collettivo piacentino Cesura.it, aveva tren’anni e da poco era diventato papà. Dettagli forse, di un mestiere rischioso che lui stesso aveva spiegato nel recente Festival del giornalismo di Perugia. Era un fotografo del sociale. Andy, il lavoro che si era scelto e il suo coraggio di fotografo giornalista.  Le sue ultime foto lanciano allarmi inquietanti dal sottosuolo dell’umanità, bambini sgomenti nella gattabuia di un sottoscala, il loro nascondiglio. Uomini in guerra contro altri uomini, facce truci e mitra. Anche l’Ucraina va al voto, tra Europa e Russia.

Intanto milioni di persone, con poco entusiasmo, raggiungono i seggi elettorali europei, nel giardino di casa casa. Con Bruxelles, simbolo del’UE, violata dalle bombe al museo ebraico, altro sangue e altri morti. Se la politica non ci indica la strada e non coinvolge le persone, continueremo a pensare che no, non ne vale la pena.

Se guardiamo alla vita di tutti i giorni, all’impegno semplice e quotidiano di tante persone, alle foto di Andy e al balcone di Badalamenti pensiamo il contrario. E’ stato l’ultimo atto del sindaco uscente di Cinisi Salvatore Palazzolo: il 23 maggio, prima di lasciare la carica, che ha ricoperto per dieci anni, ha firmato la delibera con cui viene destinata, in comodato d’uso, all’Associazione Peppino Impastato una parte della casa che fu del boss Gaetano Badalamenti e che i compagni di Peppino Impastato hanno trasformato in radio Cento Passi e hanno deciso di chiamare “Casa Nove Maggio”, in ricordo del giorno in cui fu ucciso Peppino. (fonte: associazione Articolo 21)

 

Tu chiamalo se vuoi, razzismo

di Ivano Maiorella


Storie di ordinario razzismo. Balotelli vittima dei “soliti scemi” a Coverciano ha chiamato in causa Firenze e Roma. Non è un problema di campanile, purtroppo: ha dimenticato Pomezia. Nel giorno in cui si è capito che nella mensa scolastica si va come al ristorante: il dolce solo ai bambini chi se lo possono permettere. Li chiamano amministratori, i sindaci. Noi lo chiamiamo razzismo, il razzismo.

Sia che si tratti di qualche scemo nascosto dietro un cespuglio a Coverciano, sia di un primo cittadino che ha scambiato la scuola per un resort cinque stelle. Chi se lo può permettere sauna, massaggio, ostriche. Gli altri niente.

Ieri abbiamo aperto con con una foto (che ci ha fatto un po’ discutere in redazione ma che abbiamo deciso di pubblicare) sull’emergenza povertà. La persona sulla panchina poteva permettersi altro? Forse no. Stiamo diventando un po’ tutti indifferenti al problema? Forse sì.

La scuola deve insegnare a stare al mondo, a tutti. Deve trasmettere i valori della convivenza e dell’integrazione. Tutto il contrario di discriminazione e razzismo. Mila Spicola, sulle pagine dell’Unità di oggi richiama le parole di don Milani: “non si divide in parti uguali una torta tra diseguali”. Questa frase ne richiama un’altra, di Norberto Bobbio, pietra angolare di ogni insegnamento di diritto: non c’è peggior diritto diseguale, del diritto uguale. Nella foto di oggi citiamo don Gallo, uno che conosceva bene i ragazzi, le periferie, la strada.

Se la politica abdica, prevale la forza del denaro. Se i sindaci abdicano al loro ruolo prevalgono gli amministratori.

 

Prevenzione fa rima con partecipazione

di Ivano Maiorella


Considerazioni in ordine sparso sul documento per riformare il terzo settore, a dieci giorni dal tweet del presidente del Consiglio che lo ha reso pubblico. Prevenire è meglio che curare. Ma siamo proprio sicuri? La cura è un affare gigantesco. L’’incentivo è maggiore se si tratta di produrre farmaci per curare più persone.  Il lavoro volontario di cura è una parte importante del terzo settore.

Ma attenzione, non basta. Il terzo settore è un magma informe, qualcuno dice. E invece la sua forma ce l’ha. Per poterla leggere bisogna applicare a questo ampio mondo un’analisi complessa e spoglia da pregiudizi.

