Combattere le notizie false su profughi e migranti: è l’obiettivo di Hoaxmap, il sito tedesco creato dalla trentenne Karolin Schwarz. Attraverso la piattaforma viene verificata l’attendibilità degli articoli pubblicati, che spesso si rivelano bufale che gettano discredito sui rifugiati e i richiedenti asilo.
Senza pietà
La Corte suprema dell’Arabia Saudita ha confermato la pena di morte nei confronti di Ali Mohammed al-Nimr, giovane attivista condannato per reati commessi all’età di 17 anni. La decisione si baserebbe su una confessione estorta con torture e maltrattamenti. Amnesty International chiede l’annullamento della sentenza, indagini sulle torture e il rispetto dei diritti umani.
Hacking di Stato: quando a essere spiati sono gli attivisti
Se lotti per i diritti umani, lo Stato ti tiene sotto controllo. Per quanto questa affermazione possa sembrare paradossale se pronunciata oggi, nel pieno di un’era che è anche frutto di sforzi per il riconoscimento di diritti universali, non è poi così distante dalla realtà.
Secondo uno studio di Amnesty International, l’hacking di Stato, ovvero la pratica dei governi di intrufolarsi nei computer o negli smartphone, sta diventando una minaccia anche per la sicurezza di giornalisti, attivisti e cooperanti. “Abbiamo sempre saputo che i governi e le forze militari si spiavano l’un l’altro”, si legge sul sito di Amnesty International, “ma negli ultimi cinque anni li abbiamo visti spiare anche giornalisti, ong e attivisti per i diritti umani”.
Se la maggior parte delle volte i software che permettono di controllare le azioni di chi usa un computer sono utilizzati per finalità legittime, come ad esempio per la sicurezza dello Stato, in altri casi il confine della legalità viene superato e si entra nello spionaggio vero e proprio.
In molti Stati, quindi, impegnarsi nella difesa dei diritti umani vuol dire rischiare di trovarsi nel mirino dei propri governi, tracciato e controllato nei movimenti.
I principali Paesi in cui avviene l’hacking di Stato sono ovviamente quelli dove i diritti umani non hanno un grande riconoscimento: già nel 2010 Google, Adobe e Yahoo avevano provato le intrusioni del governo cinese nei confronti di obiettivi civili. In Russia sono stati documentati casi di spionaggio che riguardano soprattutto attivisti per i diritti gay, mentre in Egitto, in Marocco e nel Bahrain, gli attacchi sono stati compiuti a danno di giornalisti.
Ma questa forma di spionaggio illegale non esiste soltanto nei cosiddetti Stati canaglia. Le comunicazioni riservate di Amnesty International stessa, infatti, sarebbero state intercettate dall’intelligence inglese.
E comunque, secondo Amnesty International, i casi di hacking documentati nei confronti di attivisti sono solo la punta di un iceberg, perché è abbastanza raro che le ong siano dotate degli strumenti per capire quando è in corso un attacco contro di loro. Inoltre, molte di queste organizzazioni preferiscono non rendere pubblici i loro problemi di sicurezza per non minare la fiducia che gli attivisti ripongono in esse.
Proprio per questo motivo, Amnesty ha realizzato, nell’ambito della campagna di denuncia dell’hacking di Stato, una mini-guida per le comunicazioni sicure che comprende sei strumenti da poter utilizzare per salvaguardare la propria privacy. Con un’avvertenza: “nessuno strumento di comunicazione è sicuro al 100% ed esiste un’infinità di modi per intercettare o registrare ogni forma di comunicazione da parte di governi ed agenzie spionistiche”.
Ospedali sotto le bombe
Nuovi raid aerei contro le strutture di Medici senza Frontiere. Decine di morti in Siria, dove erano in cura feriti da guerra ma anche pazienti civili. “È sempre più difficile andare avanti in queste condizioni”, è la denuncia ai nostri microfoni di Loris De Filippi, presidente di Msf Italia. “Nei cinque anni di conflitto più di 180 strutture sono state colpite e circa 700 tra medici e infermieri sono stati uccisi. La struttura di Maarrat al Numan che è stata distrutta è una struttura che in qualche modo dava l’opportunità di curarsi per un comprensorio di circa 50 mila persone. Aveva due sale operatorie, aveva circa 40 posti letto e permetteva non solo ai feriti di guerra, ma anche alle madri, ai bambini e a moltissimi pazienti che hanno delle patologia croniche di trovare un cura.”
One Billion rising
Grande partecipazione ieri in tante piazze del mondo per la manifestazione contro la violenza sulle donne. Il servizio di Fabio Piccolino. “Un miliardo di persone contro gli abusi sulle donne: è la One Billion Rising, celebrata ieri in tutto il mondo. Un appuntamento per un obiettivo preciso: trasformare la festa di San Valentino da giornata dei fiori e dei cioccolatini a momento di mobilitazione e di impegno civile contro la violenza di genere. Nata nel 2012, l’iniziativa è cresciuta di edizione in edizione, diventando sempre più globale: dal Messico alla Francia, dalla Polonia al Camerun, fino all’Italia, con eventi in moltissime città. In alcuni paesi, come nelle Filippine o nella Repubblica Repubblica Democratica del Congo, ai diritti delle donne si sono unite le istanze di chi combatte contro la povertà, l’ingiustizia sociale e le discriminazioni.”
Cessate il fuoco
In Siria è stato raggiunto l’accordo per una tregua di sette giorni che garantirà gli aiuti umanitari. Secondo il Syrian Centre for Policy Research, le vittime del conflitto sarebbero 470 mila, quasi il doppio di quelle stimate dall’Onu.
Unioni portoghesi
Nel Paese lusitano le coppie dello stesso sesso potranno adottare bambini. Lo ha deciso il parlamento dopo che il presidente conservatore Silva aveva posto il proprio veto alla legge approvata lo scorso dicembre. Via libera anche alla revoca di alcune restrizioni sull’aborto.
“Se non ti serve, appendilo. Se ne hai bisogno, prendilo”
È il messaggio scritto su quelli che sono stati ribattezzati “muri della bontà” e che stanno comparendo in alcune città iraniane. Semplici ganci per appendere gli abiti con accanto la formula che invita le persone a lasciare quello di cui non hanno più bisogno.
KeepSchoolSafe
Al via la campagna di Unicef per garantire il diritto all’istruzione nei paesi colpiti da crisi e conflitti. Il servizio di Fabio Piccolino. “Si chiama #KeepSchoolSafe la campagna di Unicef per garantire il diritto all’istruzione nei paesi colpiti da crisi e conflitti. Come in Siria, dove tre milioni di bambini non possono più andare a scuola, o in Yemen, dove migliaia di istituti sono stati costretti a chiudere. Quando si utilizzano le scuole come obiettivi militari, i bambini sono esposti alla violenza e si impedisce loro di accedere all’apprendimento. La dichiarazione “Scuole sicure” è già stata firmata da 50 paesi del mondo, ma non ha visto la partecipazione della Gran Bretagna; la mobilitazione di questi giorni ha l’obiettivo di sensibilizzare il governo inglese all’adesione. Un messaggio forte che esprima a chiare lettere che l’istruzione è un diritto fondamentale in ogni paese del mondo.”
Senza tregua
In Darfur è ancora emergenza umanitaria dopo la nuova esplosione di violenza tra le forze governative e l’Esercito di liberazione. Secondo le Nazioni Unite, decine di migliaia di civili sono costretti a fuggire dai combattimenti e sono in una situazione disperata. Dal 2003 il conflitto ha causato la morte di almeno 300 mila persone.