È questa la sfida lanciata negli Stati Uniti dal presidente Barack Obama. Il servizio di Fabio Piccolino. “Una nuova legge sul controllo delle armi: è questo l’obiettivo del presidente degli Stati Uniti Barack Obama prima della fine del suo secondo mandato. Una soluzione diretta per contrastare le tante, troppe stragi registrate negli ultimi anni a causa dell’uso incontrollato delle armi da fuoco, ma che deve fare i conti con lobby molto potenti che impediscono di fatto ogni cambiamento legislativo in materia. Nel suo primo discorso del 2016, Obama ha parlato di “epidemia di violenza armata” di fronte alla quale non si può restare indifferenti; tra le possibili misure di contrasto ci sarebbe un rafforzamento dei controlli su chi acquista fucili e pistole e la limitazione per la vendita delle armi più letali. Una battaglia che si annuncia tra le più dure degli ultimi anni.”
Colombia, una pace ancora lontana
Dopo un anno e mezzo di negoziati, finalmente il governo colombiano e le Forze armate rivoluzionarie (Farc) hanno raggiunto un accordo per la riparazione delle vittime del conflitto che nel Paese sudamericano ha causato tra i 45mila e i 106mila desaparecidos (ad oggi non esiste un registro ufficiale).
Ma l’organizzazione per i diritti umani Human Rights Watch ha definito l’accordo, firmato il 15 dicembre scorso, un “patto per l’impunità”. “A migliaia di vittime verrà negato il diritto alla giustizia”, ha detto José Miguel Vivanco, direttore della divisione delle Americhe di HRW. In particolare, ad essere sotto accusa è il punto 5, che stabilisce la creazione di un Tribunale Speciale per la pace basato sui principi di “verità” e “responsabilità”. In base a quanto stabilito, l’organismo avrà il compito di giudicare chi è coinvolto, direttamente o indirettamente, all’interno del conflitto: lo Stato, i guerriglieri ed altri “settori della società”, senza che vi sia alcun riferimento specifico ai paramilitari e ai loro finanziatori. Il rapporto di HRW pone l’accento sulle pene stabilite in alternativa al carcere e sulla possibilità che gli imputati possano esercitare incarichi politici.
“Nessuna persona che sconti una pena dopo essere stata condannata per un crimine di guerra, di lesa umanità o una grave violazione dei diritti umani dovrebbe potersi proporre per un incarico pubblico né occuparlo mentre sta scontando la pena”, ha detto Vivanco; “nessun tribunale internazionale ha permesso ai condannati per crimini di guerra di evitare la prigione”.
Giovanna Carnevale
Il fallimento di Nairobi
Delusione per la decima Conferenza ministeriale del Wto. Secondo molte ong restano in piedi le controversie sui sussidi all’agricoltura, le diverse concezioni sulla sicurezza alimentare, l’accesso al mercato dei paesi in via di sviluppo e la liberalizzazione dei servizi.
Strage infinita
“Attivare canali umanitari legali e sicuri che spezzino il monopolio dei trafficanti e interrompano l’ecatombe in mare”: è la richiesta del Centro Astalli dopo l’ultima tragedia nell’Egeo, a circa tre chilometri dalle coste turche, nella quale hanno perso la vita 18 migranti provenienti da Iraq, Siria e Pakistan.
Fumata nera
Falliti i negoziati per la pace in Yemen. Il servizio di Fabio Piccolino. “Si concludono con pochi risultati i primi negoziati di pace per lo Yemen che si sono svolti a Ginevra. Non si è riusciti a concordare un cessate il fuoco permanente, e la tregua di una settimana decisa in occasione dei colloqui è stata più volte violata. Nel paese intanto, la situazione è sempre più difficile: il conflitto tra le le forze filogovernative sostenute dall’Arabia Saudita e i ribelli sciiti, ha causato quasi 6000 vittime, determinando una delle più gravi crisi umanitarie del pianeta: l’80% della popolazione ha bisogno di aiuti per poter sopravvivere e un bambino su tre, secondo i dati di Save the Children, soffre di malnutrizione acuta. Il prossimo incontro tra le parti è previsto per il 14 gennaio: la pace non può aspettare ancora.”
Sempre peggio
“L’Unione europea rischia di rendersi complice di gravi violazioni dei diritti umani ai danni di rifugiati e richiedenti asilo in Turchia”. Cosi Amnesty International in occasione della pubblicazione di un rapporto contenente prove schiaccianti relative a migranti fermati illegalmente, tratti in arresto e spinti poi a tornare in zone di guerra da parte delle autorità.
Non pervenuta
Quasi un italiano su due non sa nulla sulla fame nel mondo: è il risultato di un’indagine di Mani Tese a margine di Expo 2015. L’esposizione universale è stata percepita principalmente come una grande fiera per promuovere prodotti e aziende, ma il tema “nutrire il pianeta” non ha sensibilizzato l’opinione pubblica sul problema del diritto al cibo.
Un nuovo Rwanda
In Burundi la guerra civile è sempre più vicina: gli scontri tra forze dell’ordine e attivisti dell’opposizione hanno causato già duemila morti e 300 mila sfollati. Un disastro umanitario di cui si parla troppo poco: oggi alle 18 in piazza Santi Apostoli a Roma si terrà una manifestazione di solidarietà per contrastare l’indifferenza.
Senza fine
A più di due mesi dagli attacchi aerei degli Stati Uniti, Medici senza frontiere aggiorna il bilancio delle vittime della strage all’ospedale afghano di Kunduz. Sono almeno 42 i morti, tra loro 14 membri dello staff, 24 pazienti e quattro parenti che fornivano assistenza.
Stessa aria
Tante ombre e poche luci per l’accordo alla Conferenza sul clima di Parigi. Il servizio di Fabio Piccolino. “Riduzione dei gas serra, protezione degli oceani, lotta alla desertificazione, tecnologie eco-compatibili: il vertice sul clima di Parigi raggiunge uno storico accordo per contrastare il riscaldamento globale. Associazioni e movimenti ambientalisti però, parlano di un risultato inferiore alle aspettative della vigilia. Secondo Legambiente, gli impegni presi sono insufficienti a contenere la crescita della temperatura entro i due gradi; per Greenpeace, se si vuole raggiungere l’obiettivo di emissioni nette zero entro la seconda metà del secolo, occorre azzerare quelle delle fonti fossili entro il 2050. Secondo Oxfam infine si è fatto ben poco per riuscire a cambiare le condizioni di vita delle persone più povere e vulnerabili, le più esposte a fenomeni come l’innalzamento del livello dei mari, alluvioni e siccità.”