Un esempio è il lavoro di prevenzione, forse sottovalutato nel documento Renzi sulle linee di riforma del terzo settore. Prevenzione non è una parola bellissima, d’accordo. Viene associata a tanti fenomeni negativi ai quali è meglio non pensare. A cominciare dalla salute. Per non parlare della prevenzione delle calamità naturali, degli incendi, degli infortuni nei luoghi di lavoro. Ecco che quel termine prevenzione, forse brutto, può diventare suggestivo, strategico: educazione, cultura, informazione, protagonismo. Sensibilizzare la cittadinanza alla gestione dei rifiuti pensando correttamente a differenziarli e a riutilizzarli dando loro nuova vita. Questo, ad esempio, è l’obiettivo del progetto “NoBuRi – Non butto! Riciclo”, presentato ieri ad Enna, finanziato da Fondazione con il Sud e promosso dall’Anpas Sicilia.

Prevenzione, dicevamo, tante azioni delle quali l’associazionismo non profit è protagonista: azioni di contrasto, alla criminalità organizzata e alla corruzione. E ancora: contrasto dell’abbandono scolastico e educazione all’ambiente. E ancora, provate a pensare ad una protezione civile che agisce prima e non dopo: si chiama messa in sicurezza. Del territorio, del proprio corpo. La socialità e la partecipazione, sono preventive. A che cosa? Alla disgregazione sociale, alla solitudine, all’individualismo. Così come possono esserlo l’attenzione ad un interesse culturale, alla riforestazione dell’Amazzonia o a quella del giardino del proprio condominio. Cose, piccole e grandi, che migliorano la vita propria e quella altrui. Così come possono esserlo il turismo o lo sport sociale – corretta alimentazione e attività fisica – legati all’interesse di mantenersi attivi e di pesare meno sul sistema sanitario, ad esempio. Non da soli, insieme a tanti altri: non è un valore , questo? Anche l’idea di protezione civile è preventiva, se provate a pensarci bene. C’è molto da fare, il terzo settore è già protagonista. Non solo cura, anche prevenzione. Pensiamo che il documento Renzi sulle linee di riforma del terzo settore potrebbe scommettere di più su questa carica positiva.

Servono politiche pubbliche e misure a sostegno della prevenzione, questa è la semplice sottolineatura che proponiamo. Prevenire significa compattare l’impegno civico e la partecipazione dei cittadini – giovani, anziani – di un Paese intorno ad obiettivi che riguardano tutti, proprio tutti. Come la politica, ad esempio. E non è detto che i germi della socialità e della partecipazione che il terzo settore e l’associazionismo non profit non ha mai smesso di esercitare concretamente, siano l’humus sociale per avvicinare i cittadini alla cosa pubblica. E che la politica ricerca, per ora a parole.

 

Incontrarsi in piscina, contro gli integralismi

di Ivano Maiorella


”Noi la piscina, voi la Medina”: non un odioso atto razzista ma soltanto difesa dell’orgoglio nazionale. Si sono giustificati così, domenica, di fronte alla piscina comunale di Mestre. Un gruppo di estremisti di destra ha deciso di mandare in scena l’odio e il rancore. Nelle giornate internazionale contro l’omofobia. La piscina pubblica di Mestre è diventata il simbolo della loro mancanza di idee.

La scelta che avrebbe scatenato la sguaiata protesta sarebbe quella di consentire l’ingresso, per due ore alla settimana, alle sole donne. Un pretesto per rifiutare il diritto alla privacy di chi non vuole mostrarsi in costume da bagno. Lo aveva spiegato il Comune di Venezia e lo aveva ribadito l’associazionismo sportivo che gestisce la piscina. Non soltanto per le donne musulmane ma anche per donne vittime di menomazioni o semplicemente desiderose di evitare sguardi indiscreti.

Un esperimento, lanciato dalla Polisportiva Bissuola e dall’Uisp, esattamente come è avvenuto da tempo in altre città, come Torino. Nonostante le intimidazioni dei giorni precedenti la piscina, domenica 18 maggio, è rimasta aperta. Senza clamori inutili, senza trasformare quel luogo in un crocicchio di orgogli contrapposti, senza giocare sul fatto che tra una settimana ci saranno le elezioni.

