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Buio pesto


Nel nostro Paese oltre il 75% delle persone con disabilità visiva sono disoccupate o in cerca di lavoro. E questa percentuale aumenta se si considerano i giovani. Come ci racconta Paolo Colombo dell’Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti. “Ci sono situazioni inaccettabili; è veramente un’emergenza di tipo nazionale. Deve essere una priorità per la politica affrontare la problematica di oltre 700mila persone iscritte nelle liste di collocamento che aspettano decenni per avere la possibilità di un avviamento. Per ogni persona che si iscrive ce ne sono una che ha il lavoro e quattro che rimangono disoccupate ogni anno e la stessa cosa vale chiaramente per i non vedenti. Ormai sta diventando veramente un’emergenza.”

La svolta giusta


Aumentano in Italia i casi di aziende che dopo essere fallite vengono rilevate e trasformate in cooperative da ex dipendenti. È quanto accaduto, ad esempio, nella provincia di Forlì-Cesena, dove lavoratori rimasti disoccupati si sono associati nella Lincoop, nata dalla riconversione di una realtà imprenditoriale che produceva segnaletica stradale.

Cure in nero


Le lavoratrici domestiche migranti in Italia si occupano di un milione di anziani ma i due terzi non hanno tutele. È quanto emerge da un rapporto della onlus Soleterre. Nel nostro Paese si stimano 830 mila badanti a fronte di 645 mila dipendenti del Servizio Sanitario Nazionale.

Buone pratiche


Rosarno avrà un nuovo parco fluviale in un bene confiscato alla ’ndrangheta. “Mestieri Legali – Comunitas della Biodiversità” è il nome del progetto finalizzato alla realizzazione di un parco naturalistico. Si potranno sperimentare percorsi di integrazione, inserimento lavorativo e scambio culturale tra la comunità locale e i migranti.

Valore aggiunto


Uno studio dell’università La Sapienza mostra che l’afflusso di manodopera straniera ha fatto crescere il settore industriale fino al 19%. Il servizio di Giovanna Carnevale. “Il lavoro degli immigrati ha salvato la manifattura italiana dalle conseguenze negative dell’introduzione dell’euro. E’ quanto emerge da “Migration, Labor task and production structure”, uno studio dell’università la Sapienza che rivela come dal 1995 al 2006, l’afflusso di manodopera straniera in alcune province italiane abbia fatto crescere il valore aggiunto del settore industriale tra il 13 e il 19 percento rispetto a quello dei servizi. Un aumento dei lavoratori migranti fino a quattro volte che ha quindi evitato all’intero settore di perdere competitività, grazie alla maggiore disponibilità di manodopera con basse competenze e istruzione. La ricerca presentata all’Istat smentisce inoltre che il lavoro degli stranieri sia retribuito meno: nell’arco di tempo considerato, infatti, non c’è stata nessuna modifica nel rapporto tra i salari dei servizi e della manifattura.”

Futura memoria


Cresce in Italia la cultura del lascito solidale. Sono sempre di più i comuni cittadini che decidono di devolvere parte del loro patrimonio in un’opera benefica. Secondo i dati del Comitato Testamento Solidale, oggi sono in media 10mila i lasciti solidali registrati ogni anno.

Buone pratiche


Ad Asti la onlus Piam, grazie a un accordo con l’Ente Parchi, ha coinvolto i rifugiati nei lavori di manutenzione e pubblica utilità. “Così l’accoglienza – dice il presidente Alberto Mossino – diventa una risorsa in una logica di reciproca mutualità”.

L’aiuto che non ti aspetti


Producono quasi il 9% della ricchezza nazionale ma guadagnano meno degli italiani. Secondo i dati Istat, nel 2014 i lavoratori stranieri hanno arricchito le casse dello Stato di oltre 123 miliardi di euro. Oggi circa 3mila imprese hanno a capo un immigrato.

Workers act


Workers act. Presentata questa mattina a Roma la proposta della Campagna Sbilanciamoci. Un’analisi critica dettagliata delle riforme degli ultimi anni accompagna idee concrete per promuovere politiche alternative al Jobs act. Il commento dell’economista Mario Pianta.

Chiedo asilo


Meno del 3% dei bambini frequenta i nido in Calabria e in Campania, mentre in Trentino sono il 23%. È quanto emerge da uno studio dello Svimez che conferma come nel Meridione esiste una diffusione minima di servizi all’infanzia e un altrettanto basso livello di ricchezza delle famiglie.