Semplicemente perché lo sport è un diritto, è un’occasione di incontro e di dialogo per le donne che lo scelgono e le opportunità vanno costruite per tutti e per tutte. Dalle opportunità nascono nuove consapevolezze: pensiamo che dalla piscina di Mestre, dalle donne che domenica mattina hanno deciso di incontrarsi lì, è partito fortissimo il grido “Liberatele!” contro l’odio fanatico di Boko Haram in Nigeria. E contro chi stava fuori a protestare contro le loro due ore di nuoto la settimana. Contro gli integralismi della paure e della divisione, fuori dalla storia e fuori da quella piscina.

I morti in miniera e quelli in fondo al mare

di Ivano Maiorella


Sepolti vivi. La falsa coscienza della tecnocrazia al potere non ha tempo da perdere, e non si volta nemmeno a guardarli. E la politica, e la diplomazia internazionale? L’esplosione della miniera di Soma riguarda tutti, non soltanto la Turchia.

Le associazioni dei lavoratori chiedono di non barattare la sicurezza con profitto e privatizzazioni, la Turchia è il primo paese europee per incidenti sul lavoro. Europeo? La Turchia è rimasta in bilico, un piede dentro e uno fuori.

La diplomazia e la politica c’entrano eccome: è stato un errore lasciare questo paese al di là del muro. Le vittime accertate sono 280 ma il numero continua a crescere. Le normative sulla sicurezza sono assenti e i minatori vengono assoldati in nero, non esistono.

Se si continua a scavare in miniera si arriva al mare e i corpi hanno raggiunto altri corpi. Quelli della carneficina di tre giorni fa, tra Libia e Italia. Quelli della strage del 3 ottobre, a largo dell’Isola dei conigli, 366 persone annegate e fatte riaffiorare a pelo d’acqua grazie ad un video pubblicato in esclusiva da Repubblica. Immagini crude e vergognose, che fanno piangere e che tutti dovrebbero vedere.

L’Italia è la rotta preferita dai barconi della morte eppure il grido delle associazioni è ancora inascoltato: aprire un canale umanitario lungo il Mediterraneo. Il popolo del sottosuolo non ce la fa più. La politica deve ascoltare.

Legge società sportive del territorio: inizia iter parlamentare

di Ivano Maiorella


runL’Uisp chiede sostegno alla vera promozione sportiva.
La notizia che il Parlamento italiano ha iniziato ieri, mercoledi 13 maggio, la discussione sulla legge per il “Riconoscimento e la promozione della funzione sociale dello sport” è un evento giudicato “storico” dall’Uisp. Adesso occorre che l’iter proceda spedito e produca risultati concreti.

“Di questa legge c’è bisogno – dice Vincenzo Manco, presidente nazionale Uisp – l’associazionismo dello sport di cittadinanza e le società sportive del territorio rappresentano la spina dorsale dello sport italiano. Operano in situazioni di frontiera e il disagio è aggravato dalla crisi economica. Eppure offrono occasioni di socialità, di aggregazione, di integrazione interculturale, di attività motoria: per questo non possono che guardare con grande favore ed interesse a questo auspicabile cambio di passo, molto importante sul terreno della legislazione sportiva e dell’intero ordinamento giuridico”.

“Auspichiamo che il punto d’arrivo di questo percorso legislativo sia un testo unico sul modello sportivo italiano ed il superamento della sua anomalia, sulla trasparenza e sulla responsabilità sociale di tutti i soggetti protagonisti. Occorre scommettere sul futuro dello sport sociale e sulle società sportive del territorio, sostenere questo comparto e razionalizzare la spesa pubblica di altri settori, valorizzando l’impegno delle migliaia di volontari sportivi di base”.

“Questo patrimonio sociale fatto di volontari e di associazioni sportive rappresenta una parte importante del futuro welfare di comunità, del quale parla il presidente del Consiglio Renzi nelle Linee guida per la riforma del Terzo settore – conclude Manco – il protagonismo di queste formazioni sociali rappresenta una parte notevolissima della fitta ragnatela del capitale umano e relazionale che va incoraggiata per la sua funzione di coesione e di intervento sociale di prossimità nei quartieri, nei piccoli centri e nelle periferie urbane. Lo sport sociale è presente dove altre forme aggregazione stentano ad attecchire”.